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Autore: mercutia    12/09/2021    1 recensioni
L'esperienza in Caerdicca Unitas ha cambiato Imriel, ma ha solo parzialmente rimosso la tensione dal suo rapporto con Phèdre. Per quanto sia felice di riaverlo a casa, a pochi mesi dal suo ritorno è chiaro che ancora tra loro esistano questioni in sospeso, attriti spinosi e ingombranti che solo una persona al mondo dice di poter dissipare. Con questa promessa Mélisande Shahrizai rientra improvvisamente nella vita di Phèdre, proponendole un patto controverso per quanto irrinunciabile.
A dodici anni di distanza la prescelta e l'erede di Kushiel si ritrovano faccia a faccia: chi delle due avrà la meglio nel loro eterno duello d'amore e d'odio?
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La storia è narrata dal punto di vista di Phédre anche se si colloca nella seconda trilogia, per la precisione dopo "Il sangue e il traditore", di cui però ignora il finale in cui Imriel decide di leggere le lettere di sua madre.
[fanfiction Phédre/Mélisande]
[piccoli spoiler fino a "Il sangue e il traditore"]
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Imriel nó Montrève de la Courcel, Joscelin Verreuil, Mélisande Shahrizai, Phèdre nó Delaunay, Ysandre de la Courcel
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Bondage
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Era mattino inoltrato quando arrivammo a Città di Elua, tarda mattinata quando Ysandre mi ricevette in una delle sale private del palazzo reale, sola, per fortuna.
«Phèdre» esclamò venendomi incontro per salutarmi con calore «Accolgo sempre con gioia le tue visite, ma oggi la tua espressione mi preoccupa. Ne ho motivo?»
Mentire non è mai stato un mio talento, perciò di fronte a quella domanda non riuscii nemmeno a tergiversare.
«Mi sono macchiata di una colpa terribile. Perdonatemi, se potete.»
Il suo sguardo si allarmò immediatamente, i suoi occhi mi osservarono acuti.
«Parla» disse.
«Ho incontrato Mélisande. Qui, in Terre d'Ange. Le ho permesso di vedere Imriel. E ora è scomparsa.»
Lo sgomento nel suo sguardo era cresciuto ad ogni mia parola, fino a trasformarsi in terrore.
«Mi ha giurato che non vi avrebbe… »
«I giuramenti di quella donna valgono meno della spazzatura di una porcilaia, Phèdre!»
Con una mano si sollevò le ampie gonne dell'abito, mi diede le spalle e si affrettò a chiamare la servitù. Io restai dov'ero senza fiatare, incerta di essere in grado di trovare il coraggio di replicare a quelle parole, se mai me ne avesse dato la possibilità.
«Vai subito a chiamare il comandante Lefevre» ordinò al servitore entrato poco dopo, mentre questi ancora si stava inchinando.
«Sì, Vostra Maestà» rispose l'uomo mentre estraeva dal sottogiacca un messaggio sigillato e lo porgeva a Ysandre «Questo è stato recapitato questa mattina. Mi è stato detto di consegnarvelo personalmente quando avreste ricevuto la Contessa de Montreve.»
Ysandre sgranò gli occhi e li rivolse a me. Mélisande. Potevo immaginare quale fosse il contenuto, mi aveva avvertita, per questo potevo prevedere anche la reazione che avrebbe sortito. Non dissi nulla, osservai solo la regina congedare il servitore mentre già apriva il sigillo.
«Sai, vero, cos'è questo?» mi chiese Ysandre dopo aver letto.
«Credo di sì. Mélisande mi ha avvisata che avrebbe fatto in modo che io non fossi punita.»
Sospirò stizzita e mi fissò a lungo prima di parlare.
«È incredibile che proprio tu, tu fra tutti i miei sudditi, tu che a causa sua hai sofferto così tanto, tu che da lei hai salvato me e il trono di Terre d'Ange più di una volta, tu debba essere ancora oggi così debole nei suoi confronti da far trascinare te stessa e me in una posizione come questa!
Ogni volta che lei ti tocca, la fiducia e la stima che nutro per te vacillano, ma tu sei il perno su cui si basa la mia protezione e quindi non posso permettermi di dubitare di te. Non posso! Sei il punto più debole e l'arma più potente della mia difesa e a me non resta che pregare il Beato Elua che questo assurdo equilibrio non si spezzi mai. Per quanto sia forte la mia devozione, non mi piace affidare alle preghiere il mio destino, non sono quel tipo di persona. Eppure sono costretta a farlo» inspirò ed espirò a fondo, mi guardò muta per qualche istante e infine mi ordinò di raccontarle tutto quanto era accaduto.
Cominciai dal primo incontro, nel laboratorio di Mastro Louis, appena una settimana prima. Ysandre mi lasciò parlare senza fiatare né farmi capire cosa pensasse, a interrompermi, mentre le spiegavo i dettagli del patto stretto con Mélisande e lo svolgimento della festa, fu l'arrivo del comandante Lefevre. A quel punto in realtà non c'era più molto da dire, praticamente solo lo smacco al mio risveglio, il tunnel, la lettera, i crolli, informazioni da cui il capo delle guardie trasse le prime somme per decidere come organizzare il piano di ricerca di cui andó a discutere con Joscelin, che mi attendeva fuori dalla stanza.
«Imriel dov'è ora?» mi chiese Ysandre appena ci trovammo di nuovo sole.
«A casa. Dovrebbe essere a casa.»
«Dovrebbe?»
Il gelo mi pervase le ossa in un lampo. Saperlo lontano dalla miseria della mia umiliazione e da ciò che sua madre aveva tramato era stata la sola cosa che mi era importata, ma in quel momento la legittima domanda di Ysandre mi aprì un ventaglio di ipotesi che prima non avevo considerato. Poteva il mio Imri essere complice di quella fuga? Mélisande poteva averlo traviato a quel punto? Elua, no, quello me l'aveva giurato! Allora perché lo stomaco mi si contorceva per la paura?
«Lo capisci vero che se Imriel risultasse coinvolto in qualcosa di ancor più grave dell'averla incontrata senza denunciarla, mi sarebbe impossibile non prendere provvedimenti?»
Chiusi gli occhi e annuii, cominciando con ritardo mostruoso a rendermi conto della gravità della situazione. Oltre ai sospetti su Imri, c'erano le voci, i pettegolezzi che a quell'ora ormai dovevano pervadere le strade della città: anche se era pressoché impossibile che qualcuno avesse intuito la presenza di Mélisande, restava il fatto che io avevo dato una festa in segreto in cui era successo qualcosa, qualcosa di grave visto come si era conclusa. La fantasia e il passaparola della gente avrebbero potuto partorire le storie più incredibili, Mélisande si era assicurata di proteggere me e gli altri dalla pena di tradimento, ma se qualcosa fosse trapelato avrebbe messo Ysandre in una posizione davvero scomoda nei confronti del popolo. E anche questo aveva tutta l'aria di una strategia, ma Mélisande aveva giurato e io ancora, in fondo, volevo crederle.
«Imriel è innocente, non può averlo coinvolto» dissi.
«Cosa te lo fa credere? Te lo ha giurato lei?» ironizzò Ysandre «Non ti dispiace vero se mando qualcuno a cercarlo?»
Non attese il mio consenso: chiamò la servitù e inviò i suoi uomini a cercare Imri sia a Montreve che lì a Città di Elua. A me non rivolse più la parola, solo uno sguardo, freddo e inespressivo subito prima che Lefevre e Joscelin entrassero per comunicarci come avremmo proseguito le ricerche: la necessità di tenere segreto l'accaduto impediva di coinvolgere l'esercito, perciò il comandante aveva chiamato solo i suoi uomini più fidati, con i quali sarebbe partito alla volta delle colline attorno alla villa di Sigàn, a dar man forte ai cassiliani nella ricerca del punto di uscita del tunnel, mentre avremmo chiesto aiuto agli tsingani per sorvegliare in modo non ufficiale i confini del paese. Un piano destinato ovviamente a fallire, avevamo le mani legate dal rischio che si scoprisse cos'era successo e inoltre era ormai troppo tardi per credere di poterla trovare, ma il tentativo andava fatto.
Joscelin e Lefevre lasciarono quindi il palazzo reale, mentre io restai lì, sola, ad attendere notizie di Imriel. Non capivo come mi sentivo, la mia mente continuava ad essere intorpidita. Non che temessi di essere stata avvelenata o drogata, solo non ero in me, non riuscivo ad andare oltre. Senza volerlo rivivevo nella mia mente l'eco dei ricordi della notte precedente e risuonava ossessiva la voce di Mélisande, le sue risate, i suoi sospiri, i suoi gemiti, il momento in cui mi aveva guardata in quel modo strano e mi aveva detto "Non esiste in tutto il mondo una come te. Lo so perché l'ho cercata, invano" e poi aveva fatto l'amore con me, intensa e sincera come mai lo era stata, il suo addio. Estrassi dal borsello la lettera che mi aveva lasciato, la rilessi e ancora mi bloccai su quella parola.
Addio.
La rilessi ancora, e ancora, volevo trovarci… una speranza, sì, qualcosa che potesse rivelare un doppio gioco, un inganno nell'inganno, la smentita a quel commiato. E qualcosa c'era, forse non quello che cercavo, ma c'era una frase che non comprendevo, una frase che forse celava un significato nascosto, quando diceva che la sua definitiva partenza era necessaria. Non vi avevo dato peso in un primo momento, ma ora non potevo fare a meno di chiedermi cosa volesse dire, perché doveva lasciarmi. Perché scriverlo? Perché?
Forse vaneggiavo. Forse semplicemente non ero pronta, non lo ero mai stata, quell'argomento mi aveva destabilizzata fin dall'inizio sebbene fosse stata la merce di scambio del patto che avevo stretto con lei. L'avevo e l'avrei accettato per senso del dovere, non perché lo volessi davvero: una mia debolezza talmente palese che Mélisande ci aveva puntato la riuscita di tutto il suo piano. E aveva vinto, portandosi via qualcosa di me: avevo come l'impressione che quella notte mi avesse cambiata per sempre e che il definitivo distacco da lei avesse reciso una parte di me. Era insensato: in seguito al nostro patto l'avrei condotta all'esecuzione della sua condanna a morte, io l'avrei in pratica uccisa, una conclusione ben più definitiva di quella separazione che lei, era ovvio, avrebbe potuto nuovamente infrangere, eppure quell'addio che lei aveva imposto mi appariva persino più ineluttabile della morte. Era assurdo, non aveva davvero alcun senso, ma ero quello che provavo e non riuscivo a smettere di pensarci. A distanza di tempo credo semplicemente che la mia sensibilità fosse giunta a saturazione a causa di tutte le emozioni che aveva dovuto assorbire e che quindi non lasciasse più entrare niente, ma allora non fui capace di essere tanto razionale e restai lì a compatirmi fino a quando Ysandre rientrò. Fuori si era fatto buio, ma me ne accorsi solo in quel momento. Dietro di lei comparve Imriel. Mi osservò preoccupato, poi mi sorrise, con fare tenero come a cercare di far sorridere anche me. Io guardai Ysandre.
«Era a casa tua, a Montreve» spiegò lei «E, a quanto pare, non sapeva nulla. Vai pure, caro, puoi raggiungerla.»
Imri allora la superò per venirmi incontro, mi abbracciò, mi strinse con tutta la forza che aveva e a me sembrò di rinascere. Elua, quanto mi era mancata la purezza di quell'affetto. Mélisande ci era riuscita, mi aveva ridato il mio Imri. Mi divincolai appena dalle sue braccia per poterlo guardare il faccia, gli presi il viso tra le mani come avevo temuto non sarei stata più in grado di fare e lui mi guardò sollevato, felice e sicuro di una consapevolezza nuova. Io contemplavo commossa quegli occhi così maledettamente uguali a quelli di sua madre da farmi star male, ma il solo poterlo fare, senza provare quell'oscena tensione carnale che per troppo tempo ci aveva divisi, era il dono più prezioso al mondo.
Quando lo lasciai andare incrociai lo sguardo comprensivo di Ysandre. Continuava a biasimarmi come regina, ne ero certa, ma come madre non poteva restare indifferente a quella scena e non sapeva neanche la metà di ciò che significava.
«Probabilmente avresti voluto essere tu a spiegargli l'accaduto, ma ho dovuto farlo io, a modo mio» mi disse «Credo di dovervi un po' di intimità a questo punto».
La ringraziai con un profondo inchino e, prima che uscisse, le chiesi «Avete avuto notizie da Lefevre?»
Guardò un attimo Imriel invece di rispondere, segno che non era ancora del tutto convinta che lui fosse innocente, ma poi disse «So che stavano interrogando un ragazzo».
Uscì e la mia attenzione tornò a Imri.
«Cosa ti ha detto Ysandre?» gli chiesi.
«Che ti sei fatta ingannare da mia madre, che lei ti aveva fatto credere che si sarebbe consegnata alla giustizia in cambio dell'incontro con me e invece è fuggita. È vero?»
Avrei voluto correggere alcune parole, ma sarebbe stato più per mentire a me stessa.
«Sì, è andata così» ammisi quindi.
Lui sorrise. Di tutte le reazioni che avevo immaginato, che potesse sorridere non mi era mai venuto in mente.
«E non ne sei stupito o arrabbiato? Imri, c'entri qualcosa? A me lo diresti, vero?»
«No che non c'entro! Nemmeno mia madre mi ha parlato del patto che aveva fatto con te. Ma quando Ysandre mi ha detto com'erano andate le cose, beh» fece spallucce e continuò guardandomi con tenerezza «Era ovvio che andasse così. Mi stupisce piuttosto che non lo avessi previsto tu.»
Non risposi, gli diedi invece la lettera che gli aveva scritto sua madre.
«Ha lasciato questa per te. Mi ha pregato di assicurarmi che tu la legga, quindi per favore fallo subito.»
La prese, cercò una sedia e si mise a leggere senza obiettare. Quando terminò alzò lo sguardo a me e mi porse il foglio.
«Vuoi leggerla?»
Io feci istintivamente un passo indietro e rifiutai, non avrei retto un'altra sua lettera d'addio, anche se non era per me. Magari un giorno l'avrei letta, ma non in quel momento.
«Non vuoi nemmeno sapere cosa ci siamo detti?»
«Non ora. Per adesso mi basta vedere che è servito.»
Sorrise dicendo «Sono felice di aver accettato» poi mi guardò preoccupato e mi chiese «Tu invece come stai? Quando sono entrato avevi l'aria di un coniglietto ferito.»
«Lo sono, ferita. Profondamente.»
«Lo posso capire. Per questo credo che dovresti leggere la sua lettera.»
Osservai il foglio piegato che mi porgeva di nuovo, ma non mi avvicinai.
«Si capisce quanto costi anche a lei tutto questo. Sai, avevi ragione quando cercavi di spiegarmi quanto fosse irresistibile il vostro legame, per entrambe. Non me lo ha detto apertamente come lo hai fatto tu, ma è evidente: ha la tua stessa amarezza quando parla di te.»
«Ti ha parlato di me?»
«Per forza. Pensavo sarebbe stato imbarazzante, invece… non lo so… è stato tutto naturale come se la conoscessi e mi confidassi con lei da sempre.»
Fui io allora a sorridere.
«Quindi? Le hai detto tutto ciò che volevi rinfacciarle?»
Abbassò lo sguardo.
«Solo una piccola parte. Avevi ragione anche su questo, ma non perché fossi intimorito da lei, piuttosto perché mi ha portato a pensare che non si meritasse il mio rancore.
Leggila. Credo che ti farà piacere.»
Scossi la testa.
«Non oggi, tesoro. Ha lasciato una lettera anche a me e per oggi è sufficiente quella. »
E allora Imri comprese che la mia non era una ferita d'orgoglio o di fiducia, a farmi male non era l'inganno, ma solo quel secco e definitivo vuoto che mi aveva lasciato il suo improvviso abbandono. E l'infinita ingiustizia che questo rappresentava nei confronti di Joscelin. Si alzó, mi prese tra le braccia e mi tenne così fino a quando tornò Ysandre.
«Hanno trovato l'uscita del tunnel.»
Un ragazzino era stato pagato per dar fuoco a sei inneschi sparsi nelle colline, era riuscito a raggiungerne cinque e uno di questi non aveva funzionato, non facendo quindi crollare il punto. Ma erano tutti diversivi per depistarci, il tunnel vero era stato fatto saltare dalla stessa Mélisande, probabilmente, perché il suo crollo non era tra gli obiettivi del ragazzo. Sbucava nel fienile di una coppia di anziani che non si erano accorti di nulla, almeno così avevano detto. Era stato trovato quasi per caso, quando, perquisendo palmo a palmo tutte le abitazioni della zona, uno dei cassiliani vi era quasi caduto dentro. Era ormai il tramonto però, Mélisande poteva essere ovunque. Le ricerche andarono comunque avanti in segreto per giorni, settimane. Fu tutto inutile: era svanita nel nulla.
Faticai a riconquistare la fiducia di Ysandre e forse in realtà non ci sono mai più riuscita del tutto. Per mesi ho cercato di convincerla di ciò di cui potevamo andare certi, ovvero che Mélisande se ne fosse andata per sempre e che finché ci fossi stata io a mantenere in piedi la promessa fatta a me, la famiglia reale non aveva nulla da temere da lei. Ma se c'era una cosa che quell'episodio aveva insegnato a me, e a chiunque altro ne fosse a conoscenza, era che bisognava prestare la massima attenzione a ogni singola parola e Mélisande mi aveva detto addio, non che sarebbe uscita da Terre d'Ange, quindi per quel che ne sapevamo poteva benissimo nascondersi nella stessa Città di Elua e questo per Ysandre era un affronto terribile oltre che motivo di timore, dal momento che, a differenza di me, non è mai stata capace di prendere per attendibile qualsiasi giuramento uscito dalla bocca della sua rivale. Nessuno poteva biasimarla per questo, nemmeno io.
Il tempo intanto passava e curava le ferite. Quelle del mio corpo guarirono in fretta, quelle del mio spirito tardarono e, come sempre, fu soprattutto grazie alla presenza di Joscelin che lo fecero. Parlammo a lungo io e lui quando si calmarono le acque, la mia coscienza mi obbligò a rivelargli quanto avevo provato quella notte e insieme abbiamo poi ricostruito ciò che ci rende unici l'uno per l'altra, facendomi così ritrovare in lui quel porto sicuro in cui da sempre riesco a ripararmi dalle tempeste a cui la mia natura mi costringe. Lui e Mélisande in definitiva sono le due facce della stessa medaglia, rappresentano per me la personificazione dell'amore, seppur in accezioni del tutto opposte. Lui è la mia salvezza, lei è la mia perdizione. Negli anni ho figurato tante volte gli scenari possibili di una vita insieme a lei, anche ipotizzando che non fosse la persona avida e malvagia che è: in ognuno di essi finiremmo per lasciare ardere la nostra passione fino a perderne il controllo, fino a consumarci a vicenda. Credo che sia inevitabile, l'ultima notte con lei avevo avuto un assaggio di ciò a cui mi avrebbe condotta e anche se Mélisande aveva dimostrato di essere molto attenta a non valicare i miei limiti e a non lasciare che lo facessi io, prima o dopo la voracità del mio corpo avrebbe portato il suo animo spietato a prendere il sopravvento, a spezzare la soglia della mia sopportazione e io, lo so, non l'avrei fermata. Ci saremmo annientate a vicenda, questo è il nostro destino: gli dei ci hanno rese così perfettamente complementari non per unirci, ma per opporci, pur non potendo fare a meno l'una dell'altra per un certo verso. Ovunque fosse e per sempre Mélisande mi avrebbe mortalmente attratta come il fuoco per la falena e se ero, se sono in grado di resistere a quel richiamo istintivo è perché ho Joscelin al mio fianco, che mitiga la mia insita follia tenendo salda la mia coscienza e placando i lati oscuri del mio cuore, fino a cancellare la pena che mi costa tuttora l'assenza di Mélisande. Forse gli dei stessi me lo hanno dato, proprio per aiutarmi a sopportare il peso del dardo a cui mi hanno condannata, non sarei qui a scrivere queste memorie senza di lui e per questo li ringrazio. Li ringrazierò sempre.
Ma in quei giorni il mio ringraziamento andava anche a Mélisande, a lei che mi aveva ridato Imriel. Dopo il loro incontro avevo notato subito in lui una nuova consapevolezza e a distanza di tempo la vedevo concretizzarsi sempre di più nel suo sguardo, nei suoi comportamenti, non che fosse diverso da prima, solo lo era in modo più sicuro. Ed era più sereno, finalmente in pace con sé stesso e con me. Anche con lui parlai a lungo di quanto era accaduto quel giorno, un pezzetto alla volta mi rivelò molto, se non tutto quanto si erano detti e ogni volta mi ripeteva di leggere la lettera che gli aveva lasciato sua madre e io, a distanza di mesi, ancora non ci ero riuscita.
Ne discutemmo anche mentre mi accompagnava all'inaugurazione del nuovo Santuario di Kushiel e riuscii a chiudere l'argomento solo quando arrivammo e fummo assaliti dagli sguardi dei presenti. Per ovvie ragioni la mia partecipazione era molto attesa e il mio arrivo con il figlio di Mélisande Shahrizai non poteva che accentuare la curiosità di tutti. Fu quella, immagino, la ragione per la quale Ysandre mi salutò tanto calorosamente, come non faceva più da sei mesi ormai. Fu comunque piacevole per il mio umore poterle parlare amichevolmente, senza fare accenno per una volta a quanto era successo e alle futili relative indagini.
Il nuovo tempio era davvero maestoso: l'architettura, imponente e pesante, ben rappresentava la possenza di Kushiel, il colonnato e i muri esterni erano bianchi, in stile tiberiano, come tutti i nuovi templi costruiti in quei mesi, poche le decorazioni in questo caso, solo alcuni bassorilievi che raffiguravano gli strumenti di castigo e una grande iscrizione che, oltre a un'ode alla divinità, ricordava chi aveva fatto erigere quel tempio, la regina Ysandre de la Courcel. Un'altra epigrafe, più piccola ma molto più lunga, riportava i nomi di tutti coloro che vi avevano contribuito con il proprio lavoro o con le donazioni. Tra quelli c'erano il mio nome e quello di Imriel. Sapevo che anche Mélisande aveva fatto un'offerta, ma Ysandre aveva impedito, a torto o ragione, che il suo nome comparisse nell'elenco.
Entrai nel tempio. Nonostante la folla, il chiacchiericcio e i passi che riecheggiavano tra le mura, l'atmosfera cupa all'interno mi accolse con la sua intima familiare atmosfera facendomi sentire a casa: pavimenti, colonne e alcune delle pareti erano in marmo nero, dalle vetrate in alto filtrava una luce rossa che faceva brillare i rubini incastonati attorno all'altare centrale come fossero una vivida colata di sangue, altri altari minori risaltavano dalle loro nicchie per le numerose candele rosse accese, in ognuno di essi era presente uno strumento con cui affliggere i devoti, davanti sarebbero stati posti gli inginocchiatoi, ovunque era profumo di incenso e ambrosia. A dominare l'attenzione, oltre l'altare centrale, un telo bianco copriva le forme dell'opera di Mastro Louis.
Non avevo più visto lo scultore dopo l'ultima volta che avevo posato per lui insieme a Mélisande e curiosamente non lo vidi nemmeno lì, nonostante la presenza invece del suo servitore Marcel. Ysandre lo affiancò per prepararsi a rivelare la scultura e io, dietro di lei, lo salutai con un inchino della testa, che lui ricambiò più profondamente mentre un lieve sorriso tirato gli compariva sulle labbra e gli occhi gli brillavano di una strana luce nostalgica.
«Mastro Louis non è presente?» gli chiesi stupita.
Lui s'incupì prima di bisbigliare «Non avete saputo, mia signora?»
«Cosa?»
«Il maestro si è tolto la vita.»
Restai pietrificata, incapace di dire né chiedere altro.
«Quando è successo?» chiese Imri preoccupato al posto mio.
«Venti giorni fa, mio signore. Aveva da poco terminato l'opera. Non si dava pace, continuava a dire che non l'aveva fatta lui, che solo un dio può dare la vita. Diceva che quell'opera viveva, diceva di sentirne i sospiri. Diceva… diceva che lui non avrebbe mai potuto creare qualcosa di tanto perfetto.» Guardò me, le lacrime agli occhi «In realtà si è limitato a copiarlo, ma lo ha fatto così bene che sembrate davvero vivere sotto quella patina di bronzo, mia signora.»
Non avevo ancora visto il risultato del lavoro di Mastro Louis, non mi aveva mai mostrato nemmeno le bozze o il materiale preparatorio. Non sapevo come avesse usato la mia figura, pochi dei presenti erano a conoscenza del mio coinvolgimento, quasi nessuno sapeva ovviamente di quello di Mélisande. Fissai il telo, dopo quelle parole avevo quasi paura di vedere cosa celava.
«Non c'entra nulla quello che è successo, vero?» continuò Imri «Avete avuto problemi con la giustizia?»
«No, mio signore. Le guardie reali sono state molto indulgenti nei nostri confronti. Al maestro in realtà non è mai importato del rischio che correva e quando sono arrivate le guardie a interrogarci era troppo preso dal suo lavoro per rendersi conto di ciò che stava accadendo.»
«Ti prego di accettare le mie condoglianze, Marcel» dissi con un filo di voce rivolgendomi finalmente all'uomo «Non ne sapevo nulla. Sono davvero addolorata. E in qualche modo mi sento responsabile. Se posso… »
«Responsabile di cosa, mia signora? Vi sono debitore, so che è merito vostro se non siamo stati accusati di tradimento. E per quanto riguarda il maestro, credetemi, per lui ne è valsa certamente la pena. Quest'opera era tutto per lui.»
E mentre Marcel lo diceva, Ysandre prese la parola per rivolgersi alla folla assiepata lì davanti. Lo fece con un discorso accorato alla memoria del maestro, com'era giusto che fosse, elogiando la sua arte e la dedizione con cui aveva lavorato alla scultura per il tempio, che lei stessa avrebbe ammirato per la prima volta insieme a tutti noi. Fece quindi cenno a Marcel di togliere il telo, si udì la stoffa frusciare a terra facendo tremare le fiamme degli innumerevoli ceri posti tutti attorno, poi la luce si stabilizzò, diede forma al bronzo e giunse il secco silenzio degli astanti che trattenevano il fiato. Ero io, inequivocabilmente. Il mio corpo nudo, martoriato, giaceva molle sostenuto da una figura alata che con un braccio, nervoso più che muscoloso, mi cingeva il costato in un abbraccio forte e soffocante, mentre nell'altra mano ghermiva il flagello. Le mie braccia erano protese in alto, le dita sembravano tremare mentre lievi lambivano con timore reverenziale il volto davanti al mio, la maschera di Kushiel, con i lineamenti inconfondibili di Mélisande. I nostri sguardi si perdevano febbrili l'uno nel desiderio dell'altro, così intensi da sembrare vivi. Le nostre labbra si sfioravano nell'attesa di un bacio che sarebbe rimasto sospeso per sempre. Sotto di noi, una base di marmo chiaro si rifletteva nella lucentezza del bronzo, mettendone in risalto forme, volumi e movimenti, e riportava la frase "tra le mie braccia giace il tuo tormento".
E mentre guardavo, sentivo il dolore di tutte le ferite che Mélisande mi aveva inferto, il suo braccio che mi stringeva, la sua pelle a contatto con le mie dita, il calore della sua bocca che si avvicinava alla mia, i suoi occhi che mi scavavano dentro l'anima. Vivevo e rivivevo la sua presenza su di me e per la prima volta in vita mia ne potevo osservare l'effetto al di fuori del mio corpo. E quello che vedevo era il nostro amore, la passione e l'abbandono che lo avevano reso unico, totale, un vincolo maledetto voluto dagli dei. Ripensai ancora alla nostra ultima notte insieme, alla lettera con cui le aveva posto fine e intanto non riuscivo a staccare lo sguardo da ciò che avevo davanti, per quanto, Elua, mi facesse dannatamente male. Sentii gli occhi che mi si riempirono di lacrime, mi portai le mani al viso, le ginocchia d'improvviso cedettero. Quanto era avvenuto nel frattempo e accadde poi me lo raccontò successivamente Imriel, che mi prese al volo tra le braccia mentre mi accasciavo a terra.
Dietro di noi la platea era restata muta diversi minuti, poi si era levato il brusio delle voci che sussurravano il mio nome e quello di Mélisande. Poco distante da me, Ysandre era rimasta come impietrita a fissare la statua, le sue labbra sorridevano, ma il suo sguardo era carico d'odio.
«Ne eravate al corrente, Vostra Maestà?» le aveva chiesto uno degli uomini al suo seguito.
«Speravo fosse meno evidente» aveva risposto a denti stretti dopo un lungo silenzio.
«Possiamo farla rimuovere, se la ritenete offensiva.»
A quelle parole mi aveva osservata con compassione.
«No. Che mi piaccia o meno, la raffigurazione della dannazione per Kushiel non potrebbe essere più perfetta di così.»


FINE



Note dell'autrice
E almeno ora che siamo giunti alla fine, abbiate il buon cuore di scrivermi, di lasciarmi un commentino, un segno della vostra presenza oltre questo monitor.
Fatemi sapere che ne pensate, sia che la storia vi piaciuta che al contrario non sia andata incontro al vostro gusto, ma ditemi qualcosa.
A tal proposito non posso che ringraziare la mia assidua lettrice e commentatrice DubheFedra, che mi ha fatta compagnia con il suo entusiasmo durante la pubblicazione. Davvero grazie!
Altro ENORME e SPECIALE GRAZIE va all'Amica Nerd del mio cuore, XWP, che mi fece conoscere la saga, che è sempre la prima lettrice delle mie creazioni, nonchè in questo caso impagabile correttrice di bozze. Sei la benzina della mia follia <3
Rinnovo qui ancora una volta la richiesta di aiuto per tradurre la ff in inglese, specificando di nuovo che cerco nello specifico qualcuno che abbia letto e conosca bene l'originale in lingua, in modo da mantenere lo stile come ho cercato di fare io in italiano.
E ora chiudo, ringraziando cmq chi ha avuto la pazienza di leggere fin qua e augurandomi di tornare a pubblicare ancora, prima o poi, magari il seguito di questa storia, una pista per farlo l'ho lasciata aperta, ma molto dipende dal contenuto dei libri della saga che ancora non ho letto.
Quindi, chissà, questo forse è solo un arrivederci.

   
 
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