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Autore: Virgo_no_Cinzia98    01/09/2021    1 recensioni
Post Hades e post Soul of Gold, Atena è riuscita a riportare in vita i Cavalieri d'Oro, ma la pace che regna sovrana al Grande Tempio viene ben presto spezzata: il Cavaliere di Artemide giunge al Santuario portando con sé la notizia di una guerra incombente. L'Oracolo di Apollo ha previsto un nuovo conflitto tra divinità, ma resta ancora un'incognita: chi sarà il nemico che Atena e i suoi Cavalieri saranno chiamati ad affrontare? Un altro dubbio però affligge i nostri paladini, l'ambigua Artemide è veramente dalla loro parte come ha dichiarato o cerca solo di sfruttare la loro alleanza? Sta ai nostri valorosi Saint stabilire di chi fidarsi e di chi dubitare. Quale divinità uscirà vincitrice di questo gioco degli Dei?
Genere: Avventura, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Gemini Kanon, Gemini Saga, Nuovo Personaggio, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 21 – Lasciti e rese dei conti
 

“Tanti anni abbiamo vissuto insieme fratello e tutti gli ho passati a guardarti nel cuore
E cosa hai visto?
L’angelo sul volto e il demone nel cuore”
A ripensarci dopo tutti quegli anni non poteva fare a meno di chiedersi se quelle parole non fossero state la causa scatenante, il punto di partenza della sua corsa nell’oscurità. La sua e quella di suo fratello. Cosa sarebbe successo se non avesse pronunciato quelle fatidiche parole?
Kanon non ne aveva idea.
Eppure, in quel momento, il dubbio che quelle parole fossero state la fiammella che aveva scatenato l’incendio lo affliggeva.
Se non avesse cercato di portare suo fratello dalla parte sbagliata tutto sarebbe andato diversamente.
O forse no?
Suo fratello era destinato ad attentare alla vita di Atena anche senza il suo contributo?
Le Moire certe volte sapevano essere molto beffarde. Loro e quel maledetto destino… quell’ombra che oscurava il sole delle giornate più calde, facendole diventare fredde come l’inverno russo.
Kanon aveva sempre odiato vivere in una gabbia. Quel destino, quella “stella maligna” sotto cui era nato, lo aveva messo dietro le sbarre ben prima che suo fratello lo rinchiudesse a Capo Sounion.
Una cosa era certa. Saga era scivolato nell’abisso del male per colpa sua. Poco importa che vi fosse già destinato o meno. Kanon non aveva visto con i propri occhi il cambiamento di suo fratello, ma lo aveva percepito. Nemmeno la lontananza gli aveva impedito di sentire il mutamento. I gemelli sono più legati di due normali fratelli, non sarebbe stata la distanza fisica a dividerli. Nemmeno la morte era capace di recidere del tutto il filo che li teneva uniti.
La morte… Kanon sapeva che quella parola avrebbe dovuto significare qualcosa di particolare in quel momento, ma non riusciva a ricordare il perché. Si sentiva confuso.
Una sola immagine gli girava all’infinito nella testa: lo sguardo di Saga, quegli occhi malvagi, animati da un bagliore rosso come il sangue. Quello sguardo gli aveva fatto venire i brividi. Forse perché era abituato a vedere gli occhi di suo fratello identici ai propri, forse perché l’animo nascosto dietro quelle lenti smeraldo era ben noto a Kanon. L’uomo che invece si celava dietro quelle iridi scarlatte non era assolutamente suo fratello. Quella cosa lo aveva spaventato terribilmente: Saga si era trasformato in una persona a lui totalmente sconosciuta.
Kanon ricordava che la prima cosa che gli era passata per la mente era stata: “sono stato io?”
Aveva sentito un dolore lancinante al petto, come una lama che affondava profondamente nel suo io. Temeva di aver risvegliato in qualche modo quella parte recondita dell’anima di Saga, temeva di averlo nuovamente condotto sul sentiero sbagliato. Poi la paura aveva fatto spazio alla logica: non era stato lui a traviare suo fratello, era stata la loro nemica, Gea. La Dea primordiale voleva servirsi del lato oscuro di Saga per mettere in atto i suoi piani.
Kanon non poteva permetterlo. Non poteva permettere a Gea di usare così suo fratello e non poteva permettere a Saga di commettere gli stessi errori del passato.
Ma soprattutto non poteva permettere a se stesso di fare il medesimo sbaglio.
Saga aveva bisogno di aiuto e lui era l’unico in grado di fornirglielo. Questa volta non gli avrebbe voltato le spalle, gli avrebbe porto la mano per aiutarlo a tornare sulla retta via. Lo avrebbe aiutato a rialzarsi o sarebbe caduto con lui.
Ricordava Saga avanzare verso la loro Dea, ricordava di essersi messo a braccia aperte davanti ad Atena, per proteggerla. Ricordava di aver sentito ancora quel bruciore terribile al petto nel sostenere quello sguardo cremisi, quello sguardo che non apparteneva al suo gemello.
L’angelo sul volto e il demone nel cuore
Magari si sbagliava. Magari quel demone non albergava nel cuore di Saga, ma in quello di entrambi. Quel demone che ora impugnava una daga pericolosissima.
Sentiva che suo fratello cercava di ribellarsi al controllo, ma i suoi tentativi erano vani. Quell’ombra era troppo forte perché lui riuscisse a sconfiggerla da solo.
Kanon sapeva che non poteva lasciar vincere quel demone un’altra volta. Lo avrebbe sconfitto una volta per tutte, così lui e suo fratello sarebbero stati liberi per sempre dalla sua influenza.
Ricordava di aver fissato ancora una volta quegli occhi iniettati di sangue, sopportando la fitta al petto che quel contatto visivo gli provocava.
Ad un certo punto il dolore si fece più intenso. Qualcosa gli bloccava il respiro, impedendo ai polmoni di riempirsi di ossigeno.
Allora capì il perché di quel dolore…
La daga d’oro aveva perforato la sua armatura, nel punto esatto in cui la metà dorata e quella d’ombra di congiungevano.
“Ti ho fregato” pensò
Aveva sempre cercato di combattere il destino che gli era stato predetto, di fuggire quella stella maligna che lo aveva marcato. Ma cercando di controllare il destino non aveva trovato pace, solo ora capiva che quella non era la via giusta. Il dolore al petto iniziava a farsi insopportabile, ma Kanon si sentiva finalmente in pace.
Non aveva più cercato di controllare il proprio destino. Lo aveva accettato e lo aveva affrontato. Adesso quel demone non sarebbe più esistito.
Kanon era riuscito a sconfiggere il proprio destino.
Lui e suo fratello avevano sconfitto insieme l’oscurità che da sempre li aveva perseguitati. Da quel momento in poi sarebbero stati liberi dall’influenza di quel demone.
Il dolore al petto però continuava ad aumentare… non riusciva più a respirare. Quella situazione gli ricordava il periodo di prigionia a Capo Sounion, quando annaspava cercando di non annegare. Questa volta però si sentiva molto stanco. Non ce l’avrebbe fatta.
Stava per perdere le speranze, poi qualcosa cambiò.
Sentì una mano stringere forte la sua tirandolo in alto. Quella stretta…
Guardò in alto cercando di identificare il suo salvatore, ma non riuscì a vedere niente se non una fortissima luce.
Allora capì. La sua luce era una e una soltanto.
Non era mai stato solo, nemmeno nei momenti di maggiore solitudine. Perché quella luce c’era sempre, nascosta o lontana che fosse. La sua rabbia certe volte gliel’aveva fatto dimenticare. Ma adesso capiva.
Ricambiò quella stretta, aggrappandosi con forza al suo unico faro.
Non avrebbe mollato, non si sarebbe arreso. Non ora che lui e suo fratello avevano scacciato quel demone una volta per tutte.
***
 
Milo non lo trovava giusto. Per quale motivo lui era tornato dopo la morte senza dover muovere un muscolo mentre Kanon doveva combattere strenuamente per rimanere attaccato alla vita? Menomale Apollo aveva detto che doveva essere fuori pericolo… tsk.
Quell’uomo, pardon… quel dio gli dava sui nervi. Ma non voleva pensare a lui in quel momento.
Gea sembrava sconfitta, eppure Milo aveva la sensazione che non fosse ancora tutto finito. Gli sembrava di sentire un pizzicore alla nuca, come se si fosse scordato qualcosa. Peccato che non ricordava cosa. Ovviamente.
Cercò di convincersi che fosse solo l’effetto dell’adrenalina ancora in circolo. Parlare di adrenalina per uno appena resuscitato suonava un po’ strano, ma si sa, ormai i Cavalieri di Atena avevano preso il fatto di morire e tornare in vita come uno stile di vita.
Mentre girovagava per la Tredicesima Casa perso nei suoi pensieri il Cavaliere dello Scorpione notò il collega della Quinta Casa appoggiato ad una colonna, intento a prendersi un momento di pausa dal lavoro post-bellico. Aiolia se ne stava a occhi chiusi con una pezzuola imbevuta di acqua fresca sulla fronte, in evidente fase zen. La vicinanza alla Casa della Vergine aveva sortito i suoi effetti.
- Shaka si è impossessato di te?-
Aiolia trasalì – Milo! Mi hai fatto prendere un colpo…-
Lo Scorpione gli girò intorno – Cosa stai facendo?-
L’altro riassunse il suo contegno – Tu non hai idea di che caos regnasse in questa Casa subito dopo la battaglia… roba che il Genro mao ken di Saga ti lascia meno mal di testa-
Milo scoppiò a ridere. Lui non aveva mai sperimentato la tecnica in questione del Cavaliere della Terza Casa e di sicuro non ci teneva a farlo in futuro.
Aiolia gli tirò una pacca sulla spalla – Allora, quali prove avete dovuto affrontare?-
Il Cavaliere dell’Ottava Casa alzò le spalle – Ma sai, un po’ di tutto. Abbiamo fatto a pezzetti qualche guerriero di Ares, ho litigato con Apollo, ho restituito il Caduceo ad Ermes, ho quasi ucciso mio padre…-
Ripensare a tutte quelle cose a freddo gli faceva un effetto strano. Era successo tutto veramente? Milo trovava difficile metabolizzare di essere imparentato con un Dio, anche se in maniera indiretta. Se Apollo non si fosse intromesso nel Fato, Milo non sarebbe nemmeno diventato un Cavaliere, non sarebbe mai venuto a conoscenza di Atena e dei Saint e non avrebbe mai conosciuto Camus.
“No, non è certo merito suo se l’ho conosciuto” brontolò tra sé e sé il Cavaliere dell’Ottava Casa “Mi ha causato un sacco di problemi, figuriamoci se lo ringrazio”
La risata di Aiolia lo distrasse dai suoi pensieri - Ma quante ne hai combinate? Amico mio, non ti posso lasciare da solo nemmeno per una missione!-
- Io?- chiese con aria innocente lo Scorpione – Credi che solo io abbia fatto un po’ di confusione?-
Il Leone tornò subito serio – Certo che no, considerando con chi ti sei ritrovato a combattere… Saga ha massacrato qualche altro innocente?- domandò con voce aspra
L’astio nei confronti di Saga era ancora vivo, l’omicidio di suo fratello una ferita ancora aperta grondante rancore. Durante la missione ad Asgard Aiolia aveva dissipato il risentimento nei confronti di Shura, ma non aveva ancora affrontato il gemello maggiore. Sebbene fosse stato il Cavaliere del Capricorno a vibrare il colpo mortale, Aiolia aveva sempre addossato gran parte della colpa all’allora Custode della Terza Casa: era stato Saga ad ordinare l’omicidio di Aiolos e a macchiare d’infamia il suo nome bollandolo come traditore. Questo Aiolia non l’aveva mai tollerato. Nonostante tutti sapessero che Saga era controllato dalla sua metà malvagia quando aveva impartito il fatidico ordine, Aiolia covava ancora rancore nei suoi confronti. Milo aveva più volte consigliato all’amico di affrontare il problema con un bel faccia a faccia, fisico o verbale che fosse, per lasciarsi tutto alle spalle, ma il Leone si era dimostrato molto testardo e sembrava preferire che la situazione rimanesse immutata.
- Saga ha fatto il proprio dovere- tagliò corto - Come ci si aspetta da un qualsiasi Cavaliere di Atena-
- Certo… e ora è pure Grande Sacerdote, nomina più che meritata…- mugugnò Aiolia
Una voce proveniente dalle loro spalle si intromise nella conversazione – La nomina è stata fatta da Atena in persona, mio caro fratello. Confido che tu non dubiti delle scelte della Dea della Giustizia, o sbaglio? – domandò Aiolos
Milo avanzò l’ipotesi che il Cavaliere della Nona Casa avesse usato le ali dell’armatura per arrivare alle loro spalle senza farsi sentire. Come facevano alcuni Cavalieri a camminare in assoluto silenzio con gli stivali dorati? Non che lui ci avesse mai provato anzi, Milo riusciva a fare confusione anche quando indossava i suoi anfibi preferiti con la suola di gomma…
Un grugnito incomprensibile fu la risposta di Aiolia alla domanda del fratello.
Il Cavaliere del Sagittario sospirò – Sai, Aiolia, dovresti smetterla di avercela con lui…-
- Perché?- lo interruppe il Leone
- Perché anche lui soffre, lo sai? Credi che Saga non provi dolore nel convivere ogni giorno con il ricordo di ciò che ha involontariamente fatto, nel vedere riflesso nello specchio il volto di un assassino e non il suo? Prova ad immedesimarti nelle persone, Aiolia, se vuoi capire quello che provano veramente-
Aiolia incrociò le braccia, avviandosi sulla difensiva – Non ho mai visto tutto questo dolore di cui parli- mugugnò
Milo non poté fare a meno di intervenire – Non ti aspetterai che Saga vaghi piangendo per le Dodici Case…-
- Ah ah-
- Il dolore si può manifestare sotto diverse forme- riprese Aiolos – Non puoi pretendere di vedere con gli occhi ciò che prova Saga, lui non è una persona estroversa, tende a camuffare ciò che prova. Solo chi lo conosce bene può riuscire a vederlo-
Aiolia puntò gli occhi sul fratello – Tu vedi questo dolore?-
- Sì- rispose deciso il maggiore – E soffro nel vederlo, perché vorrei che il mio amico non si tormentasse per ciò che è stato-
Il Cavaliere della Quinta Casa spostò il peso da un piede all’altro per qualche secondo, meditando sulle parole del fratello – Mi fido di te, Aiolos. Ma il suo carattere continua a non piacermi, non so come faccia a piacere a Daphne…-
Milo, che fino a quel momento aveva mantenuto un rigoroso silenzio, scoppiò a ridere – Allora sorge spontaneo chiedersi come tu faccia a piacere a Marin!-
Aiolia arrossì di colpo, ma decise di tirare fuori gli artigli e rispondere all’attacco – Beh, tu piaci a Camus! E con questo ho detto tutto-
Aiolos strabuzzò gli occhi – Cosa? Perché io non ne sapevo niente?-
- Sei rimasto un po’ indietro, capita- lo consolò il fratello – Pensa che in tutti questi anni io non mi sono mai accorto che Milo e Camus erano fidanzati… eppure ora che ci penso avrei potuto arrivarci!-
Milo stava per mettersi a ridere di nuovo, ma un rumore lo distrasse: Aldebaran era appena arrivato alla Tredicesima Casa, aveva l’aria piuttosto trafelata.
- Atena non è ancora tornata?- chiese col fiatone
 I tre Cavalieri d’Oro scossero la testa – No-
- Allora devo trovare Saga, ho un importante messaggio da riferirgli- disse con voce grave
- Ti faccio strada- si offrì Aiolos
I quattro Saint si diressero verso il capezzale di Kanon, dove avrebbero trovato il Grande Sacerdote. Milo percepiva una certa agitazione, cosa poteva mai essere successo di così importante? Aldebaran non era mai stato troppo legato alle formalità, se voleva parlare direttamente con Saga doveva trattarsi di un problema serio.
- Riguarda Atena?- chiese Aiolia, incapace di trattenersi
Il Cavaliere del Toro scosse la testa – Per quanto ne so lei sta bene, sono gli abitanti del villaggio qui vicino ad essere in pericolo-
Date le circostanze urgenti, Aiolos dovette ricorrere a modi piuttosto bruschi – Saga- disse, scostando la tenda – Abbiamo un problema-
Il Grande Sacerdote si stava alzando dal letto del fratello: doveva averli sentiti arrivare – Cos’è successo?- chiese senza lasciare trasparire alcuna emozione
Aldebaran si fece avanti – Rodorio, il villaggio, è sotto attacco-
- Di chi?-
- Non lo so- ammise il Toro – Io e Mu stavamo perlustrando l’area in cerca di eventuali feriti quando abbiamo sentito delle urla, poco dopo è arrivato il fumo. Sono corso qui ad avvertire il prima possibile-
Saga posò lo sguardo su Aiolos – Alcuni dei nostri nemici si sono dati alla fuga al termine della battaglia?-
Il Cavaliere del Sagittario si passò una mano tra i riccioli castani – È possibile, erano così tanti che era impensabile averli sconfitti tutti-
- Allora non c’è un minuto da perdere. Milo e Aiolia, trovate Camus e avviatevi a Rodorio, create un perimetro di sicurezza e disponete le difese per proteggere i civili. Io vi seguirò non appena avrò radunato i Cavalieri in grado di combattere-
Aiolos stava per aprire bocca, ma fu prontamente fermato da Saga – No Aiolos, tu non sei in grado di combattere con quel braccio e nemmeno tu, Daphne- aggiunse quando vide la ragazza avvicinarsi a lui
- Me ne rendo conto- asserì lei – Io veglierò su Kanon-
Saga sembrò sorpreso di averla convinta con così tanta facilità a non buttarsi nella mischia, ma evidentemente la possessione divina indeboliva parecchio: Daphne aveva ancora un colorito pallido, e il rosso dei suoi capelli sembrava meno vivo del solito.
- Fa’ attenzione – raccomandò il Cavaliere di Artemide – Ce n’è già uno di voi due in convalescenza, vedi di non imitarlo-
Il Grande Sacerdote annuì, lanciò un ultimo sguardo al fratello, poi si avviò alla ricerca dei rimanenti Cavalieri in grado di sostenere uno scontro.
***
 
Buona parte del villaggio era divorata dalle fiamme: gli assi e gli architravi dei tetti crollavano, un fumo nero si innalzava da gran parte delle abitazioni, l’odore di bruciato intasava le narici.
Camus detestava quell’odore, gli ricordava il giorno in cui aveva perso la sua famiglia. Per un attimo fu come ritrovarsi in quella notte di diciassette anni prima, le urla delle persone terrorizzate sembravano quelle dei suoi fratelli e dei suoi genitori intrappolati. Questa volta però era tutto diverso. Camus era un Cavaliere e come tale aveva il potere e il dovere di salvare quelle persone innocenti.
- Bastardi – sibilò Aiolia – Fuggono dalla battaglia per uccidere innocenti e indifesi-
- Facciamo vedere loro qual è la punizione giusta per un simile scempio- disse Milo sfoderando l’artiglio scarlatto
Camus non poteva che essere d’accordo. Poco prima che si buttassero nella mischia la voce di Mu raggiunse telepaticamente i Cavalieri “Sto trattenendo uno degli ufficiali di Zeus, ce ne sono altri due della sua armata e alcuni di quella di Ares…”
- Così tanti?- commentò Milo – Non sembrerebbe una cosa pensata sul momento…-
- Probabilmente era già tutto programmato- asserì Camus
Così tanti ufficiali che fuggono dal campo di battaglia per andare ad incendiare un villaggio pieno di civili… Non aveva senso. Il Cavaliere dell’Undicesima Casa sapeva che c’era qualcosa sotto.
- Ma avete detto che Ares aveva ordinato alle sue truppe di ritirarsi – si inserì Aiolia – Perché non obbedire?-
- Ares è un pazzo che odia Atena e i suoi Cavalieri – rispose Milo – Non mi sorprenderebbe se avesse casualmente dimenticato di dare l’ordine a una parte del suo esercito…-
Dei rumori alle loro spalle catturarono l’attenzione dei Cavalieri: Saga li aveva raggiunti. Con lui c’erano Shaka, Aldebaran e qualche Cavaliere di rango inferiore un po’ malconci che Camus non riconobbe.
- Mu sta combattendo nella zona Est del villaggio. Shaka, Aldebaran e Aiolia, raggiungetelo e spingete i nemici verso il centro- ordinò il Grande Sacerdote, poi si rivolse ai Cavalieri che Camus non conosceva – Voi occupatevi di mettere in salvo la popolazione-
I Saint chiamati in causa scattarono per eseguire gli ordini. Milo stava per aprire bocca, ma Saga lo precedette – Tu verrai con me. Entreremo da Ovest e prenderemo i nostri nemici alle spalle-
Milo sogghignò – Manovra a tenaglia-
Saga annuì – Camus, quelle fiamme non si spegneranno con dell’acqua normale, i tuoi poteri dovrebbero riuscire a domarle-
Il Cavaliere dei Gemelli stava per allontanarsi, ma Camus lo fermò – Attaccare così un villaggio non ha senso, potrebbe essere una trappola…-
- È sicuramente una trappola- convenne Saga – Volevano farci uscire allo scoperto, ma voglio vedere se riescono a sconfiggere ben sette Cavalieri d’Oro-
- Abbiamo già affrontato una dura battaglia contro Gea e fatto ricorso alle armature divine… non siamo proprio al cento per cento – notò il Cavaliere dell’Acquario – Potrebbero sfruttarlo a loro vantaggio-
Milo era fremente – Che ci attacchino in quanti vogliono, la Cuspide Scarlatta li attende-
- Non abbiamo tempo per stare a chiacchierare- tagliò corto Saga – Teniamo gli occhi aperti-
Aveva ragione, non potevano permettersi di perdere altro tempo. Camus non si attardò oltre e raggiunse le prime abitazioni avviluppate tra le fiamme. Le supposizioni di Saga si rivelarono fondate: quel fuoco non derivava da cause naturali. Avvicinandosi, il Cavaliere dell’Acquario percepì chiaramente un cosmo ostile sprigionarsi dalle spire infuocate.
“Chi può avere un simile potere?” si domandò
Non si trattava di Ares, ne era certo. Ormai aveva familiarizzato con il cosmo del Dio della Guerra e quello che dava origine alle fiamme non era certo il suo. Ma di chi poteva essere allora?
Si concentrò ed iniziò a contrastare l’incendio facendo ricorso ai suoi poteri. Il pensiero di essere finiti dritti in una trappola però non accennava ad abbandonarlo. Un odore diverso raggiunse le sue narici, distraendolo dai suoi ragionamenti. Un’improvvisa colonna di fiamme si era levata dal nulla e stava bruciacchiando i bordi del suo mantello candido. Il francese se ne liberò con un gesto di stizza e scagliò una Diamond Dust per fermare il fuoco. La fiamma si congelò tramutandosi in una stalagmite innaturalmente bella. Venature blu e azzurre attraversavano il blocco di ghiaccio, la luce ambrata del tramonto trafiggeva la fiamma congelata creando meravigliosi giochi di luce che facevano sembrare il fuoco ancora vivo. I riflessi colorati provenienti dalla stalagmite si specchiavano negli occhi nocciola di Camus: in quei giochi di luce, in quelle movenze soffuse lui rivide la sua camera venire divorata lentamente. Ricordò di essersi messo a piangere e di aver chiamato i suoi genitori.
Mama, papa… où est-ce que vous êtes?”
Lui li aveva chiamati, ma nessuno era venuto. Il fuoco stava per raggiungere il suo letto: era in trappola. Sentiva il cuore battere all’impazzata nel petto, un ritmico tum-tum gli rimbombava nelle orecchie. Terrorizzato, aveva lasciato saettare lo sguardo per la stanza, poi lo aveva piantato di nuovo sulla soglia della camera, sperando che qualcuno arrivasse. Continuava a chiamare i suoi genitori, ma loro non venivano…
“Daphne…” chiamò sconsolato
All’improvviso sua sorella comparve sulla soglia, le fiamme le lambivano le vesti e la pelle senza ferirla. I suoi capelli cremisi sembravano un tutt’uno con il fuoco. Camus ebbe paura, per un momento fu spaventato dalla sua stessa sorella. In qualche modo sentiva che quell’incendio era legato a lei, non sapeva come.
Un urlo improvviso squarciò l’immagine creata dal ricordo. Il Cavaliere dell’Acquario si scosse. Non aveva mai rivissuto quell’esperienza, non in quella maniera. I suoi ricordi di quella notte erano sempre stati limitati a dei flash, niente di più. Possibile che quell’incendio avesse risvegliato dei ricordi ormai perduti?
Camus si rese conto di ansimare, il suo battito cardiaco era accelerato. No, quelli non erano ricordi improvvisamente risvegliati… il cosmo maligno che aveva avvertito sin dall’inizio si era fatto più potente.
Camus chiuse gli occhi: doveva cercare di ritrovare la calma. Chiunque ci fosse dietro quel meschino trucco, doveva essere vicino. La sua mente lo trasportò nelle lande innevate della Siberia, l’aria fresca e pulita gli riempiva i polmoni, il freddo pungente lo faceva sentire a casa. Due bambini cercavano di fare un pupazzo di neve, ma si ritrovavano ogni cinque minuti a prendersi a pallate.
- Isaac, aspetta- si lamentò il biondo dei due – Prima finiamo il pupazzo-
- Okay- convenne l’altro – Ma dopo ti stendo-
Camus sorrise. Sentì il respiro farsi regolare, così come la frequenza del battito. Sarebbe rimasto lì ad osservarli giocare liberi e spensierati per ore, ma non poteva abbandonarsi ai ricordi. Il dovere lo chiamava. Il piccolo finlandese si avvicinò a lui: - Maestro, possiamo finire da soli, non importa che tu ci aspetti-
Camus allungò una mano per scompigliare i capelli all’allievo, poi aprì gli occhi. La stalagmite di ghiaccio era ancora lì, terribilmente bella. Il Cavaliere dell’Undicesima Casa sollevò la mano, il palmo rivolto verso l’alto, e, senza smettere di fissare quel blocco di ghiaccio, la chiuse a pugno. La fiamma congelata andò in frantumi, schegge di ghiaccio furono scagliate in ogni direzione, molte di loro caddero al suolo, ma nessuna sfiorò anche lontanamente il Signore delle Energie fredde.
- Notevole- commentò una voce alle sue spalle
Aquarius si voltò. Una donna dalla pelle ambrata e folti capelli bruni lo fissava. Un’armatura rosso cremisi le proteggeva il petto e l’addome, i fianchi erano avvolti da una gonna incandescente, in mano stringeva una spada con l’elsa incastonata di rubini. Il tessuto della gonna svolazzava facendola sembrare avvolta da spire infuocate
– Ovviamente…- continuò la guerriera – …ti starai chiedendo chi sono perché nessuno stupido mortale è in grado di riconoscere una divinità minore-
Camus la interruppe – Tu sei Enio-
La Dea sembrò sorpresa – Oh, esatto… ma te lo dirò ugualmente. Io sono Enio, dea della guerra, della distruzione e della sete di sangue- finì con tono lirico
Il Cavaliere dell’Undicesima Casa liberò la mente dalle ultime propaggini dell’illusione della dea e si concentrò sulla sua avversaria: Enio era una delle divinità della guerra che erano solite infestare i campi di battaglia. Di solito dove c’era Ares, c’era anche questa Enio, ma non era chiaro quale tipo di rapporto vi fosse tra i due (secondo alcuni era una sorella, secondo altri un’amante, secondo altri ancora si trattava soltanto di divinità affini). Camus si preparò ad affrontarla: combattere contro una divinità minore non sarebbe certo stato come combattere contro uno degli dei dell’Olimpo, ma non sarebbe stata nemmeno una passeggiata.
La Dea alzò la spada e tagliò l’aria con un fendente: dalla lama della spada si sprigionò un’onda di fuoco diretta verso Camus. Il Cavaliere si scansò, ma un’altra ondata era già sopraggiunta. Fece allora ricorso ai suoi poteri e creò un muro di ghiaccio che assorbì le fiamme.
- Cosa vuoi fare Cavaliere?- lo apostrofò Enio – Non puoi scappare e nasconderti all’infinito-
No, non poteva, Camus lo sapeva benissimo. Aveva però bisogno di tempo per escogitare un piano. Sapeva di non essere in grado di sconfiggerla da solo dopo tutto quello che aveva affrontato nelle ultime ore e sapeva che il suo obiettivo primario in quanto Cavaliere era neutralizzare il fuoco che divorava Rodorio. Per aver ragione di quelle fiamme doveva però mettere fuori gioco la sua fonte: Enio.
La mente del Signore delle Energie Fredde lavorava febbrilmente per trovare una soluzione a quel circolo vizioso mentre prendeva tempo scansando gli attacchi dell’avversaria e assorbendone il calore con le sue tecniche congelanti.
Continuava ad arretrare verso il centro del villaggio incalzato dagli attacchi della dea quando qualcosa lo distrasse: da una delle case in fiamme proveniva il pianto di un neonato. Eppure si era assicurato che non ci fossero ancora civili in zona, aveva usato il suo cosmo per percepire ogni forma di vita prima di arretrare in quella direzione. Possibile che non avesse percepito prima la presenza di quel bambino? O forse era la sua mente che gli creava brutti scherzi inventandosi pianti inesistenti? Per un attimo fu preso dall’atroce dubbio di aver attirato gli attacchi della dea in una zona ancora abitata da civili indifesi. No, non c’era nessuno fino a poco prima, ne era certo.
Il pianto si fece più insistente. Non se lo stava certo immaginando. Sarebbe corso subito ad aiutare il bambino, ma avrebbe solo rischiato di farlo colpire dalla Dea. Doveva agire in fretta.
Concentrò il suo cosmo intorno a sé in modo da crearsi una barriera di aria gelida intorno, la sua armatura dorata iniziava a presentare segni di congelamento.
- Basterà – borbottò
Non appena la Dea scagliò l’ennesimo colpo, Camus vi si lanciò contro. Attraversò indenne il muro di fuoco che aveva davanti e si ritrovò faccia a faccia con Enio. Prima che la Dea potesse riprendersi dalla sorpresa il Cavaliere dell’Undicesima Casa lanciò il suo attacco
- Freezing coffin!-
Una bara di ghiaccio avvolse la divinità in una morsa siberiana. Camus usò tutte le energie che gli rimanevano per abbassare la temperatura fino allo zero assoluto. Una volta finito, scivolò in ginocchio per lo sforzo, ma si rialzò immediatamente: doveva salvare quel bambino.
Entrò nella casa alla sua destra incurante delle fiamme. I ricordi minacciavano di ricomparire e di sommergerlo da un momento all’altro, ma riuscì a mantenere il sangue freddo. Si precipitò al piano di sopra e trovò il neonato in questione: una trave del tetto era caduta a pochi centimetri da dove si trovava il bambino. Camus lo raggiunse e notò che le fiamme non sfioravano la copertina che avvolgeva il pargolo.
- Le stelle ti hanno protetto- mormorò
Solo allora fece caso alla traccia di cosmo che emanava quel bambino. Com’era possibile che si fosse lasciato sfuggire la presenza di un neonato che possedeva un cosmo? Fu attraversato dal pensiero che qualcuno (magari qualcuno ai piani alti) avesse cercato di liberarsi di quel bambino approfittando della battaglia.
- Che idea meschina- sospirò mentre prendeva in braccio il neonato
Uscì dalla casa tenendolo stretto a sé, ma una volta fuori il bambino continuava a piangere.
- Che cosa c’è? Sei al sicuro ora, tranquillo…- disse Camus mentre lo avvolgeva meglio nella copertina – O forse dovrei dire tranquilla, eh? Pardon -
Come se fosse soddisfatta, la neonata si tranquillizzò.
Camus gettò una rapida occhiata intorno a sé: dov’era finita la bara di ghiaccio? Ed Enio? Si era già liberata? Non sentiva più il suo cosmo, sembrava che fosse svanita nel nulla. Anche le fiamme che divoravano il villaggio sembravano aver perso la loro fonte di energia. Aquarius approfittò dell’occasione per annientare tutti i rimanenti incendi della città: un’ultima Aurora Execution e le ultime lingue incandescenti svanirono.
Camus abbassò gli occhi sulla bambina che teneva in braccio – Immagino che di te debba occuparmi io, vero?-
La neonata, per tutta risposta, si mise ad acchiappare i capelli ramati di Camus emettendo vagiti soddisfatti.
- Lo prendo per un sì-
***
Milo tentò nuovamente di colpire quella specie di guerriero fantasma che continuava a volteggiargli attorno.
- Prima o poi ti disintegro- ringhiò a denti stretti
- È inutile- disse Saga – Questi sono Makhai, spiriti della battaglia-
- E cosa dovrei fare? Ignorarli?- rispose Scorpio stizzito
- Cercherò di confonderli con delle illusioni, tu occupati dei guerrieri in carne ed ossa-
Era una buona idea. I fantasmini evanescenti non erano proprio il tipo di avversario che Milo preferiva. A lui piaceva combattere alla vecchia maniera: uno contro uno, guerriero contro guerriero, senza stratagemmi o trucchetti vari.
Continuando a falciare i soldati che si paravano davanti a loro, Milo e Saga avevano ormai raggiunto gli altri Cavalieri. La piazza centrale del paese era immersa nel caos: Aldebaran stava sfracellando a pugni un gruppetto di guerrieri di Ares, Mu e Aiolia avevano accerchiato dei fedeli di Zeus mentre Shaka stava facendo fare un trip mistico-buddista a quelli che sembravano due sottoufficiali dell’esercito del Dio della Guerra.
- Vuoi unirti alla festa, Scorpio?- chiamò una voce dal tetto di un edificio
Milo ghignò. Finalmente aveva capito cosa si stava dimenticando: la sua partita con Lacedemone dell’Egida, il comandante dell’esercito del Dio del Cielo, era ancora aperta.
- Hai avuto il coraggio di mostrarti, era l’ora- continuò il guerriero – Stavo iniziando a preoccuparmi, per un momento ho pensato che non fossi tornato vivo dalla tua missione-
- Se ti riferisci alla missione in cui abbiamo rinchiuso il tuo padrone in un vaso da fiori, è andato tutto bene… ma sei stato gentile a preoccuparti per me-
Lacedemone saltò giù dal tetto e atterrò davanti a lui - Non avrei voluto dover rinunciare al piacere di sconfiggerti personalmente-
- Adesso mi fai arrossire-
- Basta chiacchiere- sentenziò il guerriero di Zeus – Ora si fa sul serio-
Fece comparire l’Egida sul suo braccio sinistro, l’agitò e il cielo si ricoprì di nubi temporalesche. Milo sapeva cosa stava per succedere: non appena sentì l’aria caricarsi di elettricità si spostò, evitando per un soffio il fulmine. Lacedemone non si dette per vinto e cominciò a tirargli addosso quante più saette possibili. Milo però aveva già combattuto contro il suo avversario e in qualche angolo della sua mente si andò ricreando lo schema degli attacchi che il guerriero di Zeus aveva usato nel loro precedente scontro.
- Non credere di scappare all’infinito- lo sentì urlare
Ma Milo aveva impostato il pilota automatico. Lacedemone era scaltro e veloce, sì, ma il disegno dei suoi attacchi era prevedibile. O meglio, prevedibile per un Cavaliere come Milo che durante le battaglie studiava e memorizzava attentamente le tattiche degli avversari.
- Tanto non mi prendi- lo canzonò il biondo all’ennesimo attacco scansato
Farlo arrabbiare era fondamentale per fargli perdere il controllo della situazione. Quell’attacco al villaggio era sicuramente opera sua quindi stavano combattendo su un campo scelto in tutto e per tutto dal guerriero di Zeus e questo a Milo non piaceva. L’unico problema era che facendolo arrabbiare i suoi attacchi sarebbero diventati più impulsivi e meno attenti e precisi. Doveva trovare in fretta una soluzione prima di ritrovarsi in riserva di energie.
Nel corso del loro scorso scontro Lacedemone era rimasto vittima delle sue onde paralizzanti, ma era riuscito a liberarsi non appena Milo si era distratto. Questa volta sarebbe rimasto concentrato sull’obiettivo, certo, ma era anche vero che non affrontava il duello fresco e riposato come invece era successo per la volta precedente.
Lacedemone aveva resistito a dieci cuspidi scarlatte l’ultima volta, quindi Milo avrebbe dovuto fare ricorso, probabilmente, ad Antares per sconfiggerlo. Il suo avversario era però molto veloce, perciò doveva trovare un modo di immobilizzarlo per avere il tempo di scagliargli contro i quindici colpi fatali.
Lanciò uno sguardo veloce alla situazione del campo di battaglia e gli venne un’idea. Fu una cosa talmente improvvisa che si immaginò la lampadina spuntata sopra la sua testa… Ripassò mentalmente come il suo avversario aveva scansato le cuspidi scarlatte che gli aveva lanciato contro la volta precedente e gettò nuovamente lo sguardo intorno a sé: Aiolia stava falciando i nemici a suon di Lighting Bolt… Milo osservò attentamente la velocità e la direzione dei colpi dell’amico per calcolare il tempismo e l’angolazione perfetti.
- Vediamo se sei davvero così veloce, Lacedemone…-
Il Cavaliere dello Scorpione si voltò verso il nemico e lanciò uno Scarlet Needle. Come aveva previsto, Lacedemone smise di attaccare e scartò verso destra, in posizione leggermente arretrata rispetto a dove si trovava prima. Fu un attimo. Il movimento lo aveva portato esattamente sulla traiettoria del colpo del Cavaliere di Leo: il Lighting Bolt lo investì in pieno. Il comandante delle truppe di Zeus urlò e si accasciò in ginocchio. Milo non perse tempo e lo investì con quattordici punture cremisi tutte in una volta.
- Ehi!- esclamò Aiolia – Ma che modi sono?-
Scorpio era troppo concentrato sul suo nemico per sentire il commento dell’amico. Si avvicinò con passi cadenzati all’avversario ormai alla sua mercé
- Avevo promesso che ti saresti pentito di aver giocato con me, Lacedemone. E Milo dello Scorpione tiene fede alla parola data-
- Uccidimi- mormorò lui – Cosa aspetti?-
Gli angoli della bocca di Milo si inclinarono in un ghigno soddisfatto – Aspettavo che tu me lo chiedessi… ma prima, devi ammettere che ho vinto-
- Bastardo…- ringhiò il guerriero di Zeus con tutto l’odio che aveva in corpo – Però lo riconosco, hai vinto-
Soddisfatto della propria vittoria, Milo sfoderò l’artiglio scarlatto e graziò il suo nemico dal dolore – Scarlet Needle Antares!-
Aiolia finì il gruppetto di nemici che aveva di fronte, poi raggiunse Milo con passo spedito – Hai usato il mio colpo contro il tuo avversario!?-
- È stata una mossa molto calcolata, non sminuirla così- rispose il Cavaliere dello Scoprione – Anzi, credo che sia stata una delle mie mosse migliori-
- Quindi la tua nuova tecnica è sfruttare le tecniche degli altri- commentò Aiolia ridendo – Sei diventato pigr…-
- ATTENTI!- lo interruppe la voce di Saga
Milo e Aiolia si voltarono in tempo per vedere una rete di filo spinato, lanciata probabilmente da uno degli ultimi ufficiali di Ares, diretta verso di loro a velocità incredibile. Entrambi tentarono di scansarsi dalla traiettoria, ma qualcosa gli impediva di muoversi. Milo sentiva già la voce di Camus in testa “Ecco cosa succede a distrarsi nel bel mezzo di una battaglia”.
- Accidenti!- imprecò Aiolia
Qualsiasi cosa li tenesse bloccati, impediva loro anche qualsiasi forma di contrattacco. La mente di Milo brancolava nel buio, non sapeva cosa fare, anche perché non poteva fare nulla.
- Another Dimension!-
L’attacco nemico fu catapultato in un’altra dimensione dal pronto intervento del Custode della Tredicesima Casa. Il guerriero di Ares sbuffò e si preparò a colpire di nuovo, ma Saga lo investì prontamente con un’esplosione galattica.
- Grazie- disse Milo mentre si preparava mentalmente a una strigliata
Aiolia preferì invece mantenere un silenzio imbarazzato.
Il guerriero che Saga aveva sconfitto doveva essere il responsabile della loro impossibilità di fare alcunché perché sia Milo che Aiolia poterono di nuovo muoversi liberamente.
- Il campo di battaglia non è il posto migliore per le chiacchiere- sentenziò il Grande Sacerdote
Milo incassò il colpo in silenzio, se lo era meritato. All’improvviso però sopra le loro teste si aprì una voragine di pura oscurità. Quello che successe dopo fu abbastanza confuso. Milo vide Saga spingere via lui e Aiolia mentre il filo spinato piombava giù dal cielo. Gemini contrattaccò, ma il suo colpo neutralizzò la minaccia metallica troppo tardi: le prime spine acuminate lo avevano già raggiunto. Il grido di Saga perforò le orecchie di Milo. Lo vide cadere in ginocchio e portarsi una mano al volto.
- Saga!- urlò Aiolia precipitandosi dal compagno di battaglia
- Saga- ripeté Aiolia con tono di voce più controllato – Fammi vedere la ferita-
Milo si avvicinò per vedere di persona: l’armatura lo aveva protetto, ma la metà sinistra del volto del gemello maggiore era ricoperta di sangue.
- Lasciami vedere- insisté il Leone
Saga sospirò, ma lo accontentò e allontanò la mano dalla ferita.
Milo rabbrividì: una linea cremisi tagliava verticalmente il sopracciglio e l’occhio, attraversava lo zigomo, per poi fermarsi sulla guancia. Il Cavaliere del Leone fissò attentamente lo squarcio che si era aperto sul bulbo oculare.
Pochi istanti dopo fu raggiunto da Mu: la scena doveva aver catturato l’attenzione del Cavaliere dell’Ariete. L’abitante del Jamir si mise ad ispezionare la ferita, ma la sua espressione non preannunciava nulla di buono – Cos’è successo?-
- Il varco dimensionale si è riaperto – rispose Saga. Aveva l’aria esausta e confusa – Non so come sia potuto accadere –
Mu si rialzò – Vado al Grande Tempio a prendere le medicazioni necessarie. Voi non muovetevi – ordinò perentorio prima di sparire
Saga non sembrava avvezzo a ricevere ordini, infatti si stava già rimettendo in piedi, ma Milo e Aiolia lo bloccarono – Mu ha detto di aspettare – ricordò lo Scorpione
- Dobbiamo sconfiggere gli ultimi nemici rimasti…-
- Shaka e Aldebaran hanno quasi finito di fare piazza pulita- commentò il Cavaliere dell’Ottava Casa dopo aver lanciato un’occhiata ai colleghi – Non credo che avranno particolari problemi-
Mu ricomparve all’improvviso a due centimetri dal naso di Milo – Scusa- mormorò, poi si avvicinò a Saga per medicare e bendare la ferita
- Mu- lo chiamò il Grande Sacerdote – Sii sincero-
Il Cavaliere dell’Ariete finì di sistemare la ferita con calma, poi fissò il compagno d’armi nell’occhio sano – Temo che la cicatrice rimarrà… per quanto riguarda l’occhio…-
- Possiamo usare l’ambrosia – intervenne Aiolia – Se la…-
-  No, Aiolia, non possiamo – lo fermò Mu – Rischieremmo soltanto di ucciderlo. Il derivato dell’ambrosia ci è stato utile per curare la ferita di Kanon perché la ferita era stata inferta con una lama maledetta, in grado di uccidere esseri divini. Usare il derivato su una ferita normale ridurrebbe chiunque in fin di vita o peggio –
- Ma…- continuò testardo il leone – Non possiamo rassegnarci così-
- Aiolia – disse Saga alzandosi in piedi – Basta –
Il Cavaliere della Quinta Casa sembrava sul punto di scoppiare – È stata colpa mia!- gridò – Io ho distratto Milo… –
- Aiolia… -
- Devo poter fare qualcosa… Io… Perché non mi urli addosso? Tirami un pugno, fa’ qualcosa! - sbottò
- Ho ancora l’altro occhio, Aiolia – rispose calmo Saga. Anche se forse la calma delle sue azioni derivava più dalla stanchezza che dalle sue vere emozioni – Non è questa grande disgrazia-
Il Cavaliere della Quinta Casa abbassò lo sguardo – Perdonami, non volevo che succedesse –
– Non c’è niente da perdonare – il Grande Sacerdote poggiò una mano sulla sua spalla – Sono io che ti chiedo perdono per ciò che ho fatto a te e a tuo fratello -
Aiolia alzò gli occhi incredulo, ma prima che potesse dire o fare qualcosa Saga si era già allontanato, diretto verso il centro della piazza dove Shaka e Aldebaran avevano sconfitto gli ultimi guerrieri di Zeus e Ares rimasti.
- Com’è la situazione?- domandò Gemini
- Abbiamo sconfitto tutti i nemici e gli altri Cavalieri hanno messo in salvo la popolazione in tempo: c’è solo qualche ferito lieve, ma niente di grave- disse il Cavaliere della Seconda Casa
- Allora possiamo rientrare al Grande Tempio – commentò Saga – Mu, raduna gli altri Cavalieri e aiutate la popolazione a tornare nelle loro abitazioni. Gli sfollati saranno accolti al Grande Tempio finché le loro case non saranno risistemate. Quando avrete finito, rientrate anche voi al Santuario –
Mu annuì e si avviò ad adempiere il suo dovere. Milo non poteva fare a meno di riconoscere che Saga avesse l’innata capacità di assegnare ai singoli Cavalieri i compiti che più si addicevano loro. La calma intrinseca di Mu avrebbe certo aiutato la popolazione a ritrovare la pace nonostante la terribile esperienza appena vissuta.
- Allora? – domandò la voce di Camus dietro le loro spalle – Li abbiamo sconfitti? –
Milo si voltò: il suo compagno era illeso, nemmeno un graffio sfiorava la sua pelle perfetta. Stava per dirgli che aveva sconfitto Lacedemone con un’idea brillante, ma il suo sguardo fu catturato da ciò che Camus teneva in braccio – Quello cosa sarebbe? –
- Questa è una bambina. L’ho trovata tra le fiamme –
- Sì avevo capito che era un neonato – commentò il greco – Ma perché la tieni tu? –
- È stata abbandonata, Milo –
- E perché devi occupartene proprio tu? –
- Non ha nessuno! Non posso lasciarla sola –
- Cam, sei un Cavaliere, non puoi adottare tutti gli orfani che trovi –
Camus sembrò molto offeso dalla sua ultima affermazione. Aprì la bocca per ribattere, ma la neonata iniziò a piangere. Il francese lanciò a Milo un’occhiataccia come per dire “è colpa tua”, poi iniziò a cullare la bambina mormorando in una lingua strana.
Milo aggrottò le sopracciglia, stizzito. Camus si era tirato indietro da quello che sembrava l’inizio di un litigio per dedicarsi a quella piccola creatura che teneva tra le braccia. - Cos’è questa nenia? Elfico? – lo attaccò
Il suo compagno lo ignorò. Come lo detestava quando faceva così.
- È bretone – si intromise Saga – Muovetevi adesso, litigherete dopo –
- Giusto – commentò Aiolia – Meglio tornare al Santuario –
Vista come si era conclusa l’ultima volta che aveva aperto un varco dimensionale, Saga si avviò a passo spedito verso il Grande Tempio, seguito a ruota dagli altri Gold Saint.
Milo fece un respiro profondo seguito da un esamino di coscienza: forse era stato un po’ troppo brusco con Camus. Certo che anche lui se la prendeva subito, ma questa non era assolutamente una novità. Il greco si avvicinò al compagno con l’intento di farsi perdonare. Camus fece finta di non averlo visto, ma Milo sapeva che non era così.
- Ehm – cominciò – Ma almeno ha un nome? –
- Speravo che ne trovassi tu uno carino – il francese lo guardò finalmente negli occhi – Sai, la mia fantasia lascia molto a desiderare –
- Questo è vero – concordò Milo
Fortunatamente Camus non se la prese. Il greco si picchiettò il dito sul mento mentre pensava a un nome; poi gli venne un’idea. Ad occhio e croce la bambina era nata da pochi giorni, quindi era nata sicuramente sotto il segno della Vergine… Come si chiamava la stella più luminosa della costellazione?
- Spica! – esclamò soddisfatto – L’avrei chiamata anche Antares, ma non credo che Shaka avrebbe apprezzato –
Camus accennò un sorriso – Che ne dici? – disse rivolto alla bambina – Ti piace Spica? –
La neonata sembrò soddisfatta e tentò di acchiappare i riccioli biondi di Milo con le manine minuscole – I capelli no! –
- Vuoi provare a prenderla in braccio? – chiese Camus divertito
- Credo sia meglio di no, sai che ho le mani di burro –
Camus rise, una risata leggera e cristallina, una risata che Milo non sentiva da tanto tempo.
 
Nota dell’autrice: sono viiiva – semicit (grazie Mushu per la licenza). Mi scuso per la lunghissima attesa, ma prometto che questa fanfiction verrà completata. Manca poco ormai, quindi vi prego di sopportarmi ancora per un pochino. A presto (si spera)! =^-^=
PS: il bretone è una lingua di origine celtica parlata nella Bretagna, una regione nel Nord-Ovest della Francia. Nel mio personale headcanon Camus e sua sorella sono originari di questa regione.
   
 
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