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Autore: Steelwolf1998    12/09/2021    0 recensioni
Tre ragazzi, due mondi, una chiave.
Semplici adolescenti che vivono la vita di tutti i giorni tra i banchi di scuola, ma sarà veramente così?
Una ragazza con un retaggio particolare scoprirà il peso del mondo molto prima degli altri, un amica che la aiuterà ad andare avanti e un ragazzo che ce la matterà tutta pur di infastidirle per semplice divertimento personale.
Ma qualcosa cambierà. I segreti verranno svelati e starà a loro scoprire come andare avanti in un mondo completamente diverso da quello a cui erano abbituati.
Una storia di amore, magia ed avventura che vi coinvolgerà facendovi ridere ed innamorare, ma anche piangere.
C'e la faranno solo loro tre a cambiare le sorti di una guerra? E finalmente la smetteranno di litigare tra loro?
Una storia raccontata tra passato e presente che vi terrà incollati allo schermo.
Venite a scoprirlo con me tuffandovi in questa meravigliosa avventura.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2: La litigata storica
 
POV Narratori
 
“Wow non mi avevi raccontato questa parte della storia. Cioè si me lo avevi detto ma non così. E dimmi come ti sentivi a stare davanti a centinaia di persone che ti guardavano mentre tu guardavi loro?”  chiese Sara con gli occhi che brillavano affascinati
“A dire la verità ero terrorizzata ma al tempo stesso molto elettrizzata all’idea di essere la regina di un intero regno” disse Alice mentre alzava le braccia per far scrocchiare le spalle
“Ok ora sono geloso!! A me non hai mai raccontato il giorno della tua incoronazione” disse Filippo fintamente offeso
“Vero però a te ho raccontato cose che nessuno sa” gli rispose Alice appoggiandosi allo schienale della sedia e tirando in dietro la testa per guardarlo
“Mmh… si dai hai ragione”
“Io ho sempre ragione” disse con un ghigno giocoso sulle labbra
Filippo appoggiò le mani sui braccioli della sedia e avvicinandosi al volto di Alice disse
“Ora però non tirartela troppo” per poi darle un veloce bacio sulla fronte, però quel momento romantico fù spezzato da una Sara alquanto infastidita dal comportamento dei due ragazzi
“Se voi due avete finito di fare i piccioncini vorrei sapere il resto della storia”
“Ma scusami un attimo Sara, da adesso in avanti tu non eri costantemente insieme a lei?” disse Filippo con le braccia conserte appoggiate allo schienale della sedia mentre guardava Sara
“Si e no cioè lei c’era però non da subito. I primi tempi, se ricordi bene, cercavo di stare sempre per conto mio. Poi però un bel giorno, questa piccola demonietta, si è fatta avanti ed ha iniziato a parlarmi poi una cosa tira l’altra e da li siamo state inseparabili” rispose Alice con un piccolo ghigno sulle labbra
“Allora parliamoci chiaro io non sono una demonietta, ma la signora delle ombre prego” controbatté Sara, a quello che per lei sembrò un insulto, e dicendo così fece schioccare le dita e delle piccole fiammelle nere iniziarono a girargli in torno come se danzassero
Alice e Filippo si misero a ridere per quel piccolo sfoggio di magia di Sara.
“Va bene, o signora delle ombre. Però ora manda a nanna i fuochi fatui prima che facciano qualche danno” disse Filippo con ancora le lacrime agli occhi e facendo una sorta di inchino pomposo con addirittura il gesto della mano in direzione di Sara
“Sai bene che i miei tesorucci non farebbero male ad una mosca. Fil” ribattè Sara conscia di aver usato il nomignolo di Filippo
“Sara se non li metti a dormire tu ci penso io, e sappiamo bene che dopo non starebbero più tanto bene se usassi la mia magia su di loro” si intromise Alice, prima di far scoppiare una guerra tra i due, con la mano in posizione come se dovesse schioccare le dita
“No no ferma la mando a casa io” disse Sara mentre schioccando le dita li fece sparire “L’ultima volta che lo hai fatto tu non ho potuto richiamarli per un bel po’ se ben ricordo”
“Comunque tornando seri, cosa racconterai adesso?” chiese Filippo dubbioso
“Ovvio racconterà di come ci siamo conosciute” intervenne Sara
“Non credo che vada bene. Secondo me dovrebbe andare avanti a raccontare da dove ha interrotto”
“Ma così sarebbe troppo noioso e poi sarebbe troppo lungo da raccontare” disse Sara accasciandosi su una sedia per dare enfasi alla frase
“Io pensavo di raccontare a grandi linee come si sono svolte le settimane precedenti al incontro con Sara e il motivo delle nostre litigate che ne dite?” propose Alice
Sara e Filippo ci pensarono un attimo e poi Filippo disse “Io ho un dea migliore”
“Sarebbe?” chiese Sara con un sopracciglio alzato
“Vorrei provare a raccontare una delle nostre litigate storiche. Una di quelle che ha lasciato stupiti e confusi in molti” Alice ci pensò un attimo poi rispose
“Si penso possa andare. Però quale racconterai in 4 anni ne abbiamo fatte di litigate” disse ridendo ripensando alle varie lotte verbali e non fatte con Filippo
“Ora vedrai” disse lui facendo alzare Alice dalla sedia per prendere il suo posto e iniziare a scrivere.
 
POV Filippo
 
Eravamo in seconda superiore, durante il primo dei due intervalli, io stavo con il mio solito gruppetto di amici appoggiato al muro di una colonna dell’agorà della nostra scuola.
L’agorà era esattamente il centro della nostra scuola e i pieni superiori erano strutturati per fare in modo che si affacciassero tutti in questa sorta di piazza.
Come sempre era pieno di gente e gli altri piani non era da meno, tutti si appoggiavano alle ringhiere per guardare la gente che passava o addirittura per parlare da piano a piano urlando creando così una gran confusione, però io ero concentrato su altro, non era di certo il solito discorso dei miei amici che variava dal calcio alle donne, no, io ero concentrato su in gruppo di persone, nel centro dell’agorà, che parlava animatamente con una persona in particolare.
Alice la mia compagna di classe era come sempre, al centro dell’attenzione di tutti. Pensate che addirittura mi erano arrivate delle voci di due o tre persone che avevano una cotta per lei
-Tsh… come si fa a prendere una cotta per quella li- pensai infastidito mentre la guardai dare l’ennesimo abbraccio ad un ragazzotto della nostra età poco più alto di lei.
“Hoy Filip mi stai ascoltando?” mi richiamò un mio amico
“No non credo è di nuovo imbambolato a guardare la sua ragazza” rispose un altro
“Non è, e mai lo sarà, la mia ragazza. Una come lei non lo vorrò al mio fianco neanche sotto tortura” risposi io non appena sentii quell’affermazione
“Hey amico, che c’è di male a dire che ti piace?” disse di nuovo il primo che aveva parlato
“Perché dovrei dire una cosa che è solo frutto della vostra fantasia?”
“Bhe forse perché se è nei paraggi tu te ne accorgi subito e non fai altro che fissarla”
“Si oppure come appena vi incontrate prima di parlarvi non fate altro che scambiarvi sguardi di fuoco”
“Sai su questo hai ragione” risposi io con un ghigno sul volto “Spero che bruci d’avanti ai miei occhi e che io abbia l’ultima bottiglia d’acqua nei paraggi”
“Eddai smettila di fare il burbero e non mentire a te stesso oramai tutti sanno che tra voi due c’è un amore segreto che però non volete rivelare”
“Scusa e questa dove l’hai sentita?” -questa è bella. Un amore segreto tra me e lei. HAHA-
Mentre formulavo questo pensiero suonò la campanella e la gente iniziò ad andare verso le rispettive classi compresi noi
“sai la gente parla e se sei capace di ascoltare a volte potresti capire tante cose”
“E questa dove l’hai letta? Nei baci perugina” chiesi io scoppiando a ridere e trascinando i miei amici
“No in un libro di poesie” mi rispose lui unendosi alle risate. Mentre andavamo avanti a ridere arrivammo alla mia classe e siccome io ero nella 2°A mentre loro erano suddivisi nelle altre sezioni li salutai lì.
Vi spiego la nostra scuola suddivide le classi con 1° A-B-C-D ecc.. siccome eravamo tanti e non si poteva fare una sola prima o una sola seconda avevano adottato questo metodo. Per non parlare delle aule, a seconda della materia o del professore c’era una classe nella quale dovevamo andare.
“Potresti per cortesia spostarti dalla porta?” una voce, che avrei riconosciuto tra mille, spuntò di fianco a me, voltandomi verso la proprietaria di questa voce mi accorsi che aveva le braccia conserte al di sotto del seno , non sapeva che facendo così lo rimetteva ancora più in risalto di quanto già non fosse? Insomma quella era una quarta bella piena e non c’era di certo bisogno di mettere le braccia a quel modo per risaltarlo di più.
“Oo… guarda chi si rivede. La nanetta con la sua amica” ‘salutai’ Alice e Sara che adesso si trovavano di fronte a me
Ok, lo so cosa state pensando, l’ho provocata apposta, e avete ragione a pensarlo, però era troppo ghiotta per lasciarmela scappare. Anche se non mi sarei mai aspettato una reazione di quel calibro.
“Sottospecie di babbuino mal riuscito spostati o giuro che domani non riuscirai neanche a sederti” io ovviamente scoppiai a ridere ma non mi accorsi però dello sguardo nero che aveva.
Nel giro di due secondi mi ritrovai con la faccia a terra e le braccia strette dietro la schiena con Alice sopra che mi impediva di muovermi. Non capii come ci fosse riuscita, eppure non sembrava una ragazza sportiva o che altro, però diavolo ne aveva di muscoli.
“Ascoltami molto attentamente, perché lo dirò una volta soltanto, quando una persona ti chiede se per favore puoi spostarti sarebbe meglio farlo prima di farti male seriamente. Per oggi ci vado leggera solo perché l’insegnante è già in classe, ma la prossima volta giuro che non sarò così magnanima” disse tutto questo in un sussurro tra i denti ma con della cattiveria che mai mi sarei aspettato da lei.
Si alzò e mi lasciò libero ci misi un attimo a rialzarmi, aiutato da un mio amico che aveva visto tutta la scena
“Filippo tutto bene?” mi chiese preoccupato
“Si credo” risposi mentre mi massaggiavo piano i polsi indolenziti -Non capisco ho detto le stesse cose che dico di solito perché stavolta mi ha aggredito così?- mi chiesi mentre tornavo in classe notando il professore mentre parlava con un Alice ancora alquanto arrabbiata ma con qualcos’altro negli occhi che non seppi descrivere
“Mancini vieni qui” mi chiamò il professore -e adesso cosa vuole da me? Io non ho fatto niente stavolta. O almeno credo…- mi avvicinai e aspettai che finissero di parlare.
“Vai a posto De Rosa e che non si ripeta più. E ricordati che nell’secondo intervallo dorai rimanere in classe. Anche tu Mancini”
“si, prof mi scusi”
“non è a me che devi chiedere scusa”
“Sa bene che non glielo dirò mai” rispose lei con tono molto tranquillo lanciandomi un occhiataccia di traverso -Certo che, certe volte, fa davvero paura. Hey un momento che vado a pensare io aver paura di un nano da giardino. tsh ridicolo- pensai mentre la vidi andare a posto accanto a Sara negli ultimi banchi in fondo.
“Filippo quello che è successo la fuori non deve più capitare è chiaro?”
“Scusi prof se la contraddico però sa bene quanto me che è stata lei ad iniziare”
“Ne sei certo?”  mi chiese alzando un sopracciglio
“Si abbastanza” risposi con un alzata di spalle
“Correggimi se sbaglio ma da quello che ho sentito lei aveva chiesto cortesemente di spostarti e tu l’hai insultata, sbaglio forse?
“Andiamo non vorrà dirmi che nanetta è un insulto?”
“Ti piacerebbe se tutti ti chiamassero… che ne so…” mentre il professore pensava ad un insulto adatto, una voce dal fondo della classe rispose per lui.
“Fil”
“Ecco esatto. Grazie Sara per il suggerimento”
“Si figuri professore, sempre a sua disposizione” mi girai a fulminarla e la vidi sghignazzante con la schiena appoggiata allo schienale della sedia e le mani dietro la testa,
“Quindi a te piacerebbe se qualcuno ti chiamasse di continuo Fil?” mi richiamò il professore
“No. Anzi mi darebbe alquanto fastidio” risposi sincero
“Bene allora visto che hai capito vedi di piantarla e chiamala con il suo nome di battesimo, vedrai che la prossima volta non farai la figura del sacco di patate. E ora va a posto così iniziamo la lezione” finì di dire il professore.
Andai verso il mio banco e non so perché guardai nella direzione di Alice e notai che sembrava quasi che piangesse -mha me lo sarò immaginato- feci spallucce e andai a sedermi al mio posto.
Passate le due ore di storia suonò la campanella del secondo intervallo e come ordinatoci dal professore io e Alice rimanemmo in classe. Per stare più comodo appoggiai la schiena al muro e allungai le gambe sulla sedia del mio compagno di banco, in quella posizione potevo vedere alla perfezione Alice senza muovere un muscolo.
Stava con il capo chino appoggiato sulle braccia che stazionarie stavano sul banco, Sara sembrò chiedergli qualcosa e dopo una risposta, che non sentii da dove ero, se ne andò dalla classe e dopo di che anche l’insegnate usci dall’aula lasciandoci soli in un silenzio che non pensavo di sentire all’interno del nostro istituto.
“hey si può sapere che hai oggi?” chiesi spezzando il silenzio
Non ricevetti alcuna risposta e perciò provai a chiamarla un paio di volte senza mai usare il suo nome.
Spazientito mi alzai e mi avvicinai al suo banco sbattendo le mani su di esso, per far notare che era riuscita a farmi incazzare solo ignorandomi,
“Quando una persona ti parla sarebbe educato rispondere” provai di nuovo
“Non se la persona che ti sta rivolgendo la parola è sgradita” mi rispose senza però alzare la testa
-Bhe almeno ha risposto. È già un passo avanti-
Non resistetti più a quella situazione così in un impeto di rabbia la feci alzare con la forza tirandola su afferrandola per il braccio destro, ma nel farlo vidi che una smorfia di dolore arrivò fino al volto. Non pensavo di aver usato così tanta forza da farle male così mollai la presa, ma ciò che mi colpì fu che non si andò a massaggiare il braccio ma il fianco destro, incuriosito chiesi
“Che ti sei fatta?”
“Non sono affari tuoi” mi rispose, dopo che ebbe preso un respiro profondo mi sorpassò e si diresse verso la porta, però fece pochi passi quando fermò il piede a mezz’aria mentre il busto sporgeva pericolosamente in avanti.
Senza neanche accorgermene mi precipitai a prenderla prima che cadesse a terra e si facesse male.
La tenevo con una mano sotto il seno e l’altra sul fianco destro, quello che sembrava fargli male, senza stringere, piano la feci girare tra le mie braccia e la accompagnai a terra tenendola sulle mie ginocchia.
Non capivo cosa stesse succedendo, era bianca come un cencio, il respiro affannato come se avesse corso chilometri e gli occhi chiusi con le ciglia corrugate.
“Hey stai bene?” chiesi preoccupato. Non l’avevo mai vista così, lei era forte, orgogliosa e con il sorriso sempre in volto, ma non un sorriso normale, no, era uno di quei sorrisi che ti illuminavano la giornata solo stando accanto a lei per cinque minuti.
“Lasciami stare. Starò bene. Devo solo riposare” mi rispose tra un respiro e l’altro alzando il braccio sinistro come se volesse scacciarmi, ma l’unico risultato che ottenne fu di appoggiare la mano all’altezza del cuore. Il suo palmo caldo mi stava riscaldando piano anche attraverso la maglietta, il mio cuore perse un battito per poi ricominciare a battere più forte di prima e in quel momento ero sicuro che lei lo stesse sentendo.
Osservai la mano che piano si strinse alla maglietta e poi tornai a fissarla in volto accorgendomi solo in quel momento che mi stava osservando.
I suoi occhi azzurri come il cielo, che solitamente avevano una luce particolare, sembravano spenti, freddi, ed erano arrossati -quindi piangeva davvero prima. Non me lo ero immaginato- constatai mentalmente mentre una piccola lacrima solitaria le scese sulle gote che piano sembravano riprendere un minimo di colore. La asciugai con il pollice della mano e senza staccarla mai dal suo volto le diedi delle piccole carezza senza distogliere mai lo sguardo.
La vidi osservami attentamente il volto, come se stesse prendendo nota di tutti i particolari per poi disegnarlo a memoria, si fermò qualche istante di più sulle labbra e la cosa mi sembrò alquanto incredibile quando anche io osservai le sue, socchiuse per il respiro affannoso, che sembrava essersi regolarizzato, ma non stabilizzato.
Spinto da non so cosa mi avvicinai al suo viso con un solo scopo, quello di assaggiare quelle labbra rosee che davano la sensazione di essere estremamente dolci.
Non ci accorgemmo dei minuti che passarono perché a pochi centimetri dal mio obbiettivo suonò la campanella che ci fece uscire da quello stato di trance nella quale eravamo entrati, nel sentire la porta aprirsi raddrizzai il busto, ma non mi tirai in piedi, restai in quella posizione solo per lei visto che, tralasciando il rossore sulle gote il resto del viso sembrava ancora un lenzuolo stropicciato.
Fece per alzarsi ma la smorfia di dolore tornò e staccando la mano dalla mia maglietta se la portò al fianco destro. -perché ora che ha tolto la mano sento freddo?- mi chiesi non capendo cosa fosse successo.
“Ma che diavolo è successo qui?” chiese il professore inginocchiandosi di fonte a me per vedere in che condizioni stava Alice
“Dimmi Alice ti ha picchiata? Spinta? O molestata in qualche modo?” continuò lui
“Professore la prego si calmi. Ho solo avuto un capogiro e Filippo mi ha preso al volo prima che mi facessi male seriamente. Tutto qui” rispose lei “Grazie Filippo. Ora sto bene” mi disse rivolgendomi un sorriso che di più falco non c’è niente.
Fece per alzarsi ma io glielo impedii
“Resta giù ti porto in infermeria” dissi senza accettare alcun tipo di rifiuto
“No Filip, lascia fare a me” disse un ragazzo della nostra classe amico di Alice e secondo alcune mie fonti personali, ma sicure, lui era uno dei ragazzi con una cotta per lei. Notai l’insistenza che aveva nella voce e mi diede subito fastidio anche se non seppi il perché.
“No!” dissi alzando di poco la voce facendo in modo che mi sentissero tutti -perché l’ho fatto?- non lo capii, l’unica cosa che posso dirvi è che sistemandogli meglio il braccio dietro la schiena e posizionando l’altro dietro le ginocchia mi tirai in piedi e portai lei con me senza appoggiarla a terra.
Alice per non cadere, credo, mi riafferrò la maglietta nello stesso posto di prima, sentii il tocco della sua mano anche attraverso il cotone della maglietta e delle scariche elettriche mi attraversarono il corpo.
L’intera classe ci stava guardando chi stupito per la mia reazione chi preoccupato per le sorti dell’amica che stava tra le mie mani.
“prof posso accompagnarlo?” chiese Sara mentre stavo per incamminarmi
“No voi dovete cambiare classe, e poi non penso che si ammazzeranno” rispose il professore guardandomi dall’alto in basso con una luce particolare negli occhi e un piccolo sorriso che aleggiava sulle labbra.
“Filippo rimani con lei finché non si sveglia, grazie” mi chiese, guardai Alice e notai che il respiro ora era regolare e con gli occhi chiusi. Io feci segno di si con la testa e senza dire una parola uscii dalla classe e mi diressi verso l’infermeria.
Non era altri che una piccola stanza con un lettino, una sedia e un armadio con dentro il necessario per una veloce medicazione.
Arrivai e la adagiai sul lettino cercando di non svegliarla, però c’era un problema la sua mano mi stringeva ancora la maglietta perciò con molta calma appoggiai la mia su quella di lei e in quell’istante la sua lasciò la presa lentamente, per incrociarla con la mia. Quel piccolo gesto così spontaneo, così dolce mi fece perdere un altro battito, mi sedetti e stetti li con lei aspettando che si svegliasse.
-Cosa mi sta succedendo? Non può essere vero quello che dicono i miei amici!- pensai passandomi la mano libera nei capelli sospirando
“Eppure, quando hai staccato la mano ho sentito freddo. Tanto freddo.” Sospirai di nuovo
“Cosa mi stai facendo, eh nanetta?” dissi più a me che a lei guardandomi i piedi stranamente interessanti in quel momento
“Semmai dovrei essere io a chiederlo a te, Fil” mi rispose con voce un po’ impastata dal sonno.
Alzai lo sguardo e la trovai ad osservarmi con le guance rosse e un sorriso timido sulle labbra.
“Rieccola” dissi guardandola negli occhi
“Che cosa?”
“La luce nei tuoi occhi” non stavo pensando, in quel momento il mio cervello e la mia bocca erano del tutto scollegati. A parlare era qualcos’altro.
Le sfiorai di nuovo il volto con la mano libera e piano mi avvicinai ma stavolta non puntavo alle sue labbra, che stavano a pochi centimetri da me, no, appoggiai la fronte sulla sua e chiusi gli occhi mentre con il pollice le davo leggere carezze sulla guancia.
“Allora ci avevo visto giusto” quel commento ci riportò subito alla realtà e rimettendomi in piedi notai che a parlare era stato il professore di storia
“Non so di cosa stia parlando prof” cercai di sviare, anche se praticamente inutile visto quello che aveva visto -chissà da quanto è lì. Mamma mia che vergogna- mi sentii le guance andare a fuoco.
“Andiamo mi avete preso per un vecchio rimbambito?” disse questa frase mentre osservava qualcosa alle mie spalle, seguii il suo sguardo e notai le nostre mani ancora intrecciate tra loro, involontariamente il mio sguardo tornò sul suo viso e i nostri occhi si agganciarono di nuovo facendomi provare un turbine di emozioni che non credevo possibile.
“Ehm… preferite che ripassi più tardi?” chiese con un piccolo colpo di tosse
“N-no, Scusi. Torno in classe” dissi io lasciando la mano di Alice, andai nel’aula che sapevo era quella di disegno del’ora e mezza successiva.
Bussai e appena ricevetti l’avanti della professoressa di disegno entrai venendo subito bombardato di domande su cosa fosse successo durante l’intervallo o come stava Alice. Io spiegai brevemente quello che era successo tralasciando la parte del dolore al fianco, degli sguardi e del quasi bacio, e poi dissi che appena si era svegliata ero tornato in classe usando la scusa che non ne potevo più di stare solo con una nanetta del genere emulando il solito tono di voce e la solita espressione annoiata. Quello che però non potevo immaginarmi fù la risposta che ne seguì
“Strano eppure non mi sembravi così annoiato” tono di voce freddo e piatto, piccole frecce ghiacciate in ogni parola pronunciata
Mi girai e me la ritrovai davanti con le braccia conserte e un espressione cupa, schifata ma soprattutto delusa sul volto. La guardai negli occhi cercando di vedere la stessa luce di prima, invano. C’era solo odio in quegli occhi -E chi può darle torto! Sono stato un coglione- mi rimproverai mentalmente mentre mi sorpassava e andava a sedersi di fianco a Sara, senza degnarmi neanche di uno sguardo. Andai a sedermi al mio banco con l’idea di fermarla all’uscita da scuola per parlarle, senza qualche pettegolo nei dintorni.
  
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