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Autore: heliodor    09/09/2021    1 recensioni
Valya sogna di diventare una grande guerriera, ma è solo la figlia del fabbro.
Quando trova una spada magica, una delle leggendarie Lame Supreme, il suo destino è segnato per sempre.
La guerra contro l’arcistregone Malag e la sua orda è ormai alle porte e Valya ingaggerà un epico scontro con forze antiche e potenti per salvare il suo mondo, i suoi amici… e sé stessa.
Aggiunta la Mappa in cima al primo capitolo.
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache di Anaterra'
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Uno sguardo nel buio

Nykka sollevò il braccio e allargò la mano. Dal palmo sorse una lumosfera che fluttuò verso l’alto. La strega ripeté altre due volte lo stesso gesto evocando altrettante sfere luminose.
Invece di restare sopra la sua testa, le lumosfere fluttuarono verso l’alto spandendo la loro luce spettrale tutto intorno.
A mano a mano che salivano, le pareti della sala rivelavano nuovi particolari. Le mura erano coperte di incisioni, simboli e figure. Alcune sembravano osservarli mentre altre erano intente a compiere azioni che non riusciva a capire.
Valya rivolse una rapida occhiata a Ros e al suo sguardo rapito dalle raffigurazioni. Il ragazzo girava su sé stesso, la bocca spalancata per lo stupore.
“Li vedete anche voi?” domandò col naso all’insù.
Nykka annuì distratta. “Qualcuno deve aver lavorato parecchio qui sotto” disse. “Secondo te quanto ci hanno messo per scolpire questa sala?”
“Non lo so” disse Ros. “Lune? Anni? Deve essere il lavoro di una vita.” Passò la mano su uno dei disegni scolpiti nella roccia. Raffigurava una pianta dai fiori grandi e i petali allungati verso l’esterno. Vicino a questa vi era un albero e tra i suoi rami si intravedevano frutti simili alle mele.
“Cerchiamo una scala che porti di sotto” disse la strega allontanandosi.
Le sfere non la seguirono restando immobili.
Valya le indicò con il braccio. “Non ti vengono dietro.”
Nykka scrollò le spalle. “Di solito solo una mi segue. Le altre restano ferme.”
“Perché?”
“Non lo so, è importante? Usatele voi, le ho evocate per questo. Ma sbrigatevi perché di solito non durano molto.”
Ros stava osservando un’altra figura scolpita nella roccia, una donna dagli abiti vaporosi che portava una tunica che le scopriva il seno destro.
“L’hai vista?” le chiese.
Valya annuì.
“Porta il seno scoperto. Sai quale altro popolo lo fa?”
“No, ma immagino tu lo sappia.”
Ros annuì con vigore. “Mauglas Sanicik ha scritto un saggio, quasi un secolo fa” spiegò. “Dove descrive le usanze dei popoli del continente Antico. Secondo lui le donne di Villinar indossano tuniche che lasciano scoperto il seno sinistro scoperto.”
“Il sinistro?”
“Sì.”
“Ma quella donna ha il destro scoperto.”
Ros si accigliò. “Non importa. È ovvio che l’artista stava raffigurando una donna di Villinar.”
“Se lo ha fatto, ha sbagliato. O forse ricordava male” osservò.
Ros la guardò interdetto. “Forse” disse esitando. “Forse hai ragione tu.”
Certo che ho ragione io, stava per dirgli. Invece rimase in silenzio accontentandosi di quella piccola vittoria.
“Ha commesso un errore” disse Ros. “O è stato Sanicik a sbagliare.”
“Secondo te è bella?” gli chiese Valya.
Ros sembrò sbandare a quella domanda. “Io” annaspò. “Non saprei dire.”
“Per me sì” disse Valya. “Credo che chi l’ha scolpita volesse ricordare il volto della donna che amava.”
“È possibile” disse Ros esitando. “Erbanise Roharic in un saggio dice di aver visitato la città di Vistran e di avervi trovato intere piazze piene di statue di donne ritratte da un artista e ce n’erano anche di uomini. Si dice che erano sue e suoi amanti. I re locali le avevano collezionate in anni di razzie e acquisti fatti in giro per il mondo conosciuto.”
Valya sospirò affranta. “Esiste qualcosa che tu non abbia letto in un saggio, Ros?”
Lui la guardò stupito.
Lei indicò la figura della donna. “Forse un giorno sarai tu a scrivere un saggio su quello che scopriremo qui sotto.”
La luce di una lumosfera si affievolì e poi sparì come se fosse evaporata nell’aria.
“Direi di affrettarci a raggiungere Nykka” disse Ros come se fosse ansioso di uscire da quella sala.
Valya lo seguì sogghignando, felice di averlo messo in imbarazzo. Non lo sopportava quando lo vedeva troppo sicuro di sé e iniziava a parlare di quei noiosi eruditi e dei saggi che aveva letto. Eppure le dispiaceva un po’ per avergli causato imbarazzo.
Forse dovrei chiedergli scusa, si disse. Non voglio che si arrabbi con me.
Nykka aveva raggiunto una rampa di scale che salivano verso l’alto fino a una piattaforma di pietra.
Ros fece per salire ma la strega si frappose.
“Dobbiamo scendere, non salire” disse.
Lui le girò attorno. “A volte bisogna salire per poter scendere. Vediamo che cosa c’è qui sopra. Siamo venuti qui per questo, no?”
“Non eravamo venuti per trovare un’uscita?”
“Troveremo anche quella” rispose lui avanzando nel buio.
Nykka la guardò come per cercare aiuto, ma Valya si strinse nelle spalle.
“Deve averlo letto in qualche saggio” disse mettendo piede sul primo gradino.
Dietro di lei Nykka sbuffò e la seguì. “Basta che non ci porti via troppo tempo. Siamo qui sotto da quasi mezza giornata e ancora non abbiamo concluso niente.”
Valya raggiunse Ros sulla piattaforma e insieme osservarono la sala ai loro piedi. Da quell’altezza, anche se al buio, potevano farsi un’idea di quanto fosse ampia.
“Forse la usavano per qualche riunione” disse Ros. “O un rituale.”
“Che genere di riti?” chiese Valya.
“Non lo so. Forse adoravano la statua vista nel livello precedente.”
“Se adoravano quella statua, perché non l’hanno eretta qui?” chiese Nykka.
“Non lo so” fece Ros. “Non sappiamo niente di queste persone e non hanno lasciato libri scritti in una lingua comprensibile.”
Nykka si accigliò. “Persone? Questo era un rifugio di contrabbandieri, giusto?”
Ros guardò altrove.
“Parlo con te, Chernin” disse la strega.
Valya amava i repentini cambi di umore di Nykka. Un attimo prima era gioiosa e curiosa come una bambina e quello dopo poteva minacciarli di terribili ritorsioni.
“Non essere scortese” disse a Ros.
Lui sospirò. “Se vi dicessi quello che penso davvero, vi mettereste a ridere di me.”
“Più di quanto già non facciamo quando sei distratto?” fece Nykka.
Ros arrossì. “Io non immaginavo che…”
“Ti prende in giro” disse Valya. “Dicci quello che pensi. Ti prometto che non riderò. E nemmeno Nykka.”
“Io non ti assicuro niente” disse la strega. “Ma adoro le storie divertenti” aggiunse tornando di buon umore.
Ros annuì. “Penso che questo fosse il santuario di un mago. O di parecchi maghi. Forse una dinastia di maghi, per lo meno. Posso dedurlo da quanto sono consumate le scale. Devono essere state usate da centinaia di persone per secoli.”
Nykka lo fissò senza parlare. “Continua” disse dopo qualche istante.
“È tutto qui” disse Ros. “Senza altri indizi, non posso dire altro.”
“Quindi secondo te qui sotto vive un mago delle leggende?”
“Credo ci vivesse. A quest’ora presumo sia morto come tutti gli altri.”
“Lo sai che i maghi non sono mai esistiti, giusto?” chiese la strega. “Tutti lo sanno.”
“In verità” fece Ros. “Alcuni non sono del tutto convinti che sia vero. Parecchi eruditi come Gera Halux, Belfaryn e Pelcaran sostengono che i maghi erano reali e che la rivolta di Harak e Ambar sia storia e non una leggenda.”
“Harak il re stregone dici?” fece Nykka. “Quello della profezia?”
Ros annuì.
“Quale profezia?” chiese Valya. “Io sapevo solo della rivolta.”
“La profezia è famosa soprattutto fra noi streghe e stregoni” disse Nykka. “Perché riguarda noi. Ma sono sicura che Ros abbia letto qualche saggio e possa raccontartela. Ora cerchiamo quella uscita, se non vi spiace.” Si avviò a passo spedito verso un corridoio scavato nella roccia.
“Di che profezia parlava?” chiese Valya a Ros.
Lui scrollò le spalle. “Non lo so. Io sapevo di una sola profezia, quella dell’eroe prescelto.”
Valya ne aveva già sentito parlare prima. Era una storia famosa che veniva raccontata ai bambini dagli adulti per divertirli e spaventarli.
“Venite qui” disse Nykka. “Ho trovato la sala con i resti.”
L’ambiente successivo era una sala scavata nella roccia ma dal soffitto più basso. Lungo le pareti erano allineate decine di casse una sopra l’altra. Valya ne contò una trentina prima di smettere. Ogni cassa era contrassegnata con un simbolo diverso di colore rosso. Non ce n’era una che non fosse stata sfondata e svuotata del suo contenuto.
Ros ne esaminò una da vicino. “È vuota” disse sollevando la testa.
Sul pavimento erano disseminati cocci di terracotta spezzati e sminuzzati dal tempo e da qualcosa che li aveva calpestati.
Ros si chinò a terra e ne raccolse uno tenendolo tra l’indice e il pollice per guardarlo da vicino. “Hanno un simbolo impresso anche sopra la terracotta” disse mostrandolo a Valya.
Guardandolo da vicino apparve un segno appena visibile che somigliava a una A rovesciata di lato.
“Non capisco” disse. “A cosa serviva marcare ogni singolo coccio?”
Ros indicò una delle casse. “Guarda quel simbolo. È uguale a quello impresso nella terracotta.”
Valya si accigliò.
“Significa che si trovava lì dentro prima che qualcuno aprisse la cassa e lo tirasse fuori” disse Nykka. “E quando è accaduto è successo qualcosa e molti altri contenitori sono stati distrutti.”
“Ma non tutti” disse Ros. “Molti sono stati portati fuori da questa sala chissà dove.”
“Di sopra? All’esterno?” suggerì la strega.
Ros scosse la testa. “Avremmo trovato dei cocci scendendo giù e forse persino al primo livello. Io credo che li abbiano portati più giù.”
“Per quale motivo?”
“Lo scopriremo scendendo fino all’ultimo livello” rispose.
Nykka sospirò. “Allora sbrighiamoci. Se devo essere sincera, questo luogo inizia a stancarmi.”
“Anche a me” disse Valya.
Ros non rispose e le seguì fuori dalla sala.
Il corridoio successivo si allargava diventando un ampio passaggio percorribile da quattro o cinque persone affiancate e poco più avanti un colonnato sosteneva il soffitto.
Ogni colonna era appena abbozzata e sembrava uscire dalla roccia viva. Guardandone una da vicino notò i segni lasciati sulla superficie da qualcosa che ne aveva raschiato via la parte superficiale.
“Sembra che non abbiano fatto in tempo a finire il lavoro” disse Ros passandovi sopra la mano.
Nykka sospirò esasperata. “C’è qualcosa che non ti affascina, guaritore? Quante soste dovremo fare?”
“Scusa” disse Ros.
Dopo il colonnato il corridoio si allargava fino a diventare una sala circolare con al centro tre colonne a uguale distanza l’una dall’altra e al centro vi era un foro scavato nel terreno.
“Aspettate qui” disse Nykka avvicinandosi alla buca per gettare una rapida occhiata all’interno. “Potete venire” disse rivolgendo loro un rapido cenno con la mano.
“Che cosa hai visto?” chiese Ros.
“Niente” rispose la strega. “Ma le scale per il livello inferiore sono lì” disse indicando i gradini che scendevano nel buio. Si trovavano dall’altra parte della sala, delimitati da due colonne scavate nella pietra che sembravano sostenere l’arco che le sovrastava.
Ros si sporse verso il pozzo e Valya sentì crescere l’inquietudine.
“Vieni via da lì” lo ammonì. “Se scivoli o perdi l’equilibrio cadrai di sotto.”
Ros si ritrasse di scatto e si allontanò di qualche passo dal pozzo. “È troppo buio” disse. “Non potresti calare una lumosfera nel pozzo?”
“Per quale motivo dovrei farlo?” chiese Nykka.
“Per vedere che cosa c’è in fondo.”
“Qualunque cosa ci sia, non ci interessa.”
“Ma potrebbe essere importante.”
Nykka sospirò esasperata. “La lumosfera può andare solo verso l’alto. Per accontentarti dovrei calarmi io di sotto e non ho voglia di infilarmi lì dentro.”
“Potrebbe guardare Valya” disse Ros. “Usando la spada.”
“È vero” disse con entusiasmo. “La spada mi permette di vedere al buio bene come se fosse illuminato. Forse c’è qualcosa di importante da scoprire lì sotto.” Guardò Ros in cerca di sostegno e lui annuì con decisione.
Estrasse la spada e la tenne ben stretta la spada nella mano. La sala venne rischiarata da una luce innaturale che faceva risaltare le sagome di Nykka e Ros sullo sfondo.
“Guardaci dentro senza sporgerti troppo” disse lui indicando il pozzo. “Così sapremo che cosa c’è in fondo.”
Valya si avvicinò al pozzo e ci gettò una rapida occhiata. Appena i suoi occhi si posarono sul fondo, una luce intensa l’accecò costringendola a indietreggiare di qualche passo. Nello stesso momento, la spada divenne rovente nella sua mano e gridò per il dolore improvviso.


 
  
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