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Autore: Redferne    31/08/2021    4 recensioni
Tra Nick e Judy sta accadendo qualcosa di totalmente nuovo ed inaspettato.
E mentre Nick cerca di comprendere i suoi veri sentimenti nei confronti della sua collega ed amica, fa una promessa a lei e a sé stesso: proteggerla, a qualunque costo.
Ma fare il poliziotto a Zootropolis sta diventando sempre piu' pericoloso...
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Capitan Bogo, Judy Hopps, Nick Wilde, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 83

 

 

THE FANTASTIC MR. FOX – FURBO, IL SIGNOR VOLPE!!

 

 

(SECONDA PARTE)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si dice che per tutti, per ognuno di noi e nessuno escluso, arrivi quel momento.

Quel fatidico momento.

Presto oppure tardi, che lo si voglia o meno, che piaccia oppure no...quel momento arriva.

Ed in genere arriva in seguito a qualcosa che accade subito prima. Qualcosa di brutto.

Qualcosa di MOLTO, MOLTO brutto.

E spesso ne é la diretta conseguenza, di quel qualcosa di molto molto ma molto brutto.

Ma...tocca a tutti, prima o poi.

Arriva nella vita, nelle vite di ogni persona il momento in cui bisogna fermarsi, piantare ben bene i piedi e le zampe inferiori a terra e tracciare una bella riga. Proprio davanti a sé. Per poi dire, sempre a sé e tra sé...che il mondo non passerà.

No. Il mondo di qui non passerà.

Non oggi. Non questa volta.

Non in quest'occasione, almeno.

Non oggi, ho detto.

Per troppe volte il mondo, il resto del mondo con tutti i suoi guai, le sue rogne, le sue beghe e i suoi casini e deliri e tutta quanta la sua gente col loro atteggiamento sprezzante quanto impietoso, ed il loro carico di meschinità ed insensibilità ed indifferenza che la rende immune e totalmente impermeabile ai tuoi disperati quanto ostinati tentativi di cavartela e di sopravvivere, ma che anzi appare persino divertita in quanto li giudica inutili ed oltremodo patetici...per troppe volte il mondo é passato di qui e di qua e di là facendo danni. E non curandosi di nulla che non di sé stesso, proprio come gli elementi, certi pessimi elementi ed esempi malriusciti di esseri viventi e di nostri simili che lo abitano, che lo occupano e che lo sfruttano. E che regolarmente il mondo stesso usa, sembra usare al solo quanto unico scopo di causare, provocare ed arrecarci patemi, travagli e preoccupazioni di ogni genere, risma e sorta.

Ma non questa volta.

Non oggi.

Lo si é ben compreso, una volta tanto?

NON – OGGI.

Capito?

Non oggi.

Augh. Ho parlato. Così si é parlato.

E di solito...certe persone sono abituate a parlare e ad esprimersi una volta sola. Ed una soltanto. Così come con loro ci si può parlare e rivolgere una volta sola. Ed una soltanto, e basta.

Così, fanno. E così si fa, con loro.

E' proprio così che si fa, che si deve fare, se si vuol ottenere qualcosa con quelli.

Con certe persone funziona così.

E così che funziona. Ed é così che che bisogna procedere, con loro. Specie se si ha l'intenzione di guadagnarsi la loro sempiterna fiducia ed instaurare un rapporto concreto, profiquo e duraturo.

E' così che va fatto e che bisogna fare, coi testardi. E con i limitati. E con gli ignoranti.

Ed anche con gli OTTUSI, non va certo dimenticato.

Proprio come fece un tale dell'antichità, dopo aver realizzato un autentico miracolo. Almeno così dice chi lo sostiene. O uno spettacolo inscenato ad arte, secondo certi detrattori.

D'altra parte, si dice che dubitare é legittimo.

Senza il dubbio in buona quanto mutua compagnia della curiosità, i mammiferi sarebbero ancora a mangiare carne e tuberi crudi dentro alle caverne, al buio ed al freddo. Esprimendosi in una conversazione che rischierebbe concretamente di languire tra rutti e grugniti vari. Al massimo qualche flatulenza a variare, nel caso di discorsi particolarmente spiritosi. E tutt'al più scambiandosi tra un verso e l'altro qualche colpo di clava sulle rispettive capocce, durante gli alterchi e gli scambi verbali più accesi. O se qualcuno era in vena di intavolare una discussione un po' più vivace nel caso essa stessa stesse trascinando un po' troppo sul medesimo argomento, al fine di mettere un po' di pepe alla serata.

Ordunque...il tizio redivivo, dato che la messinscena di cui si parlava aveva previsto qualcosa di forse eccessivamente pretenzioso e difficile da far passare per genuino ed autentico come nientemeno che una ritorno dalla morte e dal regno dei defunti con conseguente clamorosa resurrezione, davanti a sé aveva come prima cosa il recuperare la fiducia dei suoi allievi e discepoli. Che non é che se la passassero questo gran che bene, specie nel perido immediatamente successivo alla sua dipartita.

Tirava una gran brutta aria, sia per l'intero suo gruppo di ferventi sostenitori che per il movimento a cui aveva dato vita. Al punto che molti ed i più tra i i suoi regolari iscritti, soci, rappresentanti e anche solo semplici simpatizzanti, di fronte alla domanda o meglio all'insinuazione di conoscere il fondatore dell'associazione o addirittura di essere pappa e ciccia con lui fino all'attimo prima, avevano fatto gli gnorri dicendo di non conoscerlo affatto.

Per nulla. Salvo poi pentirsene amaramente subito dopo, al cantare di un discendente evoluto e decisamente più pennuto dei rettili, dal piumaggio variopinto ed oggi ormai completamente estinto.

Alla pari di quasi tutti i suoi colleghi, cugini, fratelli ed attaccati.

No, la natura di quell'universo non era decisamente clemente con chiunque non fosse dotato di ghiandole mammarie.

Nei tempi antichi, almeno. Che oggi ai quasi tutti e a quasi tutte le rosee appendici in questione si erano ormai atrofizzate. A parte e fatta debita eccezione per quelle femmine che avevano deciso di fare di quella dote ancora rimasta una professione con cui ricavare di che vivere.

Tipo le vacche da latte. E non si tratta certo di un insulto.

Le uniche, a quel mondo, ad averceli ancora in quanto dotate di voluminose quanto prosperose e gonfie mammelle ad adeguato supporto.

Perché si, d'accordo, ormai anche quello veniva realizzato sinteticamente e venduto liofilizzato.

Si era trovata una soluzione alternativa, come con la carne, per sostituire adeguatamente un elemento ed insieme un alimento prezioso ed imprescindibile, sia per la crescita che per la vita.

Ogni specie esistente aveva a disposizione il suo. Realizzato in laboratorio ed opportunamente inscatolato, imbottigliato e sigillato.

Una volta aperto, prima di consumarlo bastava aggiungere una generosa dose di acqua fredda o calda ed il gioco era fatto.

Ed in quanto al gusto ed al sapore...uhm, ottimi. Beh, più o meno.

No, in realtà certe volte faceva davvero schifo. Nutriente fin che si vuole, dato che conteneva tutte quante le sostanze necessarie, ma sul lato prettamente gastronomico...molto meglio lasciar perdere. E decisamente, anche.

Non era neanche solo minimamente paragonabile a quello reale ed autentico. Ma nemmeno per sogno.

Nemmeno nei sogni più sfrenati di chi quella roba lo produceva. E di chi se lo comperava, beveva, ingollava e tracannava.

E poi, in fin dei conti, il latte di mucca andava benissimo anche anche per un mucchio di altri animali, non appartenenti per forza alla cerchia ed al gruppo dei bovidi.

Ma tornando a bomba...il guru, capo, leader, maestro o lo si chiami come cavolo più aggrada doveva anzitutto riportarsi dalla propria i suoi vecchi amici, colleghi e collaboratori di un tempo.

I più stretti e fidati.

Era a dir poco fondamentale. Se non avessero ricominciato a seguirlo almeno loro, nessun altro lo avrebbe fatto.

Persino il più carismatico degli imbonitori non può farcela, senza quelli che si smazzano tutto quanto il lavoro dando vita ad un intensa quanto frenetica ed indefessa opera di proselitismo.

Il tizio redivivo doveva RIMETTERE INSIEME LA BAND.

Proprio come avrebbero fatto, niente di più niente di meno, molti secoli più tardi una coppia di fratelli che forse fratelli di sangue non lo erano nemmeno, a differenza di un certo folletto del deserto con una spiccata tendenza e predilezione per abusi ed illeciti di ogni tipo ed una corpulenta pantera nera con una spiccata tendenza e predilezione per la violenza, i massacri e le uccisioni. Meglio ancora se di massa, visto che amava particolarmente colpire nel mucchio. E dove prendeva prendeva.

Nel caso specifico dei due musicisti forse lo erano solo di orfanotrofio, avendo frequentato ed essendo stati cresciuti ed allevati nel medesimo.

Due musicisti blues spiantati in canna, senza un quattrino scannato che fosse uno. Ma che erano in missione per un tale. Che guarda caso era il datore di lavoro del tizio di cui si sta parlando tra queste righe. Nonché suo padre, pare.

Secondo alcune fonti era una sua stessa emanazione. E se così davvero era, più sangue del suo sangue di così...

Proprio vero, comunque. Certi onori toccano sempre ai figli di papà ed ai raccomandati. Così come é vero e sacrosanto che certi lavori parecchio delicati, se si vuole che siano ben fatti...tocca farseli da soli e per proprio conto. A costo di fare L' IMPOSSIBILE.

Perché la tanto decantata ubiquità é un'autentica utopia.

E' assolutamente impossibile dividersi in due o forse anche di più. Oppure trovarsi in più posti contemporaneamente. O dappertutto ed in nessun luogo in simultanea.

Già. Non si può. Non lo si può proprio fare. O no?

Comunque, con la maggior parte di loro il maestro redivivo ebbe gioco facile.

Andò tutto quanto liscio come e meglio dell'olio, anche perché erano lì che non aspettavano altro che di riunirsi a lui.

Ed il tizio che si era auto – proclamato e che loro avevano assunto a Rabbi non gli serbò particolare rancore sul fatto che gli avessero voltato le spalle all'unisono, anche se solo momentaneamente.

Era acqua passata. Anche se di tempo, obiettivamente, non é che ne fosse passato poi così tanto dal fattaccio che li aveva separati.

Ma pazienza. Non importava. E a lui non é che importasse poi questo gran che.

Capita. Avevano avuto paura. E non é poi questo gran peccato avere e provare paura. E nemmeno un reato. Tantomeno una colpa.

Tutti risposero all'appello, quindi. Seduta stante. Tutti tranne due.

Uno per cause di forza maggiore dovute ad impiccagione da rimorso. Visto che era stato proprio lui, a metterlo nei guai.

Lo avevano corrotto per indurlo a incastrarlo e farlo così cadere in trappola. E questa é la versione ufficiale, nonché la più accreditata.

Più che facile che fosse andata così, visto che era di fatto il cassiere e l'amministratore economico del gruppetto, oltre che commercialista.

Quello che doveva tenere i conti a posto, insomma. Logico quindi che potesse essere caduto vittima dello stesso denaro che sapeva amministrare e maneggiare così abilmente, dato che il ruolo stesso che la compagnia gli aveva affidato ed affibbiato prevedeva l'inconveniente di vedersi passare davanti e tra le mani oboli, denari, monete, offerte e ricompense varie senza mai potersene tenere un poco per lui. Andò quindi da sé che, a fronte dell'invitante prospettiva di guadagnarsi un cospiquo gruzzoletto senza dover far troppa fatica, egli non ci pensò due volte a non lasciarsi sfuggire l'occasione.

Probabilmente le cose si erano svolte in questo modo. Anche se qualche revisionista dell'ultim'ora sostiene che lo avesse fatto a fin di bene. Perché se davvero il suo mentore era ciò che diceva di essere, riuscire a liberarsi e a far piazza pulita dei suoi aguzzini e della gente venuta lì per arrestarlo e condurlo a giudizio avrebbe dovuto essere un autentico gioco da ragazzi.

Lo aveva messo con le spalle al muro perché era certo che il suo maestro ce l'avrebbe fatta. E avrebbe finalmente dimostrato a tutti chi era davvero. E di che pasta era fatto.

Peccato solo che il suo maestro non amava esibirsi e mettersi in mostra, e quindi...l'idea si ritorse contro. E proprio contro chi avrebbe dovuto risolverla in maniera brillante ed uscirne fuori alla grande, facendo così un figurone.

L'idea, tutto sommato, la si sarebbe potuta considerare anche buona. Ma era il metodo di applicazione, ad essere sbagliato.

Lui...voleva risolvere le cose con la dolcezza e le buone maniere. Mica mettersi a lanciare gente gente in aria a suon di sberloni e calci come in un film di arti marziali, o a folate di energia mistica o psichica lanciate agitando le braccia.

Non era mica l' Eletto. Oppure uno Jedi. Anche se avrebbe potuto benissimo fare così, se solo avesse voluto.

E se ne dovette accorgere anche chi aveva avuto quella bella pensata, visto che a veder le conseguenze rimase talmente abbioccato che non volle nemmeno ritirare la ricompensa, se non dopo ripetute esortazioni ed insistenze da parte di chi l'aveva incaricato e gli aveva commissionato il lavoretto.

Li accettò e prese a fatica. Per poi usarli per comperare lo stesso campo incolto dove, poco dopo, si suicidò. O almeno questo é quel che si dice e vocifera in giro sul suo conto, in certi ambienti più o meno specializzati.

Tutto studiato e pianificato nei più minimi dettagli. Quando si dice la meticolosità...

All'anima della precisione, gente.

In fin dei conti, forse voleva solo una prova. Nient'altro che quella. Anche se cannò in pieno l'approccio.

Lo stesso motivo per cui non si presentò nemmeno quell'altro che mancò di proposito il raduno con successiva REUNION, nonostante fosse vivo e vegeto.

Non credeva che il suo maestro fosse redivivo e di nuovo operativo, pronto a tornare in azione. Ma anche qui le voci sono piuttosto numerose e discordanti, in proposito.

Forse ci credeva pure lui. Alla pari dei suoi amici, colleghi e fratelli di esercizio e professione. Di fede, per la precisione. Ma...gli serviva solo vedere coi suoi occhi e toccare con mano, con le sue stesse dita. Per sincerarsi, una volta per tutte.

O per restare in linea col suo nome di battesimo...doveva metterci il naso.

Nessun problema. Fu accontentato. Vide ciò che doveva vedre, tocco quel che doveva toccare ed infilò le dita dove doveva infilarle.

E divenne il suo collaboratore più accanito e solerte. Ed uno di quelli che durò più a lungo di tutti visto che, stando alle cronache, arrivò a lasciare questo mondo di morte naturale.

Una cosa non facile e nient'affatto scontata, di quei tempi. Soprattutto per chi sceglieva di seguire la loro stessa strada.

Le acque si erano calmate, ma i loro persecutori stavano sul chi va là. E pur risparmiandoli, gli avevano garantito che se solo avessero osato rimettere fuori i loro musi e ricominciato a sparare di nuovo dalle loro boccacce le stesse fesserie per cui li aveano inquisiti la prima volta, non l'avrebbero passata liscia. E sarebbero stati guai seri. E cavolacci amari.

L'allievo scettico e titubante arrivò agli angoli estremi del mondo. E si spinse più in là e lontano di tutti, persino in posti dove nessuno aveva mai sentito parlare del suo maestro e della sua dottrina. Persino dove si narrava che il suo maestro avesse soggiornato per qualche tempo, da giovane, ed avesse preso spunto per originare la sua linea di pensiero e la sua filosofia. E lì vi trapassò ormai vecchio e decrepito, circondato da decine e centinaia di discepoli devoti. Nella stessa misura di quanto lo era stato lui, quando si era ritrovato a ricoprire il loro medesimo ruolo. Né più, né meno.

Finì dove forse un giorno era iniziato tutto, stando a detta di qualcuno.

Ecco.

Tutta questa roboante pappardella per dimostrare cosa?

Semplice. Che così come esiste un Dio degli sciocchi, degli sprovveduti e dei poveri di spirito ma alle volte persino di mezzi allora può esistere anche un Dio degli scettici, dei pessimisti e dei bastian contrari.

E degi OTTUSI.

Sembrano non credere a nulla, ed in nulla. Mai.

In realtà non sono che alla ricerca spasmodica di un segno, di una testimonianza.

Quello cercano. Proprio come le persone ricche di fantasia o di fervida quanto accesa immaginazione sono da sempre impegnate a trovare degli elementi inconfutabili ed incontrovertibili che confermino le loro suggestioni e supposizioni. Gli stessi che li hanno spinti ad intraprendere una ricerca così spasmodica ed improbabile, nella maggior parte dei casi.

Tornando poi al discorso relativo all'esistenza dell' Altissimo o meglio, della sua esistenza per certe e determinate tipologie di persone...probabilmente deve esistere un Dio anche per gli atei.

Gli ottusi sono pronti anche loro a credere, se dovesse capitare.

Se messi alle strette e alla prova, non contestano. E non obiettano.

Sono pronti anche loro. Alla pari di tutti gli altri, se non di più.

Vogliono, vorrebbero credere. Ma non si vogliono affidare al primo che passa solo perché gli hanno raccontato una bella favoletta edificante.

La loro fiducia non la cedono tanto facilmente. E nemmeno la si compra così a buon mercato.

Non si vogliono vendere. E se proprio devono farlo...li si ottiene a caro, carissimo prezzo. Ma i ricavi ed i benefici in seguito a quell'acquisto, nel caso si riesca, sono a dir poco enormi.

Gli si dia loro le prove che cercano e di cui necessitano ed hanno un così gran bisogno che li si tirerà dalla propria parte praticamente PER SEMPRE.

A chiunque gliele fornirà, che deciderà di prendersi questa briga e l'onere...lo seguiranno ovunque, da quel momento in poi.

Saranno disposti a far qualunque cosa. A gettarsi persino nel fuoco, se occorre.

Vivi. E nudi. E crudi, persino.

Come fece il daino nei confronti di fratello lupo, in quell'antichissima leggenda che risaliva ai tempi antichi. Per nutrirlo, sfamarlo e rinfrancarlo con la sua carne cotta a puntino. Al punto giusto, e giusto un attimo prima che finisse completamente carbonizzata e ridotta ad uno zolfanello.

E non si bada alle conseguenze, in momenti come quelli. In quel dato e preciso momento.

Né su sé stessi, ne per quanto riguarda gli altri.

Si agisce, e basta. Punto.

Perché dentro di sé si sa che é arrivato il momento giusto. Il momento giusto per fare quel che si sta facendo.

E' solamente FEDE.

Un atto ed una questione di fede. Null'altro.

Bisogna affrontare i propri demoni. Sia quelli di fuori che quelli di dentro. Con i secondi che spesso sono addirittura peggiori dei primi, in quanto ci si convive e ce li si trascina dietro da una vita.

Da una vita intera, senza far niente. Senza poter far niente di niente.

Bisogna avere, trovare il coraggio di versare tutte le proprie lacrime fino in fondo, fino a prosciugarle del tutto. Fino ad esaurirle e non averne più.

Ammettere di aver perso qualcosa. E di averlo perso per sempre. E che non tornerà mai, purtroppo.

Per passare oltre. Per poter passare finalmente oltre, anche se non si tratta certo di un processo né rapido e nemmeno facile. E neanche indolore.

Passare oltre. Per poi tracciare la famosa linea per terra di cui si parlava in principio.

Ogni tanto, o almeno una dannata, dannatissima volta che é una nel corso della propria vita ed esistenza bisogna avere, trovare in qualche modo il maledetto, lo stramaledettissimo coraggio e fegato di tracciare quel solco a cui ci si riferiva poc'anzi. Per poi costringere, fare in modo di ordinare al mondo, a tutto quanto il resto dell'intero mondo di scansarsi, spostarsi e di passare a lato girandoci per forza intorno.

Girarci attorno anziché tirare diritto come il solito schiacciasassi, bulldozer e rullo compressore che é e che é sempre stato di suo solito, senza mai predersi il lusso, la briga o anche il solo scrupolo di prendersi un attimo di pausa per guardare in faccia chi é in procinto di stare per calpestare. O fosse anche solo per pensarci un attimo, al fatto in questione.

Ma almeno quella volta, questa volta dovrà farlo, perché noi non ci si muove di un millimetro.

Neanche di un solo millimetro.

No questa volta. Non oggi, signori.

NON – OGGI.

Capito, gente?

NON – OGGI.

Certo, detta così ed in questo modo la cosa appare come una contraddizione, un controsenso.

Smettere di essere ottusi e veder crollare le proprie convinzioni e tutto ciò in cui si crede. Per costruirne di nuove e poter tornare così ad essere di nuovo ottusi. Più ottusi di prima, di quanto non si fosse già prima, e proprio su quelle nuove posizioni appena costituite e fondate.

E' il meraviglioso qui – pro – quo che sta alla base del passaggio di un individuo su di questo pianeta. Che sta alla base del passaggio di ognuno di noi.

Per quanto ci si sforzi, e si creda davvero che sia possibile, non si può davvero essere liberi.

La libertà...non esiste. La libertà non é di questo mondo.

Per essere liberi bisogna essere pronti a credere in tutto. E al contempo non credere in nulla, dopo essersi resi conto che nulla é in grado di fornire le risposte che si vogliono. E che si cercano.

Nulla e nessuno possono darci le risposte alle nostre domande. Le risposte che vanno bene per noi.

Pronti a credere in tutto. E non credere in niente. Sentire tutti, ma non ascoltare nessuno.

No. E' impossibile. Non é proprio possibile, questa cosa.

Non ci si può bere davvero tutto senza fiatare. E bisogna pur credere in qualcosa.

Tutti noi abbiamo bisogno di credere qualcosa. Di avere qualcosa in cui poter credere ciecamente, ed indipendentemente da qualunque situazione ci si possa venire a trovare.

Anche se credere ciecamente in qualcosa può essere oltremodo rischioso. E molto, molto pericoloso.

Maggie aveva già dovuto affrontare i suoi mostri, in passato. E si era ritrovata giocoforza a farlo, in un momento della sua esistenza in cui ne avrebbe fatto volentieri a meno. Ed in un tempo in cui una persona non può pensare che simili mostri esistano per davvero.

No, nell'età in cui se li era ritrovati davanti non poteva proprio immaginarsi che potessero davvero esistere. Ed essere reali. Così reali.

Un tempo in cui avrebbe preferito cedere una simile incombenza a qualcun altro.

Anche se in cuor proprio, in genere, ci si augura che a nessuno debbano mai capitare cose simili.

Maggie aveva deciso che era giunto il momento.

Era pronta. E si era preparata al peggio. Per poi scoprire che non ci si può mai preparare al peggio, per quanto ci si possa preparare ed essere allenati. O essersi fatti il callo e la scorza tramite e mediante la diretta esperienza.

Proprio come quella volta. E va considerato che quella volta non si era nemmeno preparata nonostante covasse dentro di sé un brutto, bruttissimo presentimento sin dalle prime, primissime battute.

Era arrivata a destinazione, in compagnia del suo piccolo quanto ciarliero collega di lavoro e di indagini. Anche se solamente temporaneo e momentaneo, dato che il suo incarico di ufficiale volontario era a durata assai ridotta e con al scadenza a ridosso. E suscettibile di qualsiasi ritiro e revisione, in qualunque momento.

Era giunta nel piazzale dove una volta sorgevano in coppia rispettivamente il municipio di Haunted Creek e la sua stazione di polizia.

In coppia. Come loro due. E come la coppia di gioielli che sta rinchiusa dentro la sacca pendula che costituisce la parte terminante dell'apparato riproduttivo maschile. O come i residuati organici che si espellono dopo una seduta particolarmente intensa ed impegnativa sulla tazza del waterclò. Magari a seguito di un pasto lauto quanto abbondante. Anche se in quel caso...potevano scendere pure a grappoli ed essere in numero ben maggiore di due.

Proprio come le emorroidi. O come i tangheri che avevano compiuto quel bel lavoro che adesso lei stava osservando con evidente mestizia.

Il quadro d'insieme era davvero desolante. E ciò che le si parò davanti ai suoi occhi color della nocciola fu talmente deprimente da toglierle decisamente e con forza ogni parola di bocca. E ogni residuo d'aria dai polmoni, o quasi.

Era rimasta davvero senza fiato. E non certo per qualcosa che potesse avere anche solo un senso minimamente positivo.

L'edificio del comune era ancora al suo posto.

Sbrecciato, mezzo diroccato, strapieno di crepe e di erbacce dal tetto sino alla base e molto probabilmente fin pure dentro il puro midollo di cemento armato con spranghe e tondini di ferro delle fondamenta. E coi vetri ormai ridotti in cocci, pezzi e frantumi. Sia quelli delle finestre che quelli che componevano la parte anteriore e superiore delle sparute ma pur eleganti reception piazzate strategicamente all'ingresso, per accollarsi e sobbarcarsi i clienti e i cittadini difficili risparmiando così la fatica a quell'autentico fenomeno che avevano avuto la brillante idea di eleggere come ultimo sindaco.

Spesse ed ampie con tanto di sezione traforata al centro, per la precisione ad altezza interlocutore, ed oppotunamente sovrastata da un apposito supporto di eguale diametro e di analogo materiale della parete trasparente che gli stava alle spalle in modo che si potessero tranquillamente udire sia la voce che le parole di chi stava dall'altra parte della barricata. Quella sprovvista di scrivania, di cassetti e di terminale.

In tal modo l'acustica era pressoché perfetta, e si sentiva tutto.

Ogni cosa. Anche erano per lo più insulti che altro.

Al sindaco, al suo operato e ai suoi tirapiedi. Anche se questi ultimi lavoravano per lui giusto perché venivano pagati.

Ovviamente non mancavano di certo i leccapiedi, anche se erano pochi e sparuti. La maggior parte dei suoi dipendenti stipendiati erano i primi ad odiarlo e a disprezzarlo.

Ci si beccava tutte quante le parolacce e gli improperi, e su questo non ci si poteva fare proprio nulla, neanche a volerlo. Ma almeno si era premuniti e protetti contro i voli e gli schizzi di sputi e di saliva che spesso accompagnavano a braccetto l'acceso turpiloquio.

Ma quanto avevano ragione ad avercela con lui, alla luce del senno di poi. Vedendo successivamente coi fatti e rendendosi per conto loro di che pasta molle e flaccida fosse fatto. E che razza di verme smidollato e senza il benché minimo frammento o residuo di spina dorsale fosse in realtà, dopo che se l'era data a gambe senza avvisare nessuno.

Come un ladro nella notte. Niente di più, niente di meno.

Scappato in seguito alle minacce di quella carogna di Carrington. Dopo aver ripulito tutte le casse di quanto c'era, sino all'ultimo centesimo.

Prendi il bottino e scappa, proprio.

Comunque...come é facile, dopo.

E' sempre così facile dopo. Sempre.

Tutto a frantumi. In tanti cocci sparsi qua e là sul pavimento ormai sbiadito. E idem con contorno di patate anche per quelli che formavano il corpo centrale delle porte degli uffici, compreso quello del caro e stimato primo cittadino.

Ovviamente si vuol essere ironici. E sarcastici. Ed anche un poco caustici, pure. Ma non più di tanto.

Che cosa ci sarà mai poi, di cui doversi stupire così tanto...

Si é lo specchio di chi si elegge. E viceversa. Quindi...

Quindi perché mai sorprendersi che il sindaco non fosse altro che un puzzolente vigliacco, il più puzzolente vigliacco e codardo che Maggie avesse avuto la scalogna e la sfortuna di conoscere, quando il resto o almeno la maggior parte di chi lo aveva incaricato e mandato su altro non erano che puzzolenti vigliacchi e codardi a loro volta?

Così vigliacchi da continuare a sopportare e a dargliele sempre vinte a quel delinquente, corruttore ed inquinatore di un suino?

Criminale. Ladro. E da un certo punto in poi persino ASS...

Meglio lasciar perdere, per ora. C'erano già fin troppi brutti pensieri che la stavano assillando senza sosta, senza pace e senza alcuna pietà. Meglio non tirarne in ballo altri, che non era proprio il caso.

Tutti vigliacchi e codardi. Dal primo all'ultimo.

Compresa SUA M...

Basta. Come già detto poc'anzi, aveva già fin troppi brutti pensieri su cui concentrarsi. Meglio continuare quindi a distrarsi con quanto il suo paese aveva da proporre ed offrire dal punto di vista dell'archeologia, a partire dalle rovine che la circondavano.

Tipo la casa dell'ormai ex – primo cittadino, per l'appunto. E ormai in piena fase di decadenza e decadimento, per l'appunto anche questo. Ma ancora saldamente presente ed impressa sul suolo urbano e ben piantata al suo posto. E nelle retine di chi la stava osservando. Comprese le sue.

Tsk. E figurarsi. Proprio vero.

Proprio vero, quando si dice che sono sempre i migliori ad andarsene per primi e fin troppo presto, e i peggiori a rimanere fino alla fine e ad andarsene per ultimi.

I prodi e i valorosi partono e se ne vanno sempre prima del previsto, e quando si ha ancora bisogno di loro. E gli inutili restano, anche se nessuno ha richiesto particolarmente la loro presenza.

Proprio vero.

I grandi e i pesi massimi se ne vanno, i pesi morti restano.

Gli inutili. I buoni a nulla. E i vigliacchi. Anche se nessuno ci bada.

Perché nessuno stava in realtà prestando poi troppa attenzione all'edificio descritto sino ad ora.

I presenti sulla scena avevano tutti altro da fare, in quel dato e preciso momento. Di meglio da fare.

E sicuramente di meglio e più importante da guardare.

Maggie decise di fare altrettanto e di far loro il verso, seguendo l'esempio. Anche se non l'avevano certo invitata a farlo, nonostante in quel silenzio in parte operoso vi fosse forse una sorta di chiara quanto recondita esortazione a fare altrettanto.

Del resto...nel bel mezzo di un incidente o di catastrofe la cosa migliore da fare é di capire se si può esser davvero utili a qualcosa. Per poi gettarsi nel mezzo della mischia e delle operazioni, raggiungere chi comanda e chiedere dove si può essere utili a qualcosa.

E lei, lì, era al momento l'ufficiale di grado più alto. Spettava a lei, quindi.

Spettava a lei intervenire, dunque.

Rivolse anch'essa il proprio muso verso ciò che stava attirando così tanto l'interesse generale, da parte di tutti.

O meglio...ci tornò, visto che era stato proprio quello a colpirla più di ogni altra cosa, sin dal suo arrivo sulla scena. E ad avvilirla, al punto di spingerla ad interessarsi a qualcosa di cui in realta non le importava pressoché nullia.

Più nulla. E da tanto, molto, parecchio tempo. Ma qualunque distrazione andava bene, pur di non tornare con i propri occhi e la propria mente a quel che aveva notato non appena era giunta ed aveva messo zampa in quel luogo.

Il municipio, per quanto malridotto ed in disuso, era ancora in piedi. Ma lo stesso non si poteva dire della stazione di polizia, purtroppo.

E ciò che le si parò di fronte dovette risultarle talmente desolante da toglierle ogni parola di bocca ed ogni forza atta a sostenerla nelle lunghe gambe.

Rimase in piedi a stento. O almeno quella fu l'impressione che ebbe.

La centrale, o meglio ciò che di quel poco che ancora ne rimaneva, era ormai rasa completamente al suolo. Ridotta ad un cumulo di macerie annerite e fumanti.

Un mucchio, una catasta la cui altezza complessiva superava veramente di poco l'altezza del terreno su cui riposava. In attesa forse di estinguersi insieme a ciò che restava dell'incendio.

Quest'ultimo aveva fatto un gran bel mirabile lavoro, nella sua infamia sia di operato che di natura.

C'era da doverlo ammettere e da doverne convenirne, purtroppo.

Aveva divorato tutto quanto, l'intera struttura. Che a causa sia dell'elevato calore che delle fiamme altrettanto altissime aveva finito per collassare ed accartocciarsi interamente su sé stessa.

Come era più che prevedibile. Anche questo, del resto. Come tutto il resto.

Se non altro, ciò aveva almeno impedito all'incendio stesso di propagarsi ulteriormente e tutt'intorno, rischiando così di dare vita ad ulteriori e peggiori devastazioni. Magari nelle case confinanti e negli esercizi vicini e limitrofi.

Fortuna nella sfortuna, proprio. Se si decide di appartenere e di giocare nella squadra di illusi che si sforzano da sempre di vedere il bicchiere sempre mezzo pieno anziché mezzo vuoto, indipendentemente dalla situazione in cui ci venga a trovare. Indipendentemente da qualunque situazione ci si venga a trovare.

La squadra, o meglio l'unica e sola squadra di pompieri e vigili del fuoco della zona e della valle, proveniente dalla cittadina di Crimsonbee, avevano completamente domato e debellato anche gli ultimi focolai. Arrivando a stroncare sul nascere persino quelli potenziali. E prima che potessero acquisire forza e vigore tali da poter diventare davvero pericolosi, grazie all'intervento e alla mediazione della quantità di ossigeno presente nell'aria circostante, più che sufficiente a ringalluzzirli e rintemprarli a dovere.

Dovevano averlo fatto. E ne dovevano anche essere più che sicuri, dato che avevano preso ed erano intenti a riporre con estrema cura le lance e i tubi dell'acqua negli appositi vani di contenimento dell'autoclave, dopo averli scollegati dagli appositi collettori e bocchettoni dei serbatoi mobili e dei pochi idranti a disposizione disposti lungo la strada ed il piazzale.

Evidentemente a qualche anima particolarmente pia ed in preda all'altruismo tra i suoi concittadini, a veder un simile spettacolo, le si doveva essere risvegliato di colpo il senso civico e di appartenenza al paese in cui svernava da tempi ormai immemori insieme ai componenti del suo nucleo familiare, compresi i parenti e gli attaccati più o meno alla lontana. E doveva così aver avuto o trovato in qualche modo la forza di abbandonare l'angolino della propria magione dove se ne stava rintanato a tremare per raggiungere l'altro capo del salotto, di una stanza qualunque e presa a caso o del corridoio. Ed arrivare così al telefono, sollevare la cornetta e comporre il numero adibito alle emergenze. Per poi tornarsene da dove era venuto, a continuare a fare e ad interpretare come meglio poteva il ruolo di una pessima imitazione di una malriuscita via di mezzo tra un budino ed una gelatina al sapore finto di frutta. Entrambi ripieni di coloranti ed insaporenti.

Appariscenti fuori e vuoti, vuotissimi dentro. Privi di polpa e di sostanza.

Proprio come chi li stava maldestramente tentando di imitare, dopotutto.

Erano in ballo da circa due giorni dopo il loro arrivo, nonostante fossero riusciti a circoscriverlo senza alcuna conseguenza per stabili ed abitanti. Almeno in base a quanto aveva potuto constatare la daina. E a quanto stava constatando di persona, proprio in quel frangente.

Dopotutto si trattava dell'ennesimo sopralluogo che stava svolgendo, anche se il primo in tandem col piccolo quanto irascibile botolo peloso dalle lunghe orecchie e dal manto color sabbia del deserto.

I precedenti se li era fatti tutti quanti da sola e per conto proprio, senza coinvolgere il fennec.

Non ci aveva nemmeno provato. Era passata giusto vicino al luogo dove il tappo si era raccolto e ritirato in meditazione e raccoglimento spirituale dopo averle rifilato quella sonora batosta, al termine della quale si erano potuti finalmente chiarire. E riconciliare.

Nei pressi e nelle vicinanze del pub di Tobey, e dei resti del suo van mezzo scassato e distrutto.

Gli aveva dato giusto un'occhiata di sfuggita e semi – distratta, per sincerarsi delle sue condizioni. E quella da sola le era bastata. Le era stata più che sufficiente per capire e comprendere che avrebbe fatto meglio a non disturbarlo. E che il suo intervento in merito non era assolutamente richiesto, durante quella specifica fase. Tantomeno desiderato particolarmente.

Lo aveva quindi lasciato alle sue oscure litanie e borbottii pronunciati a mezza bocca e ad occhi semi – chiusi, dirigendosi direttamente sul luogo del disastro. Ma una volta giunta fin laggiù, la daina si era resa ben presto conto che anche in quel posto non avrebbe potuto poi fornire questa gran zampa.

Questa volta non vi era bisogno del suo diretto contributo. E lei stessa si stava suo malgrado rendendo conto di questo, mentre vedeva gli addetti ai lavori all'opera.

Nemmeno lì.

Anche se sarebbe stato senz'altro e senza alcuna ombra di dubbio più onesto e corretto dire anche un'altra cosa. E cioé NEMMENO quella volta.

Perché non si stava contando il semplice ma tuttavia determinante fatto che le ci erano voluti ben due giorni prima di riuscire a trovare, rimediare e mettere insieme e da parte la giusta dose di coraggio e fegato per riuscire a fronteggiare la situazione per intero. E persino di attributi, pur se come termine risultava alquanto fuori luogo. E per ben ovvie e fisiologiche ragioni.

Le era tornato d'improvviso alla mente che nel corso del primo, primissimo sopralluogo aveva fatto giusto a tempo a vedere la luce ed il brillare delle fiamme ancora altissime e belle ampie, unito al rosso dei mezzi di soccorso. Per poi girare pressoché immediatamente e all'istante sui propri tacchi, fare una perfetta manovra di dietro – front con tanto di inversione ad U e su sé stessa e ritornarsene dritta dritta e filata nella propria abitazione. A tremarsene di paura, proprio come i suoi disprezzati concittadini che odiava e con cui ce l'aveva così tanto.

Eh, già. Due giorni. Si badi bene.

DUE GIORNI, si é detto.

Tra il tempo che avevano impiegato i pompieri a neutralizzare il fuoco e quello che ci aveva messo Maggie prima di decidersi a riprendere a tempo pieno e ad orario continuato, con tanto di straordinari in questo caso, la sua tipica mansione di ufficiale di polizia nonché rappresentante della legge...erano passati ben due giorni.

Due giorni. Ci si tiene a ribadirlo, anche a costo di essere esaustivi quanto noiosi fino a causare ottundimento.

Due giorni. Il che stava a significare che due dei tre giorni che Zed aveva concesso loro, e che Finn gli era abilmente riuscito a strappare sul filo di lana grazie a quella sorta di arcaico gesto in codice conosciuto solo dai membri ancora in vita ed in circolazione della sua organizzazione che per contro invece era da considerarsi bella che defunta, e che ormai dovevano essere ben pochini...se n'erano ormai andati bellamente alla malora e a farsi benedire.

L'ultimatum era ormai giunto ed arrivato agli sgoccioli.

Era proprio quella, la sensazione che l'aveva attanagliata ed angosciata sino nell'intimo. Oltre ad un certo generico quanto non bene definito senso di rabbia e disperazione cieche miste ad impotenza.

E all'immmancabile presentimento che qualcosa di ineluttabile ed inevitabile stava incombendo su tutti loro.

Che, a conti fatti, non era che una naturale ed ovvia conseguenza.

Eccolo spiegato, il motivo per cui si sentiva così.

In realtà ed in verità, proprio come soleva dire il tizio in fissa con le reunion di cui si parlava poc'anzi...Maggie si ricordava ogni cosa, a partire dal tragico quanto micidiale raid che la pantera aveva organizzato. E con cui si era scagliata con tutta quanta la sua furia sull'inerme cittadina, in degna compagnia dei suoi accoliti. Ma non avrebbe saputo dare agli avvenimenti che si erano poi susseguiti una precisa collocazione dal mero punto di vista temporale.

Succede, quando si cade prede di uno choc e di uno sconvolgimento tra i più intensi e profondi.

Solo adesso...solo adesso che stava recuperando un minimo ed una parvenza di lucidità, i fatti stavano finalmente emergendo con tutto il loro gravoso e fatale carico.

Quella che non si era ancora decisa a sorgere del tutto e per intero era la loro ultima mattina di pace. E di tregua.

Quella stessa sera quel branco di pazzoidi sarebbe giunto di nuovo a far capolino da quelle parti, per completare l'opera. E per spazzarli via dalla faccia della Terra. Del tutto.

Quel poco che era rimasto di loro, sia dal mero punto di vista fisico che prettamente psichico e psicologico.

Quella era la sera decisiva, dove si sarebbe stabilito tutto. E dove tutto sarebbe terminato ed avrebbe avuto fine, in un modo o nell'altro.

Anche se era molto probabile che sarebbero stati tutti loro, ad essere finiti.

Erano loro quelli destinati a venire TERMINATI, giusto per voler parafrasare un vecchissimo ma pur sempre eccezionale film.

No. Non c'era più scampo.

Proprio alcun genere di scampo. E non vi era proprio niente che si potesse fare.

Più niente. Era troppo tardi.

Davvero troppo tardi. Per qualunque cosa.

Questa roba, via via che scorrevano i minuti e le ore, somigliava sempre di più all'incendio nel corso dei successivi sopralluoghi da parte sua.

Ogni volta, e ad ogni visita...peggiorava.

Diventava sempre peggio ogni secondo che passava. Ad ogni istante trascorso.

Quelli sarebbero arrivati, avrebbero rimesso piede lì quella sera stessa, con l'intenzione di distruggere e di radere al suolo tutto.

Tutto quanto. Ogni cosa. E loro...

Loro non avrebbero potuto fare altro che combattere. Oppure fuggire, proprio come Zed gli aveva consigliato ed intimato, tra una minaccia di morte imminente e l'altra.

Combattere. E rimanere a crepare. Oppure fuggire. E forse crepare lo stesso, con ogni e tutta quanta la probabilità di questo mondo.

Di Nick ancora nessuna traccia. Nemmeno un sol ciuffo del suo pelo rossiccio.

L'unico che forse poteva avere qualche idea per ribaltare opportunamente la situazione verso un improbabile quanto insperato vantaggio era ancora indisponibile, purtroppo. Ma a conti fatti...

Anche se fosse stato presente e ben vigile, sarebbe forse potuto cambiare qualcosa?

Avrebbe forse potuto fare qualcosa di diverso?

Che cosa diavolo d'un accidente avrebbe potuto fare? Che cosa avrebbe mai potuto fare per salvarli?

Una persona da sola, per quanto abile e preparata, non può riuscire a fare la differenza. Anche uno come il suo comandante aveva i suoi limiti.

E Nick aveva fatto già tanto, per tutti loro. Chi poteva biasimarlo, se doveva aver deciso di tirarsene fuori anche inconsciamente, per via di un'indisposizione?

Dovuta ad un sacco di botte prese, certo. Ma sempre indisposto era. E si dice che qualunque genere di malattia e di infortunio, anche casuale, abbia in fondo delle ragioni.

C'é sempre un motivo, per cui qualcosa accade. Ed in genere uno va a trovare e a rimediare quel che cerca. E che vuole.

Se uno ha una fissa per qualcuno o qualcosa, si stia pur e più che certi che andrà a prendersi e beccarsi sempre, solo e soltanto quella.

Forse Nick aveva perso la voglia. Non ce la faceva più. Si era arreso.

Ma chi gliene avrebbe potuto mai fare una colpa, santo cielo?

Il possibile lo aveva già fatto. E pure l'impossibile, talvolta. Se pur con gran fatica e spesso a prezzo di enormi quanto terribili sforzi e sacrifici. E sempre quasi tutto da solo.

Evidentemente...per i MIRACOLI non era ancora pronto. Doveva ancor attrezzarsi.

Maggie, dal canto suo, non aveva la più benché pallida idea sul da farsi. E sul come doversi comportare. Ed in quanto al tappo...sembrava si stesse soltanto limitando a lasciare che gli eventi prendessero e seguissero il suo corso. E a prendere atto della cosa, senza voler minimamente tentare di interferire o di variare gli eventi in questione.

Ma nessuno avrebbe potuto avanzare richieste o rimproveri o giudizi di sorta, visto che fino ad adesso erano stati gli unici a fare qualcosa per tentare di cambiare le cose.

Logico che fallissero, prima o poi. E che facessero un botto stratosferico, per giunta.

Tutti e tre avevano fatto tutto ciò che era possibile. Tutto quel che potevano. Tutto quanto era in loro potere. Ed al meglio delle loro capacità.

Ma era una cosa troppo grande, sin dall'inizio. Davvero troppo, troppo grande. Per tutti loro.

Avevano finto con l'infilarsi in un ginepraio troppo stretto e troppo fitto.

Forse era giusto che finisse così. Era meglio. Per tutti quanti.

Quella notte sarebbe finita. Quei tizi sarebbero arrivati, e loro non erano assolutamente pronti né tantomeno preparati per affrontarli. O almeno fronteggiarli, in qualche modo.

Questo era quanto. Era così che stavano le cose. La fredda, nuda e cruda cronaca. Tutto qui.

Tutto qui?

Tutto qui. Per rispondere ad una domanda con un'altra domanda per poi darsi la risposta da soli.

Pazienza. Tanto peggio. Per loro e per tutti.

Giunti a quel punto, non importava.

No. Non importava. Non aveva più alcuna importanza. Specialmente per lei.

Non le importava più nulla. Che se ne andasse pure all'inferno al gran completo, quel gran branco di ingrati codardi.

Solo loro tre si erano mossi. Solo loro tre si erano decisi a spostare il fondoschiena e a fare qualcosa. O almeno tentare, di farla.

Loro e gli unici che, oltre al terzetto appena menzionato di supposti quanto supponenti eroici tutori della legge, avevano stabilito di dare il loro supporto e sovvenzione alla ferma ed inflessibile linea del decisionismo.

Che cos'é? Una cosa assai rara, oggigiorno.

La capacità di darsi una mossa mentre il resto della gente é buona solo di rimanersene a guardare ed osservare impotente. E a sparare giudizi e sentenze, soprattutto su chi sta facendo qualcosa.

Oltre che a lagnarsi, a maledire e a lamentarsi in genere di qualsiasi cosa, naturalmente. Soprattutto nei confronti di chi, almeno, qualcosa sta facendo.

Tsk. Tutti quanti buoni a dire che loro farebbero sicuramente meglio, però intanto non muovono un dito. Neppure un singolo mignolo. Neppure una sola unghia di un solo dito.

Erano i soli che aveva visto intraprendere un qualsivoglia tipo di azione da un mucchio di tempo a questa parte. Fatta debita quanto dovuta eccezione per lei, Nick ed il casinista dalle lunghe orecchie altresì meglio conosciuto come Finn, come già evidenziato. Anche se erano tutt'altro genere di tutori.

Quelli delle fiamme e della protezione civile, così come loro lo erano dell'ordine costituito.

Certo, e ci mancava altro. Spegnere gli incendi e salvare la gente era il loro lavoro. Così come quello di Maggie, del suo comandante e del suo presunto collega era di arrestare i criminali e di garantire la sicurezza.

A conti fatti e alla fin della fiera, non stavano facendo poi nulla di così trascendentale o speciale, rispetto all'ordinario e al quotidiano. Ma era comunque ammirevole, vederli all'opera.

La vice si sentì quasi rincuorata, in mezzo a tutto quel gran senso di angoscia.

Una piccola, subitanea e momentanea onda di benessere. Una zona franca di bonaccia in un mare nero e profondo di disperazione senza limiti e senza speranze in cui sentiva di iniziare fatalmente ad abissarsi.

Di più. Sempre di più.

Ma...bisogna sforzarsi di vedere sempre il lato positivo in ogni cosa, come le aveva detto qualcuno.

Del bicchiere va guardata sempre la parte mezza piena e riempita. Dopotutto...

Dopotutto non é così che fanno forse gli ILLUSI?

E' bello illudersi, ogni tanto.

I vigili del fuoco, intanto, avevano ormai ritirato tutto quanto il materiale che avevano dispiegato sul campo, per far fronte alla minaccia ed arginarla così in modo adeguato ed opportuno.

Soltanto due di loro erano rimasti nei pressi del focolaio primigenio. Nonché unico, visto che non aveva avuto né il tempo né il modo di attecchire altrove. Da nessun'altra parte, grazie al cielo.

Una giraffa ed una lontra. Entrambi in divisa ed elmo neri e marroni, con le apposite bande laterali fluororifrangenti gialle ed argentate, disposte sia in senso orizzontale che verticale.

Stavano eseguendo un ulteriore verifica tra i resti. Il primo, sfruttando i metri del suo lungo e flessuoso collo, lo sporgeva tenendosi al contempo a debita distanza di sicurezza. Il secondo, invece, grazie alla corporatura snella e alle dimensioni ridotte si stava intrufolando cautamente tra gli anfratti. Forse alla ricerca di eventuali prove o di reperti.

Come già accennato, l'incendio li aveva tenuti impegnati per quasi ben due giorni. Ma a voler guardare bene e con estrema attenzione, e a giudicare dalle tracce di umido e di bagnato presenti sull'asfalto circostante, veniva da pensare che nonostante avessero estratto, srotolato e tirato fuori tutto quanto l'occorrente ad ogni evenienza, persino la peggiore tra le eventualità contemplate, non avessero fatto poi questo gran uso delle lance.

Di sicuro il calore, l'affumicamento dei vapori caldi, densi e neri e le alte ed elevate temperature potevano aver quasi certamente fatto seccare ed asciugare qualunque residuo di stampo liquido. Ed in gran fretta, per giunta. Ma ad un occhio e ad un cervello ben allenati e fare al meglio le loro mansioni che erano rispettivamente quelle di osservare e pensare velocemente e nel modo più rapido ed ottimale possibili, la sensazione predominante era che si fossero limitati a circoscrivere e a tenere sotto controllo il fuoco nell'attesa che quest'ultimo finisse con l'esaurirsi e successivamente con l'estinguersi praticamente da solo e per conto proprio, non avendo più nulla in prossimità e a disposizione con cui alimentarsi. O quantomeno mantenersi. E rimanendo vigli a qualunque possibile imprevisto o variazione.

In tal modo avevano risparmiato sia l'acqua che la schiuma ignififuga, utilizzandole al minimo che risultasse necessario ed evitando così di sprecarle inutilmente.

L'idea dell'impiego in dosi massicce di prodotti anti – incendio per risolvere e debellare il problema a cui tutti pensano in primis, ogni volta che ci si ritrova davanti ad una calamità o ad un fenomeno pirico di tipo e di dimensioni abnormi e fuori controllo, non é altro che un'invenzione ed una trovata puramente di stampo cinematografico. Ma non ha alcuna attinenza, col mondo reale.

Non é verosimile. Su pellicola e sia schermo sia piccolo che grande si tende alle iperboli. A gonfiare e ad esagerare tutto. Per tentare di catturare l'attenzione dello spettatore per poi tenerlo coinvolto fino alla fine.

Vogliono eroici pompieri che lottano con qualcosa che sembra dotato di vita propria, e che mangia e che fagocita tutto e tutti. E che sia sempre sul punto di inghiottirli, da un momento all'altro, per poi vomitarne e risputarne fuori solamente cenere ed ossa annerite e fumanti.

Il pubblico facilone cerca, desidera, anela vigili del fuoco che agitano canne, idranti, sifoni, manichette, manicotti e tubi dell'acqua contro lingue gialle, rosse, arancioni, salmone, bianche ed incandescenti che spuntano tutt'intorno a loro e da ogni dove per poi sommergerli e soverchiarli.

E che alla brutta e sul limite della disperazione, si rivolgano e tentino soluzioni improvvisate quanto fantasiose ma pur sempre risolutive. E che lasciano chi guarda oltremodo estasiato.

Tipo lanciare interi estintori nel bel mezzo del nucleo dell'incendio, per poi farli esplodere ed aprire così la strada ai soccorsi. O a chiunque debba uscire e fuggirsene da lì.

Una vera imbecillata. E che non ha il benché minimo senso. Eppure...la gente vede questa roba e si convince che le cose stiano davvero così. E che si possa fare per davvero.

Pensano che un incendio sia davvero così, quando a conti fatti é solo un gran via vai, andirivieni e continuo spostare di roba.

E la roba in questione...le risorse, non vanno mai sprecate. Perché sono finibili, non durano in eterno. E prima di ogni altra cosa...COSTANO. E tanto, pure.

Sono preziose. E perciò vanno limitate. Razionate. Preservate. Ed usate il meno che sia consentito e possibile.

Tutto qui, dunque?

Tutto qui. E a proposito di calamità...

Si dice anche che quando ci si ritrova coinvolti proprio malgrado nel bel mezzo di un qualunque o generico cataclisma, non si abbia il tempo di riflettere con attenzione su ciò che il cataclisma stesso stia portando via. E che CI sta portando via, soprattutto.

E forse non é nemmeno questo gran disastro, a conti fatti. Anche se la cosa é relativa.

Dipende da come lo si interpreta. Ciò che non conta per alcuni, può contare moltissimo per qualcun altro. Ciò che per gli altri é una bazzecola, per noi può costituire o rivestire una questione di importanza nazionale. Vitale.

E lo stesso discorso vale per quel che viene sottratto. Che CI viene sottratto, giusto per ribadire.

Comunque quel che é noto ed insieme certo come l'oro e la morte é che in simili, tragici casi e circostanze si può solamente fuggire e cercare, trovare al più presto un rifugio o un riparo.

Non si può far altro. Non si può fare che quello. E sempre che si sia abbastanza e a suficienza lesti, svelti e veloci da togliersi e portarsi via dal posto che sta per essere colpito. Ed in fretta, anche.

Appena appena in tempo per non venire travolti a propria volta dalla furia degli elementi. O di qualunque altra cosa sia in procinto di abbattersi su di noi con tutto quanto il suo peso e con ogni grammo della sua forza.

Solo una volta che si é completamente al sicuro si può fare altro. Di solito rimanersene inermi o rapiti ad osservare tutta la violenza che si libera, si sprigiona e si dispiega. O altra analoga, passiva operazione. Per poi rendersi conto subito dopo che potevamo esserci noi, là.

Che C'ERAVAMO ANCHE NOI, laggiù. Questo almeno fino ad un istante prima.

Il fuoco, l'aria, la terra, l'acqua che si scatenano. Ed in certe situazioni persino la luce, l'elettricità. O il legno. O il ferro, l'acciaio o qualunque altro genere di metallo. O un altro qualsivoglia materiale di genere artificiale.

Persino gli agenti chimici, nelle ipotesi più estreme. O chi, almeno in teoria, non dovrebbe costituire un pericolo in quanto non esiste più, come i fossili sotto forma di combustibile.

Addirittura l'atomo. Può succedere anche questo.

Uno di essi, più alla volta o anche tutti insieme. Non ha alcuna importanza, perché sembra che chiunque voglia concorrere ad una potenziale catastrofe, giunti a quel punto.

Perché la colpa, invariabilmente da quanto sta accadendo, é ed andrebbe sempre attribuita a chi li ha messi in condizione di agire e comportarsi così.

Imbrigliamo le fonti di energia per trarne il massimo consumo e profitto, tenendole dentro apposite gabbie che rappresentano il massimo livello raggiunto dalla tecnica e dalla tecnologia. Ma che le bloccano giusto quel tanto che basta per non disperdere troppo la loro potenza.

Una ben misera barriera, quella che ci separa dall'Apocalisse. Da ogni Apocalisse. Anche quelle in formato ridotto.

Si vive sempre vicino ad essa. Ad un passo. Non più di così.

Sempre sul filo di lana e del rasoio. Che non ci si lamenti quindi, quando accade. Quando decide di accadere.

Ma indipendentemente da chi abbia deciso di sfogare la sua rabbia e la propria collera ingabbiate e represse, quel giorno...una cosa é certa. Almeno quanto la morte, di nuovo, e le tasse. Anche se queste ultime sono una pura invenzione e risultato dell'intelligenza e della nequizia mammifera combinate, e che Dio le abbia in gloria entrambe.

E cioé che soltanto quando la buriana é trascorsa e passata, e si può finalmente rimettere fuori il naso dal proprio guscio e si ritorna fuori a vedere le stelle nel cielo ormai sgombro di nubi, solo allora ci si rende davvero, veramente conto di ciò che si é veramente perduto. E degli effettivi danni materiali subiti.

Perché non si può pensare a quello mentre si é impeganti a salvare e a salvaguardare la propria pelle, pellaccia e pelliccia per metterle al sicuro quanto prima. Non si riesce a pensare nemmeno agli affetti ed agli oggetti a noi più cari.

Non si può far altro che pensare a salvare sé stessi.

L'istinto di sopravvivenza e di auto – conservazione della specie, insito in ogni individuo di qualunque specie, é sostanzialmente un grandissimo egoista.

Solo quando tutto é finito ci si può finalmente tornare a concentrare e a fissarsi su qualcosa che non sia il nostro centro. Quello che ci dà e ci fornisce la credenza, l'illusione di essere diventati il fulcro assoluto e perfetto dell'intero creato ed universo. E di solito avviene quando si scopre che ci si é appena sbagliati, e che non é affatto come si pensava e si credeva.

Quando la si scampa per un soffio. Perché la vita é così terribilmente breve e fugace. Nonché casuale...

Solo allora si ritorna finalmente a pensare ad altro. A quello a cui si pensava giusto un attimo prima che il disastro e lo choc che quasi sempre ne consegue ad esso spazzassero via senza pietà ogni cosa. Sia fuori che dentro di noi. Sia in prossimità e nelle vicinanze, che nella nostra mente e nel nostro cuore.

Ed é solo allora che al sollievo immediato per il di poco scampato pericolo si aggiunge anche lo sconforto. Ed é una fusione a dir poco nefasta, che può arrivare a far crollare e mandare letteralmente in corto circuito. A chiunque.

E Maggie, per quanto forte si fosse prefissata di essere, non poteva certo costituire un'eccezione.

Nemmeno lei, nonostante tutti gli sforzi che aveva disperatamente cercato di fare pur di mantenersi fredda, lucida e totalmente razionale.

Sollievo e sconforto. Sconforto e sollievo.

Lo sconforto di aver visto la propria fine praticamente dritta dritta in faccia, e di aver perduto ogni cosa. Insieme, in un sol colpo. Unito al sollievo di essere ancora viva, anche se a conti fatti la sua stessa vita era l'unica cosa ad esserle rimasta.

E non era certo poco, fatte le debite quanto dovute e spicciole considerazioni. Anche se lei sentiva che non era affatto abbastanza.

No. Non le era affatto sufficiente, in quel momento. In un simile momento. Non le bastava assolutamente.

Si sentiva spaesata. Persa, come le cose che aveva appena perso. Smarrita, esattamente come quelle.

Al pari di ciò che non c'era più, ormai. Sentiva di non stare, di non appartenere nemmeno al suo corpo. Di averlo abbandonato, come se tutto quel che le stava capitando stesse accadendo a qualchedun'altro.

Ma era a LEI che stava accadendo, per la miseria. Non ad un'altra qualsivoglia persona.

Doveva, avrebbe dovuto fare qualcosa. Ma...cosa?!

Sollievo. E sconforto. Sconforto. E sollievo.

Queste erano le due sensazioni dominanti e predominanti che albergavano nel suo animo. E che regolavano e facevano funzionare i suoi organi ed il suo organismo, insieme a tutto il resto dei muscoli, delle ossa e delle sue membra.

Il bianco ed il nero, la luce ed il buio che danzavano e lottavano senza sosta dentro di lei, in un'alternanza pressoché continua.

E senza fine perché dentro alla daina, nel profondo del suo intimo, quella lotta fratricida in quanto erano ambedue manifestazioni della medesima sfera emotiva, due facce della medesima medaglia...quello scontro, quel duello non finiva praticamente MAI.

Non ne voleva affatto sapere di darci un taglio e di terminare. Nossignore. E come spesso accade...a rimetterci in una rissa durante un'accesa seduta di riunione tra condomini litigiosi era il proprietario dello stabile. E pure amministratore ed architetto, per giunta.

Era troppo. Decisamente troppo.

Era troppo per il suo spirito già stremato, fiaccato e messo a dura prova dai più recenti avvenimenti e disavventure ad essi legate. Ed infatti...non le riuscì più di resistere.

Il gigantesco groppo in gola, mischiato col peso che sentiva nel suo petto si fece definitivamente troppo gravoso per poter continuare a venire sorretto e sopportato senza conseguenza alcuna.

Le sue lunghe gambe si fecero di burro vegetale. Di autentica gelatina.

Perse l'equilibrio e cadde. Come stonata in seguito ad una potente sbornia. Di qualunque sostanza si potesse trattare e di cui avesse potuto fare uso, anche se non era certo sua abitudine in quanto ufficiale di polizia.

Tsk. Tutto il contrario e l'opposto di un certo assistente e collaboratore volontario, a voler ben guardare...

E anche del suo principale e comandante, fino a non molto tempo addietro.

Percepiva il suo cervello come confuso, annebbiato. Persino inebriato, come se avesse per davvero assunto qualche strana quanto illecita sostanza.

Come se fosse davvero ubriaca, o drogata.

Ma non era quello il motivo, e lo sapeva bene. Lo sapeva fin troppo bene. Così come bene sapeva qual'era la vera a genuina causa dello stato in cui versava.

Si prostrò sull'asfalto, reggendosi ostinatamente e disperatamente con entrambe le braccia e ritrovandosi così messa a carponi.

Non poteva. Non doveva lasciarsi andare più di così, o finire ancora più in basso di quanto già non si trovasse. Se fosse giunta ad arrivare a baciare per davvero il suolo e a toccarlo col muso...allora sì che sarebbe stata vermente la fine. La fine di tutto.

Il suo intero corpo era scosso da fremiti e singulti. Il fiato le si smorzò e mozzò in gola, e le pupille le si fecero lucide.

Aprì la bocca con un improvviso spasmo, come caduta in preda ad un violento quanto inatteso conato.

Ma non uscì nulla. Nulla di organico o liquido, almeno. Solo un lamento.

Nient'altro che un lamento.

“Aahh...aaaahhh...”

Un rantolo di agonia. Il rantolo di un animale ferito a morte.

Poteva finire a terra, ora. E sarebbe stato meglio. Ma un braccino minuscolo ma d'acciaio, e dalla presa altrettanto forte e vigorosa la afferrò nell'incavo del gomito destro e la costrinse a tirarsi su. Almeno con il busto. Almeno per salvare le apparenza.

“Ehi, muchacha!!” Le fece Finn, che nel frattempo le era andato incontro e a fianco, provvedendo ad issarla prontamente. “Que pasa, hm?”

“Alòr?” Le chiese di nuovo il tappo. “Que ha pasado? Que te stai a sturbà, por caso? Repondéz, s'il vous plait! Que te ha sucedido, Nocciolina? Dime que ha occurido, por favor!!”

“E'...é tutto distrutto, Finn...”gli rispose lei, con la voce rotta dall'emozione che la stava travolgendo. O almeno con quel poco che ne era rimasto, della sua voce. Insieme al suo respiro.

“E'...é tutto distrutto...” gli ripeté, come in trance, scuotendo a ripetizione il capo. “...tutto...tutto a pezzi...in pezzi, tutto quanto...n – non...non c'é rimasto più nulla...più nulla...più niente. Più niente, nemmeno da bruciare...più niente...niente di niente...”

“Fatte coraggio, nina. CORAGGIO.”

Il piccolo fennec spostò dal braccio la mano con cui aveva bloccato la sua discesa e la portò all'altezza di quella stessa spalla, dove gliela poggiò.

“Visto que se parla de ESPALDAS, de spalle...sappi que fino da ahora la mia é a tua complieta desposiciòn por caragnarce sovra, por piangerci de sopra” le propose, con fare amichevole e mellifluo.

“Je lo so” ammise facendo quindi spallucce, tanto per restare in argomento e rimanersene a tema. “Yo compriendo bien que de seguro no es molto, ma...”

“Grazie, Finn” gli rispose Maggie. “Ti ringrazio, di cuore. Ci tengo ad informarti che per me é molto, invece. E' davvero molto, per essere un gesto così semplice. E non sai quanto, credimi.”

La volpe del deserto si portò la zampina superiore rimasta libera ed attualmente disimpegnata dietro il proprio testone, ed nel bel mezzo della radura della sua porzione di nuca delimitata dalle sue enormi e spropositate orecchie. E prese a grattarsi, manifestando un'evidente quanto malcelato imbarazzo.

Possibile che lo fosse sul serio? Possibile che quelle parole lo avessero davvero colto alla sprovvista?

Non doveva essere il tipo da vivere di pane e di complimenti, o da non riuscire a viverne senza. Però in passato aveva dimostrato di apprezzare gli elogi. Ed in ben più di un'occasione, tra l'altro.

“Grazie ancora” gli ribadì lei. “E scusami per il deplorevole spettacolo che ti ho offerto, mio malgrado. Avevo promesso a me stessa...mi ero promessa e ripromessa in questi giorni di essere dura e di mantenermi tale, e di non cedere allo scoramento. Qualunque cosa fosse accaduta, e che mi fossi ritrovata davanti. E pensavo di essermi preparata e di essere pronta al peggio, ma...ho scoperto che non era così.”

“E' proprio vero” aggiunse, mentre si decideva finalmente a rimettersi sui propri piedi. “E' proprio vero ciò che si dice, a quanto sembra. Per quanto uno si possa preparare, sia mentalmente e psicologicamente...nulla ti può preparare adeguatamente alla realtà. Vi é sempre una certa differenza tra il l'immaginario ed il reale. Tra il vero e quel che si immagina fino ad un istante prima di scorgere l'essenza delle cose nella sua autenticità più pura. Ed é proprio quello lì ciò che ti frega, alla fine.”

“Ooh, muy bien” commentò il predatore in miniatura. “Sienti sienti y guarda guarda. Udite udite, così disse il temperamatite. Y ahora merate todos, senoras y senores...diamo il via a la nueva puntada de la consueta rubrica de LOS CONCEPTOS DE LA FILOSOFIA POST – PRANDIALE! Se non fosse que ce sta como unica deferencia que nun avemo mangiato manco y seulemént un misero boccone...nada de nada.”

“E piantala, una buona volta” lo ammonì la vice. “Vedi di piantarla, ok? Sto parlando seriamente. C'era...c'era una parte della mia vita, là dentro. C'era TUTTA QUANTA LA MIA VITA, Finn! O almeno quella di questi ultimi anni che ho trascorso qui.”

“Aye. Te capisco, Nuts. Es normàl.”

“Già. Mi sa che non ne potevo proprio fare a meno, di comportarmi così. Ma ti voglio ugualmente chiedere perdono per la mia reazione. E per la scenata.”

“Non dovevo” ammise. “Non dovevo proprio. Non adesso. E non in una circostanza come questa. Non con un casino simile davanti agli occhi. A – almeno io...almeno i – io avrei d – dovuto come minimo...”

“Tranquila” la interruppe Finn. “Deciamo que ogne tanto fa bene alla salùd lasciarse andare. Y como te ho giamò dito...te compriendo perfectamiente. Duepo todo, dopotutto...si nun te lo recuerdi y te has sfujito de miente se da el caso que ce stavo anca mi. C'ero anch'io, nel mezzo.”

“Già” aggiunse Maggie, visibilmente scossa. “Per l'appunto. E non solo. Là dentro...là dentro, fino ad un attimo prima che arrivassi tu a tirarci fuori...là dentro a quell'edificio in fiamme C' ERA ANCHE LA SOTTOSCRITTA! C'ERAVAMO DENTRO ANCHE IO E NICK IN MEZZO A TUTTO QUEL FUOCO CHE DIVAMPAVA! C'eravamo anche io e Nick lì, giusto un attimo prima che se ne andasse tutto quanto in fumo! E per un pelo...per un solo pelo io e lui...per un pelo noi due non abbiamo fatto la stessa fine, ti rendi conto? Avremmo potuto...avremmo potuto finire in cenere anche...anche noi, capisci?!”

“Ma non é successo, right?” Precisò Finnick. E per tutta risposta la daina abbassò il capo e si mise a singhiozzare.

“S – sì...” balbettò, col muso chino. “Sì. Hai ragione. Lo so. M – ma...ma per me...per me é dura lo stesso. Durissima. E i – io...io ora n – non...non posso...non posso p...ah!!”

Emise un'esclamazione istintiva quanto involontaria.

Ed il motivo? Alquanto semplice.

Era successo che il suo attuale quanto improvvisato per non parlare di unico al momento disponibile partner, sia di lavoro che di operazioni, al suo ennesimo e più nuovo recente principio di sfogo di nervi doveva aver deciso di averne avuto abbastanza. E i cosiddetti pieni, se non addirittura ridotti allo stato contrario ed esattamente opposto. E cioé totalmente rinsecchiti e raggrinziti. E le si era fatto quindi sotto nel tentativo di darle uno scossone bello brusco.

Aveva cercato di essere comprensivo, entro certi limiti. Ma a quanto pareva non doveva essere servito poi ad un gran che. E lo sapeva.

Questo lo aveva sempre saputo, sin dal principio. Ed erano quindi giunti sia l'ora che il momento di ricorrere alle maniere decise. E belle forti. Anche se bisognava andare per gradi e con le zampe di piombo pure in quel caso.

Perché é come trovarsi sul ring alle prese con un pugile talentuoso ma tuttavia ancora novizio, di primo pelo e alle prime armi. E un allenatore ed un preparatore sapienti, navigati e di lungo corso con un altrettanto lunga gavetta alle spalle e sul groppone ne sono pienamente consapevoli. Fin troppo bene.

Una macchina da guerra la si forgia non con carezze e buffetti sulle guance, e moine con contorno di complimenti. Ma piuttosto con improperi, urla, qualche insulto a condire e a suon di sberle, schiaffoni e pacche e manate sulla schiena. Che lasciano un segno che in genere é di quelli che non si dimenticano. Mai.

Ovviamente, per naturali ragioni di differenze fisionomiche e dal punto di vista della mera statura non ci poteva arrivare. Ma gli era bastato un breve e secco saltelo verso l'alto per pareggiare la distanza che li separava. Ed appiopparle così un colpetto deciso con un pollice, dopo averlo fatto scorrere e schioccare contro le altre dita tenute ben serrate.

Una frustata, un tocco di scudiscio che l'aveva raggiunta proprio sulla punta del mento, costringendola a rialzare di scatto il muso.

Ed al contempo aveva potuto persino mettersi a calcolare e valutare subito gli effetti di tale mossa. Al fulmicotone.

Si era persino concesso questo lusso. Con la consapevolezza che, se non fosse stato sufficiente, avrebbe dovuto ricorrere ad altro. Anche a roba davvero dolorosa.

Doveva andare per gradi, si era appena detto. La situazione era già fin troppo delicata di per sé. E tutto sommato gli dispiaceva e rincresceva, ricorrere a simili metodi.

Quella povera ragazza ne aveva già dovute buscare sin troppe, ed alcune pure per sua stessa zampa.

Non avrebbe mai voluto rincarare oltremodo la dose che le aveva e le avevano già impartito e propinato. Ma se era necessario...aveva la forza di andare fino in fondo.

Ma per fortuna, sua e di chi la botta l'aveva appena ricevuta, non vi fu affatto bisogno di rivolgersi a della maniere ancora più rudi.

Aveva di nuovo e totalmente catturato e recuperato la sua attenzione, catalizzandola esclusivamente su di sé. Ed ora...i suoi occhi dalle iridi castane almeno quanto lo era il suo manto gli stavano sopra.

Occhi pieni di curiosità e di domande. E desiderosi, in attesa di risposte e delucidazioni. Che lui gli avrebbe di certo fornito.

La sua allieva attualmente prediletta era pronta, vigile ed attenta, adesso. E disposta a sentire. E ad ascoltare.

“Panza en de dientro y pietto de fora” le spiegò. “E le palle de las orbitas tenute bien deritte en avanti, sul avversario. Y su tutto ciò que ce aspietta. Tu entiende esto, chica?”

“O – ok” gli fece Maggie.

“Okappa. Yo criedo que tu te sia caduta vittema de un gruesso y grasso qui pro quo, dolcezza. Un equivoco, y puro madornàl. Te ho detto que te posso compriendere. Ma yo puedo farlo only como tu amigo y tu compagno. Ma como tu MESTRE, como tuo maestro...no puede proprio tolelarlo. Màs.”

“Como tu maestro yo te puede concidér jiusto jiusto trenta segundos, o giò de lì” continuò. “ma no de oltre. Non plùs. Non puoi che donarte esto lasso de tiempo, por sfogare i tui magonés que te oprimono. Por que recuerdate que ellos existono solo por que ti glie dai el permiso. Arrivano seulemént por que tu glie lo hai conciesso. Solo por que tu gliene hai dato la posibilidàd.”

“S – sì, Finn. Hai...hai ragione tu” gli ripeté la vice. Ragione piena.”

“Ottemo. Potevate bruciare y ardere vivi todos y dos, tutti e due, là dentro. Esto c'est vrai, é vero. Maes anca vero quel que te ho dito mi. E cioé que no es succiesso, per fortuna. Ed esto es ancora plùs viero della cosa vera che te g'ho appena dito en précedencia. Siete ancora vivi todos y dos, tutti e due. Sia tu que Nickybello. Feriti, malconci y puro miezzi scassati. Ma VIVI. Ed é questa l'unica cosa que conta vieramiente. Por que sta a segnefecàr que avete acora quelque chose à faire, qualcosa da fare.”

“Siamo ancora tutti vivi” le ribadì. “Ciò voeul dìr que tenemos todos qualcosa ancora da fare. Un lavoro da finire. E lo feneremo. Nulla accade mai per caso, tienilo bien a miente ne la tu testolina, d'accord? Tu m'as comprìs, Bellegambe?”

“Già” gli rispose la daina. “Mi sa che é vero. Dopotutto, dopo tutto quanto...siamo ancora vivi. Ancora tutti vivi. E quasi mi stavo dimenticando che il merito di ciò é tutto tuo. E' da attribuire quasi esclusivamente a te, e a nessun altro che ne sia all'infuori. E non ti ho nemmeno ringraziato in modo adeguato, tra l'altro. Anzi, a volerla dir tutta...”

Questa volta fu il suo turno di massaggiarsi il coppino, dimostrando un vergognoso quanto pudico timore.

“A dirla tutta non ti ho ringraziato proprio” chiarì. “Perché ero troppo presa a minacciarti e a prenderti a male parole. Oltre che a calci, mi risulta. Almeno per quel poco che ci sono riuscita...”

“Aah, nevermind” la rassicurò lui. “Lo hai fatto adesso, chica. E yo te respuendo DE NADA, Occhidolci. De nada. Ma adesso vedi de remetterte en pista, però. Direi que per incòeu, por oggi ce siamo depressi y avveliti a suficienzia, non lo trovi anche tu?”

La vice – sceriffo si passò l'avambraccio sulle palpebre, sfregando avanti ed indietro più e più volte, come a volersele asciugare.

“Va tutto bene, Finn” annunciò, dopo aver tirato un respiro bello profondo. “Ora sono calma. E lucida. Mi serve solo un attimo per riprendere pienamente il controllo. Dammi solo un secondo, per favore. Un secondo soltanto. Non ti chiedo altro.”

“Accussì va meglio” rispose il fennec. “Muy meglio, te lo garantisco. Tutti i secondi che tu voeul. Prendite todos los segundos que te siervono, e de cui tu tienes el besogno.”

“Ok” aggiunse lei, tirando in su con le narici per prendersi un'ulteriore sorsata di aria limpida e fresca se pur resa viziata dall'acre odore di affumicato dovuto alla fuliggine, che era ancora presente in dosi piuttosto notevoli e ben massicce.

D'altra parte, pur senza la presenza ingombrante delle fiamme a produrla...non era di certo fattibile anche solo pensare che quella roba se ne andasse e si dileguasse in un batter d'occhi e di ciglia.

No. Non era proprio fattibile, anche se ad occhio e croce un battito di qualunque cosa doveva essere il lasso di tempo che ci aveva messo ad apprire, e generarsi.

Sempre così. Ci mettono un attimo ad arrivare e mettersi tra i piedi, ed una vita a togliersi di torno.

“Sopravviverò anche a questo” dichiarò, con voce ferma. “Posso gestirlo. Ne sono capace. Io sono forte.”

“Bién sur” le disse Finnick. “Mais certemént. Ma certo che lo sei, chérie.”

Ma Maggie non lo stava ascoltando, in quel preciso e dato momento.

Parlava da sola , rivolgendosi a sé stessa e basta. E nel farlo, portava in continuazione le mani con i palmi rivolti verso l'alto all'altezza del proprio plesso solare mentre inspirava, per poi gtirarle sul dorso e riabbassarle intanto che buttava fuori il respiro fino a farle arrivare al ventre. Fino a due dita appena sopra il punto dove una volta si sarebbe dovuto trovare il suo ombelico. E di conseguenza l'attaccatura al rinomato cordone. Per l'esattezza nel periodo in cui galleggiava dentro al brodo e alla zuppa primordiale della placenta e nel pancione di sua madre giusto prima di venire al mondo.

Il tappo rimembrò e rovistò tra i suoi ricordi e conoscenze, se non altro al puro scopo di recuperare qualcosa che potesse risultare e ritenere lui stesso utile per capire che diamine stava facendo e che stesse succedendo. Poi, in un recondito angolo della sua zona e prozione di cervello adibita alla memoria e alla catalogazione uno dei cassetti si attivò. Uno di quelli che non risultavano ancora del tutto guastati e devastati dall'abuso reiterato di sostanze pscipotrope, per lo meno.

Gli tornarono e riaffiorarono alla mente i discorsi di una sua vecchia amica battona dai cui spesso si fermava per qualche servizietto della staffa dopo una nottata passata a base di bagordi, trascorsa tra un bordello e l'altro fino a rivoltarseli tutti quanti.

La bagascia era pure orientalista, oltre che navigata ed esperta. Magari più sciupata e meno bella ed avvenenente rispetto a carne ben più giovane, dato che ne aveva passate tante. E se ne era pure passati e presi altrettanti. Ed era perfettamente inutile stare a specificare cosa.

Basti sapere che aveva passato ben più anni a riceverne di quanti le sue colleghe più indietro col tempo ne avessero passati a vivere semplicemente e basta.

Ma abilissima e svelta di mano come poche, e non certo a grattare e rubare.

Era fenomenale, a dir poco. Ti MUNGEVA, a dir poco.

Due secondi e ti faceva schizzare e sruzzare fino al soffitto della camera.

Persino a Finn, che ne aveva viste e se ne n'era spupazzate di ogni.

Inoltre, era orientalista per hobby e per passione. In fissa coi chakra, col Reiki e con tutta quella serie di menate lì. E ogni tanto, tra una strizzata di collo al pollo e l'altra, gliene parlava quando era in vena di confidenze varie e personali.

Mph. Strizzare il collo al pollo. Così, come modo di dire. Essendo naturalmente disposti a voler concedere per assurdo che uccelli e volatili vari potessero ancora esistere, anziché essersi estinti tanto ma taaanto tempo fa. Secoli addietro, per la precisione.

Oramai continuavano a vivere unicamente nei modi di dire.

Era sola, la vecchiarda. E non era certo pagata per ammorbare gli avventori a suon di chiacchiere fino a stordirli. Ma era tanto cara, e al fennec gli faceva pure un po' pena.

Faceva quel lavoro per pagare il college al nipote, visto che i suoi genitori erano separati. Oltre che sballoni e tossici perennemente in banana durissima, va aggiunto.

Sempre e perennemente bevuti, sballati, e fumati persi. Sempiternamente fusi e su di giri. E non molto presenti a sé stessi. Quasi mai, a voler essere sinceri sino in fondo.

Strafatti ad ogni ora del dì fino alla punta di ogni pelo. A temo pieno e ad orario continuato, proprio come l'attaccamento al lavoro di certa gente. O di certi zampe – piatte. Solo che uno sbirro, messo di fronte a certi individui, avrebbe dovuto come minimo arrestarli in quanto rappresentavano alla perfezione tutto quanto detestava e combatteva con tutte le sue forze disponibili.

I classici tipi che, se messi da soli, erano incapaci persino di pulirsi il didietro per proprio conto al termine di una seduta al gabbicesso. E quel che era peggio, dopo il divorzio nessuno tra i due si era voluto accollare il pargolo, lasciandolo tutto sulle consunte ma ancora belle quanto robuste spalle della nonnina.

Persino il suo socio ci andava spesso.

Sì. Ma a gustarsi una fetta della sua gustosissima torta di mele, però. E spesso anche più di una. Visto e constatato che la vecchiarda era pure una pasticcera coi fiocchi.

Per quello. Non certo a farsi lucidare e tirare a specchio il suo giovane, vigoroso e rubizzo manubrio che teneva tra le gambe come invece avrebbe dovuto farsi fare, visto che era per quel motivo che ce lo portava. E di persona, pure, raccomandando ogni volta alla sua vecchia amica un trattamento coi guanti e di prima classe.

E figurarsi. Per Nickybello il verginello l'unica NAVE SCUOLA al mondo doveva essere quella su cui addestravano i cadetti della Marina.

Tsk. Tutto questo sbattimento per una misera fetta di torta.

La fetta di torta di mele più costosa dell'intera città, visto che costava quasi quanto una SCOP...

Meglio lasciar perdere. E non ripensarci, che tanto aveva avuto quel di cui necessitava.

Il punto esatto del ventre in cui la ragazza fermava le sue mani per poi ricominciare da capo con tutta quanta la trafila doveva essere senz'altro un centro energetico, o giù di lì.

Stava usando una tecnica della sua arte marziale di cui tanto si vantava. Quella che doveva aver appreso in tenera età dal suo vecchio in persona.

Una sorta di pratica respiratoria, o poco ci mancava se non era così. Qualcosa del genere. Atta a rilassare e a permettere un rapido recupero delle proprie forze.

Una specie di training autogeno, anche se il metodo doveva risalire come minimo al secolo scorso.

Cose del genere richiedono una minima dose di concentrazione e di raccoglimento. E naturalmente e manco a dirlo, da bravo e buon guastafeste quale era, pensò bene di rovinare tutto. O almeno provarci.

“Dunque, se agg'capito bene tu te la es presa por que hai trovato la tu central de policia redotta ad un carboncino formato gegante encruzado con uno zolfanello de deméncionas maxime” le chiese. “Beh...beggo el tu pérdon por quello que te sto por domandarte, chica. Ma sincerely onestly, en tutta l'onestà de esto mundo, chica...tu me vuele dir que cossa te aspettavi, tanto por encomenciàr? Que cosa esperavi de trobàr de preciso, veniendo y mettiendo piede aqui? Todo en ordene y a puesto como ghe s'era prima, hm? Como si nun fosse accaduto niente? Como se no fosse succiesso nada de nada? Me desculpo por la franchezza muy estriema, ma...alòr tu si n'illusa. Una que campa de aria y de sogni.”

“Recuerdate” le fece presente. “Y tienilo bién a miente, ne la tu cabezita. Trés sono las LLAVES, le chiavi por vivre muy felix, in de la vida. O almeno en quel que te resta de essa, al juerno d'oggi, avéc los tiempos que corrono. Que con la rella que es en giro...este sono las réglas, comunque. Le regole. Dirse siempre todo, saver cossa aspettarse y fin dove es posible...ridercie sopra si nun é como ce se aspettava! Proprio como faccio mi, mira! Ahr, ahr, ahr!!”

Maggie non gli badò neanche questa volta. Nemmeno in quest'occasione. Stava facendo e si stava comportando come se lui non esistesse nemmeno. Come se nulla stesse esistendo.

Null'altro all'infuori di chi stava eseguendo quelle strane quanto singolari movenze.

“Sono forte” ripeté. “DEVO esserlo. E quel che una certa persona si aspetta da me. Ed io...io non posso assolutamente deludere quella persona. In alcun modo. E per nessun motivo.”

“Ehm...” intervenne un'altra volta Finnick. “Por caso te stai riferendo al mio socio, right?”

“No” lo corresse lei. “Non proprio”.

“E a chi, allora?” Le buttò lì lui, visibilmente incuriosito. “Quien es?”

“Storia lunga” tagliò corto lei. “E non mi pare il caso di tirare in ballo pure quella, ora. Un giorno te la racconterò, ma...non oggi.”

“Non oggi” gli ridisse. “No. Non me la sento.”

La lasciò ai suoi esercizi. E preferì non proseguire oltre, col discorso. Anche se qualcosa tipo il suo vecchio istinto e fiuto di volpe gli diceva che doveva c'entrare il tizio che gli aveva insegnato il suo stile di combatttimento visto che da lì arrivava. Senza alcun dubbio.

Il tizio di cui fino a quel momento, fin da quando l'aveva incontrata e conosciuta, si era sempre rifiutata di parlare limitandosi unicamente a dire il nome. Ed una sola volta.

Il tizio di cui non raccontava praticamente MAI.

“Oook. Como te pare a ti. Del resto non sono affari miei.”

“Esatto” gli conferò la daina. “Non sono proprio affari tuoi. Molto obbligata, comunque.”

“Piuttosto” continuò, “Tornando alla faccenda di prima rimasta in sospeso...cosa contiamo di fare?”

“Que entiendi, querida? Te riferisci forse à la question tra mi e Zed, forse?”

“Mmh, più o meno. Veramente parlavo del fatto che il tuo presunto fratellastro insieme alla sua compagine di benemerite carogne VERRANNO QUI. E proprio questa sera. A finire quel che hanno iniziato quasi tre giorni fa. Proprio come tu e quello psicopatico da camicia di forza avete stabilito con quella sottospecie di linguaggio in codice mediante segni. E voglio e ci tengo a farti presente che, allo stadio attuale, non abbiamo la benché minima forza o possibilità di contrastarli. Senza contare che non abbiamo nemmeno lo straccio di più pallida idea di come fermarli. Tantomeno affrontarli. Direi che basta, no?”

Eh, si. Tanto di cappello e nulla da dire. Era quella la principale incombenza e grana da fronteggiare e smazzare. Così come non andava affatto tralasciato il dettaglio che era la più URGENTE, dato che da essa avrebbero dipeso le loro stesse vite.

Le loro in primis. E forse anche quelle dell'intera cittadina.

Un dettaglio non certo da poco. Sicuro e garantito.

“Ah, già” ammise Finnick, affettando indifferenza. “Dunque, tornando alla richiesta que tu hai appena fatt...”

Dovette troncare la questione, così come Maggie dovette piantarla col suo esercizio.

Un rumore di passi.

Si voltarono ambedue e videro due figure che puntavano decise nella loro direzione, con passo calmo ma fermo. Ed oltremodo spedito.

Erano rispettivamente un castoro ed un cervo. Il primo indossava un'uniforme verde scuro e stringeva tra le proprie zampette anteriori il proprio casco Quest'ultimo era di un color rosso acceso e vivo, con la parte frontale bianca. Un rosso paragonabile a quello dell'incendio che aveva appena provveduto e sistemare e liquidare, in allegra quanto operaosa compagnia dei suoi colleghi.

Il secondo, invece, portava una divisa identica in tutto e per tutto a quella indossata dalla vice – sceriffo, e ultimamente anche a quella portata da una certa volpe rossa. Fatta eccezione per la tonalità leggerissimamente più scura della stoffa che la componeva e formava.

Ma giusto un zinzino, e nulla più.

Aveva un aspetto imponente e maestoso. O almeno era quella l'impressione che poteva suscitare un qualunque ungulato maschio, in piena maturità e dotato di fronzute quanto robuste corna verso una femmina che rientrava nella medesima categoria, pur non appartenendo necessariamente alla medesima specie.

Maggie li riconobbe entrambi senza troppo difficoltà, anche se per motivi differenti.

Il castoro era l'attuale caposquadra dei vigili del fuoco. Ma di questi aveva un ricordo alquanto vago e fumoso.

Si era insediato da poco, dato che il vecchio e precedente capo – squdra aveva chiesto ed ottenuto il pre – pensionamento per distinti meriti di servizio.

A malapena aveva imparato il suo nome. Figurarsi ricordarlo.

Discorso diverso e differente per il cervo, dal manto piuttosto bruno. Ma forse era solamente il buio residuo della notte non ancora interamente trascorsa e dell'alba non ancora pienamente arrivata a renderlo tale.

Lui, al contrario, lo conosceva fin troppo bene. E sapeva più che benissimo come si chiamava.

Era in onorato servizio da tanti anni, e spesso lo aveva visto collaborare con l'ex – sceriffo Tom Ricketts. Talvolta gli aveva rivolto pure la parola, al fine di ottenere qualche ragguaglio ed informazione specifica.

Si trattava di LUCAS PANGBORN, lo sceriffo della vicina cittadina di CRIMSONBEE.

Dovevano essere giunti lì assieme, dato che provenivano dallo stesso paese. Ed in contemporanea.

Maggie, istintivamente, si portò la mano destra di taglio all'altezza della tempia più vicina, mettendosi rigorosamente sull'attenti ed assumendo una posa impettita.

Per l'unico sceriffo lì presente, più che per altro. Pangborn non era il suo superiore. Men che meno il suo comandante. Ma restava comunque l'ufficiale di grado maggiore e più alto nei paraggi, adesso. Pertanto ritenne opportuno attenersi e rispettare il codice e la dovuta etichetta comportamentale.

E poi, il loro aiuto si era rivelato prezioso quanto fondamentale. Avevano fatto un gran lavoro, in assenza dei tutori ufficialmente designati.

Finn, dal canto suo...semplicemente se ne fregò, guardandosi in giro con aria svaccata.

Del resto non era certo famoso per portare rispetto e riverenza a qualcuno che non fosse sé stesso. Ed in certi casi, neppure quello.

“Ehm, vice – sceriffo Thompson” esordì il roditore. “So che forse non é il momento più adatto, ma...volevo comunicarle che qui abbiamo finito, io e miei ragazzi. Le farò avere il fascicolo contenente il rescoconto dettagliato dell'intera operazione, e al più presto.”

“Ok. Grazie” si limitò a dire Maggie.

“Con permesso.”

“In quanto a me” aggiunse Pangborn mentre il castoro si allontanava raggiungendo e ricongiungendosi al resto dei suoi compagni di brigata, “chiedo venia per aver operato al di fuori della mia prevista giurisdizione, ai termini di legge e territorio. Ma c'era una grave emergenza in corso, da come avrete senz'altro potuto notare. Sono state effettuate numerose chiamate, anche al centralino del mio commissariato. Sono spiacente e mi scuso di essere intervenuto al posto vostro, ma sia lei che lo sceriffo Wilde risultavate irreperibili.”

“Nessun problema da parte mia, signore” rispose la daina. “E credo di poter parlare anche a nome del mio superiore.”

“Riposo, agente Thompson” commentò il cervo, quasi divertito da tutto quel minuzioso cerimoniale. “Non c'é bisogno di essere così formali.”

“D'accordo” gli rispose lei, rilassandosi.

“Così va meglio” le disse lui. “Mi spiace per quel che vi é successo. E voglio avvisarvi che dispongo di materiale e di attrezzature in eccedenza, sia in sede che nel mio ufficio personale. Tavoli, sedie, scaffali, carte per documenti, una stampante e anche un terminale. E' un po' vecchiotto, ne convengo, ma fa ancora bene il suo dovere. Se vi occorrono e lo ritenete utile ve le farò portare domani stesso, in attesa che riceviate delle nuove forniture.E casomai abbiate bisogno di effettuare ricerche negli archivi telematici o di consultare il database informatico, la mia centrale operativa é a vostra completa disposizione. A qualunque ora del giorno e della notte, non fate complimenti.”

“La ringrazio molto, sceriffo” rispose cordialmente Maggie. “Lo terrò a mente.”

“Bene. Non esitate a chiamarmi, per qualunque genere di cosa abbiate bisogno” racomandò Lucas, poco prima di allontanarsi a sua volta. “Oh, e a proposito...mi saluti lo sceriffo Wilde. Gli dica che mi rincresce molto per ciò che gli é capitato. E gi faccia auguri di pronta guarigione da parte mia.”

“Lo farò. Grazie mille, di nuovo.”

Maggie e Finnick rimasero nuovamente soli.

“Oooh! Trés Bién!!” Esultò quest'ultimo. “Como te stavo giustappunto dicend...”

Ma il piccoletto dovette bloccarsi un'ulteriore volta con il suo presunto, illuminante discorso. Che stando al suo tono oltremodo entusiasta avrebbe dovuto fornire la rapidsa soluzione a qualunque tipo di grana che era sul punto di sopraggiungere.

Questo almeno nel suo capoccione mezzo annebbiato.

Dovette interrompere. Ancora. E questa volta a causa della giovane ufficiale.

Un improvviso quanto inaspettato brusio aveva distolto la sua attenzione.

Un insistito mormorio misto a vociare che proveniva da un capannello composto da una combriccola di stimati compaesanti che avevano deciso di radunarsi poco lì più avanti ed appresso a loro due. E a giudicare dall'espressione rabbuiata e pessimista che stavano assumendo tutti quanti o almeno la maggior parte, c'era da scommettere che non stessero parlando e ciarlando dell'incendio.

Magari era stato quello, ad attirarli in quel punto facendoli uscire e portare le loro molli e flaccide chiappe al di fuori dell'uscio delle loro modeste quanto cadenti dimore.

Ma dopo un po' l'argomento del dibattito aveva virato e cambiato direzione, spostandosi dall'incendio stesso a ciò che aveva potuto causarlo. E Maggie presentì che non ne sarebbe scaturito fuori proprio ma proprio nulla di buono.

Le bastò tendere un orecchio in direzione delle chiacchiere e dei loro artefici per comprendere al volto che quel che stava sentendo non le stava garbando.

No, non le garbava proprio per niente.

 

“Lo sapevo, lo sapevo...”

“C'era da giurarci, che sarebbe finita così...”

“Chissà che si erano messi in testa di fare, quelli...”

“Dico io, ma come si fa a pensare di volersi mettere contro Carr...”

 

Bastò.

“BASTA! FATE SILENZIO, VOIALTRI!!” Lì zittì lei. “DITEMI, CARI I MIEI SIGNORI...DOV'ERAVATE VOI, EH? DOV'ERAVATE MENTRE QUEL BRANCO DI FARABUTTI METEVANO A FERRO E FUOCO TUTTO, SI PUO' SAPERE? BEH, VE LO DICO IO. A SQUAGLIARVI DI PAURA! A TREMARE DAL TERRORE DENTRO ALLE VOSTRE SPORCHE E SQUALLIDE CATAPECCHIE DA QUATTRO SOLDI, ECCO DOVE VI TROVAVATE! A GODERVI IN SILENZIO LO SPETTACOLO, MUTI E SENZA FAR NULLA COME AL SOLITO! NON E' FORSE COSI', RAZZA DI SCHIFOSI CODARDI CHE NON SIETE ALTR...”

Finn le si parò davanti, come a volere trattenere una sua eventuale avanzata. Perché per come stava messa avrebbe potuto raggiungerli ed agguanatarli in men che non si dica. Per poi prenderli dritti dritti a calci sulle gengive fino a far sputare le intere arcate dentarie a tutti quanti a suon di calci sparati direttamente sulla faccia.

“Ehi, ehi!!” Le fece, allarmato. “Ma que tu nun me avevi mica detto por caso que te eri calmata, chica?”

“Lo so, Finn” gli rispose Maggie. “Lo so bene. Ma...mi sa che non ha funzionato questo gran che, purtroppo.”

“Aah. Lasciali perdere, quelli” le consigliò. “Non ragionar de loro ma guarda y passa, como diseva el grande Bruce Lee. Logico que ognuno ce tienga a dir la sua en merito. Beh...sai cossa te digo yo? Chi se ne impipa, de los otros. Tornando al nostro ormai famosissimo descorso, piuttosto...”

“Già. E' come dici tu, Finn. E' proprio come dici tu. CHISSENE.”

“Chissene...que? Te juro y sperjiuro que es la primera vuelta que la siento, esta rroba.”

“Un modo come un altro per dire CHI SE NE IMPORTA. Tutto qui. Facciamo come dici tu e torniamo al famoso discorso lasciato in sospeso. Mi sa tanto che é meglio.”

“Concordo en pieno, bimba.”

“Ok. Te la metto giù breve e concisa, allora. E semplice. Abbiamo meno di un giorno, Finn. Ci resta meno di un giorno alla scadenza dell'ultimatum. CHE COSA POSSIAMO FARE, SECONDO TE?”

“Proprio breve y concisa, direi.”

“Hmph. Comunque la vogliamo rigirare, non c'é altro modo. Allora? Suggerimenti? Che si fa?”

“E que me lo chiedi?” replicò secco lui. “Tanto por comenciare...”

“TANTO PER COMINCIARE...” subentrò a gran volume una terza voce che sembrava ormai giunta sull'orlo del limite della pazienza e dello sforzo possibili, “...POTRESTE SMETTERLA DI CONTINUARE A SGAMBARE IN AVANTI E INDIETRO E RIMANERVENE LI' FERMI DOVE SIETE, ALMENO PER UN DANNATO SECONDO. COSI' NON MI COSTRINGERETE PIU' A DOVERVI CONTINUARE A RINCORRERE. E' GIA' DA MEZZ' ORA CHE STO CERCANDO DI RAGGIUNGERVI, ACCIDENTI A VOI DUE. E NON DOVREI NEMMENO METTERMIN A FARE SIMILI FATICHE, VISTO CHE SONO ANCORA CONVALESCENTE!!”

Una voce che i tirati in causa ed in appello non fecero di certo né affatto fatica ad intuire e a capire a chi appartenesse.

Uno per il semplice motivo che era praticamente da una vita e forse anche qualcosina in aggiunta che la conosceva e sentiva. E l'altra perché anche se era da poco che la sentiva aveva imparato ben presto a riconoscerla. Presto e bene.

Sin troppo bene.

Una voce che entrambi furono ben lieti ed entusiasti di poter ritrovare e riascoltare, dopo un lasso di tempo relativamente e tutto sommato breve. Ma che a loro doveva essere sembrata un'autentica eternità, in sua mancanza. E che ambedue accolsero nell'unico modo che si potesse definire possibile. E congeniale.

Quattro lettere. Tre consonanti ed una vocale, per l'esattezza.

Anch'esse gridate. E all'unisono.

Quattro lettere che formavano e che davano vita ad un nome.

Un nome che significava un ritorno. Una possibilità.

E forse di più, di quelle due.

Una speranza.

“NICK!!”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Allora? Pensavate che avessi mollato, eh?

Che avessi rinunciato e lasciato perdere, forse?

Giammai!!

Redferne non é morto. E' solamente molto indaffarato!

Come tutti, del resto. Chi più , chi meno.

No, dai. Sto scherzando, naturalmente.

E voglio scusarmi per l'enorme quanto mostruoso ritardo.

Avrei tanto voluto pubblicare poco prima di partire per le tanto agognate quanto sospirate vacanze, in modo da poterci salutare e di augurare a tutti quanti delle buone ferie come di consueto. Come in genere faccio ogni anno.

Sapete com'é, per il sottoscritto era diventato a tutti gli effetti un appuntamento fisso quanto irrinunciabile.

Ma, ahimé...questa volta non mi é stato proprio possibile, nonostante tutti i miei sforzi e preghiere. E smadonnamenti vari.

Gli impegni vari hanno finito con l'accumularsi e...non ci sono riuscito, purtroppo. E quindi mi devo accontentare di chiedervi com'é andata.

Spero bene. A tutti quanti.

Ma non me ne sono certo rimasto con le mani in mano.

Ho portato con me il materiale apposito. E così tra un tuffo in mare, un po' di tintarella in spiaggia e qualche passeggiata a zonzo per negozi (quando non sono stato impeganto a correre dietro alla mia bimba per tenerla d'occhio) ho avuto modo di concludere il lavoro.

Ed ora eccomi pronto a ricominciare con la mia long!

Allora, che ne dite?

Facciamo che parto io, che come dico sempre chi mena per primo mena due volte. Soprattutto se corre il rischio di menarsi da solo e con le proprie mani...

Cosa ne penso? Mah, che forse mai come in quest'ultimo capitolo ho raggiunto l'apice della mia logorrea.

Niente niente impiego giusto duemila parole per dire una cosa che la si poteva riassumere in quindici scarse?

Ne convengo. E sono io il primo a dirlo.

Non che mi voglia giustificare in qualche modo, eh.

Ho fatto la fine del grande Quentin Tarantino con certi suoi ultimi film. Soprattutto l'ultimo, ovvero C' ERA UNA VOLTA A...HOLLYWOOD.

Non che non siano belli come sempre nonché un autentico spasso da vedere, ci mancherebbe altro.

Ecco, proprio come nel suo caso spero che questa mia ultima fatica vi sia piaciuta e che vi abbia fatto divertire. E che prima di ogni altra cosa non vi abbia annoiato o ammorbato troppo.

E se così é andata...vi chiedo scusa. Non era certo mia intenzione.

Ho fatto un'analogia con l'ultimo film del grande Quentin perché anche lì, esattamente come in questo episodio, é tutto costruito sull'attesa delle battute finali.

Riguardo al film non dico nulla, per non rovinare la visione a chi eventualmente non l'ha ancora guardato.

Qui, invece...basta il nome alla fine per capire tutto. Perché tutto sia chiaro.

Bastano quattro lettere.

Ebbene sì. NICK IS BACK!!

Nick é tornato, finalmente.

Si é riunito ai suoi compagni e ha ricompattato il gruppo.

E meno male, perché quella sera stessa Zed e i suoi faranno ritorno!

Questa volta la nostra volpe preferita é chiamata a compiere un vero e proprio miracolo.

Ce la farà?

Al di là di tutto, qualche dubbio sull'effettiva resa di questo episodio rimane.

Tipo l'escamotage che ho usato. E che spero sia stato di facile comprensione, e non troppo nebuloso ed oscuro.

Di fatto, dal famoso ultimatum di Zed sono passati già due giorni. Ed in serata, al termine di questa giornata che é appena cominciata avverrà lo scontro decisivo.

Sarà una luuunga giornata...preparatevi.

Intanto, mi auguro di non avervi confuso troppo.

Ho voluto allungare il brodo, e forse persino oltremisura. Ma giusto per prepararvi al rientro in scena del protagonista principale.

Spero vi sia piaciuto.

Nel frattempo, mi sono reso conto che il mio stile é oramai prossimo a subire un nuovo cambiamento.

Non vi prometto che smetterò così di botto a prenderla alla lontana anzi lontanissima, come spesso mi sta capitando di recente.

I mutamenti sono graduali. Non certo una roba repentina o immediata.

Ma già dal capitolo successivo vi posso promettere che farò in modo di essere meno invadente. E lascerò parlare di più i miei personaggi.

Avranno un po' di cose da dirsi, prima della resa dei conti. Senz'altro...

Riguardo alla parte iniziale, che va a tirare in ballo anche in maniera piuttosto leggera ed ironica un personaggio a dir poco fondamentale della nostra cultura...ovviamente ho fatto tutto nel massimo rispetto e considerazione delle credenze di chiunque.

A scanso di equicovi...ribadisco che non é mia intenzione offendere o mancare di cortesia a nessuno.

E adesso passiamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Devilangel476, Sir Joseph Conrard, hera85 e RyodaUshitoraIT per le recensioni all'ultimo capitolo.

E a Coso96 (benvenuto a bordo, come si dice in questi casi!) per le recensioni ai capitoli 1, 6, 9 e 16.

E come sempre, un grazie di cuore a chiunque leggerà la mia storia e se la sentirà di lasciare un parere.

Bene, credo di aver messo tutti. Ma prima di salutarci, ancora una cosa.

Lasciatemi dire che E' DAVVERO BELLO RITROVARVI QUI TUTTI, COME SEMPRE.

Il viaggio continua, ragazzi. Continuiamo a percorrerlo insieme!!

Alla prossima, e...

 

 

See ya!!

 

 

 

 

 

Roberto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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