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Autore: Cami_01    05/09/2021    1 recensioni
Odiavo farmi sottomettere, ma soprattutto odiavo il modo con cui lo faceva: scopriva i miei punti deboli e li sfruttava finché non cedessi. Avevo preso letteralmente fuoco: il caldo estivo aveva ceduto il posto a quello dell’eros, da cui, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a liberarmi. Non volevo liberarmi.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ormai, qualunque posizione assumessi, il caldo era diventato insopportabile: nonostante le persiane abbassate e il ventilatore incollato al viso, il corpo continuava ad esser imperlato di sudore, le cui gocce raggiungevano i posti più impensabili. L’unico indumento, ovvero i bermuda, si era appiccicato alla pelle, procurando un fastidio non indifferente e una sensazione di calura maggiore; la gola pareva più secca del deserto, pizzicava, e qualunque cosa le mie mani afferrassero scivolava via. La stanza oscura, con qualche sprazzo di sole gettato sulle piastrelle bianche del pavimento, emanava un’aria opprimente, soffocante, al punto tale che dovetti alzarmi mio malgrado dal sofà per dirigermi in cucina, nella speranza che il frigo offrisse qualche bevanda ghiacciata. Mi trascinai mollemente verso la cucina, i piedi lasciavano impronte bagnate che segnavano il lungo e tormentato cammino verso la speranza. Intanto l’aria sembrava farsi sempre più claustrofobica e bollente, facendo evaporare tutti i miei liquidi salini non appena fuoriuscivano dai pori. Giunto finalmente nella terra promessa, allungai la mano verso la fonte della felicità, ma, una volta aperta, non trovai il Graal bramato: della bevanda sacra nessuna traccia, soltanto qualche misera verdura e avanzi misti. Proprio quando lo sconforto e la disperazione stavano per assalirmi, le mie orecchie avvertirono un rumore simile ad un liquido che venisse inghiottito: proveniva dal lavandino. Mi girai nella direzione di quell'orribile suono e si stabilì davanti ai miei occhi una scena raccapricciante: l’ultima lattina di limonata stava venendo allegramente sorseggiata da Dirk che, con fare divertito, si dilettava della mia miserevole condizione di assetato. “Ti prego” gli dissi con voce rauca “lasciamene un sorso”, ma egli, gabbandosi della mia disperazione, tirò giù un ultimo lungo sorso e posò la lattina vuota sul ripiano. Come un cavaliere privato del premio che gli spettava di diritto, raccolsi tutte le mie forze per sferrargli un cazzotto dritto su quel muso lentigginoso: feci per colpirlo, ma mi afferrò il polso con una velocità ed una forza strabilianti e, avvicinando il suo volto al mio, mi baciò, spingendo la lingua contro le mie labbra affinché aprissi la bocca. Per quanto potessi provare a liberarmi dalla sua presa, mi arresi al suo volere e, dischiudendo le labbra, mi fece ingerire, con mia sorpresa, l’ultimo sorso del liquido bramato, il cui sapore dolciastro era diventato un miscuglio con quello della sua lingua, avvolta vorticosamente alla mia. Non saprei descrivere il modo in cui mi piacesse: chiunque ci abbia a che fare, lo descriverebbe come una persona arrogante, scorbutica, piena di sé e che gli piace attirare l’attenzione. Eppure, dietro quel suo essere sbruffone e narcisista, ho sempre sospettato ci fosse un animo insicuro quanto fragile, che avesse bisogno di qualcuno che gli stesse accanto. 

Mi abbandonai completamente a lui: l’eccitazione aumentava di bacio in bacio,  uno sfioramento e uno strusciarsi continuo l’un contro l’altro, finché, con un sussurro all’orecchio mi disse: “Voltati”. Mi fece girare di scatto, in modo tale da rivolgergli le spalle e iniziò a baciarmi dapprima le orecchie, poi il collo, procurandomi brividi di piacere. Sentivo i bermuda farsi sempre più stretti, mentre le sue mani esploravano il corpo e la sua protuberanza premeva sul mio fondoschiena. Odiavo farmi sottomettere, ma soprattutto odiavo il modo con cui lo faceva: scopriva i miei punti deboli e li sfruttava finché non cedessi. Avevo preso letteralmente fuoco: il caldo estivo aveva ceduto il posto a quello dell’eros, da cui, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a liberarmi. Non volevo liberarmi. Improvvisamente, fece scendere la mano lungo l’addome, finché non arrivò all’elastico dei bermuda. “Vedo che siamo belli carichi laggiù”, disse lui con tono soddisfatto e divertito, gli lanciai un’occhiataccia senza emettere un fiato, poiché sapevo che, se avessi provato a proferire parola, mi avrebbe strappato un ulteriore gemito, ed era una soddisfazione troppo lussuosa da concedergli. "Non hai idea di quanto mi fai eccitare, Harold" disse lui ansimante mentre continuava a premere la sua protuberanza sulle mie natiche e la sua mano mi abbassava lentamente i bermuda. Non appena avvertii il calore della sua mano sul membro, la testa iniziò a girarmi pericolosamente, le gambe tremavano e riuscivo a malapena a reggermi in piedi. Ormai era impossibile nascondere il piacere che mi procurava, così chiusi gli occhi e lasciai che Dirk mi rendesse suo. Mancava poco all’orgasmo quando istintivamente aprii gli occhi e mi resi conto che era stato tutto un sogno. Mi guardai intorno: riconobbi la camera da letto, dalle persiane penetrava la luce, il caldo era opprimente e avevo il corpo zuppo di sudore. "Eppure sembrava così reale" pensai tra me. Feci per alzarmi quando sentii le mutande incredibilmente fradice: tolsi il lenzuolo e notai un’enorme macchia scura estendersi fino all’inguine, con alcune gocce biancastre che fuoriuscivano dal tessuto, mentre la protuberanza andava via via scomparendo. C’era soltanto una parola che potesse ben commentare l’accaduto: “Merda”.           
   
 
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