Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Astrid von Hardenberg    10/09/2021    0 recensioni
☆ Trama:
Dopo essersi separata dal compagno, Ophelia non sa bene dove andare e la sua prozia Nadia, siccome sta per fare un viaggio e non vuole lasciare incustodita casa sua, le chiede di trasferirsi da lei.
Solo che Ophelia si trova ad avere a che fare con un fantasma che abita il villino in cui soggiornerà, per diversi mesi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
Capitolo 1

Ophelia si trovava nel parco, stretta nel suo cappotto nero e parte del viso coperto dalla sciarpa grigia fumo, girava tra le dita guantate un anello argentato; erano le sei e mezza del pomeriggio e, tutt'intorno, le luci soffuse di alcuni lampioni prendevano il posto di quelle del crepuscolo, solo che in alcune parti del parco sembrava di stare al buio, perché la luminosità era coperta dal fogliame degli alberi ancora folti, nonostante fosse autunno inoltrato.
Ophelia rimise il piccolo oggetto circolare in tasca e guardò la mano libera dal guanto, era così abituata a vedere l'anello all'anulare, che ora le pareva spoglia; si passò l'indice sotto il naso, per sfregarlo, e prese un respiro profondo, lasciandolo, poi, andare lentamente.
"Come sono potuta arrivare fino a questo punto?", si chiese mentalmente, quasi rimproverandosi.
Provava diverse emozioni in quel momento, però predominavano la rabbia e la delusione.
Una leggera vibrazione, proveniente dalla borsetta, le riportò quel po' di lucidità che aveva. Era Nadia, la stava chiamando per sapere a che ora sarebbe arrivata, solo che Ophelia non rispose, invece si alzò dalla panchina, su cui sedeva da circa un'oretta, prese il manico del trolley e se lo trascinò dietro come se avesse appresso un macigno; la casa di Nadia non era tanto distante dal parchetto in cui lei si trovava e la zona era piuttosto frequentata, lì vicino, ad esempio, c'erano un bistrot, una farmacia, una cartoleria e una lavanderia-sartoria, qualche metro più in là si trovava anche la fermata dell'autobus, che avrebbe potuto prendere per fare più in fretta, ma preferì andare a piedi.
Camminò per circa una ventina di minuti e arrivò davanti al cancello grigio chiaro, che non lasciava vedere nulla di ciò che c'era dall'altra parte; Ophelia sospirò e suonò, una manciata di secondi e sentì un piccolo schiocco, il cancello automatico si aprì per farla entrare, lei attraversò il vialetto, notando quanto fosse curato.
"Tipico di zia Nadia" pensò.
Ophelia arrivò davanti alla porta color nocciola e colpì un paio di volte il picchiotto, dal motivo floreale, e una decina di secondi dopo Nadia aprì.
-Ciao mia cara- la scrutò e poi la fece entrare.  -Stavo per richiamarti- continuò nell'ingresso.
-Scusami se prima non ti ho risposto- disse Ophelia.
Nadia le accarezzò una spalla e la invitò a mettersi comoda.
-Ti ho preparato dei toast- nel frattempo Nadia osservava la pronipote liberarsi di cappotto, sciarpa e guanti. -Ti aspetto in cucina- la guardò prima di andare e Ophelia capì che non erano ammesse proteste, non che lo avesse fatto, non era in vena di nulla figuriamoci di ribattere, avrebbe seguito la sua prozia, anche se magari il pasto sarebbe rimasto intatto.
Ophelia si guardò un po' intorno, ricordando quando dieci anni fa partecipò per la prima volta alla festa halloweeniana della prozia, di riflesso alzò il capo verso il lampadario e trovò solo i pendenti in cristallo.
-Sto preparando una bella tisana a base di camomilla e valeriana, dormirai come una neonata- disse Nadia dalla cucina, interrompendo i ricordi della pronipote.
Ophelia non disse nulla, sistemò il suo indumento sul bracciolo del divano color caffè, ma con la coda dell'occhio notò l'attaccapanni e allora lo appese insieme alla sciarpa, i guanti li mise nella borsetta. Deglutì, dopo raggiunse la prozia e prese semplicemente posto, restando a guardare come Nadia si muoveva in quello spazio, ricordando di quando, dopo il lavoro, tornava a casa per preparare la cena, impegnandosi perché il suo, ormai, ex compagno trovasse tutto pronto; quello era il loro momento, si raccontavano com'era andata la giornata, poi scherzavano e ridevano su piccoli aneddoti successi nel trascorrere del giorno. E dopo, dopo c'era la serata sul divano a guardare qualcosa in tv, mentre di tanto in tanto ci si abbandonava a qualche carezza e qualche bacio appassionato. 
"Forse è questo che ha deteriorato il nostro rapporto: ci comportavamo come una vecchia coppia ancora prima di esserci sposati".
-Non ci pensare nemmeno!- esclamò Nadia. -Quello è uno sguardo colpevole e tu non sei l'unica. In una coppia sbagliano entrambi, non uno solo-.
Ophelia sapeva che Nadia era stata sposata tre volte, ma aveva amato veramente solo una, quindi parlava per esperienza.
-Sicuramente hai la tua parte di responsabilità, ma lui non è da meno-.
In fondo Ophelia sapeva che la prozia aveva ragione, lei stessa pronunciò quelle stesse parole quando una sua cara amica divorziò. In quel momento, però, voleva solo capire perché non aveva funzionato.
-Una vita coniugale non è solo fatta di sesso, ci dev'essere dell'altro, una base solida che va costruita con pazienza e volontà. Purtroppo, invece, pare che i giovani d'oggi ragionino coi genitali e facciano fatica a costruire le cose, le relazioni. Tutto di fretta vogliono- Nadia scosse la testa.
Ophelia non capì se la prozia era amareggiata o irritata. Forse entrambe le cose.
-Ad ogni modo, non sei venuta qui per ascoltare i miei ragionamenti da vecchia signora- e porse una tazza alla pronipote, per poi versarci la tisana. -Spero davvero che tu possa trovare la serenità che meriti- le accarezzò la guancia e la strinse in un abbraccio.
Ophelia ricorse a tutta la forza di volontà che aveva per non scoppiare in lacrime, non voleva dare nient'altro all'uomo che l'aveva pugnalata.
"Non merita nulla da me, tanto meno le mie lacrime".
Durante la serata, Nadia cercò di intrattenere Ophelia con vari discorsi divertenti sulla sua vita e la pronipote poté confrontarsi e capire cosa loro due avevano in comune.
Per un po' Ophelia aveva dimenticato il dolore e la delusione, per un po' aveva riso spensierata e tutto le era parso più leggero, sopportabile.
-Perché crescere è così difficile?- bisbigliò Ophelia con voce un po' tremante. -È curioso come quando da piccoli abbiamo fretta di diventare grandi, ma una volta che succede capisci che non è poi questa gran cosa e si stava meglio da bambini-.
-L'essere umano è una creatura curiosa, dalle infinite sfaccettature-.
-Tu hai molte più sfaccettature di una persona comune- sottolineò Ophelia. -Hai qualcosa in più-.
-Non mi sono mai considerata speciale, in fondo ci sono altre persone come me-.
-Sicuramente, ma non si può dire che tutti facciano ciò che fai tu, alcune vanno in crisi perché li spaventa essere come sono-.
-Prima o poi impari a conviverci- replicò Nadia, guardando un punto indefinito.
-Certo, solo che la convivenza può essere un fardello e non un dono-.
-A volte vanno di pari passo, dono e fardello, ma sta sempre a noi l'ultima parola- Nadia bevve un sorso del suo vino e sospirò. -Immagino sarai stanca- continuò e l'orologio iniziò a battere i ritocchi: mezzanotte.
-Lo sono, però non ho sonno. Ogni volta che sono stesa sul letto, nel silenzio della stanza, non faccio che pensare e farmi mille domande- Ophelia si sistemò in modo da stendere il braccio sullo schienale del divano, per potervi poggiare il capo.
-Lo sai che molti sono convinti che la mezzanotte sia l'ora in cui il nostro mondo e quello dell'aldilà si uniscono? Non hanno tutti i torti, perché è comunque un nuovo inizio, un nuovo giorno sta nascendo, e quindi c'è una speranza, invece ti dirò che l'ora in cui noi incontriamo le creature ultraterrene è alle tre di notte. Ci sono molte teorie sul perché proprio questo momento, e un po' tutte hanno del vero- rigirò quel poco di vino che era rimasto nella coppa e alla fine lo bevve.
-Dovrei spaventarmi?- chiese scherzosamente Ophelia.
-So benissimo che queste cose non ti spaventano e in tutta franchezza non so se sia un bene o un male. Da una parte dovresti avere paura, perché non tutti gli spiriti sono benevoli, dall'altra invece è confortante tu sia consapevole di quest'altra realtà- Nadia si voltò per guardare la pronipote e le sorrise. -Va' a riposare, la tisana farà il suo effetto, credimi- si alzò e tese la mano alla sua adorata pronipote. Lei accettò l'invito ed entrambe salirono al piano di sopra.
Ophelia non era una ragazza facilmente impressionabile, però chiacchierare con la sua prozia qualche brivido glielo faceva venire, sempre, perché rendeva tutto il mondo occulto più reale.
Quando fu sul punto di aprire la porta della stanza, che l'avrebbe ospitata, si voltò.
-Devo preoccuparmi per questa notte?- chiese.
-Sarai così addormentata che nemmeno i cannoni ti sveglieranno- rispose Nadia e dopo quelle parole entrò in camera sua, Ophelia invece si guardò ancora un attimo introno; il buio pareva inghiottire ogni cosa lì vicino, sembrava un abisso inquietante quanto attraente. Un brivido l'attraversò fino a farle venire la pelle d'oca, aprì la porta e se la chiuse immediatamente alle spalle.
"È solo soggezione" si disse per calmarsi e andò verso il letto, accorgendosi dello specchio poco lontano da lei.

"Non specchiarti dalla mezzanotte in poi, soprattutto se è buio" le raccomandava sempre sua nonna. "Quegli oggetti sono un portale tra il nostro mondo e il loro, potresti vedere cose spiacevoli", ecco uno dei motivi per cui Ophelia non teneva specchi in camera da letto.
Cercò di non guardare il proprio riflesso, però ne era come attratta, così si avvicinò, con un leggero timore. Non c'era nulla di diverso e allora fece ancora qualche passo e altri ancora, fino a trovarsi faccia a faccia con se stessa.
Ophelia avvicinò il viso a una decina di centimetri dalla superficie e per un millesimo di secondo le parve di vedere i suoi occhi diventare sempre più scuri, voleva distogliere lo sguardo ma quel brivido, in qualche modo, le piaceva.
"È tutta soggezione" si ripeté ancora mentalmente. "È impossibile che queste cose siano vere" disse una vocina lontana, nell'angolo più remoto della sua mente. "Il riflesso non può mutare come per magia", questa volta il pensiero fu molto più chiaro e Ophelia sbatté le palpebre.
-È solo frutto della mia immaginazione, sicuramente sono influenzata dal discorso fatto stasera-, ma l'istinto non mentiva e le stava dicendo qualcosa.
Tolse gli stivaletti neri con plateau, che toccando terra produssero un tonfo, e si stese sul letto, non aveva nemmeno voglia di mettere il pigiama, sentiva le palpebre pesanti e desiderava solo abbandonarsi al sonno.
"Una cosa è certa, le tisane di zia Nadia sono miracolose", si mise in posizione fetale e si addormentò.

L'indomani Ophelia fu svegliata da un persistente ticchettio alla finestra, si rigirò nel letto un paio di volte, strizzò gli occhi prima di aprirli e poi li sfregò cautamente, a fatica riuscì a vedere dove si trovava, le ci vollero alcuni secondi per riportare alla mente i ricordi degli ultimi avvenimenti.
Poggiò un braccio a coprirle gli occhi, un peso sul petto e lo stomaco che le si contorceva.
Bussarono.
-Sono Nadia- disse la voce oltre la porta.
-Entra pure-.
-Come hai dormito?- chiese la prozia quando arrivò vicino alla pronipote.
-Come una neonata- replicò Ophelia, accennando un sorrisetto e citando le parole di Nadia dette la sera prima.
-Lo vedo- e Nadia guardò i vestiti di Ophelia, gli stessi che aveva indosso ieri.
Le diede una leggera pacca sul fianco e la spronò ad alzarsi.
-La colazione sarà pronta tra poco, datti una sistemata e poi scendi- Nadia si alzò e le lasciò un bacio fugace sul braccio, che copriva ancora parte del viso della pronipote.
Ophelia si alzò pochi secondi dopo, con una sensazione di pesantezza addosso, decise allora di farsi un bel bagno, sicuramente l'avrebbe rilassata; l'acqua era calda al punto giusto, il bagnoschiuma alla vaniglia era invitante e lei si lasciò avvolgere da quella meravigliosa sensazione di tranquillità, dato che ultimamente non aveva fatto altro che discutere col suo ex compagno e questo appesantiva tutto il resto, lavoro compreso.
Ophelia prese un bel respiro profondo, avrebbe voluto restare lì ancora per un'altra mezz'oretta, ma Nadia la stava aspettando per la colazione, quindi non poteva tardare troppo, così chiuse per un momento gli occhi e s'immerse completamente, si ricordò di quand'era bambina e passava molto tempo a giocare con le bambole lì nella vasca piena d'acqua, fino a farsi venire le dita raggrinzite, poi qualcosa cancellò i suoi ricordi e sentì come un mormorio lontano, automaticamente pensò fosse Nadia, che le stava dicendo di sbrigarsi, però quella voce si deformò fino a diventare inquietante e più vicina.
Ophelia riemerse con una sensazione angosciante, si guardò intorno e non vide nessuno: in bagno c'era solo lei. Si sbrigò ad asciugarsi e vestirsi e poi scese immediatamente in cucina, dove chiese a Nadia se, poco fa, l'aveva chiamata per la colazione.
-No, non volevo metterti fretta, quindi ho lasciato ti prendessi del tempo per rilassarti-.
-Ho sentito una voce, o forse erano più di una, quando mi sono immersa sott'acqua-
-Lo sai, una credenza narra che quelli siano i lamenti delle anime che stanno all'inferno? Chiedono perennemente aiuto, con la speranza che qualcuno li senta e li aiuti- raccontò Nadia, come se stesse parlando di una favola.
-Se vuoi mettermi paura, ci stai riuscendo. Ti ricordo però che dovrò restare qui in casa tua per un po' di tempo, quindi vacci piano- disse Ophelia con la pelle d'oca.
Nadia sorrise e finì di preparare la colazione.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Astrid von Hardenberg