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Autore: asthma    01/09/2021    1 recensioni
La sera ti avevo vista, eri proprio lì, seduta in camera, la schiena contro la testata del letto, le gambe sotto le coperte, gli occhiali sul naso. E la mattina non c'eri più. C'eri. Ma non c'eri. Eppure ti avevo vista, mi avevi parlato. La sera prima.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sherlock Holmes
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Undicesimo distretto: scrivania Capitano Marcus Bell
Macchinetta del caffè guasta, di nuovo
4 agosto 2021
82°F

 

Watson,

un getto di aria gelata mi picchia inesorabilmente sull'unico lembo di pelle scoperto tra l'attaccatura dei capelli e il lembo di tessuto della giacca. Proprio in questo stesso momento, mentre l'inchiostro nero di questa penna (scadente) segue i movimenti confusi della mia mano su questo foglio di carta intestata, prevedo che il freddo dell'aria condizionata sulla mia nuca appiccicaticcia di sudore rallenterà di gran lunga i normali processi immunitari del mio organismo, provocando, in ultima analisi, una rinofaringite infettiva acuta. Un fastidiosissimo, seppur all'apparenza banale, raffreddore che curerò usufruendo delle tue strane pozioni cinesi, costituite in buona parte da erbe non ancora classificate dai botanici d'Occidente [ndr in nome di Sua Maestà la Regina, mi rifiuto tuttora di associare il termine “tè” a quegli infusi maleodoranti].
Sembra risalire a una vita fa l'ultima lettera che ho indirizzato a tuo nome e che custodisco sotto chiave nel cassetto della scrivania al secondo piano. Molte cose sono cambiate, evolute. Tuttavia, mentre la Terra si appresta a concludere un altro perfetto giro intorno al Sole, alcune costanti permangono nella mia vita: Arthur è una di quelle. La sua dolcezza, il suo affetto, la sua intelligenza, le sue curiosità rimangono delle costanti, mentre gli alberi mutano il loro aspetto e le nuvole si rincorrono sopra le nostre teste.

Hai mai sentito il cuore frantumarsi, Watson? Non hai mai avvertito nella tua esistenza quel dolore fisico al petto, come se ti si aprisse una voragine in mezzo al torace, come se il tuo cuore si fosse davvero rotto come un vaso di terracotta? A volte ho la sensazione di percepire il peso di quell'organo vitale. Una sensazione del tutto irrazionale, ne sono consapevole. Eppure, a volte, quel peso mi costringe a poggiare entrambe le mani al petto, mentre mi piego verso le ginocchia come schiacciato da un macigno, annaspando e costringendomi a inspirare avidamente ossigeno.
Questa, Watson, è la sensazione che provo quotidianamente. Illuso credetti, la prima volta che la sperimentai, che sarebbe stata la prima e unica. Un oggetto già rotto non può rompersi per un lasso di tempo tendente a infinito. Fui persino quasi sollevato, quando riemersi da quello struggimento, nel constatare che avevo toccato il fondo e che un dolore così simile non avrebbe più potuto ripresentarsi. Ingenuo e incosciente.
Quello stesso dolore lancinante mi trafigge alle spalle vigliaccamente ogniqualvolta nella mia mente riaffiora, senza che io ne abbia il minimo controllo, la tua immagine; quando nelle mie orecchie risuona il timbro della tua voce, così reale e vicino; e quando sento, sulla cicatrice del foro di proiettile all'altezza della scapola sinistra, il tocco delle tue abili e delicate mani da chirurgo. Il mio corpo riporta alla luce sensazioni sepolte e con ognuna di esse una piccola crepa si fa largo timidamente al mio interno.
Paradossalmente, questa sofferenza, che sono certo mi seguirà fino al momento in cui la falce della morte taglierà di netto quel sottile filo che mi tiene legato alla mia vuota esistenza, è l'unica cosa che mi ricorda di essere vivo e di essere responsabile del più prezioso bene dell'umanità: tuo figlio.

S.H.

   
 
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