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Autore: ShanaStoryteller    07/09/2021    0 recensioni
[La Sirenetta]
La sirenetta è cresciuta.
Ma prendere il posto della strega del mare e diventare regina dettando le sue condizioni non era il modo in cui intendeva farlo.
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Traduzione | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Tuyet si era dimenticata di essersi innamorata del principe Elias quando l’aveva salvato dai flutti, si era dimenticata di quel tenero sentimento affatto materno che aveva provato quando aveva guardato le sue labbra morsicate, sentendo il peso della sua testa sulla spalla.

Ora che lo vedeva vestito con la divisa cerimoniale da capitano, spada al fianco e una corona sul capo, che la aspettava in uno dei tanti salottini, si ricordò, improvvisamente, che un tempo non voleva solo possederlo, ma essere posseduta a sua volta. “Mantenete l’equilibrio.” Borbottò Darius alle sue spalle, e lei gli lanciò un’occhiataccia, ma l’uomo non guardava lei, teneva lo sguardo fisso davanti a sé, conducendola al fianco di Elias.

“Principessa Tuyet.” La salutò Elias, porgendole il braccio. “Va tutto bene? Come state?”

Quella domanda la confuse, ma Darius rispose: “Non è abituata alle scarpe, vostra altezza.”

“Ah,” disse lui, facendo scivolare lo sguardo verso il basso, “non ci si può fare niente, immagino.”

Ora era Darius quello confuso, e Tuyet desiderò di poter pestare il piede di Elias senza che nessuno la notasse. Il principe sapeva che era una sirena, che fino a poco tempo prima non aveva mai camminato su due gambe, senza contare con scarpe complesse come quelle, ma gli altri no e Tuyet intendeva mantenere tale la situazione. “Dove sono tutti?” Domandò, prendendo il braccio di Elias per tenersi salda. “Avremo bisogno di testimoni.”

Elias rise e Darius si incamminò verso una grande porta a vetri che dava sul terrazzo. Notò una donna lì in piedi vestita interamente di nero col capo coperto e Tuyet si domandò se sarebbero andati tutti insieme alla cerimonia. Darius aprì la porta e Elias la incoraggiò ad avanzare; e Tuyet per poco non inciampò alla cacofonia di urla e grida che entrò dalle porte aperte. Si avvicinarono al bordo della terrazza. Nel cortile del palazzo sembrava che si fosse radunata ogni persona dell’isola, sventolando bandiere ed esultando, nobili schiacciati contro popolani, tirandosi gomitate a vicenda nell’emozione generale.

“Un matrimonio a cui non assiste anche il popolo non è un matrimonio.” Le mormorò Elias. “Immagino che i miei antenati abbiano celebrato fin troppi matrimoni segreti ai danni del regno.”

“Oh.” Disse, guardando il mare di gente, la sua gente ora, che aveva giurato di proteggere e di cui si sarebbe presa cura a ogni costo.

Era giusto. Aveva abbastanza esperienza quando si trattava di prezzi da pagare.

La donna in nero fece un passo avanti e, quando parlò, quello sciame di persone si acquietò, anche se non del tutto. Perfino così, la sua voce si levò chiara e forte perché la sentissero tutti, trasportata più lontano di quello che Tuyet pensava fosse possibile, e non riuscì a trattenere una fitta di sospetto. La magia non esisteva esclusivamente al di sotto del mare, dopotutto, ma se i poteri di quella donna si limitavano a rendere la sua voce squillante come una campana, allora si trattava di un tipo di magia che rientrava nei poteri di un praticante occasionale. O forse i suoi poteri era conosciuta ed era per quello che officiava il matrimonio del suo principe.

“Volete voi prendere questa donna come vostra moglie?” Chiese ad Elias, e Tuyet smise di rimuginare per concentrarsi su quello che stava accadendo.

“Lo voglio.” Disse Elias con convinzione. La sua voce non squillò nello stesso modo di quella di lei.

“Volete voi prendere quest’uomo come vostro marito?” Le chiese.

Era un uso molto superficiale della sua magia, ma infuse un po’ di chiarezza e volume nella sua voce quando rispose: “Lo voglio.”

Se la donna si era accorta di qualcosa di strano, non lo mostrò. “Allora per il potere conferitomi dalla luna e dal mare, vi dichiaro marito e moglie.”

Se aveva detto qualcosa sul baciare la sposa, Tuyet non riuscì a sentirla sopra il fragore della sua gente e, anche se l’avesse detto, non c’era tempo. Darius si fece avanti di nuovo, solo che quella volta reggeva un vassoio cesellato con sopra due corone, più grandi e decorate di qualunque corona avesse mai portato un principe o una principessa, incastonate di grandi e pesanti gemme su tutta la superficie disponibile.

Darius rimosse il cerchio dal capo di Elias e lo sostituì con la corona da re. Poi, prese la corona da regina e la posò sul capo di Tuyet. Era pesante e la impacciava, ma lo ignorò e si voltò con Elias per salutare e guardare il suo popolo, sforzandosi per scorgere Riley o Fiona tra la folla, ma incapace di riconoscerle.

Incontrò lo sguardo frastornato di Elias e, insieme, fecero il loro primo passo come re Elias e regina Tuyet.

***

I festeggiamenti durarono fino a notte fonda, sia fuori che dentro il castello. Tuyet non riusciva a ubriacarsi a meno di volerlo; dunque, bevve tanto quanto suo marito per tutta la notte e rise allo stupore o ai commenti genuinamente sorpresi su quanto reggesse bene l’alcol.

Finirono per stuzzicarli a lasciare il banchetto ed Elias inciampò, rovinando addosso a Tuyet. Sarebbe riuscita a prenderlo senza problemi se non avesse avuto addosso quelle ridicole scarpe, ma le indossava; quindi, si rassegnò a cadere in uno spiacevole cumulo sul pavimento.

Darius, che era rimasto alle loro spalle per tutta la serata, li afferrò entrambi per la vita, tenendoli in piedi. “Ti ringrazio.” Disse lei, sistemandosi la corona sul capo.

Lui si limitò ad annuire e si allontanò. Tuyet si era ricomposta, ma Elias no e ondeggiò pericolosamente finché Darius non tornò per mantenerlo fermo in piedi.

“Tutto questo è ridicolo.” Sospirò lei, e si chinò per tirare su il vestito con uno strattone, calciando via i tacchi. Li prese con una mano e tenne sollevato il vestito poco sopra i piedi per non inciampare. “Darius, portalo nelle sue stanze, ti dispiace?”

Lui si pietrificò, comunicandole in modo molto chiaro con il volto che non voleva farlo. Quando lei si limitò a inarcare un sopracciglio, le rivolse un’occhiataccia e disse a denti stretti: “Vostra maestà, sarebbe inappropriato.”

Lei sollevò le scarpe. “Bene. Allora portami queste e io porterò mio marito.”

L’assemblea di nobili proruppe in una risata generale. Il solo pensiero di quella scena doveva sembrargli terribilmente divertente dato che era una ragazza minuta ma, forma mortale o meno, era abbastanza forte da portare Elias a letto da sola. Darius aggrottò la fronte, come se sapesse che l’avrebbe fatto davvero, e poi disse: “Certo, vostra maestà.”

Esitò, ma quando lei inarcò un sopracciglio prese Elias tra le braccia come una sposa. Il re era fin troppo ubriaco per biascicare qualunque tipo di protesta e la risata roboante dei loro ospiti, altrettanto ubriachi, fu quasi assordante. Lei annuì con eleganza e si incamminò lungo il corridoio. Darius la seguiva a qualche passo di distanza, ma quando presero le scale per allontanarsi dal salone principale, Tuyet disse: “Finalmente! Aspetta.” E si tolse la corona per poi sporgersi senza pensarci troppo e togliere con delicatezza anche la corona di Elias. Non aveva idea di come fosse ancora al suo posto visto come si era dimenato, ma forse era solo perché la sua corona era stata fatta su misura mentre non c’era stato tempo per fare lo stesso con la sua. Sperava che fosse quello il motivo, altrimenti avrebbe finito per usare un po’ della sua preziosa magia per tenere quella maledetta trappola sulla testa. “È andata bene, no?”

Darius la guardò storto.

“Oh, suvvia, non ti aspetterai davvero che segua tutte quelle stupide regole, no?” Gli domandò.

Lui continuò a guardare Elias, piccato. Il tutto sarebbe stato più suggestivo se il re non si fosse addormentato per davvero nel poco tempo in cui avevano lasciato il salone principale, accoccolandosi contro il petto di Darius come un bambino.

“Ti ho già detto che voglio sbarazzarmi di questa stupida etichetta.” Lo informò. “Come possono pretendere che non parli con chi mi circonda? Sii ragionevole.”

Lui sospirò, arrendendosi, e la sconfitta era l’espressione che Tuyet più preferiva su di lui. “Regina Tuyet, ve ne prego. Se aveste bisogno di qualcosa da un servitore, chiedete alle vostre dame.”

“Le mie cosa?” Gli domandò atona, continuando a camminare verso le stanze di Elias ora che Darius le parlava di nuovo.

“Un gruppo ristretto di nobildonne che vi assista e sostenga.” Spiegò lui. “Dato che non avete ancora alcun tipo di conoscenza qui, dovreste fare particolare attenzione nella vostra scelta. Innanzitutto, ne parlerei con il re per chiedere una sua opinione.”

Tuyet fece del suo meglio per non fare una smorfia. Sembrava solo un gruppo di donne che le avrebbe messo i bastoni tra le ruote. “Bene. Scelgo Riley, allora.”

“Nobildonne.” Ripeté lui. “Riley è la figlia di una sarta.”

Oh, maledizione. Era così difficile tenerlo a mente. Nell’oceano, la famiglia reale era l’unica forte abbastanza da nuotare abbastanza in profondità da raggiungere il palazzo, dunque tutti i suoi servitori erano anche suoi cugini e cugine. Il che significava che, nonostante le servissero i pasti e le spazzolassero i capelli, la disparità che c’era tra loro non era poi così grande. Erano la sua famiglia, dopotutto, e, anche se lei era una principessa, erano tutti di sangue reale. Lassù, però, le cose erano diverse e non tutti coloro che si trovavano a palazzo erano suoi eguali, ma era difficile ricordarselo. Fuori da palazzo lei rappresentava suo padre e, dunque, c’era un limite ai guai che poteva causare e la violenza era fuori questione, anche se si considerava talmente superiore ai propri sudditi che simili cose le erano sembrate accettabili; mentre il resto del suo tempo lo trascorreva nel castello, con persone che quasi la eguagliavano in potere e sangue. Eppure, nel mondo dei mortali era diverso; lì la classe aveva un’importanza che nel suo regno non aveva e, anche se poteva adeguarsi all’idea, non era sicura di volerlo. “Ebbene, mi sembra ridicolo. Ci sono nobildonne che sanno combattere?”

Per poco lui non inciampò, il che la preoccupò più del solito perché stava trasportando suo marito. “Intendete prendere parte a molti combattimenti, vostra maestà?”

Ovviamente. Era quello che Elias aveva comprato con il suo bacio, con il suo regno. “Forse. Dunque?”

Lui rimase in silenzio fino a quando non furono quasi di fronte alla porta delle stanze di Elias e poi: “Chiederò.” Per poi ritornare stoico e ridicolo una volta che furono vicini alle guardie appostate fuori dalle stanze del re.

I volti delle guardie rimasero impassibili anche di fronte al quadretto ridicolo che dovettero trovarsi di fronte e si limitarono a fare un inchino col capo, aprendo loro le porte per poi richiuderle una volta che furono entrati. Darius depose con delicatezza Elias sul letto, dopodiché sembrò abbastanza confuso sul da farsi. “Mi accompagni alle mie stanze?” Gli domandò lei, anche solo per offrirgli qualcosa da fare.

Lui sbatté le palpebre. “Alle vostre- non intendete rimanere qui?”

Cosa. “Cosa?”

“Con il re- per, uh,” arrossì, “consumare il vostro matrimonio.”

Oh.

Giusto.

Se ne era dimenticata.

Si schiarì la gola e indicò il letto. “Ti sembra che sia in grado di consumare alcunché questa notte?”

Darius fece una smorfia. “No, però, vostra maestà, non darete una bella impressione se non trascorrerete la notte insieme.”

“Immagino di poter dormire qui.” Disse lei, guardandosi meglio intorno ora che suo marito era arrivato a destinazione. Era una stanza pulita e ordinata, eccezion fatta per una vera e propria torre di libri e contenitori di pergamene che era cresciuta a tal punto da strabordare da una grande scrivania decorata, spandendosi sul pavimento. “Non con questo vestito, però.”

Lui rise e disse: “Buonanotte, regina Tuyet.”

“Buonanotte.” Disse lei. Si diresse a passo di marcia verso l’armadio di suo marito e le ci volle mezzo secondo per tirarne fuori una lunga tunica, perfetta da usare per la notte. Le sembrò un’idea geniale fino a quando non cercò di sgusciare fuori dal suo vestito e questo non si mosse di un millimetro. Sbirciò da dietro la spalla e vide Darius con la porta aperta che faceva per andarsene. “Darius, aspetta! Aiutami a togliere questo vestito!”

Lui si fermò, il che era un bene, ma nemmeno rientrò nella stanza, il che non era poi così bene.

“Darius!” Ripeté lei, sentendo un lampo di irritazione che soffocò alacremente. Era una regina, non avrebbe dovuto ripetersi.

Le spalle di Darius si alzarono fino a toccare le orecchie, ma l’uomo arretrò di un passo e richiuse lentamente la porta. Il suo volto era di un rosso acceso quando si voltò. “Vostra maestà. Era davvero necessario?”

“Non posso dormire con questo addosso.” Disse lei con quello che riteneva essere un tono di voce ragionevole. Poi si voltò. “Come si toglie?”

Lui non accennò a muoversi e mancò poco che Tuyet non sbottasse di nuovo, ma Darius sospirò e le si avvicinò. Sentì le dita di lui sfiorarle il collo mentre l’uomo iniziava a sbottonare i numerosi bottoni del retro del vestito. Cetus strisciò lungo il tavolino da toilette del principe in forma di un cobra argentato e si accoccolò vicino alla brocca d’acqua. L’aveva lasciato nella sua stanza quella mattina, ma non era sorpresa del fatto che non ci fosse rimasto. Darius si fermò, ma non disse nulla in merito; come se fosse perfettamente normale per una regina tenere un animale simile nelle stanze di suo marito. Forse lo era. Non sapeva poi molto su come si comportassero le regine umane. Forse tutte avevano un serpente che adornava la loro toilette. Finalmente il vestito si afflosciò, scivolandole lungo i fianchi, e Darius premette una mano sul retro del corsetto. “Questo riuscite a toglierlo da sola, giusto?” Lei gli lanciò un’occhiataccia da dietro la spalla. Lui annuì, evitando il suo sguardo. “D’accordo. Va bene.”

“Sono solo vestiti.” Disse lei, costringendosi a pronunciare quelle parole con calma e pazienza. “E poi non dovresti essere la mia guardia del corpo?”

“Qualcosa del genere.” Disse lui, e lei alzò gli occhi al cielo. Comunque, Darius tirò e strattonò i lunghi lacci del corpetto che le correvano lungo la schiena fino a quando non li allentò, permettendole di tornare respirare con facilità. Tuyet espanse la cassa toracica per ingoiare una lunga boccata d’aria.

Sganciò le chiusure sul davanti in modo che il corpetto le scivolasse via di dosso e sgusciò fuori dal resto del vestito, scostandolo da lei. Quando si voltò, Darius stava sia guardando il soffitto che coprendosi gli occhi con una mano. Sarebbe stato carino se non fosse stato ridicolo. Tuyet alzò gli occhi al cielo e si infilò la tunica di Elias. “Adesso puoi guardare.”

Lui sbirciò da dietro le dita e le richiuse di nuovo. “Non dovrei proprio vedervi in questo stato, vostra maestà.”

Il suo matrimonio ne avrebbe risentito se avesse picchiato la sua guardia del corpo per averla fatta innervosire. “Ti ringrazio per il tuo aiuto, Darius. Sei congedato.”

“Vi ringrazio, regina Tuyet.” Rispose lui, e lei si sentì leggermente insultata da quanto sembrasse sollevato.

Però era anche vero che Darius finì a sbattere contro un muro mentre se ne andava perché si rifiutava di aprire gli occhi; quindi, Tuyet finì col ridere mentre lui apriva la porta e sguisciava fuori dalla stanza.

Quando la porta si richiuse alle sue spalle, rimasero solo lei ed Elias e la quiete della stanza. Si sedette alla toilette e Cetus chiuse pigramente gli occhi. Per quella parte poteva cavarsela da sola, dopotutto. Ripulì il carbone che le rifiniva gli occhi e sfilò gli spilloni dall’acconciatura per sciogliere lo chignon che le aveva fatto Riley, sentendo sorgere una leggera emicrania ora che non era più concentrata sui capelli così tirati da tenderle la pelle del volto.  Elias non aveva un pettine nella sua toilette, quindi Tuyet si passò le dita tra i capelli, sciogliendo i pochi nodi che si erano subdolamente formati da quella mattina.

Ora non aveva altro da fare se non andare a dormire.

Si avvicinò al letto e, osservando suo marito addormentato, la colpì il pensiero che forse nemmeno lui avrebbe voluto dormire con quei vestiti addosso, con la giacca riccamente decorata e tutto il resto. Per prima cosa gli sfilò le scarpe, poi la giacca, tirandolo su a sedere per togliergliela con facilità, spogliandolo lentamente degli strati del suo rango fino a quando non fu in mutande e sottoveste. Ci mancò poco che si svegliasse più di una volta nel mentre, borbottando e aprendo a malapena gli occhi per poi abbassare di nuovo le palpebre. Tuyet scostò le coperte, sollevando Elias quanto bastava per sfilare le coperte da sotto di lui, e si infilò nel letto, rimboccando le coperte a entrambi. Il letto era grande più che abbastanza per due persone, avrebbe potuto invitare Darius a dormire con loro e ci sarebbe stato ancora posto, quindi si aspettava che non avrebbe notato la sua presenza più di tanto.

Era raggomitolata lontano da lui e stava per addormentarsi, ma sentì il suo braccio cingerle il fianco e all’improvviso era sveglia. Elias sapeva che lei era una strega del mare, non era certo così stupido da-

“Ehi,” disse lui, in quello che sembrava pensasse essere un sussurro, ma che non lo era affatto, “ehi! Noi- sei- il mio regno è tuo, ora.”

“Sì.” Disse lei, e non si mosse per guardarlo né fece alcunché per impedirgli di avvicinarsi a lei quanto bastava da poggiarle il mento sulla spalla.

“Lo salverai, non è vero?” Le domandò. “Me l’hai promesso. Se te l’avessi dato, l’avresti tenuto al sicuro.”

“Sì,” concordò lei, sentendosi a disagio per quella conversazione senza sapere bene il perché, “certo. Hai pagato il tributo.”

“Giusto.” Asserì lui, più piano. Poi: “Sarà- stanotte? Lo farai stanotte?”

Come se sbrogliare il suo regno da quel ginepraio di guerra fosse semplice quanto schioccare le dita. Ma Elias era ubriaco e disperato e talmente caldo contro la sua schiena che non l’avrebbe sgridato per quello. “Non questa notte, no.”

“Oh.” Rimase in silenzio per un momento. “Va bene.”

Tuyet avrebbe voluto fargli altre domande, ma lui affondò il volto nei suoi capelli e prese a russare piano vicino al suo orecchio. Lei gli scostò il capo in modo che non le stesse troppo vicino, ma la presa di lui era così salda sulla sua vita che avrebbe dovuto svegliarlo per smuoverlo e, dopotutto, non stava così scomoda. Quindi optò per chiudere gli occhi, ascoltando le onde dell’oceano al di fuori della sua finestra, e scivolò nel sonno.

***

Se Elias fu sorpreso di ritrovarsela nel letto il mattino seguente non lo diede a vedere, e aprì lentamente gli occhi, sorridendole quando la scoprì a fissarlo invece di renderle le cose difficili come Tuyet si aspettava che facesse.

“Bene.” Disse lei, scendendo dal letto e mettendosi in piedi. “Mostrami la tua flotta.”

Lui si mise a sedere e si strofinò gli occhi. “Possiamo fare colazione prima?”

“Sei un re,” gli rispose lei, “sono certa che sai mangiare e camminare insieme.”

Lui si trascinò fuori dal letto e si tolse la maglia, lasciandola cadere a terra, per poi frugare nel suo armadio. Tuyet si godette la vista della sua schiena nuda e tonica. “Va bene. Ma dovremmo vestirci, almeno.”

Stava dedicando fin troppa attenzione a due camicie dello stesso identico colore e la cosa la turbava. Non l’aveva mai visto incline a quelle vanità prima di allora, sebbene il tempo che avesse trascorso con lui poteva essere misurato più in ore che in giorni. Portò il braccio vicino al pavimento in modo che Cetus potesse arrotolarsi attorno al suo polso, ancora una volta così piccolo da sembrare niente più che un braccialetto a un occhio poco attento. “Se non sei vestito al mio ritorno ti trascinerò mezzo nudo di fronte a tutti i tuoi sudditi.”

“I nostri sudditi.” La corresse lui, e Tuyet sentì una vampata di calore risalirle la schiena. “È la prima volta che mi vedranno come re e non vestito per il mio matrimonio.”

Non capiva perché mai gli sarebbe dovuto importare cosa indossasse il loro re fintantoché non gironzolasse vestito di stracci, ma era lungi dall’essere un’esperta di costumi sociali degli umani, quindi si limitò a dire: “Non cambia quello che ho detto.” Per poi aprire la porta e dirigersi verso le sue stanze. “Darius.” Disse, sorpresa, chiudendo la porta. “Cosa ci fai qui?”

C’era due guardie fuori dalle stanze di Elias, diverse da quelle che c’erano la scorsa notte, ma c’era anche Darius, in piedi e in silenzio come gli altri. Non cambiò espressione in alcun modo e Tuyet recepì il messaggio forte e chiaro, dicendo: “Va bene, vieni con me e rimani fuori dalle mie stanze mentre mi vesto, poi io e Elias andremo al cantiere navale.”

Fece quanto gli aveva chiesto senza che dovesse ripetersi due volte, il che sarebbe stata una piacevole novità se, appena fuori dalla portata di orecchie indiscrete, non avesse detto: “Non dovreste vagare per i corridoi senza vestiti.”

“Sto indossando dei vestiti.” Disse lei, tirando un pochino il bordo della tunica che aveva preso in prestito. “E perché questi corridoi sono sempre così vuoti? E perché i quartieri del re e della regina sono così distanti tra loro? Camminare da un’ala all’altra del castello ogni volta che voglio vedere mio marito non mi sembra molto pratico.”

“I servitori non devono essere visti né sentiti.” Disse, il che non era altro che un’altra regola irritante e inutile. Le sembrava anche improbabile. Che i servitori avessero le loro porte e corridoi? “Sua maestà al momento risiede nelle stanze adibite agli eredi della corona, mentre al vostro arrivo ha richiesto che veniste sistemata nelle stanze della regina. Gli alloggi del re si trovano di fronte ai vostri.  Gli averi del re verranno trasferiti e le sue precedenti stanze pulite e chiuse a chiave fino a quando non ne avrete bisogno.”

Le ci volle un momento per comprendere che Darius si riferiva a un ipotetico bambino che lei ed Elias avrebbero avuto e scacciò quel pensiero prima ancora di iniziare a fantasticare. Anche se, per dirla senza mezzi termini, dividevano il letto, se ne sarebbe andata molto prima di poter generare un erede. Ma non avrebbe comunque voluto tenere i suoi figli in un’ala separata del castello. “Oh. Capisco. Mi aspetterai fuori dalla porta o mi vuoi svestire di nuovo?”

Gli ci volle un secondo, fissandola a bocca aperta, per capire che lo stava prendendo in giro. “Vostra maestà,” disse con aria di disapprovazione, “non è affatto gentile da parte sua.”

“Non ho mai detto di esserlo.” Disse lei, allegra, per poi chiudergli la porta in faccia.

Desiderava molto farsi un bagno, mettersi in ammollo nell’acqua calda e sonnecchiare nella luce del sole che filtrava dalla finestra, ma per quanto idillico fosse quel pensiero, aveva del lavoro da fare. Dunque, si strofinò in fretta con un panno giusto per rendersi presentabile e si raccolse i capelli in uno chignon raffazzonato, che non le venne bene quanto quello che le aveva fatto Riley il giorno prima.

Si mise uno dei vestiti che aveva modificato il giorno prima. Il bustino era rigido ma non la stritolava, e la gonna aveva degli spacchi fino alla coscia. Si infilò un paio di leggings leggeri e degli stivali di pelle senza tacco. Il risultato era un abbigliamento bello, con cui poteva anche correre e combattere. Anche solo le gambe erano qualcosa di abbastanza nuovo e confusionario per lei senza doverci aggiungere eventuali costrizioni. Il corpetto era rimasto quasi lo stesso, ma senza alcuni dei ricami concentrati sulle spalle che le impedivano i movimenti.

Bussarono alla porta e Tuyet aprì, ritrovandosi davanti Elias, che indossava un completo perfettamente abbinato di velluto blu e la corona del re sul capo. Teneva la corona di lei tra le mani. “Buongiorno, Tuyet.” Disse, ma non la guardò in volto, concentrato com’era sul suo abbigliamento, sul modo in cui aveva modificato i vestiti della sua defunta madre. Per un momento, Tuyet pensò di aver commesso uno sbaglio, che forse avrebbe dovuto sprecare energia per evocare dei nuovi abiti o mendicare da Fiona dei vestiti inutilizzati sui cui sperimentare. Poi, però, Elias sorrise e Tuyet pensò che fosse addirittura sollevato. “Hai dimenticato la tua corona.”

Lei fece una smorfia, prendendola dalle sue mani. “C’è qualcuno a cui possiamo farla regolare? Non mi sta molto bene.” Sarebbe stato molto, molto più semplice per lei aggiustarsela da sola, ma dovette nuovamente ricordare a se stessa che sarebbe stato più saggio conservare i suoi poteri per cose di cui avrebbe avuto davvero bisogno e non per cose come assicurarsi che la propria corona le calzasse bene.

“Certo.” Disse lui. “Andiamo.”

Darius e una guardia che non riconobbe li seguirono per gli anfratti del castello, e Tuyet fece del suo meglio per ignorare gli sguardi che la seguivano ovunque. Era un volto nuovo e la loro regina, il che era interessante abbastanza da far sì che i loro sguardi l’avrebbero seguita per molto tempo, dunque avrebbe fatto bene ad abituarcisi. Elias la presentò a una donna con gli occhi sporgenti e un’indomabile chioma argentea di nome Priya, che prese in carico la corona e le disse: “Sì, certo, guardatela, non può andarle bene.” Con uno strattone aprì un mobiletto pieno di gioielli inestimabili, ficcandoci dentro la corona come se fosse stata un piatto di poco conto, e aprì una serie di cassetti altrettanto pieni di diamanti e rubini luccicanti per poi voltarsi con aria trionfante con una corona d’argento senza guglie aguzze né pietre giganti, bensì incastonata di gruppi di minuscoli diamanti.

“Non credo che sia appropriata al suo rango.” Esordì Elias.

Tuyet sventolò una mano, interrompendolo, e fece un passo avanti. Laggiù vedeva solo a lume di candela, ma sembrava che la corona brillasse anche solo grazie a quella luce. “È bellissima.”

Priya le sorrise e sollevò la corona, aspettando che Tuyet si chinasse a sufficienza per posargliela sul capo. A differenza dell’altra, quella le stava alla perfezione. L’argento si scaldò subito a contatto con la pelle ed era talmente leggera che notava appena la sua presenza.

“Speravo che potessi fare qualcosa per aggiustare l’altra.” Disse Elias.

Priya scosse il capo. Qualunque remora avessero tutti in quel castello di offendere un reale, sembrava che lei non la condividesse. “Questa è più adatta. C’è altro, vostre maestà?”

“No.” Disse Tuyet, passando il braccio attorno a quello di Elias prima che lui potesse smentirla. “Ti ringrazio.”

Priya fece loro un inchino distratto e tornò a lavoro, sedendosi a un tavolo zeppo di smeraldi e portando una lente di ingrandimento all’occhio. Sembrava che fossero spariti per lei.

Elias teneva le sopracciglia aggrottate, ma Tuyet lo trascinò via. “Il cantiere navale.” Gli ricordò, perché era lì per un motivo.

“Giusto.” Disse lui. “Perché ci vuoi andare?”

“Per vederne lo stato, ovviamente.” Disse lei. “Siamo in guerra. Di quante navi disponiamo? Di quanti uomini e donne per governarle? In che stato è la nostra armeria? Si tratta di navi da guerra che possono sopportare un paio di scontri oppure di navi mercantili armate alla buona con poche possibilità di ritorno? Immagino che qualcuno abbia tenuto un registro degli attacchi, inclusa la loro frequenza e il danno che hanno causato.”

Elias sembrava sconvolto, come le guardie, anche se pensò che non lo fossero per lo stesso motivo. Darius e l’altra guardia erano sconvolti perché si aspettavano che lei fosse niente più che una semplice sposa ed Elias perché probabilmente non si aspettava che lei volesse vincere quella guerra con la strategia. Ma non aveva altra scelta. Non poteva vincere quella guerra con un incantesimo, non possedeva quel tipo di magia. Avrebbe potuto evocare una tempesta per affondare future incursioni, ma se non avessero combattuto la radice del problema, se non avessero dato mostra di una forte potenza militare, non importava quante navi avrebbe affondato. Non poteva rimanere per sempre, dunque aveva bisogno che quel regno diventasse forte abbastanza da non necessitare i miracoli di una strega del mare. Soprattutto perché la prossima che avrebbero potuto evocare non sarebbe stata gentile quanto lei.

“Circa trecento navi,” rispose lui, “un misto di quanto hai detto prima. La nostra marina militare consta di poco più di ventimila soldati pronti a combattere, e altrettanti in ruoli di sostegno, come cuochi ad esempio. Anche loro sono addestrati a combattere, ma non conterei sul fatto che possano durare a lungo in battaglia.”

Non una forza considerevole, da quanto aveva osservato nuotando lungo le coste, ma neppure un niente. Avrebbe dovuto essere sufficiente contro gli attacchi pirata, anche se sembrava che ogni pirata della zona avesse deciso di prendersela con un’isola di cui non gli era importato nulla fino a quel momento. Capire la causa di quanto accadeva le avrebbe permesso di capire come fermarli con più facilità, ma non poteva semplicemente afferrare un pirata e chiederglielo.

Beh. A dirla tutta…

Avrebbe potuto, certo, non era particolarmente difficile trovare pirati nell’oceano e usare la magia quando era nella sua forma originaria le veniva più semplice che farlo quando cercava di mantenere una forma umana. Gli incantesimi della verità non le costavano molto, erano uno dei pochi servizi che offriva come strega del mare che non richiedevano qualche atrocità per essere eseguiti e non c’era motivo di non usarli su un paio di pirati.

“Tuyet?” La spronò Elias quando lei rimase in silenzio.

Lei rispose anche se era per metà concentrata sul suo piano di sgattaiolare via nel mare quella notte per cercare qualcuno di utile. “E quante di queste navi ti sono state fornite dai tuoi alleati?”

“Nessuna.” Rispose lui, e l’occhiataccia che gli rivolse lei in risposta fu sufficiente a far indietreggiare di mezzo passo la guardia di Elias, che si sbrigò a rimettersi al passo, ricordandosi dei suoi doveri. Elias non se ne accorse e Tuyet non gliel’avrebbe certo fatto notare, ma Darius rivolse all’uomo uno sguardo di disapprovazione. “I miei genitori non ne avevano fatto richiesta e, in seguito, io non ero ancora re, mentre i trattati dispongono che questi siano validi solo tra monarchi, non tra regni.”

Tuyet non voleva metterlo in imbarazzo davanti ai suoi sudditi, non quando avrebbe continuato a regnare su di loro anche dopo che lei sarebbe ritornata nel mare; quindi si limitò ad annuire, senza fargli notare che se quei monarchi fossero stati veramente interessati a onorare i trattati, se avessero davvero voluto aiutarli, non avrebbero lasciato che il testo del loro accordo ne ostacolasse lo spirito.

Ma avrebbero avuto tempo per parlare più tardi ed era sicura che non fosse niente che i consiglieri di Elias non sapessero già. Dunque, per il momento, lasciò che le mostrasse il cantiere navale, presentandola a ogni capitano che incontravano.

Quella notte avrebbe scoperto che cosa stava succedendo sulla sua isola.

 


 

Note dell’autrice:

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