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Autore: R_just_R    11/09/2021    0 recensioni
[RusAme - One-sided FrUK - Soulmate!AU - Traduzione]
Qualsiasi cosa venga scritta sull’avambraccio compare anche su quello della propria Anima Gemella.
America e Russia, però, non hanno idea di essere legati dal filo rosso del destino e, sebbene durante le riunioni si scaglino l'uno contro l'altro, quando sono soli si scambiano messaggi inconsapevolmente.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Russia/Ivan Braginski
Note: AU, Soulmate!AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Distrazione 


La giornata prometteva bene: il sole splendeva, il letto della camera d’hotel era largo e confortevole, Russia poteva dormire fino a mezzogiorno se voleva e, soprattutto, non aveva ancora visto nessuno degli stati membri delle Nazioni Unite. Ivan non aveva alcuna intenzione di sopportare un secondo più del necessario le loro facce arcigne e antipatiche. Con tutto il rispetto dovuto ai suoi colleghi, ma negli ultimi tempi gli davano tremendamente sui nervi. Gli ronzavano attorno come dei moscerini fastidiosi, condannavano ogni sua azione e avevano da recriminare su tutte le sue questioni governative. E poco ma sicuro, a Russia non fregava nulla delle loro “opinioni autorevoli”. Sfortunatamente non era possibile dirlo così apertamente, anche se... esistevano pur sempre delle eccezioni.

Meglio tornare a pensare positivo.

Non appena sveglio, subito Ivan scrisse il consueto buongiorno sul polso. Era il modo in cui ormai iniziava la giornata. Gli piaceva parlare con la sua anima gemella, lo distraeva da un gran numero di problemi e dal tran-tran di ogni giorno. Si scrivevano incessantemente per tutto il giorno e addirittura durante la notte, nonostante ogni tanto capitasse di dover attendere a lungo per una risposta, a causa del fuso orario. Ma, quando la risposta finalmente arrivava, qualcosa si smuoveva nel petto di Ivan e le sue labbra si curvavano all’insù senza che lui potesse farci nulla. Era passata solo una settimana e già Ivan si era accorto che parlare con John era così semplice da risultare quasi preoccupante. Si comportavano come due amici di vecchia data che non si potevano incontrare dal vivo ma che si tenevano in contatto via messaggio. Erano svariati i loro argomenti di conversazione, ma entrambi evitavano di parlare di politica, quasi come se non vivessero in due paesi tradizionalmente rivali. Ad Ivan andava benissimo comunque, dato che di politica ne parlava più che abbastanza a lavoro.

Giorno dopo giorno la fiducia di Russia nel destino aumentava. Ad ogni modo, non aveva intenzione di avvicinarsi troppo al ragazzo e men che meno incontrarlo personalmente. Se si fossero incontrati, quell’innocente connessione tra di loro sarebbe potuta diventare pericolosa, Ivan avrebbe potuto affezionarsi un po’ troppo a John e poi... Russia ovviamente era più forte di Francia, ma non era neppure fatto di ferro.
Stranamente, la risposta al suo messaggio non tardò ad arrivare.

Buongiorno :)

Quindi John non era ancora andato a letto. Ivan calcolò che se a Londra erano le nove del mattino, a Washington dovevano essere circa le quattro. Ivan roteò gli occhi. John era così  infantile a volte – quel ragazzo non dormiva abbastanza.

Andrei a letto se fossi in te, gli scrisse Ivan con qualche difficoltà dato che era ancora steso a letto.

Ma per favore! Non mi va. E non cominciare con la predica, non è che tu sia molto più grande e responsabile di me.

Russia allargò un sorrisino. Se solo John avesse saputo la sua vera età, non avrebbe scritto una cosa del genere. Oppure, se l’avesse saputa, sarebbe scappato via e avrebbe fasciato il braccio per non leggere più nulla di quello che Ivan gli avrebbe scritto. Era un bene che non conoscesse la verità.


 
* * *


Magari tra me e te, l’adulto sono io!, scrisse Alfred che poi si affrettò a specificare. Mentalmente, intendo.

Be’, era vero! Aveva molti più anni di Ilya, quindi il russo poteva anche tenere per se le sue perle di saggezza. Anche se, Alfred gli era grato per essere così premuroso. Era da un bel po’ che qualcuno non lo rimproverava per andare a letto tardi. Non che si stesse privando del sonno, comunque. In quel momento America era seduto nel sala ristorante dell'hotel e stava facendo colazione con delle uova fritte, gli occhi fissi su un panorama un po' smorto, tipicamente britannico. I tavoli attorno a lui erano vuoti e non aveva visto nessuna delle altre nazioni. Probabilmente stavano ancora dormendo. Alfred stesso se la sarebbe presa comoda se solo quel rompiscatole di Arthur non avesse deciso di ricordargli alle otto di mattina della riunione che avevano in programma.
Perché poi, c’era da chiedersi. America era dell’idea che Inghilterra si divertisse a rendergli la vita difficile.

«Perché secondo lui: “Le nazioni non hanno tempo da perdere, men che meno per restare a letto” e bla bla bla.»
America sbuffò e bevve un sorso di caffè, facendo una smorfia. In quel caspita di paese erano bravi solo a preparare il tè.

Giusto John, sotto sotto sei più saggio di Buddha, gli aveva scritto Ilya nel frattempo.
Quali sono i tuoi programmi per oggi, oh maestro?

America sorrise per quella benevola presa in giro. Aveva sempre pensato che tutti i russi fossero degli stronzi scontrosi che non volevano altro che conquistare il mondo. Aveva cambiato idea, visto che Ilya si era dimostrato gentile e divertente. Sì, qualche volta prendeva in giro Alfred e di tanto in tanto lo trattava come un bambino, ma non lo faceva con cattive intenzioni. Il russo non aveva neppure fatto commenti sul suo governo né aveva fatto malevole osservazioni sugli americani e sugli Stati Uniti in generale. Il che era... una gradevole sorpresa.

Alfred poggiò la forchetta e si sollevò meglio la manica della giacca per poter scrivere ad Ilya.

Andrò all’università, come sempre. Tu?

In pochi secondi apparve la risposta.

Ho il turno serale, quindi mi sto riposando.

Ti invidio un po’ :(

Fai del tuo meglio nello studio, la pratica rende perfetti.

Mi hai appena definito “perfetto”?

Ho solo detto che dovrai studiare per sempre. Ti tocca soffrire ancora.

Che infame.

Amico mio, meno male che eri tu quello maturo.

Con un sorrisetto divertito, Alfred prese una salviettina per cancellare le ultime scritte sul braccio e comporre un nuovo messaggio. Dal nulla però apparve Cina che corse fino al tavolo di Alfred, sbattendovi su il vassoio della colazione con un tonfo. America abbassò alla svelta la manica e accartocciò la salvietta sporca, poi guardò Yao con un'aria affabile e cordiale. In poche parole, falsa.

«Che cosa c’è, Cina?»
Gli chiese con un sorriso di circostanza.

«Mercoledì scorso stavo tornando a casa dopo un meeting in Russia e che cos’è che trasmettono in tv? Dei servizi sulla guerra nel Mar Cinese Merdionale! Che razza di storia è questa? Vuoi per caso litigare con me?»

«Assolutamente no, mi piace la nostra...», le labbra di America si storsero impercettibilmente, «... amicizia.»

«Non so di che amicizia tu stia parlando.», borbottò tra sé e sé Cina, abbastanza forte da far sì che Alfred lo sentisse. «Tieni per te i pettegolezzi. Notizie come queste mettono in allarme i miei cittadini e questo si ripercuote direttamente su di me.»

«Lo so.», disse Alfred e i suoi occhi ebbero un guizzo. «Mi dispiace ma, come tu dovresti ben sapere, non si possono incarcerare i giornalisti. Comunque, cercherò di tenere la fuga di notizie sotto controllo.»

«Sarà meglio per te.», Yao osservò Alfred di sottecchi. Infine, riprese il vassoio e se ne andò.

Alfred sospirò, passandosi una mano tra i capelli. Perché doveva avere a che fare con persone così esasperanti già di primo mattino? Di tutto quel ciarpame politico si poteva benissimo discutere durante il meeting. Alfred poteva aver lasciato trapelare alcune notizie, e allora? Ben gli stava, a Cina! Come osava spalleggiare Russia e bocciare tutti i suoi piani geniali? America aveva impartito una bella lezione al cattivo, come un vero eroe avrebbe dovuto fare!

Il biondo sollevò la manica per scrivere nuovamente ad Ilya ma, quando vide il nuovo messaggio semplicemente sorrise, genuinamente questa volta, e annuì con fare comprensivo.

John? Ti sei addormentato? Bene. Sogni d’oro :)

Ivan, nel frattempo, si era alzato, si era sgranchito le gambe ed era sceso a mangiare. La mattinata sembrava davvero promettente.


 
* * *


Russia stava assistendo al meeting, di una noia mortale, cercando di non far caso alla voce monotona di Germania – stava parlando di minacce terroristiche e del bisogno di irrigidire i controlli alle frontiere. Prussia, in piedi accanto al fratello, chiaramente non era molto interessato alla questione. Gilbert roteò gli occhi, spostò il peso da un piede all’altro, sospirò miseramente e tirò la manica di Ludwig come un bambino stanco che voleva tornare a casa. Germania fece del suo meglio per non badare al fratello, dando fondo a tutta la sua pazienza e compostezza per ignorarlo, e portò strenuamente avanti il discorso.
Finì e ringraziò i colleghi, decisamente intorpiditi. Tornò quindi al suo posto, facendo cenno a Gilbert di seguirlo. 

Inghilterra si alzò e si schiarì la gola.

«Dunque, come ultimo punto all’ordine del giorno abbiamo...»

«Sanzioni contro la Russia», recitò Ivan in coro con Arthur. Ogni riunione finiva in quella maniera, non era nulla di nuovo.

Inghilterra si accigliò, fece una smorfia di disapprovazione, ma nondimeno annuì.

«Esattamente. America?»

Alfred, che versava in uno stato di apatia tale da sembrare sul punto di addormentarsi, con un balzo scattò in piedi, quasi saltellando, e rise rumorosamente.

«Cos’altro c'è da dire che non sia già stato detto?», chiese con fare drammatico, con un largo sorriso sulla faccia. Giappone e poche altre nazioni ricambiarono il gesto, un po’ imbarazzati. «A me sembra tutto così chiaro. Non vi preoccupate, nessuno eliminerà le sanzioni! È un mio compito da eroe, riuscirò a contenere il nemico fino a quando...»

«Puoi anche finirla di fare il pagliaccio, avrei una certa fame, così come la maggior parte dei presenti.», sebbene non gli andasse di scatenare una discussione, senza scomporsi Russia interruppe l’americano.

«Che c'è, non ti manca la tecnologia europea?», lo sfidò America, assottigliando lo sguardo.

Era per caso in cerca di guai? Ivan avrebbe voluto solo andarsene senza attirare troppo l’attenzione, ma quell’idiota americano stava chiaramente cercando di provocarlo.

«Stai per caso insinuando...»

«Russia!», lo interruppe Inghilterra. «Basta così.»

Ovviamente. Da bravo babysitter qual era, Inghilterra correva subito in soccorso del suo petulante moccioso.

«Non ho neppure cominciato, Kirkland.», gli fece notare Russia con freddo distacco, facendo scorrere un brivido lungo la schiena alla maggior parte delle altre nazioni.

«Perché per una volta non stai ad ascoltare quello che ho da dire, eh?!», si adirò America.

«Perché ascoltarti mi risulta insopportabile.», ringhiò Ivan, ancora cercando di mantenere la calma.

«E per me è insopportabile la tua sola presenza qui, ma cerco di resistere!»

«Oh? E allora che mi dici del Gruppo dei Sette?», lo schernì Russia.

«Se non piaci a nessuno magari sei tu il problema?», gli chiese Alfred, fulminandolo da dietro le lenti degli occhiali, senza mai smettere di guardare Ivan dritto negli occhi. Bastava quello sguardo per comprendere quanto America fosse potente. Ivan si sentiva come se si trovasse sul bordo di un cratere di un vulcano. In bilico. E ne avrebbe avuto timore se anche lui non avesse avuto la sua stessa forza.

«Perché invece tu piaci a tutti, no?», ribatté Ivan sarcastico e il suo respirò si condensò in una nuvoletta d'aria gelida – la temperatura della stanza si stava abbassando a vista d’occhio e gli altri paesi rabbrividirono. «Scommetto che pure il tuo caro amico Giappone non ti ha ancora perdonato per le atomiche che hai sganciato sulle sue città.»

Kiku sussultò e abbassò lo sguardo.

Alfred stava letteralmente fumando di rabbia. A differenza di Russia, non era ancora bravo a controllare le proprie emozioni. O, come ormai Ivan sospettava, ad America piaceva fare la vittima. Era una buona trovata pubblicitaria, no?

Anche Inghilterra si alzò e fece per intervenire ma si fermò quando Francia lo chiamò per nome, sorprendentemente con un buon accento inglese. Inghilterra lo osservò e si sedette di nuovo, arricciando le labbra.

Nel frattempo Alfred aveva raggiunto Russia all’altro capo del tavolo e, con occhi traboccanti di rabbia, sibilò: «Scommetto che la tua anima gemella è felice di essere morta senza averti neppure conosciuto.»

Alfred sapeva che avrebbe funzionato. Mettere in mezzo le anime gemelle durante un litigio non era ammesso, era un colpo basso e meschino. Esattamente ciò di cui aveva bisogno. Ora Ivan avrebbe reagito e così sarebbe passato dalla parte del torto. E funzionò, Russia aveva perso la sua aria serena. Il suo viso si distorse in una smorfia di odio puro e furente strinse le mani a pugno. Alfred in silenzio iniziò a contare fino a tre.

Uno.

Ivan contrasse la mascella e si avvicinò ad America.

Due.

Altre nazioni scattarono in piedi per sedare la rissa.

Tre.

«Bel tentativo, Jones, ma non ho cinque anni.», Ivan gli mormorò all’orecchio, mellifluo, poi si voltò verso gli altri paesi che erano rimasti come pietrificati sul posto. «Me ne vado, se non vi dispiace.», rivolse loro un cenno di saluto con il capo, prese la sua ventiquattrore e lasciò la stanza.

«Maledizione.», imprecò America e a sua volta uscì dalla sala, ma nella direzione opposta.

Inghilterra appoggiò le mani sul tavolo e finalmente, concluse la riunione.


 
* * *


America si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi. La camera era immersa nell’oscurità, non gli andava di accendere la luce. Aveva abbandonato le scarpe all’ingresso e si era nascosto sotto le coperte, ancora del tutto vestito, e si era rannicchiato su se stesso. Quelle liti gli lasciavano sempre un groppo in gola, facendolo sentire inerte e miserabile. Avrebbe dovuto sciacquarsi la bocca. Alfred sapeva di aver detto delle cose terribili e da qualche parte, nel profondo della sua anima se ne vergognava. Però... quel russo tirava fuori il peggio di lui, Ivan non perdeva occasione per fargli fare la figura dello stupido davanti a tutti gli altri, cercava di mettere in dubbio la sua autorevolezza che aveva guadagnato nel corso degli anni con sangue, lacrime e sudore. Alfred sapeva che su alcune cose Ivan aveva ragione – se non fosse per il potere che deteneva, a nessuno sarebbe importato un accidenti di lui. Un solo errore – e tutti gli avrebbero voltato le spalle. Perfino Arthur lo avrebbe abbandonato, alla fine che se ne faceva di uno come lui, che gli portava solamente problemi?

Alfred si coprì gli occhi con un braccio ma lo allontanò un secondo dopo, per dare un’occhiata al polso. Allungò l’altro braccio verso il comodino, accese la lampadinetta e a tastoni cercò una penna.

Puoi parlare?

, la risposta apparve subito e Alfred si sentì un po’ meglio. Com’è andata la giornata?, gli stava chiedendo Ilya.

Uno schifo. C’è un russo nel nostro gruppo, un vero stronzo. Perché non tiene mai la bocca chiusa?
Scrisse Alfred, senza starci a pensare due volte. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno.

Ti capisco. A scuola da noi c’è un professore americano che insegna inglese. Una spina nel fianco, non sa mai quando stare zitto.

Ecco! Perché non rimanere in silenzio invece che intromettersi quando parla qualcun altro?

Appunto. Ma tu, per un attimo non apparve nulla come se Ilya stesse esitando, tu non permettere a nessuno di metterti i piedi in testa. Prova ad uscire e a divertirti, dato che dovrebbe essere già sera da te.

Alfred diede un’occhiata fuori dalla finestra. Non gli andava di uscire. Le strade gli risultavano poco invitanti, mentre la sua stanza era così calda e accogliente.

Non mi va. Parliamo un po’ piuttosto, a meno che tu non debba andare a dormire ovviamente.

Va bene, John. Non ho sonno.

Alfred si rallegrò, come se d’un tratto il suo letto fosse diventato più comodo. Prima di rispondere si tolse la giacca e i jeans, esponendosi al desolante vuoto che lo circondava, ma di cui non aveva più paura.

Allora per questa notte sei tutto mio!

Come desideri.


 
* * *


Tre piani più sopra Russia era seduto su un divano, un accenno di sorriso gli increspava le labbra. Lì accanto, c’era una bottiglia di whisky ancora intatta. Attorno a lui però non c’era più nulla, il suo mondo si limitava alle scritte sul suo polso. Le giornate si erano ridotte alla notte e alla mattina.

Ivan divenne Ilya, Alfred – John, e tutti quegli anni passati a litigare, a prendersi a pugni e a riempirsi di insulti non esistettero più. Due anime ferite, sole, esauste si ancoravano a delle penne nel tentativo di fuggire da loro stessi.



Translator's notes 
Come ormai dovrebbe essere risaputo, io e la puntualità non andiamo molto d'accordo. Credevo di riuscire a tradurre almeno un capitolo al mese, ma mi sbagliavo (sigh). Chiedo perdono per il ritardo T.T 
Spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto, a me ha divertito parecchio tradurlo :) 
Come sempre ringrazio chiunque sia arrivato a leggere fino a qui e, ovviamente, chiunque abbia inserito questa traduzione in una delle varie liste. 
Ci vediamo al prossimo capitolo, 
ciao ciao :)

 
   
 
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