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Autore: Gaia Bessie    08/09/2021    2 recensioni
Hermione Granger è un origami di cartapesta – per quanto lui possa provare a scioglierne le linee acuminate, lei preferirà sempre sfaldarsi tra le sue mani piuttosto che rivelargli quel lato di sé cui Draco anela così disperatamente.
Draco Malfoy ha le dita tutte tagliate – per quanto lei provi a dirgli di smetterla, lui preferirà sempre macchiare la carta di sangue solamente per provarci una volta di più: troppo puro, quel sangue, per l’uso ignobile che ne sta facendo.
Non si sono compresi mai – lei cartapesta, lui una ferita profonda dentro di sé – nemmeno il giorno in cui si sono guardati negli occhi per dirsi un ti amo fragile come carta, sporco di sangue, che ha solamente stracciato e ferito ulteriormente le loro anime ripiegate in una forma indefinita.
A volte è un grifone, altre volte un serpente.
[Draco/Hermione - OS]
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Astoria, Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Hermione Granger è un origami di cartapesta – per quanto lui possa provare a scioglierne le linee acuminate, lei preferirà sempre sfaldarsi tra le sue mani piuttosto che rivelargli quel lato di sé cui Draco anela così disperatamente.
Draco Malfoy ha le dita tutte tagliate – per quanto lei provi a dirgli di smetterla, lui preferirà sempre macchiare la carta di sangue solamente per provarci una volta di più: troppo puro, quel sangue, per l’uso ignobile che ne sta facendo.
Non si sono compresi mai – lei cartapesta, lui una ferita profonda dentro di sé – nemmeno il giorno in cui si sono guardati negli occhi per dirsi un ti amo fragile come carta, sporco di sangue, che ha solamente stracciato e ferito ulteriormente le loro anime ripiegate in una forma indefinita.
A volte è un grifone, altre volte un serpente.
 
One thousand origami cranes
 

[La prima gru]
 
Lo riscopre a leggere tra un turno e l’altro, seduto alla propria scrivania, tutto storto e rannicchiato su un volumetto minuscolo, che gli si perde tra le mani sottili. Hermione non domanda, ma al Ministero sussurrano tutti quanti – Draco Malfoy sta per perdere la moglie e, allora, quel suo senno fatto di carta e vetro soffiato, se lo sta portando via il buio.
Hermione non nega, non lo fa mai: non l’ha mai visto leggere con tanta appassionata disperazione qualcosa e, allora, dev’essere vero. Che è qualcosa di buffo e paradossale, il senno di una persona – c’è e, quando provi a sfiorarlo, si scioglie come carta bagnata – e, allora, quello di Draco Malfoy deve essere stato portato via da uno spettro.
Asteria Greengrass ha dato le proprie dimissioni da due settimane: indossando il proprio miglior completo da Strega, di un delicato color crema, in un ticchettio di tacchi ha bussato alla porta del Ministro della Magia – ha detto: mi dispiace, Hermione, hanno detto che non ce la faccio più. Io non ci credo, sai, ma forse è così per davvero: a volte mi si blocca il respiro in gola e penso che sia l’ultimo, forse per davvero.
Hermione non ha avuto la forza di risponderle, né Asteria Greengrass le ha dato occasione di replicare: in un singhiozzo sordo, ha nascosto il volto tra le mani ed è corsa via. E, adesso, tutti dicono che se non è morta, ormai manca poco ed Hermione vorrebbe solamente poterle dire che suo marito si sta consumando nella pausa tra il pranzo e il turno del pomeriggio.
Tiene gli occhiali di corno sulla punta del naso – la malattia di sua moglie è più forte persino del suo terrore d’assomigliare a Potter – e legge sempre la stessa pagina, muovendo in aria le mani come se si stesse esercitando a ricucire i vuoti d’aria.
«Cosa leggi, Malfoy?» trova il coraggio di domandarglielo un mercoledì in pausa pranzo, quando lui non mangia mai e continua a stracciare e a ricucire l’aria attorno a sé.
Draco alza lo sguardo e sospira, passandosi una mano tra i capelli un po’ diradati: non ha più tempesta, in quello sguardo, grigia nebbia le restituisce quella disperazione che lui distintamente deve avvertire dentro di sé.
«Sono improvvisamente divenuti affari tuoi, Granger?» domanda, lui, alzando un sopracciglio. «Diventare Ministro non ti autorizza a ficcanasare nei libri altrui».
Lei sospira, tendendo la mano per ricevere quel volumetto, e rigirandoselo tra le dita cercando di non tradire quello stupore che le fa tremar le vene.
«L’arte segreta degli origami» sussurra, anche se sembra più una domanda. «Con la magia, potresti farne mille in un minuto: non pensavo, che t’interessassero i vecchi metodi Babbani».
Draco Malfoy scrolla le spalle e non risponde – ma, e lei questo lo vede distintamente, ha qualcosa nello sguardo che assomiglia a una lacrima che s’addensa lungo le ciglia per crollare giù.
«Se vuoi, posso insegnartene uno» commenta Hermione, restituendogli il libro. «Un cigno, un elefantino… quello che vuoi, me la cavavo abbastanza, quando ero piccola».
Lui tentenna, di fronte quell’improvviso attacco di gentilezza – ma annuisce, sebbene quel gesto debba costargli moltissimo, e le tende un plico di fogli da origami. Sono tutti lilla: il colore preferito di sua moglie, ricorda Hermione con una stretta al cuore, il colore preferito di quella bambina in fieri che veniva in ufficio come fosse la cosa più divertente al mondo, stretta nel proprio completo lilla e con tanti vuoti dentro.
«Le gru» sussurra Malfoy, a capo chino. «Mi serve imparare a fare le gru».
«Le gru?» domanda lei, perplessa. «Ma perché…».
Lui vorrebbe dirle che deve smetterla con quei suoi mille perché, ma la Granger si porta una mano sulla bocca macchiata di rossetto e spalanca gli occhi castani. Un po’ di mascara le si è sgretolato sulla palpebra mobile, ma lei non se ne accorge.
«Vuoi farne mille, non è vero?» domanda, la voce che le trema. «Come nella leggenda, per poter esprimere un desiderio».
Draco annuisce – non ha vergogna né di conoscere né di credere in una leggenda Babbana: la disperazione l’ha eroso a tal punto che, delle sue convinzioni, rimangono solamente le ossa di cartapesta e inchiostro.
«Non dire che ti dispiace» ringhia, passandosi una mano sugli occhi. «Insegnami a fare queste benedette gru, Granger, non ho tutto il tempo del mondo».
Lei sospira, ma non risponde, allungandosi per prendere uno di quei fogli e cominciando a piegarlo lentamente, mostrandogli ogni passaggio. Quando s’interrompe, una minuscola gru le giace sul palmo della mano, osservandola con il proprio becco lilla.
«Prova tu» sussurra, passandogli un altro foglio. «Fammi vedere».
Draco esegue, piega dopo piega – a metà si taglia e macchia di sangue il foglio, ma sembra non gl’importi. Sul finire, una minuscola gru, un po’ pasticciata, sta in piedi sulla sua scrivania e lo guarda senz’occhi.
«Te ne rimangono novecentonovantanove, adesso» commenta Hermione, con un sorriso malinconico. «Spero che tu ce la faccia, Malfoy, e che ci sia per davvero un desiderio da esprimere».
A lui sanguinano dita e anima, quando s’alza e le tende la mano, come per fermarla – non l’afferra, non lo fa mai.
«Grazie».
 
***
 
[La cinquantesima gru]
 
Presto, la scrivania di Draco Malfoy comincia a essere popolata da minuscoli origami a forma di gru: lilla, i primi dieci, poi azzurri, verde menta e anche rossi. Passa le pause a piegarli e, quando viene la sera, li porta a casa per metterli insieme agli altri, in un piccolo zoo mono-animale che gli svolazza nel cassetto del proprio studio.
Ron ride e le dice che forse Malfoy è impazzito per davvero – lei non replica, ma gli lancia uno sguardo che annichilisce: sulla scia di quelle occhiate, i pettegolezzi su Draco Malfoy scemano, ma le gru sulla propria scrivania continuano a moltiplicarsi, giorno dopo giorno.
Venerdì si tinge di blu notte, macchiato di sangue su quei tagli che non si rimarginano mai, mentre Malfoy piega e disfa e rifà un origami dopo l’altro.
Sembra quasi che, tutti quegli animali, gli stiano succhiando via l’energia vitale – giorno dopo giorno, si fa sempre più stanco e sottile, finché le mani gli tremano così tanto che per piegare una gru ci mette quasi un’ora. Hermione, passando dagli uffici amministrativi a ora di pranzo, lo scorge singhiozzare su un foglio macchiato di sangue.
«Ti tremano sempre le mani» constata, entrando a grandi passi nella stanza. «Come mai?».
Lui la guarda, gli mancano le parole: Hermione lo sa, che Draco Malfoy non pranza mai e si consuma tra gli origami così che, dopo solamente pochi giorni, è così stanco e nevrotico che le sue mani si rifiutano di proseguire. Sembra uno che non dorme, dorme mai?
«Non pensavo che passassi a controllare tutti i tuoi sottoposti» commenta lui, atono. «Sono solo stanco».
Lei sospira, sedendosi di fronte a lui, le gambe incrociate sotto il completo da Strega color melanzana. Si domanda, silenziosamente, da quando è così interessata alla salute psicofisica di Draco Malfoy da passare con lui la pausa pranzo – non sa rispondere: ha inciso nella mente il sorriso un po’ malinconico di Asteria Greengrass e, anche quando chiude gli occhi, è un’immagine che mai l’abbandona.
«Non mangi» commenta, calma. «Probabilmente non dormi nemmeno: che fine vuoi fare, Malfoy? Hai un figlio piccolo e…».
Lui ride – prima piano, poi incrinando l’aria con quel suono e, sul finire, tossisce una lacrima che gli macchia il viso.
«Una moglie» commenta, piano. «Ho anche una moglie che ha bisogno di me, Granger, anche se non se lo ricorda nessuno, qui».
Hermione annuisce, con serietà – non menziona il fatto che anche lei ha una figlia piccola, un ex marito con cui intrattenere rapporti civili, eppure lei continua ad andare avanti anche dove lui si sta arenando (in un mare di carta).
«Pensi che Asteria vorrebbe saperti così?» gli domanda, con serietà. «Sapere che senza di lei sei…».
Perso. Non riesce a dirlo ad alta voce ma a lui, così come a lei, è dolorosamente chiaro – Hermione china il capo, in un sospiro.
«Ho bisogno di lei» sussurra, infine, Malfoy. «Non sono più in me, io… tu non l’hai vista, Granger: sta morendo e io posso solamente continuare a piegare questi fottutissimi fogli».
Lei pensa che è commovente, il fatto che riesca davvero a credere che un desiderio concesso dal destino sia qualcosa che potrebbe aiutarlo a mettere insieme i cocci: ma, controluce, Draco Malfoy sembra più rotto e spezzato di sua moglie.
«Non me la fanno vedere» continua, lui, con la voce lurida di pianto. «Dicono che la sconvolgerebbe troppo, lei è… è così fragile, lo è sempre stata».
Lei conosce la storia – hanno chiacchierato tutti, sul matrimonio dei Malfoy: Blaise Zabini, che pur era stato amico di Malfoy per tutta la propria vita, aveva storto le labbra e parlato di un matrimonio sprecato. Di fronte allo sguardo perplesso dei colleghi, l’Auror Zabini s’era spiegato: le Greengrass hanno il sangue debole, è per questo che io ho lasciato Daphne. Non volevo vederla morire.
Lei conosce la storia e ne ha presofferto il finale – Daphne Greengrass è morta due anni fa, Blaise Zabini gira in ufficio con la giacca stropicciata e tagli sui polsi. E, adesso che Draco Malfoy sembra dover dire addio al proprio matrimonio sprecato, tiepido calore proviene dal suo amico di una vita: ma, se Malfoy respira sui propri origami, Blaise non riesce a non pensare che dovrebbe semplicemente smettere di farlo.
«Mia cognata, Audrey, lavora al San Mungo» sussurra lei, sorprendendosi delle proprie stesse parole. «Credo sia di turno dopodomani: se vuoi, possiamo fare un tentativo».
Draco spalanca gli occhi, sorpreso: tra le mani, giace immobile un foglio di carta che, al minimo movimento, potrebbe penetrargli la carne e tagliargli l’anima soltanto un altro po’. Sarebbe la cinquantesima gru di carta, se solamente avesse la forza necessaria per completarla.
«Dici davvero?» domanda, incerto. «Perché faresti una cosa simile per me?».
Lei sospira, massaggiandosi le tempie con aria stanca. «Perché tua moglie è stata la migliore segretaria che abbia mai avuto» risponde, secca. «E perché nessuno meriterebbe di passare quel che passi tu. Nemmeno… nemmeno tu, nonostante tutto».
Lui ride – un suono raschiato e amaro che, nonostante la doccia che farà quella sera, niente riuscirà a scacciarlo da dove si è insinuato (sulla pelle e appena dietro).
«I tre giorni che ho passato ad Azkaban, in attesa del processo, non ti sono bastati?» domanda, divertito. «Non pensavo fossi così incline alla vendetta, Granger».
«Come se non avessi testimoniato in tua difesa» commenta lei, grondando sarcasmo. «Lo penso ancora, che sei cambiato».
Draco scuote il capo biondissimo, tornando ad armeggiare con il foglio di carta blu notte – un omaggio alla Casa in cui era stata Smistata sua moglie? – e, per un lunghissimo istante, gli mancano le parole.
«Mi ha cambiato lei» dice, infine, con calma glaciale. «Pensi che, se adesso se ne andrà, tornerò quello di prima?».
Lei vorrebbe dirgli di sì, lo vorrebbe tantissimo per potergli cancellare dal volto quell’espressione annichilita ma, quando cerca le parole per rispondergli, Draco Malfoy sta sorridendo: sul palmo della mano sinistra, graffiato e scorticato, giace una minuscola gru di carta blu notte. La numero cinquanta.
 
***
 
[La centoventesima gru]
 
Lo porta a vedere sua moglie – Audrey brontola un po’ ma, quando Hermione le sussurra una manciata dei problemi con Ron per l’accordo del divorzio, sua cognata s’addolcisce e li guida nelle viscere dell’ospedale. Borbotta: fa cadere a pezzi il cuore, quella donna, sembra una bambina che non ha avuto il tempo di crescere.
E, pensa Hermione osservando il sorriso enorme che Asteria Greengrass dedica a suo marito, è esattamente così. La guarda in posa nell’ovale bianco-lenzuolo del proprio letto e tutto in lei grida fermati, devo ancora crescere.
Pensa che non crescerà mai più – ha incisi in volto i segni di una sofferenza che le strascica sui lineamenti, strinandoli di dolore: Asteria Greengrass non crescerà mai, rimarrà sempre bloccata nell’inverno della sua vita e non ci sarà nessun disgelo. Draco lo sa, pensa Hermione quando lui le prende una mano e fa una smorfia piena di dolore – sa che non serviranno mille origami di gru per poterla portare via da lì e che, sul finire, sua moglie tornerà esattamente dove ha sempre dovuto essere.
Fred Weasley sorride in un santino sul comodino di quella stanza e se Draco lo vede, non dice niente. Le tiene la mano come se potesse trattenerla sulla terra solamente con quel fugace contatto e lei, che rimane ferma sulla soglia della stanza, deve pensarlo per forza.
Ron non l’ha mai trattenuta in quella maniera: e, nel vedere lo sguardo sinceramente disperato che Malfoy le rivolge, Hermione si sente tremare fin dentro le ossa.
«Hermione» Asteria Greengrass sorride dolcemente, carezzando il capo di suo marito, nascosto nell’incavo della sua spalla. «Vieni pure: mi fa piacere vederti».
Le si avvicina, sedendosi sulla sponda del letto – sono passati due mesi da quella volta in cui è toccato ad Asteria, sedersi sulla sponda del letto e piangere: e, adesso che lei s’è assottigliata e sfregata sulla pietra dura dell’esistenza, cosa rimarrà?
Un sorriso che sbiadisce in un santino abbandonato sul comodino (una divinità che mai seppe d’esserlo) e centoventi gru colorate che danzano sul cassetto della scrivania di Draco a Malfoy Manor.
«Non guardarmi così» sussurra, Asteria Greengrass, con un sorrisetto mesto. «Credo che sia destino, alla fine di tutto».
«Destino?» il sibilo di Draco Malfoy crepa i vetri. «Io me ne fotto, del destino, Asteria. Me ne fotto di tutto quello che potrebbe portarti via da me».
Lei sorride, non conosce pace – si allunga a prendergli la mano, portandosela sul cuore come se, sentire quei battiti che dolcemente rallentano, potesse fargli da calmante.
«Destino, sì» sussurra, socchiudendo gli occhi. «Non è mai troppo tardi per amare di nuovo, Draco, io ci credo per davvero».
Lui apre la bocca, non gli escono le parole – perché lei serra gli occhi, come se il dolore la stesse attraversando, e in un sospiro non li riapre più.
Hermione lo capisce in quel momento: avrà piegato centoventi origami di gru ma, in fin dei conti, non conterà mai più niente.
Perché Draco Malfoy piange silenziosamente e lei, che pur gli ha insegnato a intrecciare quegli animaletti colorati, non saprà mai cosa dirgli.
 
***
 
[La centosettantesima gru]
 
La invita al funerale – personalmente, senza biglietti intrecciati o Patronus spediti alla sua porta: la ferma in una pausa pranzo, parandosi davanti a lei con la giacca stropicciata (e i tagli sui polsi?) e dicendole per favore, ho bisogno che tu ci sia. Il perché non glielo dice ma, quando lo trova seduto alla propria scrivania con una pila di fogli colorati, si rende conto che è semplicissimo: la speranza non muore mai e, sebbene Draco Malfoy non sappia credere nel destino, forse crede ancora nei miracoli – e in lei.
La invita al funerale ed Hermione si presenta puntuale, per scoprire che è una delle poche ammesse al ricordo di Asteria Greengrass – una madre che piange la figlia, un padre che non c’è, Narcissa Malfoy, Blaise Zabini. E lei che è un’intrusa, che tutti si girano a fissarla quando si posiziona quanto più lontano possibile dagli altri.
Draco, se la vede, non dà segno di notarla: Hermione non va a porgergli le sue condoglianze, non gli dice che il Destino, se esiste per davvero, è stronzo come quei mille taglietti trasparenti che gli si rimarginano sulle dita. E non gli dice che imparerà a essere felice senza di lei – d’altronde, lei ancora sta imparando a essere felice senza Ron – ma che, giorno dopo giorno, si riscoprirà rinsaldato dalla sua assenza e, infine, cambiato.
Non lo dice, sa che lui non accetterebbe quelle parole: quel giorno in cui piove sangue purissimo persino dal cielo, sembra che Draco Malfoy sia in grado solo di piangere. E lei non riesce a non pensare che, l’ultima volta in cui è stato sentito piangere in quel modo, è stato quando Lord Voldemort ne aveva implicitamente decretato la morte – voleva vivere, allora, adesso lo vorrà ancora?
«Granger» la sorprende, avvicinandosi lui, vestito di nero e con l’anima che cola inchiostro. «Sei venuta».
Lei sorride, a disagio. «Certo che sì» risponde, pacata. «Avresti preferito che non lo facessi?».
Draco sorride – anche quel giorno, hanno bisogno di vedere una delle sue maschere – e le porge il braccio, invitandola a seguirlo nel giardino del Manor.
«Sai, se ne occupava lei» sussurra, indicandole cespugli di rose appassite, l’erba incolta e un salice che piange incessantemente lacrime di vetro soffiato. «Io non ne ho la forza».
«La troverai, prima o poi» borbotta Hermione, a disagio. «Avete un figlio, la troverai per lui».
Draco annuisce, continuando a guidarla tra quelle macerie, calpestando la terra smossa e i fiori con le radici tutte nude, esposte alle intemperie.
«Ha detto che era destino» sussurra, la voce rotta. «Tu ci credi? Che non sarebbe bastato, che tutti i miei sforzi…».
Lei, istintivamente, posa una mano su quella di lui, facendolo sobbalzare – Draco Malfoy spalanca gli occhi ma, sorprendentemente, non si ritrae.
«Non la dimenticherai mai» articola Hermione, trattenendo in gola il tremore della voce. «Ma, un giorno, tutto questo avrà un senso, in qualche modo che ancora non sai».
Lui si mette una mano in tasca, con un sorriso divertente – ne riemerge l’ennesima gru color lillà, facendola sorridere.
 
***
 
[La trecentocinquantesima gru]
 
Ci pensa per sei mesi – è un pensiero sporco e ingiusto, ma per questo anche incancellabile: così, quando finalmente raccoglie tutto il coraggio che ha (che è poco) e la ferma con debole speranza, Hermione Granger sorride e sembra non comprendere. Che ogni sorriso è una pietra sul cuore e sale in quella memoria tagliata dalla carta.
Ha continuato a piegare le gru, una dopo l’altra, giorno dopo giorno – non più di una o due al giorno, ma ha continuato nonostante le lacrime, le mani che tremano e i tagli fra le dita: la carta non perdona mai, e nemmeno lui.
Così, alla fine le domanda l’indomandabile e ne osserva timoroso la reazione: Hermione Granger tentenna, sul filo di un pericoloso perché? e cerca delle parole che non trova, non trova mai. Ma, quando finalmente pare comprendere la disperazione che lo agita, il che sussurra è dolce come la sicurezza che quell’assolto gli ha restituito, al termine della guerra.
Il Wizengamot lo ha dichiarato non colpevole di alcun reato di guerra – a Draco non è bastato comunque.
La notte si sveglia incubo dopo incubo, graffiando quel segnaccio nero che gli taglia il braccio a metà: questo a Hermione Granger non lo dice ma lei, che l’ha visto tremare sulla sedia dell’imputato, sorride e sembra comprendere.
«Un invito a cena, Malfoy?» gli domanda, incerta. «Tu… ne sei sicuro?».
Non gli ricorda che il corpo di Asteria Greengrass tiepidamente si raffredda abbracciato alla terra smossa nel giardino del Manor e che entrambi hanno figli piccoli – eppure, sono soli d’una solitudine che non ha spiegazioni, ma solamente rimpianti.
Draco annuisce, capelli un po’ troppo lunghi che gli tagliano la faccia in un sussurro.
«Un invito a cena» conferma. «Come ringraziamento: per tutto, sei l’unica che ci ha provato, a…».
A venirmi a prendere in quel posto di fiamme salate che sono i miei incubi – è che sogno solo maledette gru che svolazzano e non mi ci raccapezzo mai.
Asteria sorriderebbe, pensa distrattamente: è vero che amor di chi ha troppo amato non perdona mai, perché lui non sa come assolversi dallo strisciante senso di colpa che è conseguito dalla morte di sua moglie. Se lo domanda: se avesse piegato più velocemente quegli origami nascosti in ogni angolo della casa, Asteria Greengrass avrebbe avuto occasione di sopravvivere?
Sa che Hermione Granger, così come sua moglie, gli direbbe di no – che non si sopravvive per volontà di farlo, propria o altrui, e non sarebbero bastate mille gru di origami per far rimanere al mondo Asteria Greengrass. Né basterebbero per riportarla da lui.
Eppure, meccanicamente, a dispetto dei tagli e della stanchezza che gli cammina sulle palpebre, ogni giorno Draco Malfoy continua a piegare origami dopo origami, meccanicamente, finché non comprende più dov’è che inizia il sonno e finisce lui.
«Ho capito» sussurra la Granger, con una dolcezza che stranisce. «Potrei portare Rose, con me, lei e Scorpius potrebbero giocare insieme».
Draco annuisce – i pensieri gli vorticano in testa e hanno tutti il sapore e la mancanza di Asteria Greengrass.
Ma la Granger sorride e sa di cancellature, di ripresa, quando si siede di fronte a lui e inizia a giocare con un foglio di carta verde scuro: imprescindibile, la natura delle persone, imprescindibili le scelte che compie pensando di non sapere come rendere giustizia a quell’amore purissimo che sua moglie gli ha regalato.
«Non avrei mai detto che, alla fine di tutto, saresti stata tu la mia unica amica» commenta, amaramente. «Porta pure Rose: magari lei e Scorpius non si odieranno per metà delle loro vite».
La fa ridere – c’è da entrarci dentro, a quel sorriso, le riscalda gli occhi e i lineamenti e tutto il resto: ride, ma ha un’ombra di delusione che oscura tutto quanto. Non le sa dare un nome o tracciarne i contorni ma, quando torna a guardarlo, Draco deve domandarsi dove sia finita quella risata che le ha illuminato il volto per una manciata di secondi.
«Ti porto qualcosa?» domanda, ma ha la voce che s’incrina e lentamente si spegne. «Un dolce, magari?».
Lui sorride, giocherellando con uno degli origami che gli camminano sulla scrivania, facendolo scivolare sul dorso di un foglio piegato a metà – c’è una vita nascosta lì dentro e a stento se ne rendono conto, in ogni ripiegatura c’è una parte di sé che non sa come spiegarsi. O come spiegare a lei.
Vorrebbe dirle che è tutto quello che gli rimane: trecentocinquanta gru e lei che lo guarda senza sapere cosa dire. Che da quando ha perso la moglie, fa fatica a ritrovarsi nelle foto di famiglia, nei completi da Mago sepolti nei cassetti e mai nell’armadio accanto ai vestiti di Asteria, persino in suo figlio – che è tale e quale a lui e non sembra preservare somiglianza con sua madre.
«Non serve» dice, infine. «Ti aspetto per giovedì, Granger, non fare troppo tardi».
Lei, che non è mai arrivata in ritardo in vita sua, sorride ironicamente – Draco Malfoy ricambia il sorriso ma, i suoi pensieri, non li condivide mai.
Sono nascosti nel cassetto della propria scrivania, a Malfoy Manor: se Hermione Granger fosse abbastanza intraprendente (lo è, certo che lo è) da aprirlo, scoprirebbe che la collezione di Draco è continuata e, lì dentro, silenziosamente giacciono intrecciate trecentocinquanta origami di gru colorati.
Lei non direbbe niente, immagina Draco, nemmeno sgranerebbe gli occhi – lo guarderebbe con pietà, con compassione, e questo è qualcosa che non potrebbe mai sopportare.
Asteria direbbe che si inizia dal destino, ma poi si prendono sempre pieghe impreviste – e che, per quanto lui si ostini a negarlo anche nei suoi pensieri, il suo destino potrebbe risiedere nella persona che più di tutti ha sempre disprezzato.
Ma sono pensieri sciocchi, affrettati e lui si rifiuta di soffermarsi più del necessario su quel sorriso un po’ malinconico che le deforma il volto – Hermione Granger ha qualcosa di spezzato e non lo dice mai.
 
***
 
[La quattrocentoduesima gru]
 
L’aspetta, piegando foglio dopo foglio – non perde mai il conto, realizza con distacco: è sicuro che siano quattrocentodue gru a volargli attorno, ogni volta che apre il cassetto della scrivania, e lui non se ne dimentica mai nemmeno una. E, quando lei finalmente si Smaterializza davanti alla porta del Manor, Draco Malfoy si accorge d’averla aspettata in ogni ripiegatura di quei fogli rosa pallido che gli taglia le mani a ogni respiro.
Hermione Granger non ha nemmeno una briciola del fuoco di Asteria Greengrass, ma arde d’altre fiamme – rosse, non blu.
Non s’è tolta la maschera del Ministro e, quando la guarda, è ancora in ufficio a discutere delle ultime pratiche con lo chignon in capo e i documenti sottobraccio: la Granger non cambia mai, eppure, sostiene che lui l’ha fatto – cambiare.
Draco se lo domanda, anche quando lei gli porge una bottiglia di vino e un plico di fogli per origami (rossi e oro), se è cambiato per davvero: ha sempre pensato che sia stata sua moglie, a mutargli l’esistenza ma, nella sua prematura scomparsa, pensa d’essere un cambiamento in fieri che di mutare non ha finito mai. Anche senza Asteria Greengrass a sconvolgergli la vita.
«Vieni pure» mormora, facendole strada nelle viscere della casa. «Questa è Rose? Ma sei sicura che sia figlia di Weasley?».
Una bambina minuscola, dritta come un fuso e altrettanto affilata, gli restituisce uno sguardo azzurro come l’oceano, l’unica somiglianza che ha con il padre, e un sorriso così accattivante che Draco deve domandarsi da chi l’abbia preso.
La Granger ride, sorprendentemente, senza prendersela troppo per l’insulto al proprio ex marito. «Ha molto di mia madre» commenta, calma. «E qualcosa di me e Ron c’è, da qualche parte».
Draco annuisce, guidandole nella stanzetta di Scorpius, dove il bambino è occupato a comporre un puzzle con la nonna – Narcissa Malfoy alza un sopracciglio, perplessa, ma non pone domande.
«Ministro Granger» commenta, compitamente. «Un vero piacere, averti qui. E tu devi essere Rose, non è vero?».
Narcissa Black-Malfoy ha riscoperto la propria maternità nel momento di declino della propria vita, quando il suo unico figlio ha spiccato il volo: e, adesso, del nipote ha fatto la propria missione di vita – si è disincantata a tal punto che di credere crede in Scorpius e niente di più: non nelle quattrocentodue gru piegate da suo figlio, non nella speranza e, sul finire, nemmeno nell’amore. Suo marito cammina avanti e indietro per una cella spoglia ad Azkaban, che amore c’è in tutto questo?
«Vai a giocare con Scorpius, Rosie» la Granger incita la figlia con un sorriso dolcissimo. «Diventerete ottimi amici, me lo sento».
Draco sorride, le porge il braccio – lei vi posa la mano, senza esitazioni: passano la sera a chiacchierare uno di fronte all’altra: e lui pensa che, nonostante stia imparando a conoscerla da poco, c’è un lato di lei che è ombroso e sconosciuto e vorrebbe solamente scoprirlo.
Ma la Granger è un origami di cartapesta – prova a tenerla tra le mani e lei si sbriciola e sfalda e niente ha più senso.
Gli insegna il proprio origami preferito, guidando le dita di lui con le proprie, facendolo sobbalzare.
È un grifone – controluce, più un serpente.
 
***
 
[La cinquecentocinquesima gru]
 
Hermione pensa che non ci sia spazio, per un amore bizzarro, nella propria vita – un divorzio, una figlia piccola e uno che ancora sgambetta nella culla, davvero non dovrebbero essere un deterrente per ogni successivo innamoramento?
Eppure – eppure ci pensa, quando casualmente muove le mani come se stesse respirando l’ennesimo origami, il secondo di mille e allora deve accarezzarlo, quel pensiero, ci deve saltare dentro come una pozzanghera fatta d’oceano.
Quand’è che è diventata tutto quello che, nella propria vita, ha sempre odiato?
Una donna innamorata dell’idea dell’amore, ma non per questo reincantata – quand’è che ha cominciato a notare la sua giacca stropicciata (i tagli sui polsi?), le dita stropicciate sui fogli di carta e gli occhi lucidi: quand’è che Draco Malfoy è entrato a far parte del suo mondo (incantato, disincantato, reincantato)?
Si rende conto che lo cerca. Nell’ombra che le lasciano addosso le sue parole, Hermione non lo trova mai – ma è sempre lì, alla sua scrivania: sta piegando l’ennesimo origami che gli lascerà una ferita indicibile addosso.
«Malfoy?» lo chiama, cercando di risvegliarlo dai suoi sogni ad occhi aperti. «Mi stavi ascoltando?».
Lui scuote il capo, come per risvegliarsi da un sogno che gli scompiglia i capelli, e sorride all’aria – chissà se ha sognato lei o sua moglie.
«No» ammette, candidamente. «Stavo pensando che oggi è mercoledì».
«E allora?» domanda Hermione, alzando un sopracciglio. «Cosa succede, di mercoledì?».
Draco scrolla le spalle, non risponde – la lascia bagnarsi in un fiume di pensieri che le intorbidisce la mente e, allora, Hermione deve passarsi una mano sul viso per riuscire a riacquistare lucidità.
«Quindi?» insiste, lei, con tono polemico. «Perché il mercoledì dovrebbe essere più importante di altri giorni della settimana?».
Lui non si scompone – insondabile, la sua espressione (uno Zellino per i tuoi pensieri, Malfoy?) e tese, le mani che piegano l’ennesima gru – ma la guarda e tace. C’è qualcosa di immensamente ferito, dentro di lui, ma non le permette mai di fasciargli i tagli che ha dentro.
«Uno Zellino per i tuoi pensieri, Granger» risponde, pacato. «Ti sta per uscire il fumo dalla testa, ferma tutto prima che ti esploda il cervello».
Lei non ride, nemmeno un po’ – si massaggia le tempie, cercando di diradare quel fumo che lui dice di vedere.
Ma Draco Malfoy continua a sorridere, irriverente, sporgendosi per darle un buffetto in fronte (quand’è che è cambiato così tanto?).
«Io lo so, a cosa pensi» commenta, senza particolare inflessione. «Pensi che io non abbia i tuoi stessi dubbi?».
A lei si blocca il respiro in gola, di fronte a quell’affermazione e alla consapevolezza che, per quanto possa spudoratamente fingere che vada tutto bene, Draco Malfoy ha sempre perso sua moglie.
«Ma è mercoledì» continua lui, sorprendendola. «Mi piacerebbe fosse il giorno in cui ti dico che mi piaci e vorrei stare con te»1.
A lei si stoppa il cuore – pensa che è sporco, sbagliato e innaturale. Ma quello non l’ascolta e si continua a fermare a proprio piacimento.
 
***
 
[La seicentoquarantaquattresima gru]
 
Lui glielo ripete ogni mercoledì – le dice che, avere lei, è come sciogliere le bende: non sa cosa ci troverà sotto, ma è comunque fiducioso di scorgere il rosa pallido di una cicatrice ormai dimenticabile.
Hermione non risponde mai: continua a pensare a quanto sia sciocco e insensato, il cambiamento di Draco Malfoy – colpa di sua moglie, commenta Zabini con disprezzo, Asteria Greengrass ha sempre avuto una passione insensata per il mutamento delle cose. Crescere e cambiare, il suo motto.
Ma, adesso che Malfoy è cresciuto e cambiato, non va più bene a nessuno: Blaise, che gli è stato amico per tutta la vita, gli ha detto che non lo può sopportare. Che Daphne avrebbe fatto il diavolo a quattro e, allora, lo farà lui in sua memoria.
Draco non ha replicato mai, o così le ha detto – analogamente a lui, anche Blaise Zabini ha ferite nel cuore, serrate da bende che non ha il coraggio di sciogliere.
Hermione ricorda la prima volta in cui hanno fatto l’amore – quello, è stato come sciogliere le bende2: non saprebbe dire se vi ha trovato cicatrice, lì sotto, ma comunque qualcosa c’era.
È quello che ha detto guardandolo negli occhi, e scoprendoli venati d’azzurro in quel grigio plumbeo al sapore di tempesta: qualcosa c’è.
Lui le dice che forse Asteria Greengrass aveva ragione e c’è qualcosa del destino in ognuno di noi, anche se la sua unica funzione è quella d’esser negato: altrimenti, lui che continua a piegare origami in pausa pranzo, non saprebbe come spiegarselo – Hermione Granger che lo guarda e non capisce il perché.
Ha una cicatrice dentellata sul braccio, che affonda le proprie radici nel Marchio, sfregiandolo: Asteria fingeva di non vederla, con la grazia un po’ artefatta che l’aveva sempre contraddistinta, Hermione non riesce a guardare altro. Si è ridotto a una ferita ormai richiusa, Draco Malfoy, niente di meno e niente di più.
«Non guardarmi così, Granger» la rimbrotta lui, un giorno. «Potrei pensare che tu ti sia innamorata di me».
Lei alza il sopracciglio – perché, non è così? – ma non risponde, giocherellando nervosamente con il lembo del lenzuolo.
Lui ride, di rimando – sul comodino ha posato una pila di fogli di carta così che, quando lei finalmente cede al sonno la propria resa, lui ricomincia a piegare le sue mille gru.
«Che desiderio esprimeresti?» domanda lei, impulsivamente. «Questa volta, intendo».
Draco Malfoy sorride, insondabile come i suoi pensieri.
«Che tu rimanga qui con me» commenta, piano. «Che io non debba mai svegliarmi qui con te che non ci sei».
Lei sorride, posando una mano sulla sua, interrompendo il processo di piegatura dell’origami.
«Allora basta così, Draco» sussurra. «Puoi smettere, adesso».
Ha detto il suo nome e nemmeno se n’è resa conto.
 
***
 
Smette quel giorno – non ricomincia più.
Qualche volta, sorprende la Granger a intrecciare animaletti di origami: un cigno, un elenfantino, le gru mai più.
Una figura senza senso – a volte grifone, a volte serpente.
(E c’è per davvero un lato di lei che non conoscerà mai – e lui sarà sempre ferita aperta nel cuore).
 
[Seicentoquarantaquattro]
 
 


1Liberamente ispirato alla relazione tra Chase e Cameron nella terza stagione di Dr. House, M.D.
2J. Eudenides, Middlesex.

Spiegazioni necessarie: la vicenda è ispirata liberamente a questa leggenda (https://en.wikipedia.org/wiki/One_thousand_origami_cranes) e in particolare alla vicenda di Sadako Sasaki infatti, come è chiaro dal testo, Draco si ferma al suo stesso numero di gru.
Ovviamente il presupposto base mi ha ispirata, il resto è farina del mio sacco.
Grazie per avermi letta,
Gaia
   
 
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