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Autore: crazy lion    04/09/2021    1 recensioni
Arbora è una regione piena di vita, e ogni anno, nuovi aspiranti allenatori cominciano
il loro viaggio allo scopo di raggiungerla e iniziare la loro avventura.
Così, fra Pokémon, fiocchi, medaglie e altre sfide, ognuno di loro fa del
suo meglio, e con loro anche i capipalestra, decisi a tenersi stretti i
loro traguardi. Fra i tanti, spiccano Julie e Ariana, impegnate in una
lotta senza esclusione di colpi fra vento e psiche.
Storia stilata con Emmastory.
Disclaimer: i Pokémon non ci appartengono, ma sono proprietà degli autori che li hanno ideati.
Genere: Azione, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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Pok-mon-Gym  
 
 

UNA SFIDA AMICHEVOLE

 
Julie sbadigliò, ancora a letto. Doveva alzarsi, ma non voleva. Si stava così bene lì. Tuttavia, abbandonò presto la freschezza delle coperte. Avrebbe avuto una giornata piena e doveva sbrigarsi. Per prima cosa si lavò il viso, si pettinò e si vestì indossando una maglietta e un paio di shorts, accompagnati dai  sandali. Dopodiché aprì il suo zaino e tirò fuori tutte le quarantasei sfere poké che aveva, facendo uscire a uno a uno i Pokémon.
"Buongiorno a tutti" li salutò. "Oggi mi aspetta una sfida e sceglierò tre di voi da portare con me, ma non significa che non voglia bene agli altri o che non siano importanti."
Ci teneva che lo sapessero, anche se non la capivano del tutto.
"Pichu, vieni fuori" disse e questi uscì.
"Pi" la salutò e lei gli fece una carezza sul muso, poi prese la sfera di Meowstic, della femmina – perché aveva anche il maschio – e la fece uscire. Era del tutto simile a una gatta, che sapeva stare su due zampe.
"Espeon, esci."
Non era certo il primo Pokémon che le era stato assegnato, quell'onore era toccato a Misquit quando aveva iniziato ad allenarsi. Piccolo, agile e veloce, aveva le fattezze di uno scoiattolo, che sgusciato fuori da sotto la sua coperta, dato che detestava la sua sfera, rimase a guardarla con una sorta di sorriso stampato sul muso.
"Squi?" fece, piegando la testolina di lato con fare confuso.
"No, topolino, non oggi. Ci siamo allenati, ma non è ancora il tuo momento. Se vuoi potrai restare a guardare" gli rispose lei, riuscendo a capirlo grazie alla sua telepatia. Un'abilità sviluppata con il tempo per sopperire al difetto della vista, che, lo sapeva, l'avrebbe accompagnata per sempre.
"Misquit…" si lamentò il piccoletto, triste e sconsolato.
A testa bassa, tornò a guardare la coperta, e distratto dalla sua ghianda preferita, prese a rosicchiarla.
Intanto, già sicuro del suo ruolo in battaglia, Espeon era sceso dal letto, e seduto sul tappeto della stanza, agitò piano la coda, mentre la gemma rossa che aveva sulla fronte brillava al sole. Amici da tempo, lui e Julie si allenavano sempre duramente, perciò quella era una scelta quasi obbligata. E quasi era proprio la parola giusta. Lo conosceva, gli voleva bene, e cosa più importante, non l'avrebbe mai forzato a combattere.
"Voi siete i tre che ho scelto. Ora rientrate nelle vostre sfere."
I Pokémon obbedirono e la ragazza le mise nello zaino, portando con sé anche le altre. Non le avrebbe usate, ma non poteva certo lasciarli da soli, e avere un piccolo fan club non le sarebbe dispiaciuto. Si avviò verso la porta, la aprì e chiuse a chiave, poi si diresse nel refettorio della palestra, dove gli allenatori potevano rifocillarsi dopo gli allenamenti, o in quel caso fare colazione. C'erano solo lei ed Eva quel giorno, una ragazza di diciannove anni che a dieci aveva ricevuto il suo primo Pokémon, un esemplare di Rivter, una lontra di fiume, diventando così allenatrice.
"Ciao" la salutò Julie, cordiale.
L'altra si portò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, così che non le finisse nel latte che stava bevendo.
"Ciao a te" disse Eva dopo aver mandato giù un sorso. "Posso servirti la colazione?"
"Sei gentile, ma faccio da sola."
Prese un caffelatte con dei biscotti e iniziò a  mangiare.
“Oggi ho una sfida importante con Ariana, ci siamo organizzate" le spiegò Julie. "Devo andare alla città di Caeli, ma è lontana, ci metterò un sacco a piedi."
"Se vuoi ti porto io con la macchina. Ora che ho la patente posso farlo."
"Davvero? Grazie!"
La abbracciò da dietro e l'altra si alzò per ricambiare la stretta. Erano amiche, si conoscevano da anni e quei gesti venivano loro spontanei.
Poco dopo erano in macchina.
"Ho la nausea" disse Julie dopo qualche minuto, sentendo che la colazione le veniva su.
"Vado troppo forte?"
"No. Forse è perché sono seduta dietro questo aggeggio."
"Questo aggeggio, cara mia, si chiama automobile."
"Come vuoi. Puoi accostare, per favore? Vengo davanti."
Cambiato posto e aperto il finestrino, Julie si sentì molto meglio. Si sistemò lo zaino sulle gambe e continuò il viaggio chiacchierando con l'amica. Aveva portato un libro, ma non lo aprì nemmeno. Il paesaggio di Arbora la stregava sempre e piano piano lo vide cambiare, trasformarsi, All'erba si sostituirono i ciottoli delle città, le case, i centri Pokémon, ovvero dei pronto soccorsi per quelle bestiole e le scuole per gli allenatori. Arrivate alla città di Caeli, dopo cinque ore di viaggio, Eva parcheggiò l'auto vicino alla palestra. Ariana le aspettava lì fuori.
"Julie, che bello vederti!" la accolse, stringendola in un caloroso abbraccio.
"Anche per me, grazie cara."
Ariana aveva sempre un profumo fresco che all’altra, che era non vedente, piaceva molto.
"Allora, sei pronta a sfidarmi?"
"Prontissima! E tu?"
"Io sono nata pronta."
Le due risero ed entrarono.
“Com’è l’ambiente?” chiese Julie, che teneva la mano di Ariana, ma continuava a usare il bastone.
"Tranquillo, non preoccuparti. Davanti a te c'è il centro della stanza. Vieni, ti accompagno al tuo posto" le rispose Ariana, sorridendole nonostante Julie non potesse vederla davvero.
Non che importasse, c'era da dirlo, perché in suo aiuto c'erano stati il tempo e la famiglia, entrambi i suoi primi insegnanti di quello che ora lei chiamava eco di vita. Era per quello che lei ed Eva avevano viaggiato con i finestrini  aperti per quelle cinque ore. Solo così lei aveva potuto ascoltare il sibilo del vento, il verso degli altri Pokémon, e sentire il profumo dei fiori mischiato a quello tipico degli alberi e della loro resina. Annuendo, la ragazza non si oppose, e fatti pochi passi, si ritrovò nella sua metà campo. Con il bastone, suo supporto costante, tentò di capire dov'era, e fu allora che tracciò il contorno di una pokéball bianca, effettivamente, come le disse anche Ariana, dipinta sul terreno di gara.
Sicura di poterla lasciare da sola, Ariana aveva raggiunto il suo, di angolo, e aperto la borsa, si preparò a scegliere i suoi tre combattenti.
"A te la prima scelta, Julie!" disse, alzando la voce per farsi sentire.
"Va bene!" replicò l'altra, con lo zaino già aperto e una sfera in mano. "Pichu, vieni fuori!" esclamò, pronta a lottare.
Nel farlo, lanciò la sfera verso il centro del campo, e attimi dopo, eccolo. Piccolo, ma non per questo debole, accompagnato da una pioggia di scariche elettriche.
"Pichu!" fece quest'ultimo, lo sguardo fisso sul campo di lotta.
"Pichu, eh?" commentò Ariana, piacevolmente sorpresa.
Carino o meno, sapeva di non doverlo sottovalutare nonostante si allenasse con Julie relativamente da poco, e rimasta sola con i suoi pensieri per qualche istante, finalmente scelse a sua volta. Proprio come l'amica, anche lei aprì la borsa, e presa in mano una Pokéball, la lanciò dritta davanti a sé. "Scendi in campo, amico mio!" annunciò, come sempre sicura di se stessa.
Allenarsi per diventare capopalestra di tipo Volante le aveva insegnato molte cose, e prima fra tutte, a non aver paura di nulla. Per come la vedeva, nonostante non ne bevesse, la paura era il caffè delle emozioni. Poteva bloccare e svegliare al tempo stesso, ed era la sicurezza la vera chiave di tutto.
La sfera sembrò librarsi in aria da sola, e non appena toccò terra, si aprì per rivelare il primo Pokémon della giovane. Volcub, un lupacchiotto con il pelo nero e rosso, gli occhi verdi e i poteri del fuoco. Deciso e agguerrito, si presentò con un breve ululato. Tutt'altro che sorpresa, stavolta, Ariana rise.
"Pronto, Volcub?" gli chiese l'allenatrice.
Si abbassò al suo livello e immerse le dita nel pelo morbido.
"Cub, Cub!" replicò il lupacchiotto, restando seduto e fremendo d'impazienza.
Da allora in poi, fu questione di attimi, e come d'accordo, la battaglia ebbe inizio, e a Julie toccò la prima mossa. Silenziosa come al solito, la ragazza non disse una parola, e a occhi chiusi, non fece che pensare. Lentamente, tutto intorno a lei si fece nero, e nella sua mente, soltanto l'immagine del Pokémon da affrontare. All'improvviso, ecco l'idea.
"Va bene, Pichu, iniziamo con Fulmine!" ordinò, decisa come non mai.
Veloce, il topolino non se lo fece ripetere, e chiusi gli occhi, rilasciò una scarica elettrica di colore azzurro, dritta verso l'avversario. Pronta, Ariana non perse tempo, e annuendo a se stessa, rimase a guardare mentre la scarica si avvicinava. Da allora in poi, il tempo sembrò fermarsi, ma non importava. Sapeva di dover fare qualcosa.
"Volcub, schivalo, presto!" quasi urlò, preoccupata. Capendo al volo, il cagnolino arretrò con un balzo, e per pura fortuna, il colpo si dissolse prima di colpirlo. L'avevano scampata, ma era troppo presto per cantare vittoria. Già nervosa, la ragazza si guardò intorno, osservando Julie e il suo Pokémon alla ricerca del momento propizio per attaccare, e dopo quella che le parve un'eternità, agì. "Perfetto, ora avvicinati e usa Morso!"
Ancora una volta, Volcub obbedì, lanciandosi verso il Pichu più veloce che poté. Non appena fu abbastanza vicino da sfiorarlo, colpì con tutte le sue forze, mordendo e non lasciando la presa. Colto alla sprovvista, Pichu si lamentò per il dolore, e con lui Julie. Le sue abilità telepatiche erano tali da permetterle di comunicare con i Pokémon e, in momenti come quello, carpire e avvertire le loro emozioni.
"Pichu, no! Piccolo mio, no!" si ritrovò a gridare, disperata.
Poco dopo, però, nonostante la zampa ferita, il piccolo Pokémon riuscì a rialzarsi, e tornato in piedi, si voltò verso Julie, emettendo solo un lieve mormorio perché capisse che stava bene.
"Oh, grazie al cielo…” sussurrò, alzando lo sguardo verso qualcuno di più in alto di lei. "Dimmi, ce la fai a continuare?" gli chiese poco dopo, con una vena di preoccupazione nella voce.
Nonostante il dolore, il topino annuì con decisione, e a denti stretti, tentò un altro attacco. Non più un Fulmine, stavolta un Tuono, perfino più brillante e potente del precedente. Sempre preciso, sempre azzurro, stavolta proveniente dalle guance, che saettò subito verso il Volcub. Confuso e spaventato, questo quasi non si mosse, e soltanto attimi più tardi, il colpo andò a segno.
Colpito in pieno, Volcub provò a rialzarsi, mostrando la sua forza per non deludere Ariana, ma fallì senza volerlo, e le sue zampe cedettero.
"Volcub?" azzardò l'allenatrice, restando a guardarlo con occhi pieni di terrore. "Volcub!" insistette, non riuscendo a credere a ciò che vedeva.
Non poteva essere, si erano allenati così tanto... pensò, mentre il corpo del suo piccolo amico giaceva sul terreno. Gli istanti che seguirono quel momento furono interminabili, ma poi, nuovamente deciso a continuare, guardò Ariana con ammirazione.
"Cub!" esclamò, pronto.
"Sì! Sapevo che ce l'avresti fatta!" Orgogliosa, Ariana sorrise all'amico lupacchiotto, che con uno scatto fulmineo si rimise in piedi, nonostante la caduta. "Su, adesso usa Fossa, coraggio."  Replicò subito lei, sicura che il tempo stesse per scadere.
Non ne rimaneva molto, e se voleva vincere quel round, le restavano poche possibilità di elaborare una buona strategia. A quanto sembrava, i piccoli attacchi non funzionavano contro Julie, ed era il momento di correre ai ripari. Frustrata, quasi non riuscì a pensare. A occhi chiusi, respirò a fondo nel tentativo di calmarsi, e poi l'idea la colpì come una palla di neve in una giornata invernale. Chi lo sapeva, forse un'imboscata… Con quel pensiero in mente, si scambiò con il lupacchiotto un'occhiata d'intesa, e nello spazio di un momento, questo sparì sottoterra. Confusi, né Pichu né Julie seppero cosa fare, e ancora una volta, il tempo sembrò fermarsi. Scivolando nel silenzio, la giovane rimase immobile, e chiudendo gli occhi, attese. Bastò un attimo, e la calma la avvolse.
Se lei era tranquilla, però, lo stesso non valeva per Pichu, che colto alla sprovvista, continuava a guardarsi intorno, incerto sul da farsi. Destra, sinistra, ovunque. Ci provava, ma non vedeva nulla. Aveva paura, aveva cominciato a tremare, ma si sforzava di apparire coraggioso, per Julie. Chiusa in un silenzio tutto suo, la ragazza non parlava né si muoveva, e all'improvviso riaprì gli occhi, decisa. Ancora una volta, il campo di battaglia si era materializzato nella sua mente, e sapeva esattamente cosa fare.
"Pichu, indietro!" gli ordinò, sperando che riuscisse a schivarlo in tempo.
Fermarsi a riflettere era servito, aveva potuto letteralmente sentire l'altro Pokémon sottoterra, ma non certo prevederne la velocità, e ora non restava che aspettare. Veloce, Pichu balzò all'indietro, e un istante più tardi, il campo di lotta parve spaccarsi in due. Ormai Volcub era uscito dalla fossa, e sapendo di aver mancato il colpo, rimase lì fermo a guardare l'avversario nella tipica posizione d'attacco. Una zampa avanti e l'altra indietro, le labbra ritratte in un ringhio sordo. Fattosi più coraggioso, il piccolo Pichu smise di tremare, e pronto all'attacco, sentì le guance pizzicare, segno che erano sature di energia elettrica.
"Pi!" esclamò, non attendendo che di ricevere altri ordini. Dall'altra parte del campo di lotta, intanto, Ariana guardava l'avversaria con serietà, e notando che non sembrava più muoversi, colse al volo l'occasione.
"È il momento, Volcub, Rogodenti, forza."
Semplice ma potente, ne era sicura, la mossa perfetta per ripartire e passare all'azione. Annuendo, Volcub non perse altro tempo, e subito si lanciò verso Pichu, che nuovamente colto dalla paura, all'improvviso fu come paralizzato. Avrebbe voluto, ma non riusciva più a muoversi, e appena un istante più tardi, anche Julie parve capirlo. Ma che fare a quel punto? Non la sentiva, non ascoltava, era solo… immobile. Terrorizzato e immobile. Con il tempo che sembrava essersi fermato, Volcub continuava ad avvicinarsi, guadagnando velocità con ogni passo, mentre i denti, piccoli ma aguzzi, sembravano già fatti di fuoco. Gli istanti che seguirono furono interminabili, ma alla fine, eccolo. Dettato dall'istinto, e senza che l'allenatrice avesse avuto modo di parlare, un'Ondashock. Soltanto una delle mosse che Pichu conosceva, scagliata in quell'istante senza pensare e soltanto per difendersi. Così, dal corpo del topino scaturì un nuovo fulmine, stavolta di un azzurro brillante. Riaprendo gli occhi tenuti chiusi per concentrarsi al meglio, Volcub non fu abbastanza veloce da evitarlo, e l'attacco lo investì come un'onda di marea, attraversandogli il corpo e bruciacchiandogli il folto pelo nero. Assurdo, dato che era un Pokémon di tipo fuoco, ma vero. Stavolta era lui ad essere stato paralizzato, e seppur stanco dopo un colpo di quel genere, Pichu sorrise, e sollevando una zampina, la strinse fino a chiudere un piccolissimo pugno.
"Ce l'ho fatta!" sembrava dire, orgoglioso e trionfante.
"Bravissimo!" gli disse Julie, tanto sorpresa quanto felice.
Bersaglio centrato o meno, però, la loro felicità ebbe vita breve, poiché assorbito lo shock iniziale, il Pokémon avversario era di nuovo in piedi. Stanco, ferito e ammaccato, ma in piedi.  Lo scontro era ancora aperto, e topo e cucciolo si guardavano. Entrambi respiravano a fatica, e fra i due, Pichu ancora soffriva per la ferita alla zampa. Grazie al cielo aveva schivato e contrattaccato più del nemico, ma lo sforzo era più che visibile. Deciso a vincere, il lupacchiotto ringhiò debolmente, e nonostante la distanza, fece un ultimo tentativo. Incalzato dall'allenatrice, sferrò un Braciere, e subito tante piccole sfere di fuoco si diressero verso il Pichu. Non più spaventato, stavolta il piccoletto fu pronto a reagire, e in un istante, evocò una Protezione per difendersi. Fu questione di un momento, e uno scudo lo avvolse completamente. Di lì a poco, quella pioggia di fuoco si dissolse contro lo scudo, che scheggiandosi, si infranse a sua volta. Scoprendosi pari, i Pokémon rimasero immobili a fissarsi, attendendo ognuno la mossa dell'altro, finché all'improvviso, quattro zampe cedettero. Il primo round era finito.
"Volcub non è più in grado di continuare" disse una voce da un altoparlante.
Non era umana ma robotica, dato che Julie aveva fatto installare quella di un Rotom, anziché ingaggiare un vero arbitro.
"Ritorna, Pichu, va a riposare" disse poco dopo Julie, ritirando l'amico topo dalla lotta.
"Pichu pi" disse soltanto quest'ultimo, per poi annuire e farsi da parte. Camminando lentamente, raggiunse gli spalti, unendosi così agli altri Pokémon della giovane. Fra i tanti, Munna, Espurr e Glameow erano lì con Eva, e tirando lievemente una manica della sua maglietta, sperò di essere preso in braccio.
"Vieni pure, piccoletto. Guardiamo Julie, d'accordo?" fece lei, sorridendogli e accarezzandogli la testolina gialla.
"Pi" si limitò a risponderle, per poi scivolare nel silenzio.
Intanto, sempre sul campo di battaglia, le due sfidanti si preparavano a schierare altre due creature.
"Scegli pure, Ariana" concesse Julie, curiosa di sapere chi avrebbe fatto uscire dalla Pokéball. Nel round precedente era stata lei la prima a scegliere, quindi era più che giusto.
"Va bene, Julie, ma preparati" l'avvisò, sul volto solo l'ombra di un sorriso.
Detto ciò, la ragazza frugò nella sua borsa alla ricerca della Pokèball perfetta, e poco dopo, eccola. Apparentemente anonima e uguale alle altre, ma lei lo sapeva, diversa.
"Riolu, inizia la lotta!" dichiarò, lanciandola verso terra.
Fu quindi questione di attimi, allo scadere dei quali, le ormai solite scintille bluette rivelarono il secondo avversario di Julie. Simile a un cane antropomorfo, proprio Riolu, abile nell'arte della lotta, esattamente il tipo a cui apparteneva. Incuriosita, Julie pensò di estrarre il suo Pokèdex per analizzarlo prima di battersi, ma poi si fermò. Che stava facendo? Era contro le regole di una battaglia come quella. Nervosa, si sforzò di fare mente locale, poi ricordò.
Riolu... non ne ho mai affrontato uno prima. Dovrò impegnarmi, ma cosa funziona meglio della forza bruta? pensò e pensò, ma per sua sfortuna, niente. Solo bianco e silenzio, e proprio ora che le serviva, nemmeno uno straccio di idea. Doveva decidersi, e in fretta, o Ariana avrebbe pensato che si fosse arresa. Un secondo, due, tre, poi cinque e perfino dieci, e torturandosi mente e membra, finalmente capì.
Certo! Il cervello!” si disse, sorridendo a se stessa. Così, improvvisamente più fiduciosa, si preparò a lanciare la sua, di Pokéball.
"Meowstic, scelgo te!" quasi urlò, alzando la voce per farsi sentire.
Rispondendo a quella sorta di richiamo, il Pokémon lottò per uscire dalla sfera, scrollandosi di dosso quelle fastidiose scintille colorate. Con calma e compostezza, proprio come tutti i felini che si rispettassero.
"Ti attieni ai gatti, eh, Julie? Mi faranno anche paura, ma io preferisco i cani" scherzò la ragazza, scambiandosi con il caro Riolu uno sguardo colmo d'eloquenza.
"Ti rispetto, Ari ma sfida mia, regole mie. Iniziamo!" rispose l'altra, desiderosa di cominciare.
Non era agguerrita come Eva, anzi molto più composta, ma ci avrebbe lavorato.
"Iniziare dici? Se proprio vuoi… Riolu, Vuotonda!"
L'ordine arrivò così, secco e improvviso. Fu allora che Julie comprese di aver sbagliato. Era stata superba, aveva sottovalutato l'avversaria, e questa ne aveva approfittato. Per sua fortuna, però, Meowstic fu più veloce, si scansò riuscì ad evitarlo in tempo. Meglio, o sarebbe partita con uno svantaggio perfino più grande. Ormai privo di un vero bersaglio, quel primo attacco andò a schiantarsi contro il muro della palestra, lasciandovi una vistosa crepa.
"Però! L'hai allenato bene!" commentò Julie, sinceramente impressionata.
"Grazie" fece Ariana, abbozzando un secondo sorriso. "Ma immagino tu abbia fatto lo stesso con Meowstic, vero?" aggiunse poco dopo, non aspettandosi che una risposta.
"Certo, e ci tengo a dimostrarlo. Forza, Meowstic, usa subito Psichico!" gridò, già pronta a vederlo in azione.
Meowstic agì all'istante e il raggio violaceo si librò nell'aria, passando attraverso le sue iridi feline. Raggiunto in pochi istanti, Riolu non ebbe modo di liberarsi, e rispettando il volere del Pokémon come dell'allenatrice, una forza invisibile lo sollevò da terra, scuotendolo come un pupazzo. Sconvolto, Riolu aveva ormai perso l'equilibrio e tentava disperatamente di liberarsi, ma purtroppo, senza successo. E Julie era felice. Chiaro era che per lei le battaglie fossero prima di tutto una fonte di divertimento, ma doveva ammettere che era bello avere il coltello dalla parte del manico.
"Riolu, non agitarti, andrà tutto bene" gli disse Ariana, che si sforzò di restare calma a sua volta.
Non era la prima volta che un allenatore utilizzava quella strategia, ma c'era da stare allerta, specie quando capitava all'improvviso. Attento, il Pokémon drizzò le orecchie, poi chiuse gli occhi, e in silenzio, attese. Deciso, Meowstic non si distrasse, e con uno sforzo, strattonò l'avversario ancora una volta.
"Lascialo andare, Meowstic, basta così" dichiarò Julie, sicura che ne avesse avuto abbastanza. Meowstic interruppe la mossa, e non più sostenuto dalla telecinesi, cadde al suolo schiantandosi come una stella.
"Visto? E quello era soltanto un assaggio" commentò Julie, come al solito orgogliosa dei suoi Pokémon.
"E che assaggio, mi hai colpita" rispose Ariana, sinceramente impressionata.
Non stava mentendo, non l'avrebbe fatto, e riducendosi al silenzio, spostò lo sguardo sul suo Riolu. Ancora indolenzito, cercava di rimettersi in piedi, e agile come al solito, ci riuscì con una sorta di salto all'indietro, degno di un vero karateka. Tornato in piedi, ringhiò leggermente, e facendo un gesto con la zampa, invitò il Meowstic ad avvicinarsi. Avevano lavorato sulla resistenza e sul combattimento corpo a corpo proprio per quello, e sempre in silenzio, Julie scrutava a suo modo la scena.
"Meowstic, possiamo farcela, attacca con Graffio, avanti!" ordinò, indicando Ariana e il suo Pokémon.
Era strano, dato che non vedeva, ma visto che sapeva dov'era, indicare le riusciva benissimo. Agile e veloce, il Pokémon non perse tempo, e sempre su due zampe, prese a correre verso il Riolu, mentre i suoi artigli si facevano sempre più duri. Così, una luce argentata li avvolse e allungò, ma nonostante il pericolo, Riolu non si mosse. Che stava succedendo? Al contrario della ragazza, confusa come non mai, restava fermo ad ascoltare il silenzio. Riolu intanto non si muoveva, e osservando a sua volta ciò che aveva intorno, Ariana sorrise. Julie e il suo Meowstic avevano evitato con successo Vuotonda, ma lo stesso non sarebbe accaduto con la prossima mossa. In più erano anche caduti nella sua trappola, quindi ora non restava che aspettare.
"Palmoforza" disse soltanto, con una calma che l'amica avrebbe unicamente potuto definire mostruosa.
"Olu!" fece il Pokémon, annuendo con decisione.
In un istante si preparò ad attaccare, corse a sua volta verso l'avversario e tenne la testa bassa, come se stesse caricando. Non appena fu abbastanza vicino da toccarlo, poi, agì. Sempre a testa bassa, schivò il graffio che rischiava di ricevere, e lento, posò la zampa sulla fronte del Meowstic. Di lì a poco, quel contatto provocò una sfera di energia azzurra come il suo pelo. La forza del colpo fece indietreggiare l'avversario, e l'esplosione che ne derivò lo investì come un'onda di marea. Il dolore dell'impatto fu straziante, e sforzandosi di restare in piedi, Meowstic scivolò per molti metri, gli artigli delle zampe che graffiavano il pavimento.
"Meow…” si lamentò, con il corpo già pieno di lividi.
Non ferite, grazie al cielo, ma pur sempre dolorosi.
"Meowstic, no! Ce la fai, piccola?" non poté evitare di chiedere, preoccupata come e forse più di prima.
Odiava vedere i suoi Pokémon soffrire, ma che poteva farci? Allenarli perché lottassero significava anche questo. L'esplosione aveva fatto i suoi danni, ma proprio come Pichu, anche lei, perché sì, era una femmina, non voleva mollare.
"Stic" fece appena, la voce bassa mentre faticava a respirare.
Era vero, il dolore aveva avuto quell'effetto, ma valeva la pena provare. Con uno sforzo che parve immane, quindi, il Pokémon felino si rialzò da terra e scosse la testa, gli occhi subito puntati verso l'avversario. Al contrario di lei, era uscito quasi indenne dall'esplosione di poco prima, e nonostante il respiro affaticato, sembrava ancora in grado di continuare. Nervose, le due sfidanti si fermarono a pensare, e dopo un tempo che nessuna delle due riuscì a definire, ecco l'idea. Fu incredibile, ma parlarono quasi all'unisono.
"Bene allora, passa a Psicoraggio!"
Un ordine perentorio come gli altri, ma non per questo dato per incutere timore. Non voleva spaventarla, solo assicurarsi che facesse del suo meglio. Velocissima, Meowstic obbedì, e un raggio a metà fra il viola e il nero attraversò la stanza, dirigendosi dritto verso il Riolu.
"Riolu, presto! Schiva e usa Doppiocalcio!"
Decisa, Ariana diede il suo, di ordine, e senza perdere un istante, partì all'attacco. Sicuro di se stesso, prese la rincorsa, e fra un passo e l'altro, non perse mai di vista il bersaglio. Non appena fu abbastanza vicino, fece esattamente ciò che gli era stato chiesto, sferrando due poderosi calci. Indebolita dai colpi precedenti, Meowstic non riuscì a scansarsi in tempo, e accusando anche quei colpi, finì a terra, ormai stremata e priva di energie. Con le lacrime agli occhi, Julie corse ad aiutarla, ma era troppo tardi. Era già svenuta, e il secondo round finito. Come prima, ad annunciarlo ci fu solo il Rotom dell'altoparlante.
"Meowstic non è più in grado di continuare."
Ancora vicina all'amica, Julie si chinò per prenderla in braccio, e ritrovata la sua sfera, premette piano il pulsante.
"Hai lottato bene, ora riposa tranquilla" le disse appena, per poi rialzarsi e tornare nel suo angolo della palestra.
Che fare adesso? Lei aveva battuto il primo Pokémon di Ariana, che a sua volta aveva battuto uno dei suoi, il che significava soltanto una cosa: parità.
Il prossimo scontro chiuderà la sfida, devo davvero difendermi, stavolta. Forse ho un'ultima speranza pensò, mettendo di nuovo mano alla borsa, già sicura riguardo quale Pokémon usare come terzo combattente.
"Ora siamo pari, Julie, abbiamo entrambe un'ultima chance" le ricordò Ariana, sorridendo ancora una volta.
Appariva felice, e fra due dita teneva la Pokéball che aveva scelto. Non l'aveva ancora lanciata, ma probabilmente conteneva il suo terzo Pokémon per quell'ultimo scontro.
"Vai prima tu?" le chiese, indecisa.
"Sì, e scelgo Espeon" ebbe appena la forza di rispondere, ancora scossa da quanto era accaduto con Meowstic.
In realtà non era nulla di grave, le sarebbe bastato riposare per qualche giorno e si sarebbe sentita meglio, ma lei era lì, aveva sentito quell'esplosione seguita dal suo verso, e ci sarebbe voluto del tempo prima che si calmasse. Chiamato in causa, il Pokémon si agitò nella sua sfera, e questa si aprì senza che Julie la sfiorasse. Tranquillo, si sedette al suo fianco, poi prese a lavarsi il muso con una zampa.
"Bene, ora che è il mio turno… Solca i cieli, Pidgeot!" gridò Ariana, lanciando in aria la sfera che lo conteneva.
Fu questione di istanti, e questa si aprì, mostrando il Pokémon. Intelligente e fiero, con le fattezze di una grande aquila. Era appena uscito dalla sfera, eppure già si librava in aria, le ali mai ferme mentre guardava il mondo da quella prospettiva. Sotto di lui, Espeon e Julie restavano in silenzio, ma all'improvviso, un suo grido squarciò l'aria. Contrariamente all'avversaria, che intanto si era coperta le orecchie, Ariana c'era più che abituata, tanto da non sentirne il bisogno. Era strano, certo, ma vero. Alzando lo sguardo, poi, si fermò ad osservarlo, e in quel momento, per lei fu come guardarsi indietro. Nella sua mente rivide il piccolo Pidgey che aveva catturato all'inizio della sua avventura, e orgogliosa, fu vicina a strofinarsi gli occhi per l'incredulità.
"Fai del tuo meglio, amico mio" gli disse, regalandogli un sorriso.
Per tutta risposta, il Pidgeot lanciò un altro grido, e poi fu il momento di iniziare, e come d'accordo, fu ancora il turno di Julie. E Ariana aspettava solo di vederla di nuovo in azione. Prima che questa potesse muoversi, però, un improvviso rumore la fece sobbalzare. Quella era la palestra dell'amica, una campionessa specializzata nei Pokémon di tipo Volante, e quando finalmente il frastuono cessò, questa annuì a se stessa più che a lei. Tutt'intorno erano apparsi torri e trespoli. E aveva senso, a pensarci, o non avrebbe scelto Pidgeot. A dirla tutta anche Julie era curiosa di vedere la sua strategia.
"Avanti, è il momento di farci valere. Espeon, iniziamo con Cozzata Zen!"
Ancora una volta, Julie fu veloce e decisa, e così il suo compagno Pokémon, che subito prese a correre verso l'avversario. Con ogni passo, la sua testa sembrò farsi più dura, brillando nel mentre di una luce violacea.
Pronta, Ariana non perse altro tempo, e veloce come un Fulmine, anche Pidgeot scese in picchiata, dritto verso Espeon in un perfetto Aeroassalto, finché i due non si scontrarono pesantemente. In breve, le due mosse si annullarono, ma più agile e leggiadro, Pidgeot fu il primo ad allontanarsi, scampando a gran parte del colpo e dei suoi danni. Colta alla sprovvista, anche Julie si ritrovò a doversi proteggere schermandosi il viso con una mano, e quasi perdendo l'equilibrio, Espeon sentì gli artigli stridere contro il pavimento. Era leggermente disorientato, ma per fortuna stava bene. Doveva reagire, o la battaglia sarebbe finita prima del previsto.
"Resistente, eh, Julie?" commentò Ariana, anche allora sinceramente impressionata.
"Esatto, e non abbiamo finito. Presto, Espeon, usa Azione!" ordinò in quel momento Julie, indicando Ariana.
A suo modo, certo, sicura che fosse esattamente davanti a lei. Un comportamento più da Eva, chiaro, ma non le importava. Aveva imparato proprio da lei, e poi era troppo divertente. Concentrato come non mai, Espeon non se lo fece ripetere, e subito partì all'attacco, con la ferma intenzione di colpire con tutte le forze. Conosceva la sua allenatrice, e le voleva troppo bene per deluderla.
"Proprio come pensavo" sussurrò Ariana, parlando con se stessa. "Raffica!" decise poi, imitando l'amica in quel gesto.
Forse esagerato e anche stupido, ma perfetto se si voleva fare un po’ di scena. Con gli occhi fissi sul nemico nonostante la distanza, Pidgeot prese a battere le ali, e subito un forte vento si alzò, sollevando polvere in tutta la stanza. Investito in pieno, Espeon faticò a restare in piedi, e improvvisamente debole, cadde a terra.
"Espeon, no! Ti prego, rialzati!" implorò Julie, protendendo una mano in avanti. Ma invano.
La battaglia era iniziata da poco, ed era vero, ma Ariana era davvero forte, e con ogni mossa, le loro chance di vittoria si riducevano. Ce l'avrebbero fatta? Avrebbero potuto ribaltare la situazione? Non lo sapevano, e mentre il vento ancora funestava entrambi, lei era così tesa da non riuscire a pensare. Così, stanco come mai si era sentito, Espeon non ebbe la forza di rialzarsi, e l'ultima cosa che vide prima di chiudere gli occhi per la paura, fu Pidgeot diretto verso di lui, nel mezzo di un potentissimo Alacciaio. L'ala che aveva intenzione di usare era diventata argentea, e ne era sicura, pesante come il metallo. Ad occhi chiusi, si preparò ad accettare il suo destino, ma all'improvviso, ricordò. Che stava facendo? Julie era lì e credeva in lui, voleva davvero arrendersi? No. Non in quel momento. Seppur debolissimo, si sforzò più che poteva, e lieve ma intenso, un raggio psichico prese vita e forma. Di punto in bianco, Pidgeot si ritrovò vicino a toccare il soffitto, e ormai privo di equilibrio, si lamentò nel tentativo di liberarsi. Per sua sfortuna, nulla parve funzionare, e nuovamente fiducioso, Espeon decise di fare un ultimo tentativo.
"Forza, Espeon, so che puoi farcela, un ultimo sforzo!" lo incoraggiò Julie, che a modo suo aveva assistito a tutta la scena.
Sempre più stanco, Espeon si sforzò di annuire, e lentamente, si preparò a sferrare il suo ultimo attacco. Una sola distrazione bastò ad annullare quello precedente, e finalmente libero, anche Pidgeot ne approfittò per attaccare di nuovo. Seguendo l'istinto e lo sguardo di Ariana, si esibì in una Beccata per cui scese in gran velocità e ad ali spiegate. Bloccato in quello stato di strano dormiveglia, Espeon non riuscì quasi a muoversi, e anche quella volta, l'istinto parlò per lui. Di lì a poco, una sfera energetica iniziò a prendere forma, colorata e iridescente, e in quel momento più grande di quanto Julie si aspettasse. A ogni modo, e all'ultimo secondo, proprio ciò che non avrebbe mai voluto scoprire. La mossa che Espeon stava preparando era Falcecannone, notoriamente dispendiosa in termini di energia, e nonostante la potenza, con un'alta possibilità di mancare il bersaglio. In altri termini, era come se la buona stella di Julie avesse smesso di sorridere, e abituato al volo e alla velocità, Pidgeot riuscì ad evitarla, lanciandosi invece nella sua Beccata, che come c'era d'aspettarsi, colpì nel segno, veloce e impietosa. Anche quell'attacco investì Espeon, esattamente come la raffica, e riverso sul fianco, non provò neanche ad alzarsi. Esausto, chiuse gli occhi, e l'altoparlante emise la sentenza.
"Espeon non è in grado di continuare. La vittoria va ad Ariana di Caeli."
Triste e sconsolata, Julie non disse una parola, e avvicinandosi a Espeon con la sua Pokéball in mano, premette il pulsante per riportarlo indietro. Respirava ancora, era solo molto stanco, il che significava che le infermiere del centro Pokémon avrebbero potuto aiutarla, e con lui anche il resto della squadra. Felice, Ariana sorrideva, e avvicinandosi di corsa, provò ad abbracciare Julie, che però, contrariamente a lei, non sembrava affatto in vena di festeggiare. Era contenta per l'amica, era chiaro, ma ogni sconfitta era sempre dolorosa. Forzando un sorriso, le strinse la mano, poi la strinse a sé.
"Complimenti, Ari" si limitò a dirle, per poi voltarsi e andar via, diretta verso gli spalti.
Lì incontro Eva, e uscite dalla palestra, le due tornarono a casa. Proprio come lei, Solosis, Munna e gli altri provarono a risollevarle il morale, e tornate alla macchina, le due amiche rimasero ferme per un po’, in silenzio. Quando l'auto partì, la capopalestra mantenne il silenzio, e con una mano sul finestrino chiuso, osservò a suo modo il panorama, con l'ombra di un sorriso a ingentilirle lo sguardo. Il viaggio verso casa sarebbe stato lungo, e sconfitta o meno, avrebbe sicuramente ricordato quella sfida ardua eppure amichevole.
   
 
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