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Autore: Stormwind    08/09/2021    6 recensioni
La verità è un brutto vizio: una volta che inizi a dirla non smetti più e Ryo Saeba lo sa bene. Costruirsi una intoccabile fortezza attorno al cuore potrebbe non bastare a proteggere e a proteggersi. Basta un incontro durante una notte come tante e ciò che credi al sicuro non lo è più. Un nuovo caso per il nostro duo preferito metterà a dura prova City Hunter da ogni punto di vista. Quella che sembra una richiesta di protezione come tante diverrà un pericolosa mina pronta ad esplodere. Riusciranno Ryo e Kaori ad uscirne illesi? Non vi resta che scoprirlo!
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Prologo: Alla ricerca di City Hunter
 
Era una fredda sera d’inverno e tra le strade del quartiere di Shinjuku riecheggiavano impetuose tante voci dai mille colori e preoccupazioni, di tanto in tanto qualche schiamazzo di gente poco sobria attirava l’indignazione nonché lo sguardo divertito dei passanti. In un turbinio di neon, colori e insegne per l’ennesimo hostess-bar della zona, si destreggiava con non poca difficolta una esile figura avvolta da un lungo impermeabile nero. Tra un passo e l’altro, ben attenta a non cadere nelle centinaia di trappole di uno dei quartieri più chiassosi di Tokyo, si premurava di gettare l’occhio anche negli anfratti più oscuri. Era la sua casa quella, lì, tra quelli che la società definirebbe melma, si aggirava il leggendario City Hunter ed era suo compito trovarlo ad ogni costo. Del resto era con le vibrazioni della vita notturna che si alimentavano i pettegolezzi sul personaggio, sulle sue attività.
Nessun altro se non lo sweeper più famoso di tutti avrebbe potuto aiutarla e lo sapeva. Le storie riguardo le sue abilità lo precedevano e inizialmente non aveva che annuito ad esse come si fa con un amico per non smorzare l’entusiasmo del suo racconto. Saranno esagerazioni, iperboli assurde si ripeteva qualvolta le capitasse di ascoltare storie di soggetti mobili colpiti a distanze olimpioniche, di impareggiabili doti nel combattimento…
-Ti dico che è impossibile prenderlo di sorpresa- ricordò l’entusiasmo nelle parole di un collega durante una noiosa pausa pranzo -si dice che City Hunter sia capace di udire il ticchettio impercettibile di una bomba a metri di distanza, non è umano-
Poi, passata la fase dello scetticismo, prese a crederci come si inizia a credere in una forza superiore, soprannaturale. Il quando? Ovviamente dopo l’avvenimento che le aveva stravolto la vita. Non capita tutti i giorni di essere testimone di un crimine, tantomeno di essere ignara complice dello stesso. A salvarla in quell’occasione era stato il suo sangue freddo? Forse. Tuttavia di quel dannato giorno restava un particolare sfocato che non riusciva tutt’oggi a delineare perfettamente. Ricordava degli spari e della voce confidente di un uomo a cullarla con parole rassicuranti e nient’altro.
Scosse via i pensieri, inutile tentare di rimettere a posto qualcosa che non c’è, pensò. Il passo divenne più frettoloso, in sincrono col respiro sempre più pesante. Il piano era trovarlo, chiaro. E poi? In realtà non aveva pensato al dopo. Oltre che pregare il suo aiuto non aveva idea di come comportarsi o cosa dire.

Si sistemò il bavero del cappotto al ruggire imperioso che proveniva da spessi nuvoloni distesi pesantemente in cielo. Neanche il tempo di imprecare che un lampo inaugurò una serata di pioggia per il suo disappunto. Perfetto.
Aghi gelidi discesero rapidamente sempre più numerosi dal cielo accolti dal mormorio confuso dei poveri malcapitati senza riparo che, come un fiume in piena che tutto travolge, si facevano largo alla ricerca di un posto all’asciutto. A lei non importava però. Nonostante fosse diventata in pochi minuti completamente zuppa, persisteva nel domandare a chiunque fosse tanto gentile da fermarsi sotto il diluvio riguardo il famigerato City Hunter. Molti dicevano di non sapere, altri sembravano addirittura spaventati o infastiditi dalla domanda. Ringraziava comunque con cordialità, autoconvincendosi di poter ricavare qualche informazione utile.

Si accasciò stremata all’uscio di un vecchio stabile dopo ore di vane ricerche: oramai era notte fonda e Shinjuku chiaramente non avrebbe mostrato la sua leggenda. Era stanca, dannatamente stanca. Senza un posto dove stare, si era arresa all’evidenza che fare la fuggitiva non era la passeggiata avventurosa che dipingevano nei film che adorava guardare nei ritagli di tempo libero. I soldi oramai scarseggiavano e il tempo cominciava a tramutarsi pian piano in un pericoloso cappio pronto a cingerle il collo. Le gambe, come se non bastasse, in un capriccio si incurvarono sino a farla cadere al suolo. Non dormiva decentemente da giorni: del resto come dormire tranquilli quando senti il pericolo marchiarti la pelle ogni istante. Sì, era questione di vita e di morte e le lacrime che le bagnavano il viso n’erano la prova. Lacrime dettate più dalla frustrazione che dalla paura. Non riusciva a credere che le avesse voltato le spalle, proprio ora…
Cercò di rialzarsi. Una. Due volte. Nulla, le gambe osavano contraddire la sua volontà. Avrebbe urlato per la frustrazione ne avesse avuto le forze. Urlato con tutte le forze sino a squarciare quel cielo nero che piangeva copiosamente con lei. Poi, d’un tratto una voce:

-A-ancora un goccetto, dai! –
No, non può essere.
Qualche schiamazzo e poi un pesante tonfo. Una rissa? Che succede?
Sporse la testa, dal guscio dove era rannicchiata, in direzione del vicolo poco di fronte sulla sinistra. Non poteva vedere cosa stesse succedendo, ma quella voce aveva destato la sua attenzione.
- Dai, ho detto che ti pagherò…non c’è bisogno di essere così scortese! –
Il solito ubriaco che molesta, avrebbe pensato chiunque, eppure qualcosa in quel biascichio, in quella lagna tanto ridicola per un uomo le sembrava sempre più familiare. Un altro tonfo, notò un corpo rotolare buffamente sino a piantarsi al primo ostacolo sul suo cammino. Era buio e non riusciva a delineare distintamente la fisionomia del malcapitato.
-Ma vedi tu che modi– bofonchiò la figura rialzandosi con poca grazia. -E ora anche la pioggia, serata rovinata-
Lo vide aprire goffamente l’ombrello, rimasto pressoché intatto dopo la colluttazione e incamminarsi verso una meta ignota. Si ritrovò a seguirlo per strade senza nome senza sapere neanche il perché, o meglio, cercava in qualche modo di giustificarsi il tutto come un ultimo tentativo. Quella voce doveva pur significare qualcosa. Ho seguito indizi più vaghi…non ho nulla da perdere, pensò dandosi la forza necessaria a tenere il passo dell’uomo, che di tanto in tanto si fermava quasi imbambolato ai vari cartelloni pubblicitari ritraenti una bella donna che tappezzavano tutta la città. Fece in tempo a scorgerlo mentre imboccava una stradina alla sua sinistra e sparire attraversato il pallido raggio di un lampione.  senza tante cerimonie. Svoltato l’angolo però ad attenderla non c’era nessuno. Sembrava che l’uomo fosse stato inghiottito da Shinjuku. Un groppo alla gola le spezzò il respiro. E ora?

Avrebbe dovuto palesarsi, gridare…passare per matta se necessario anziché seguirlo per fugare i suoi dubbi.
Imprecò piantandosi al centro della strada. I capelli corvini, una volta racchiusi in un elegante chignon, ora ricadevano madidi sul viso in ciocche disordinate. Le labbra tremanti si incurvavano in deplorevoli espressioni soffocate da un mugolio che sembrava più un pianto che un discorso. La pioggia, andata con lui.
 
-Cercavi me? -
   
 
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