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Autore: Legar    10/09/2021    10 recensioni
«Leggi per me.»
Hermione non aveva mai condiviso un racconto ad alta voce con qualcuno.
Pagine che parlavano di ignoto e poi di casa – letture e riletture – erano state compagnia nella cameretta di una figlia unica e confortevole isolamento in un dormitorio sconosciuto.
Erano calore nel letto vuoto di un’adulta.
Rappresentavano una certezza irrinunciabile, come quella che Draco Malfoy ad ascoltarle non fosse mai stato previsto.

[Questa storia è in nomination per la 'Miglior sceneggiatura non originale' agli Oscar della Penna 2022 indetti sul forum Ferisce più la penna.]
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Singolari letture condivise

 

 

«Leggi per me.»

Hermione non aveva mai condiviso un racconto ad alta voce con qualcuno.

Pagine che parlavano di ignoto e poi di casa – letture e riletture – erano state compagnia nella cameretta di una figlia unica e confortevole isolamento in un dormitorio sconosciuto.

Erano calore nel letto vuoto di un’adulta.

Rappresentavano una certezza irrinunciabile, come quella che Draco Malfoy ad ascoltarle non fosse mai stato previsto. Con il naso chino sulla carta, Hermione non poteva vedere l’espressione con cui lui le aveva rivolto quell’invito, ma la accarezzarono le sillabe roche dalla sua gola. I ricci folti ai lati del viso nascosero le guance accaldate; gli occhi non potevano muoversi.

«Malfoy,» si schiarì la voce per camuffare il tono adulato senza controllo, «io ti ho solo chiesto di aiutarmi a smettere.»

L’erba sottile sul retro della villa che era stata dei genitori del mago era tiepida sotto le gambe. La trama del tessuto sulle maniche era rivelata dai raggi del tramonto.

Una mano non riuscì a resistere all’obbligo di voltare la pagina.

«Lo farò. Leggi per me, intanto che studio il modo.»

Dita lunghe picchiettarono sulla costa del volume, sfiorando le sue che lo reggevano con odioso rispetto nei confronti della forza di quell’inchiostro.

Per la prima volta da quando era stata ingannata dalla propria passione, Hermione ringraziò di avere il libro a coprirle il viso. Non poteva spostarlo e la maledizione di cui erano impregnati i caratteri non le permetteva di distrarsi in conversazioni che non lo includessero, perciò non poté indagare oltre le sue ragioni. Scrollò le spalle e iniziò il quarto capitolo.

 

***

 

TRE ORE PRIMA

Non era una visione inusuale, quella di Hermione Granger sprofondata tra le pagine di un libro. I colleghi all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia sapevano quanto apprezzasse trascorrere a quel modo le pause dal lavoro e le indirizzavano saluti distratti. Quel giorno non vennero ricambiati.

Lei era terribilmente consapevole di cosa non andasse: le ciglia appena più vicine ai caratteri, le dita strettissime sulla carta, l’odore di pergamena che riempiva tutto e nulla lasciava penetrare.

Semplicemente, non riusciva a smettere.

Nessun complimento da porgere all’autore, nessun attestato di bravura per la sua penna. Hermione non riusciva a smettere perché non poteva smettere.

Il libro sembrava assolutamente normale, a un’occhiata superficiale come a una più approfondita, e se non aveva colpito altri dipendenti dell’ufficio era solo perché lei era l’unica che, davanti a un titolo sconosciuto, cedeva alla curiosità. L’eleganza del corsivo su uno sfondo cremisi, nessuna indicazione dell’autore né della casa editrice, filamenti d’oro intessuti nella copertina rigida. L’aveva girata. Quel gesto, così familiare, era bastato a condannarla a una trappola offuscata dall’attrattiva, come catene ornate d’oro pregiato sapevano stringere con altrettanta forza di un Incarceramus.

Il racconto era persino banale: di scritti sull’amore nato ai due lati opposti di una società, di una guerra, di un convincimento morale era piena la letteratura sia Babbana sia magica. Non c’era nulla di nuovo nella complementarietà delle diversità, niente di originale nella storia d’amore tra un’altezzosa principessa Babbana e un valoroso ma umile mago. Non era nemmeno il suo genere preferito – una compagnia non scelta e indesiderata. Tutto ciò che di singolare apparteneva al volume non era incastrato nella semantica.

Comprendere ciò che aveva tra le mani – il libro che non si poteva smettere di leggere era diventato leggenda tra i corridoi del Ministero e spauracchio per i piccoli maghi troppo fiduciosi –, non le diceva nulla su come liberarsene. La sua maledizione non le lasciava nemmeno la possibilità di fare una ricerca in autonomia e detestava il pensiero di non poter trovare risposte fidate tra altre pagine. In seguito sarebbero stati presi dei provvedimenti per l’incauto impiegato che, durante il riordino dell’archivio dei manufatti sequestrati in decenni, l’aveva lasciato incustodito e senza un’etichetta ad avvertire del pericolo; ma per il momento doveva trovare una soluzione al problema.

La pila di fascicoli che si era proposta di revisionare entro il termine della giornata lavorativa era un’immagine desolante sulla scrivania, da cogliere solo al margine del campo visivo.

«Ciao, Hermione.»

Non riuscì a sollevare lo sguardo che per un breve cenno. Un saluto ricambiato distrattamente era una scortesia che Draco Malfoy non meritava, non più: da collega, si era ripulito di vecchi demeriti. Saluti gentili, il nome proprio su una bocca che non l’aveva mai pronunciato – era un altro modo di definire la pace, uno in cui due singoli non erano estranei.

Hermione considerò rapidamente che il suo campo di esperienza in quell’ufficio riguardava proprio i manufatti oscuri; lui stesso aveva consegnato l’intera collezione del padre, dopo le condanne dei Mangiamorte, mettendo la propria formazione al servizio della parte giusta. Rifletté sulla propria situazione, in cui le mani erano vincolate e vinte, e parlò prima che lui si allontanasse, senza fermarsi per prendere fiato: «Draco, aiutami, per favore, non posso smettere di leggere, è una maledizione!»

I tacchi delle scarpe maschili si interruppero e una risata divertita sostituì il rumore del loro incedere sul pavimento di pietra del Ministero. Poi lui si avvicinò alla sua scrivania, piegò il busto in avanti e il viso la osservò a una distanza che era interesse e sottile pungolo.

«Che cosa hai fatto?»

 

***

 

Nel corso della lettura si era messa comoda, le gambe incrociate e la schiena poggiata a un tronco largo che doveva essere lì dai tempi di un lontano antenato di Draco. Nei sogni più tranquilli, quelli in cui si rimaneva senza alcuna urgenza di spalancare gli occhi per accertarsi della realtà, doveva esistere un posto come quello: il profumo colorato di fiori, il vento sbiadito tra le fronde, tenui versi di uccelli a tinteggiare la quiete. Si erano ritrovati al tramonto e, se non fossero stati proprio loro due i protagonisti, si sarebbe potuta dire la cornice perfetta di un appuntamento.

L’uomo che le sedeva accanto si era spostato assieme a lei per non irrompere nel suo spazio, ma niente, nemmeno il fatto che Hermione non poteva contemplare altro che non fossero le pagine, le permetteva di ignorarlo. Una profonda risata maschile si univa alla sua nei passaggi più divertenti del testo, un mormorio basso quando l’autore si spingeva in considerazioni di carattere morale.

«Perciò com’è diventata una principessa?»

«Semplicemente nascendo in questa famiglia, come suo padre, il re, è stato principe prima di lei» spiegò all’uomo, che non poteva conoscere le leggi delle istituzioni Babbane.

Si era accorta che poteva commentare il libro ad alta voce, perché il confronto era parte dell’esperienza di lettura e le pagine stregate lo sapevano, al pari di ogni appassionato. La discussione però non poteva procedere oltre, perché una forza misteriosa la attraeva irrimediabilmente se provava a divergere. Era quanto ogni lettore diceva almeno una volta, nella propria esperienza, davanti a un buon libro; tuttavia prendere quel vincolo in modo letterale era solo piacere dilatato senza una pausa per avvedersene – una tortura.

«Perciò questa Elizabeth pensa di essere superiore a un mago solo per diritto di nascita?»

Hermione inarcò un sopracciglio, udendo il suo tono scettico. «Malfoy, sul serio?»

«È un mago, come me e te!» si difese lui, ma non c’era più cattiveria a trascinare le sue parole. Sembrava che stesse innocentemente scherzando con lei, andando oltre la perfetta cortesia delle interazioni lavorative. E non c’era più alcun riferimento al sangue valevole di essere menzionato, lei era una strega come lui.

«Ti sorprenderà sapere che per qualcuno conta meno di quello che pensi.»

«Che pensavo» la corresse. «Non mi sorprende più niente.»

Non ebbero modo di approfondire il mutato corso delle sue opinioni, perché a quel punto continuare a leggere fu un’urgenza insostenibile. Ciononostante, ne aveva avuto prova nell’atteggiamento composto che lui aveva mostrato da quando gli era stato offerto l’incarico al Ministero, e in ogni successiva interazione, fino al momento in cui lei gli aveva chiesto aiuto e lui aveva accettato senza indugio.

Riprese la lettura ad alta voce. Lui si avvicinò per studiare qualcosa nella trama della carta e il suo alito caldo le carezzò le nocche. Un dito si fece a una distanza imprevedibile da quello con cui lei teneva il segno e per un istante la voce tentennò nel mezzo del paragrafo. In quella posizione il dorso della copertina non poteva nemmeno più servirle per coprire le guance arrossate dalla sua intraprendenza.

 

***

 

DUE ORE PRIMA

«Qui c’è qualcosa» annunciò Draco.

Si era sepolto tra colonne di faldoni, pile di volumi, cassetti di documenti negli archivi del Ministero – per lei, che non poteva farlo al suo posto e si trovava sommersa da un unico libro quando desiderava gettarsi da una pagina utile all’altra.

Si erano mossi dall’ufficio non appena lui aveva compreso la situazione, alludendo a qualche precedente di cui aveva memoria dalla collezione oscura del padre. Il tragitto non le era nuovo e tuttavia era stato più arduo del solito, con il rischio di inciampare, scontrarsi con qualcuno o prendere una direzione sbagliata, dal momento che non poteva alzare lo sguardo che per brevi istanti e aveva solo una mano libera. A un certo punto lui l’aveva presa per un braccio e, con attenta cortesia, l’aveva scortata, fino al punto in cui aveva aperto la porta per lei. Non ti facevo così galante.

Ci fu solo silenzio nei minuti successivi. Hermione fremeva dalla voglia di sapere che cosa lui stesse consultando e invece non poteva che proseguire nella propria lettura. Se anche avesse mai potuto trovare interessante una prevedibile storia d’amore, quella, a causa della costrizione, non poteva proprio catturarla.

«Dimmi qualcosa!» lo pregò, voltando la pagina, seguitando per inerzia.

«C’è un rito da eseguire.»

«Eseguiamolo!» si animò nel mezzo di un capoverso.

L’uomo chiuse con un tonfo il volume – lei non avrebbe saputo ritrovarlo, non aveva potuto scorgere il momento in cui si era allungato a prenderlo da uno degli scaffali che riempivano la parete e contenevano più di quanto concesso dalle leggi della materia, grazie a un antico Incantesimo di Estensione Irriconoscibile il cui primo autore era un impiegato neanche più in vita.

La fiamma di una candela ondeggiò, disegnando ombre sinuose sulla pagina che Hermione non poteva abbandonare. Non c’era nemmeno la luce finta del sole a far brillare la polvere: quella stanza per la consultazione mancava delle finestre incantate del Ministero, nessuno ci trascorreva mai molto tempo.

«Ci serve uno spazio aperto e lontano da Babbani, per lo Statuto di Segretezza. E va fatto in un punto preciso della lettura, verso la fine, ma devi arrivarci senza saltare neanche una riga. Ovviamente non puoi farlo da sola.» La sedia di legno strisciò sul pavimento, poi una mano raggiunse le sue, per sostegno e contatto non richiesti eppure offerti. «Vieni con me.»

Due punti a metà rigo, una breve pausa – «Dove?» – e continuò.

«A casa mia. Me ne occuperò io lì.»

Tre proposizioni per quietare appena la brama, poi punto fermo – «Perché a casa tua?» – e a capo.

Ai confini degli occhi le sue lunghe dita si ritrassero. «Hai un altro posto da proporre?» domandò, e lei preferì scegliere di aver solo immaginato l’ombra di risentimento insinuatasi tra le sillabe.

«Penso che aspetterò semplicemente di finire il libro.» Avrebbe recuperato il giorno seguente il lavoro interrotto, per esempio arrivando prima o togliendo tempo al pranzo o andando via più tardi del solito.

Dopo un momento lui rise, scardinando la quiete polverosa dell’archivio. «Buona fortuna. Qui dice che una volta finito si è costretti a iniziarlo da capo» annunciò, menzionando il tomo consultato.

Un buio improvviso avvolse i suoi piani per l’indomani. Le dita si contrassero sulla carta; quella maledizione era più crudele di quanto avesse immaginato.

Hermione pensò al proprio appartamento, piccolo, nel quartiere residenziale Babbano da cui riusciva a raggiungere i genitori – costruire nuovi ricordi per non doverli cancellare mai più – ogni volta che voleva pur conservando la propria autonomia. Pensò al vasto giardino di villa Malfoy, che aveva rivisto in un’unica circostanza dopo la guerra – il ricordo di cui aveva messo a tacere il tormento – per un breve incarico lavorativo.

La situazione non le concedeva fiato da sprecare in discussioni e l’alternativa più prossima non era così improponibile.

«Andiamo» decise.

Però avrebbe fatto meglio a non raccontare a Ginny che Draco Malfoy l’aveva invitata a casa, nella prossima lettera che avrebbe spedito alla sede del ritiro delle Holyhead Harpies; suonava terribilmente equivoco persino a lei che conosceva la genesi della proposta.

«Bene. Io prendo in prestito questo libro, tu porta il tuo.»

«Hai capito o no che non posso staccarmi?»

Lui ridacchiò della sua irritazione, mostrandole come avrebbe dovuto reagire lei stessa immediatamente: Draco Malfoy stava solo cercando di fare una battuta. In una conversazione con Hermione Granger.

Scosse la testa e lo seguì. Raggiunsero l’atrio camminando fianco a fianco.

Incrociarono due Indicibili e lei rischiò di travolgere la donna, ma un gesto fulmineo di Draco la trattenne – e per la prima volta da quando si vedevano sul lavoro le venne in mente che, negli anni di scuola, lui era stato nella squadra di Quidditch della sua Casa. Alle loro spalle la strega si lasciò sfuggire un’allusione scortese sulla famosa Hermione Granger, dove “un inguaribile topo di biblioteca” era la cosa più garbata, a voce non abbastanza bassa da raggiungere solo il collega.

Ringraziò Draco davanti a un camino vuoto. Lui raccolse una manciata di Polvere Volante con una mano, giacché le sue erano impegnate, e con l’altra le strinse di più il braccio in risposta – o solo per la Smaterializzazione Congiunta, probabilmente la sua galanteria si era già esaurita, lei non poteva esserne la destinataria preferita.

Draco però non la lasciò davanti all’imponente cancello di villa Malfoy, né mentre passeggiavano lungo il viale alberato, né quando la aiutò a sedersi. Non ti facevo così galante. Non c’erano occhi ad assistere a quei gesti inediti e singolari; nemmeno i suoi, vincolati al libro stregato.

Fece portare un tè dagli elfi domestici, precisando che il loro trattamento in quella dimora rispettava appieno la legge in materia che lei aveva fatto approvare due anni prima.

Le aveva preparato l’ideale etereo di ogni lettore, lo scenario più romantico per una lettura privata.

Invece, leggi per me.

 

Aveva letto per lui, con lui, a lui. Draco era lì e la guardava, sfiorava, interrogava.

Hermione continuava in attesa di raggiungere il momento, che lui avrebbe riconosciuto, in cui rompere la maledizione. Non aveva altro modo se non affidarsi alla sua esperienza in materia e alla sua ricerca, ma la resa non recava terrore. Era consapevole che quell’ex-Mangiamorte dalla bacchetta poco salda non le avrebbe mai fatto del male – non aveva mai avuto la reale intenzione di farlo e, dopo, l’aveva dimostrato. A un tribunale e a chiunque l’avesse incontrato tra gli uffici, persino a lei.

Proseguì fino al terzultimo capitolo – quando lui le scostò un riccio crollato sulla fronte –, poi al penultimo – il vento le soffiò la sciarpa sul mento e lui la allontanò trascinandola in una carezza di dita lanose lungo la mandibola. Sembrava agire sovrappensiero, mentre scrutava il volume alla ricerca dei segreti dell’incantesimo e consultava quello preso al Ministero, così lei non ebbe mai alcuna ragione per rimproverargli una distrazione. Né l’avrebbe voluto.

Proseguì nell’aria reciproca che si faceva più calda nonostante il calare della sera con le sue ombre.

Proseguì fino all’ultimo paragrafo.

«È finito.»

Lui registrò l’informazione con un basso mormorio, poi si sfiorò il mento e rispose: «Bene. Ti è piaciuto?»

Hermione batté il retro del libro sulle proprie ginocchia. «Malfoy, è finito» ribadì. «Non sto più leggendo.»

Poteva scrutarlo torva senza più alcun obbligo di distogliere lo sguardo. Lui posò i palmi aperti sul suolo, allungò le braccia all’indietro per stendere la schiena. «Ottimo, problema risolto.» Pareva che nulla potesse intaccare la placidità della sua posa, come una serpe che si gode l’avvicinarsi di un animale incauto: lui l’aveva invitata nella propria tana e lei l’aveva accettato.

«Ma tu non hai fatto niente!»

«Non esiste nessun rimedio, bisogna solo aspettare di concluderlo e quindi l’incantesimo si rompe.» Si mosse nuovamente verso di lei per chiuderle il libro tra le mani; le sue erano calde e morbide dalle nocche alle unghie, in rapide carezze, irritanti perché fintamente docili. «A meno che non venga riaperto.»

Hermione non trattenne un sospiro indignato. «E perché non me l’hai detto prima?»

«Perché se l’avessi detto subito, tu saresti andata via.»

«E perché sarei dovuta rimanere?» Si mise in piedi, a sottolineare l’intenzione.

Lui alzò un braccio per impedirle di scappare. «Perché se ti avessi chiesto di uscire con me, tu avresti rifiutato.»

Hermione strattonò l’arto. L’aveva ingannata. Le era piaciuto farsi ingannare.

«Cosa ti fa pensare che accetterei di uscire con te, ora?»

Anche Draco si sollevò da terra e si fece più vicino. La liberò del peso del libro antico, dalla copertina rigida e la carta spessa, e lo conservò sotto la propria spalla. «Il fatto che non mi facessi così galante» pronunciò in tono roco, umettando le labbra mentre l’ultima parola si spegneva, bruciando, nella mente di lei.

Scosse la testa, seccata, ma non poté ribattere. Aveva usato le sue parole contro di lei; entrambi erano combattenti di guerre che non contavano più, ma restavano nell’erba nuova, brillante, in un terreno di battaglia non nutrito di sangue.

Senza smettere di guardarla negli occhi, Draco disse: «Toppy!» L’elfo rispose immediatamente alla convocazione, apparendo tra loro nella divisa prescritta dal Ministero – mai più stracci informi a coprire corpi indegni, mai più disparità.

«Potete apparecchiare in sala da pranzo» ordinò, in un tono educato che lei non avrebbe mai immaginato. Si rivolse di nuovo a lei: «Resti per cena?»

Draco Malfoy sorrideva, in attesa della risposta di Hermione Granger a un invito a cena. Come in un appuntamento.

L’unica vera trappola in cui era finita quel giorno non aveva niente di magico, e lei non aveva neanche più urgenza di evadere. La sua mente, libera dal vincolo che in verità non era stato lui a sciogliere, poté soffermarsi, ponderare, decidere.

C’erano stati occhi di pietra incisa dalla colpa e la stretta di mano che non si erano scambiati a undici anni.

«Come puoi fingere che nulla sia accaduto?»

«Io sono Draco Malfoy e tu devi essere la famosa Hermione Granger, sono certo lavoreremo bene insieme. Preferisci così?»

«Cosa cambia?»

«Così un Malfoy non cade e persevera a essere.»

«Qualcuno lo definirebbe un comodo voltafaccia.»

«E tu come definisci la mia faccia?»

«Questa non è la peggiore che tu abbia mai avuto.»

E poi c’erano state mani inseguite e ritirate ai margini di documenti ufficiali, occhi piegati in basso dal peso delicato della curiosità.

Draco Malfoy aspettava.

Resti per cena?

«Sì.»

Gli sorrise e tese una mano aperta. Lui si ristabilì subito dalla sorpresa e la strinse tra dita gentili.

Con un movimento rapido della bacchetta, non annunciato da una formula udibile, Hermione riprese il libro che lui teneva con l’altro arto. Lo aprì alla prima pagina davanti ai suoi occhi e lui non ebbe la prontezza di evitare la lettura dell’incipit. Draco si lasciò sfuggire un’imprecazione a mezza voce.

Hermione l’aveva appena condannato alla stessa agonia d’inchiostro. Se lo lasciò alle spalle con una risata leggera, puntando i piedi verso il medesimo viale alberato da cui prima si erano spinti nel folto della proprietà.

Sarebbe rimasta per cena.

«Però domani sera.»

 

 

 

 

 

 

 

Note:

Un riferimento al libro che compare in questo racconto è in Harry Potter e la Camera dei Segreti, nelle parole di Ron: “Fra i libri confiscati dal Ministero... mi ha detto papà... […] Una vecchia strega che viveva a Bath aveva un libro che non si riusciva mai a smettere di leggere! Eri costretto ad andartene in giro con il naso incollato alle pagine, cercando di fare tutto con una mano sola.” Tutte le informazioni ulteriori rispetto a questa descrizione sono di mia invenzione.

Il titolo è un riferimento al fatto che il libro trovato da Hermione è a tutti gli effetti singolare, peculiare. Mi piaceva, però, anche la contrapposizione tra l’idea di “singolo”, della lettura che è usualmente un’attività solitaria, a quella di “condivisione”.

Il nome dell’elfo domestico di villa Malfoy è liberamente inventato.

La struttura della one-shot, con due linee temporali alternate, è stata ispirata da uno dei prompt stilistici del contest “Di prompt stilistici e figure retoriche” indetto da Futeki sul forum di EFP. Ho partecipato al contest con la one-shot Dramione Infrangere il silenzio, ma ho voluto provare a scrivere anche con un altro prompt. Riporto la descrizione così come proposta dalla giudice: La storia deve svolgersi su due piani temporali diversi (uno precedente all’altro) che a un certo punto si incontrano: la linea temporale “precedente” deve necessariamente raggiungere l’altra, concludendosi nel momento in cui arriva a narrare l’inizio della linea temporale “successiva”. Quest’ultima può interrompersi nello stesso momento, o procedere brevemente dopo il ricongiungimento. Attenzione a non rendere una delle due linee temporali subordinata rispetto all’altra: il rischio è quello di scrivere di una linea narrativa principale e di una secondaria basata su flashback o flashforward, mentre l’obiettivo del prompt è quello di definire due linee narrative in tempi diversi che siano assolutamente bilanciate. (Molti esempi di questa tipologia di narrazione sono dati da serie tv come “Le regole del delitto perfetto” o “The Wilds”.)

Grazie per il tempo dedicato alla lettura (anche delle note lunghissime, mi scuso!). Spero l’abbiate apprezzata.

Legar

   
 
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