BUONSALVE.
Dopo una scarpinata infinita, una giornata folle, una notte insonne, un
esame passato,
un girovagare senza metà ed un rientro, sono pronta a
mettermi nel letto e
dormire per le prossime settantadue ore.
Però ho deciso anche di aggiornare.
Un capitolo un po’ più ferraginoso di quello
precedente, che in realtà
comprenderebbe una seconda parte che avverrà più
avanti (ahimè i miei buoni
propositi mi stanno abbandonando per la lunghezza) non sto
“complicando” la
storia, sto solo allungando i tempi di scrittura (della trama). Ad un
certo punto
ho realizzato: ho creato degli oc ed ho deciso di usarli e
caratterizzarli
meglio (non tutti, non sarebbe possibile).
Insomma sì questo capitolo parla un sacco dei nostri
simpatici nuovi personaggi.
Vorrei ringraziare chi ha letto, ma soprattutto Farkas per la
recensione.
Buona Lettura
Ps –
Eccovi, qui, una simpatica Astrid
https://www.deviantart.com/rlandh/art/Astrid-891761787
I vicini non
si scelgono, in particolare quelli che
durano un’eternità
La sala
era avvolta in un discreto brusio.
La valchiria Thrud aveva un’espressione mortificata sul viso
giovane.
Jason era granitico.
Cosa doveva fare?
Thrud aveva detto di non contraddirla, ma Thrud
l’aveva ucciso.
Il padre dei numi (Jason si chiese se era corretto chiamarlo
così), d’altronde,
era tranquillo ed aveva sorriso accomodante a sua nipote.
Anche Thrud aveva ricambiato il gesto con il nonno.
“Potremmo fare come ai vecchi tempi” aveva proposto
il signore degli Asi.
Altro mormorio si era alzato nella sala.
“Come ai vecchi tempi?” aveva chiesto uno dei
Thegn, sembrano tutti sconvolti
dalla proposta.
Thrud aveva preso la parola, “Certo, mio nonno, il saggio
Odino, propone, per
una volta di ritornare alle care vecchie usanze ed io potrei
raccontarvi le
eroiche gesta che Jason Grace ha compiuto” aveva ghignato
Thrud.
Ricordava quello che le aveva detto: Tienimi il gioco.
Non aveva solo messo Jason in pericolo, ma anche se stessa.
“E come sapremmo se sono vere?” aveva chiesto
qualcuno dei Theng.
“Nobile Jim Bowie, tu accusi me? La figlia di Thor e Sif? Di
poter mentire
davanti questa sacra Sala?” aveva chiesto con esagerata scena
la ragazza, “Mi
sento offesa! Come Valchiria, donna e discendente di
Padre-tutto” aveva
dichiarato poi Thrud, portandosi una mano al petto.
L’uomo che aveva parlato, non più così
giovane, con i basettoni calcati e
l’espressione d’un uomo che avrebbe voluto essere
in qualsiasi altro luogo che
lì.
“Non mi permettere Mia Signora” aveva dichiarato
Jim Bowie, mortificato,
sedendosi di nuovo al suo posto.
La valchiria aveva perso la sua espressione da bambola frastornata, per
riprendere su un certo compiacimento.
Jason aveva sentito sospirare Astrid, le aveva lanciato uno sguardo ed
aveva
visto la ragazza nascondere il viso dietro una mano.
“Io lo dico sempre, momento migliore della
giornata” aveva esclamato Madina
senza perdere il sorriso allegro.
Thrud
aveva gli occhi di tutti addosso, ma non sembrava affatto turbata da
questo,
aveva giocato appena con la punta della sua treccia, come a simulare un
nervosismo che non aveva. A Jason aveva ricordato Drew Tanaka, la
sorellastra
poco gentile di Piper, per quel suo modo di fare così
calcolato.
“Spero non vi dispiaccia se non sarò molto
poetica, ho tristemente ereditato
l’arte oratoria da mio padre” aveva cominciato
subito Thrud, strappando una
risata divertita dall’intera sala.
“Dunque, in un caldo giornata estiva sono stata attirata dal
nostro Jason
Grace, vi basta guardarlo per capire perché” aveva
aggiunto la valchiria,
sollevando la mano verso di lui.
In quel momento erano tornati tutti a puntare gli occhi su Jason, che
si era
sentito con le guance in fiamme, sicuro di essere rosso.
Aveva sentito Mel e Madina sghignazzare, da un tavolo non lontano
qualcuno
aveva anche fischiato.
Thrud aveva sorriso, con una punta di divertita cattiveria ed aveva
ripreso.
“Quindi eccolo Jason Grace, in compagnia nella sua bella
fidanzata” aveva
ripreso a parlare Thrud.
Il suo primo pensiero era andato a Piper, con quel suo modo che aveva
preso a
guardarlo nell’ultimo periodo, come se avesse voluto dire
qualcosa ma come se
le sue labbra fossero incapaci di tradurre i suoi pensieri e il dolore
che
aveva nel pensare a lei.
E quell’immagine di Piper e Leo al bar, come comuni
adolescenti.
E poi … poi aveva pensato che aveva raccontato a Mel e
Madina di essere con
Apollo e Meg, anche se non gli aveva nominati.
Thrud
aveva ripreso, “Dovevano incontrarsi con il di lui
fratellastro, Lester ed una
sua buon’amica, ma … ecco, che il nostro impavido
futuro eroe affronta un
problema che non aveva calcolato.
C’è questo uomo … un bruto, per quanto
appaia raffinato. Peccato la mia camera
si sia rotta, lo avreste apprezzato” aveva ghignato lei.
C’erano state un’altra serie di risatine divertite
nella sala.
Stava parlando di Caligola …
“Oh, il bruto voleva qualcosa da loro, qualcosa di bello e di
dorato” aveva
scherzato la valchiria, facendo una pausa, aveva sollevato le mani
all’altezza
del viso, circa, con i palmi rivolti verso il basso, poi aveva fatto
tremolare
le dita, per creare atmosfera, che era stato seguito da una serie di
‘uhh’
e ‘ohh’ dei commensali.
Elios ed Apollo. Thrud stava
facendo riferimento al suo
fratellastro e al titano.
Qualcosa di bello e dorato, scommetteva che Apollo avrebbe apprezzato
sicuramente la definizione, scommetteva anche che avrebbe apprezzato anche
Thrud.
La valchiria aveva ricominciato a parlare, “Allora, ecco,
Jason impavido è già
pronto a parare la sua bella, lei di rimando non è da meno.
Ottimo gusto,
signor Grace, a proposito, una che probabilmente tra qualche anno la
ritroviamo
qui in sala” aveva scherzato quella.
No, no, Jason voleva che Piper diventasse vecchia, rugosa e grigia e
andasse
nei campi elisi, nella pace, dopo una lunga vita. “E tra lui
e lei, il
belloccio se la passa proprio male, le sue navi pure peggio –
ebbene sì uno di
quei fastidiosi magnati convinti di avere il mondo tra le mani
perché manovrano
quello che ritengono l’unico metallo importante …
l’oro” – c’era stato un
momento di pausa, che aveva procurato degli ululati in sala.
Tutti gli occhi erano per Thrud, tranne qualcuno. Jason aveva
riconosciuto al
tavolo di Mallory e TJ, altre persone, tra di esse una di loro la stava
guardando. Non gli era chiaro se fosse un uomo o una donna, aveva un
visetto
vispo e bello, lo stesso sguardo divertito di Thalia quando aveva
un’idea, con
due scintillanti occhi diversi.
“… Lo scontro e aspro, brutale. E Jason muore
lì, su quella spiaggia e io lo
raccolgo luminoso d’oro come la luce d’un faro
nell’aspro oceano. Non potevo
lasciare un’anima così luminosa a
quell’accattona di Ran”, evidentemente Jason
si era distratto durante la sua epica morte, ma dalle facce degli
avventori,
che lo guardavano annuendo, sembravano tutti piuttosto soddisfatti
della sorte
che Thrud gli aveva dato.
“Mi pare giusto” aveva commentato
dall’altro del suo scranno Odino, Jason era
quasi certo di aver visto uno dei suoi corvi annuire.
Thrud aveva sorriso al commento del nonno.
“Ma che arma aveva?” aveva strillato qualcuno,
Jason aveva cercato nella sala
chi aveva parlato. Era
un uomo, aveva il
viso sbarbato ed i ricci scuri e nerissimi, aveva un accenno di gobba
ma della
fierezza nello sguardo, perdeva un po’ di regalità
perché indossava anche lui
l’armadietto verde petrolio.
Se Thrud fosse stata colta in fragrante, avrebbe dovuta essersi ripresa
in
fretta, “Ottima domanda, Richard!” aveva
canticchiato lei, “Forse una valchiria
un po’ irriverente potrebbe aver fatto cadere la sua
lama” aveva dichiarato con
un certo divertimento Thrud, strizzando l’occhio
all’uomo.
Helgi aveva aperto la bocca forse per esclamare quanto tutto quello
fosse
altamente irregolare, ma Odino l’aveva preceduto,
“Bene, bene” aveva stabilito.
“Jason Grace, benvenuto!” aveva
stabilito padre-tutto.
C’era stato un applauso e Jason aveva potuto sedersi
nuovamente al suo posto.
Per quella sera ne era uscito illeso.
“Questa
volta Samirah è stata derubata della gloria” aveva
scherzato Madina, “Sarò
onesta mi mancavano le odi vecchia maniera, certo una volta erano in
poesia ed
in una lingua vera” aveva dichiarato invece Mal. La fidanzata
gli aveva
strizzato una guancia, “Oh come fiero il mio
cheruscio” lo aveva
stuzzicato.
Una giovane Valchiria si era avvicinata per versare loro da bere, aveva
sorriso
a Jason con un certo compiacimento e lui era stato certo di esser
diventato
ancora più rosso.
Astrid aveva sollevato verso di lei il suo bel corno potorio di un
colore
alabastro, sporcato sulla punta di nero fuliggine.
“Quattrocento anni a vederli tubare più di quanto
farebbe un colombiere” aveva
scherzato Astrid, ferrea.
“Credo in vita di aver fatto passare questo ad un mio amico,
forse non è stato
molto gentile” aveva valutato Jason.
Astrid non lo aveva distolto lo sguardo, “Che
c’è?” aveva chiesto Jason, prima
di portarsi alle labbra un po’ del sidro che gli avevano
versato.
Era dolce.
Ed anche buono.
“Sto cercando di capire cosa sta complottando zia
Trudy” aveva risposto
poi Astrid.
Oh .. la valchiria …
Odino
aveva attirato l’attenzione alla sala, “Bene, mie
graditi ospiti, prima che
possiamo darci ai bagordi dell’idromele alle buone
carni” e nel dirlo aveva
ammirato con l’unico occhio sacro, l’albero
d’oro, tra i cui rami c’era una
capretta saltellate, che si era fatta piuttosto rigida alla menzione,
“Permettetemi
di spiegare ai nostri nuovi ospiti come funziona qui, per
l’occasione ho
presentato una breve presentazione in power point[1]”
aveva detto Odino.
Si era sollevato in piedi ed aveva tirato fuori dalla tasca da
ginnastica un
telecomando, che aveva premuto, alle sue spalle era comparso un
quadrato di
luce, come se un proiettore si fosse accesso.
“Oh, per la gloria di mio padre!” aveva esclamato
Madina, senza quel suo tono
allegro.
“Riportatemi qualcosa dopo” aveva dichiarato invece
Mel, la ragazza stava per
rimproverarlo di qualcosa, quando il guerriero cheruscio si era
infilzato alla
giugulare con una forchetta.
Jason si era ritrovato sporco di sangue, mentre osservava Mel
afflosciarsi
atterra, tremare, sputare sangue e poi liquefarsi in una polvere
d’oro.
“Lo amo, eh, ma certe volte è un po’
melodrammatico” aveva dichiarato Madina,
mentre toglieva con un fazzoletto il sangue dalla faccia.
“Lo sai queste pellicce quanti anni hanno? Un millennio!
Dovrò andare al negozio
di Blitz per farle smacchiare. A nessuno piacciono le presentazioni di
Odino ma
Mel esagera, ogni volta” aveva strillato Astrid.
Nessuno sembrava dare peso a loro.
“Cosa è appena successo?” aveva chiesto
Jason.
“Hai presente quando sei in una di quelle situazioni in cui
pensi: cavolo
preferirei ficcarmi una forchetta in gola che essere qui. Questo.
Dopo
una vita in catene, Mel ha deciso che non permetterà
più a nessuno di costringerlo
a fare ciò che non vuole, anche assistere ad una
presentazione power point”
aveva scherzato Madina, il suo sorriso sembrava meno bello, quando il
viso era
rosso di sangue.
Jason era ancora interdetto.
“Tranquillo, è ancora vivo, si sta riformando
nella sua bella camera sul suo
comodo letto. Domani lo rivedremo per la colazione e la
battaglia” aveva detto
Astrid, ancora irritata, “Io invece stanotte dovrò
uscire di nascosto per farmi
sistemare da un elfo oscuro questo” aveva indicato le macchie
di sangue sulla
sua pelliccia. “Questa renna l’avevo cacciata ed
acconciata personalmente”
aveva rimarcato[2].
Il
lamentio di Astrid era stato soffocato dalla presentazione power point
in centoventi-tre
slide presentata da Odino, molto lentamente, decisamente logorante, al
punto
che Jason si era azzardato a togliere la forchetta dalle mani di
Madina, molto
cautamente, quando l’aveva vista tristemente interessata ad
imitare il
fidanzato.
Di rimando, lui cominciava a farsi un’idea del
perché del gesto di Thumelicus,
Odino sapeva essere più pedante di Terminus e del professor
Jakob alla scuola
maschile.
Le informazioni che aveva dato erano comunque molto interessati, aveva
parlato
di nuovo dei guerrieri immortali, del Ragnarok, ma poi si era dato in
un
attenta descrizione dell’universo, diviso dei suoi nove mondi
e di tutte le
creature che lo abitavano.
Era quasi rassicurante sapere che i giganti, di ghiaccio, erano cattivi
anche
in quel pantheon.
“E quindi sì, il Ragnarok avverrà
quando tre uova di gallo si schiuderanno”
aveva concluso, mostrando l’ultima slide: era il soggetto
dagli occhi eterocromi
che sedeva al tavolo di TJ e Mallory, esibiva un sorriso da gatto del
Cheshire,
in un selfie vicino ad un uovo, poi era apparsa una slide blu fluo con
la
scritta in azzurrino che ringraziava per l’attenzione.
Le parole di Odino, le finali, avevano ridestato la sala, dal quasi
sonno vegetativo
in cui erano atterrati.
“Prego, buon appetito” aveva dichiarato il signore
degli Asi.
“Oh,
grande Thor, stavo per ficcarmi una forchetta in un occhio”
aveva ammesso
Astrid.
“Io non sono sicuro di riuscire a memorizzare tutte le
informazioni” aveva
detto invece Jason, ottenendo uno sguardo stupido da ambedue le ragazze.
“Ma hai ascoltato?” aveva chiesto perplessa Madina,
“Nessuno ascolta tutti gli
interventi di Odino, finiremmo per morire di vecchiaia. Sì,
anche qui” aveva
dichiarato sprezzante Astrid.
“Be, non so niente di queste cose, informarmi è
importante, poi Odino, non è il
signore? Non ha fama di essere un dio … ehm,
colto?” aveva chiesto retorico.
Non sapeva niente di divinità norrene, quel poco che sapeva
era una specie di
refuso che Annabeth aveva vomitato mentre cercavano di progettare i
templi per
le divinità minore.
La sua amica era tornata da Boston, da poco, ed era tornata con una
strana
infatuazione per le divinità nordiche – prima di
fagocitare Jason su tutte le
informazioni possibili su nuova Roma e i college.
“Pensaci Jason … potremmo frequentare la
stessa università” aveva
dichiarato una volta, mentre Jason si divertita a disegnare un tempio
anfiprostilo per Eros – sebbene non avesse particolarmente a
cuore il dio in
questione, dopo la sofferenza che aveva dato a Nico, forse per questo
la sua
vita amorosa era andata a scatafascio?
Ma non solo quella, non avrebbe mai seguito i corsi a San Francisco,
non
sarebbe mai diventato un architetto con Annabeth.
Non avrebbe mai sposato Piper.
Non sarebbe mai diventato padre.
Non avrebbe mai più riabbracciato Leo.
E Nico … che finalmente si era aperto a qualcuno e lui era
morto …
Il forte
rumore d’un piatto sbattuto lo aveva ripreso.
Thrud aveva posato a loro tavolo un arrosto fumante, “Oh
sì, guerriera
cacciatrice immortale di anime e cameriera, sì”
aveva dichiarato stanca quella,
sedendosi davanti a loro.
“Ciao Zia Trudy” aveva dichiarato Astrid.
“Ciao dolcezza, ciao figlia di Ullr, vedo che continuato ad
essere tre, numero
magico” aveva dichiarato Thrud divertita.
“Per alcune culture quattro è il numero della
morte” aveva civettato Madina.
“Per fortuna siete già tutti morti”
aveva dichiarato la valchiria, “Adesso
servitevi, arrosto di cinghiale, il mio preferito” aveva
asserito Thrud.
Astrid non se l’era fatto ripetere due volte ed aveva
infilzato con la
forchetta un bel pezzo di arrosto.
“Be,
Jason
per domani, credo tu avrai bisogno di prendere un’arma
dall’armeria non posso
prestarti più la mia spada, capiscilo” aveva
espresso ad un certo punto la
Valchiria, nel farlo gli aveva preso una mano e l’aveva
stretta amichevole,
Jason aveva sentito chiaramente che Thrud aveva lasciato qualcosa nelle
sue
mani.
“Pensavo ci fosse sta sera” aveva valutato Jason,
la famosa battaglia
quotidiana.
“Oh, per la gloria, no, si combatte dall’alba al
tramonto[3]”
aveva dichiarato Astrid,
“Facciamo mezza mattinata” aveva corretto Madina.
“Capito, trovati una spada nuova”
aveva ripetuto Thrud alzandosi, non
prima di aver riempito i due bicchieri ed il corno di sidro, gli aveva
anche
fatto l’occhiolino.
Non doveva usare la moneta – o almeno immaginava intendesse
quello.
Forse era troppo romana.
Poi Thrud si era congedato e Jason aveva infilato, cercando di non dare
nell’occhio, il biglietto nella tasca dei pantaloni sbiaditi.
“Devi aver proprio fatto colpo su zia Trudy” aveva
rimarcato Astrid, prima di
calarsi con pochi sorsi l’intero corno. Madina aveva
ridacchiato prima di
raccontare che la valchiria in questione non portava poi molto anime
lì.
Astrid si era sollevata in piedi, facendo oscillare la chioma, era nera
e
liscia come la seta, Jason doveva ammettere che si sposava male con
l’immagine
di una terribile guerriera einherjar vecchia di secoli che spendeva
giorni e
giorni a combattere. “Tutti a dormire, ora. Nella propria
stanza. Domani vi
voglio tutti vivi” aveva dichiarato, battendo le mani,
“Tranne io, dovrò
convincere Blitzen a darmi consigli per tirare via il sangue dalla
pelliccia di
wapiti[4].
Madina aveva scosso il capo, facendo oscillare la capigliatura afro,
“Sì, sì,
tranquilla, recupero solo un po’ di arrosto per i nostri due
fuggiaschi” si era
difesa quella.
Jason si era alzato con Astrid, non era sicuro di voler tornare in
camera per
leggere il biglietto – e cominciare a capirci qualcosa
– o per andare a
dormire.
“Jason” lo aveva richiamato la guerriera, mentre si
lasciavano alle spalle il
tavolo, seguiti da Madina che aveva raccolto su una ceramica una pila
di carne
con contorno di patate e carote, “Domani devi cercare di
uccidere loro” aveva
ammiccato verso il tavolo del piano diciannove.
Mallory Keen aveva fatto un segno verso di loro, un cenno del capo, che
Astrid
aveva ricambiato. Tj lo aveva salutato con gentilezza e Jason si era
ritrovato
a fare lo stesso.
Con loro c’era anche un enorme energumeno, che teneva una
mano sul fianco di
Mallory e con l’altra gesticolava. Di spalle vedeva un biondo
ed immaginava la
persona dagli occhi bicromi.
Anche la valchiria Samirah Al-Abbas si era unita alla combriccola.
“Sono stati
riconosciuti i migliori qui dentro, ucciderli è sempre segno
di prestigio”
aveva spiegato la guerriera.
Jason non aveva voglia di uccidere dei ragazzi che gli sembravano pure
simpatici, anche se per poco.
“Oggi il Momento della Valchiria è stato
emozionante, ma non abbiamo avuto le
tre norme, peccato” aveva sbuffato alle loro spalle Madina.
“Sono tre profetesse che annunciano il Destino
di ogni guerriero, di
solito alle iniziazioni si affacciano” aveva aggiunto quella.
Sì, una cosa che Jason non voleva era un’altra
possibile profezia su di lui. Ne
aveva avute troppe nella sua vita. Una aveva ucciso il suo migliore
amico –
anche se poi era risorto – ed un'altra aveva quasi ammazzato
la sua ex e
ridotto lui alla versione scandinava di uno zombie.
“Forse sono una persona troppo ordinaria” aveva
dichiarato Jason, più una
speranza che altro.
Erano finiti per lui i tempi delle brutte profezie.
Astrid aveva buffato, “Ad una gamba forse. Ignorando
l’eroica morte, se zia
Trudy ha spostato il culo dal suo fancazzismo militante
e perché deve
aver pensato che ne devi valere la pena” lo aveva pungolato
lei, mentre
raggiungevano le porte dell’ascensore.
“Anche le persone ordinarie sono capaci di atti
straordinari” aveva dichiarato
Jason, con un sorriso tranquillo.
“Ma sentilo Madina, con i suoi occhi blu, alto e
biondo” aveva replicato
Astrid, “Mr. Ordinarietà questo kavdlunait
bianco come la neve” aveva
aggiunto.
“Non sono particolarmente brillante, ma quella era
un’offesa” aveva dichiarato
Jason. “No, la parola di per sé no, come la ho
usata io? Può darsi”
aveva risposto Astrid serafica.
Jason si era voltato verso Madina, “Non è roba
germanica[5]
… nope” aveva detto
quella, sorridendo tranquilla.
Quando era
stato solo nella sua stanza, Jason aveva aperto il biglietto.
C’erano scritte solo tre cose, in inglese: domani,
diciassette, lavanderia.
La grafia di Thrud era … insospettabilmente bella e
femminile, piena di lettere
tondeggianti dagli spazi ampi.
Si era seduto sul letto, tenendo quel bigliettino tra le mani, pieno di
confusione nel viso.
Cosa … cosa doveva fare?
Aveva estratto dalla sua tasca anche al sua moneta.
Thrud gli aveva detto di prendere una spada, probabilmente la sua arma
era
troppo romana e allo stesso tempo perché si stava fidando
ciecamente della
valchiria?
Che stava succedendo?
Era morto. Era nei campi elisi.
Era in pace.
Nervoso si era sollevato di nuovo lasciando biglietto e moneta sul
letto e
rigido come una stecca si era avvicinato ai rami dell’albero
dell’universo con
reverenziale timore.
Ne aveva toccato con solo la punta delle dita le foglie ed aveva
sentito un
brivido lungo la sua schiena.
Se si fosse arrampicato, forse avrebbe potuto trovare la via di casa.
Ma quale era?
Quale tra i nove mondi era la strada per casa?
E dove era Casa?
Di Argo non era rimasto niente, della casa di Beryl Grace neanche un
ricordo,
non gli piaceva la scuola, era troppo vecchio per stare con Lupa, si
sentiva un
estraneo a Nuova Roma e vedeva nel campo Mezzo-sangue tutti quei sogni
che non
aveva avuto, tutti quei progetti che non aveva realizzato.
Si fermò, colto da un pensiero, poteva realizzarli? In quel
momento, poteva?
Si
allontanò di fretta dall’albero, lanciandosi sulla
cassapanca ed aprendola,
all’interno, c’erano più cose rispetto
la biancheria domestica, rispetto a
prima.
La stanza esisteva per soddisfarlo. Questo spiegava le foto, quelle
della sua
infanzia che mai aveva visto, quella che non era mai stata scattata,
perfino il
bagnoschiuma all’aroma di pino silvestre che aveva trovato
nella doccia.
Il valhalla era un paradiso, a modo suo, era il luogo dove finiva i
giusti –
per i criteri dei nordici – non diverso, in un certo senso,
dai campi elisi o
le isole dei beati.
Aveva trovato dei fogli A3, delle squadre ed un set di matite a mine
dalla
punta spessa, c’era anche un goniometro ed un compasso.
Aveva cercato oltre ed aveva trovato un astuccio pieno di matite
colorate.
Aveva steso i fogli per terra e si era amato di squadrette e lapis.
Non aveva mai pensato a se stesso come un progettista, fino alla fine
dell’estate prima, quando aveva cominciato a lavorare
seriamente con Annabeth –
circa, vista la difficoltà logistica – al suo
progetto. Alla sua promessa.
Perfino il suo professore di edile, si era congratulato con Jason,
‘Hai un
talento’, aveva detto. E Annabeth gli aveva
proposto di frequentare la
stessa università a San Francisco e faceva ancora male
pensarci.
Era un einjerjar, ma poteva ancora disegnare.
Non ebbe la
chiara idea di quanto
si fosse addormentato, ricordava di star perfezionando un ingresso
siriaco per
un tempio da dedicare alla dea Iris, non lontano dalla casa dove
alloggiavano i
suoi fratelli, quando aveva capito di non essere più
dov’era.
Non era un sogno, era finito altrove, come durante la gigantomachia,
che a
volte, sfuggivano al controllo dei propri sogni.
Riconobbe subito il luogo, nonostante fosse notte, le acqua del lago
del campo
le avrebbe riconosciute, erano oscure, ma scintillati alla luce della
luna.
Will Solance era apparso sulla riva luminoso come una lampadina, senza
eufemismi. Indossava una felpa per ripararsi dal freddo.
Era finita l’estate. Jason non era reale e non riusciva a
percepire quanto
facesse in realtà freddo.
“Nico?” aveva chiesto timoroso Will.
“Sono qui” la voce di Nico, era venuta dalle spalle
di Jason, si era voltato
alla sua ricerca, ma era riuscito a scorgerlo solo quando Will lo aveva
raggiunto, illuminandolo.
Nella note, senza luci, Nico era parso solo una voce.
“Come sapevi che ero sveglio?” aveva indagato
subito il figlio di Ade, “Che
fidanzato sarei, se non mi accorgessi che non … me lo ha
detto Valentina” aveva
risposto Will, sedendosi accanto a lui, vicino alla riva ma non troppo.
“Cioè in realtà Valentina ti ha visto
uscire e lo ha detto a Rupert, che stava
tornando in casa dopo un’incuriose in cucina per cui
sarà punito severamente”
aveva spiegato Will.
Nico aveva riso – era un suono quasi estraneo per Jason
– “Questo posto si è
fatto molto più vivace, noto” aveva commentato.
“Lo è sempre stato, ma visto che tutti gli occhi
erano su Percy, Annabeth e te,
quando c’eri, era più facile passare
inosservato” aveva raccontato Will, senza
perdere lo smalto. “Oh, l’infinita faida
Apollo-Ares non sarebbe durata così a
lungo” il racconto del figlio di Apollo era stato sporcato da
qualcosa di
malinconico.
Nico aveva allungato una mano ed aveva preso quella del ragazzo,
cercando di
essere supportivo.
“Mi spiace di averti fatto preoccupare, sono io il
significativo fastidioso”
aveva dichiarato Nico, “Sì, infatti, abbiamo
stabilito che io sono l’abatjour”
aveva risposto per le rime Will.
I due avevano riso e Jason si era sentito molto impacciato; era
decisamente di
troppo e ricco di vergogna nello spirare quel momento di
intimità di Nico.
Ma era così dannatamente felice per lui, che se la stesse
cavando bene.
Quando aveva lasciato il campo, per cercare Leo, aveva lasciato un Nico
che
cominciava ad aprirsi al mondo, onesto con se stesso, ma ancora
spaventato di
ciò che lo aspettava.
“Vuoi dirmi che succede?” aveva chiesto delicato
Will.
Nico aveva annuito, “Jason, qualcosa non va” aveva
detto, la sua voce era
sottile, come un vetro crepato, “Gli è successo
qualcosa? Era lui che ti
chiamava dal Tartaro?” la voce di Will si era fatta
immediatamente ansiosa,
Nico aveva scosso il capo.
“No, non era lui. Quello che ho detto ad Apollo era vero. Jason stava
bene, non come Hazel
che era nel posto sbagliato o Leo che era così strano
… solo che adesso, adesso
… non lo sento più”
aveva dichiarato Nico.
“Ovunque sia non lo sento più … non lo
sento più in pace. Non so cosa
sia successo” aveva raccontato.
Will aveva fatto una pausa, il suo viso era ancora crucciato,
“Lui … uhm …
potrebbe aver passato il fiume Lete ed essere, ecco,
reincarnato?” aveva
chiesto, pieno di timore.
Nico aveva chinato gli occhi, quasi vergognoso, “No,
è successo con Bianca … la
sensazione è diversa. Devo dire che è stato
più brutale, come qualcosa spezzato
… un momento la percepivo e quella dopo non era
più lì. Jason c’è
… io lo
sento, ma è distante, distantissimo e non è
più in pace” aveva specificato
Nico, accompagnando l’azione con un certo gesticolare, per
dare decisione.
“Oh Nico” si era lasciato sfuggire Jason, pieno di
vergogna per quella
preoccupazione che stava creando.
“Hai provato ed evocare qualcuno? Nel senso per avere la
risposta … per vedere
come sta, se è sempre lì” aveva
proposto Will, il suo tono era cauto.
Nico lo aveva guardato con le sopracciglia crucciate, “Ero
uscito per farlo,
sai … di nascosto; tu, Chirone e Mr. D. non siete proprio
fan di me che pratico
la negromanzia; quindi, …” aveva risposto il suo
amico, con un tono un po’
rigido.
“Non sono fan di te che ne abusi e ti fai viaggi in solitaria
per il tartaro o
in compagnia di trogloditi[6],
non di te che lo usi
con giusta moderazione” si era difeso Will, stringendoli la
mano.
“Jason” qualcuno lo
aveva chiamato.
Jason non
aveva mai visto il resto di quel momento, perché aveva
aperto gli occhi,
stanco, affaticato, con il viso riverso sui fogli su cui si era
addormentato,
prono sul pavimento della sua stanza.
“Jason!” la voce di Astrid era raschiante da fuori
la porta, mentre batteva
contro il legno.
Lui si era tirato su a fatica, con il collo indolenzito …
bene, il valhalla
curava ogni ferita mortale ma non le posizioni scomode del dormire ed
era
andato a fatica ad aprire la porta.
“Hai la faccia di uno che pare stato colpito in faccia da uno
scudo” aveva
dichiarato Astrid, quando Jason si era palesato.
La ragazza aveva i capelli stretti in due trecce e non indossava
più gli abiti
di pelliccia, ma una maglia di ferro sopra un paio di calzoni e stivali
imbottiti. Aveva uno scudo largo in bronzo dorato, legato alla schiena
e
portava un’accetta allacciata alla cintura.
Jason aveva annuito, “Mi ci sento, ieri mi sono addormentato
sul pavimento”
aveva ammesso, sincero, spostandosi per far vedere ad Astrid i resti
della sua
follia artistica. Quella non aveva fatto una piega, “Non
varrà come
giustificazione per morire” aveva rimarcato la ragazza,
“Andiamo a fare
colazione” non pareva un invito.
Jason si era chiuso la porta alle spalle ed era uscito così
come era vestito,
aveva ancora indosso la maglietta ed i jeans sbiaditi del giorno prima.
Astrid che faceva da apri-fila si era chinata per raccogliere un piatto
davanti
la stanza di Fred, vuoto, Madina lo aveva lasciato lì pieno,
la sera prima.
“Be, non si è ancora disciolto” aveva
valutato la ragazza, prima di fermarsi a
dare due colpi alla porta.
Non aveva ricevuto risposta.
“Oh, Fred, per la gloria degli dei, sei una parodia di un anirniq
… a
nessuno importa di quella cosa, lo sai” aveva strillato
Astridi, prima di
allontanarsi.
“Cos’è un anirniq?”
aveva chiesto Jason, Astrid lo aveva guardato, ferma
in viso, “Uhm … noi, è il respiro e
l’anima che permane oltre la morte” aveva
risposto la ragazza con semplicità, “Solo che
spesso quando un anirniq
pervade nel mondo, lo fa più per la vendetta,
però ecco, entriamo in tutto un
altro campo adesso” aveva dichiarato lei, muovendo
circolarmente le dita delle
mani, ad indicare l’hotel.
“Non è scandinavo, come la parola di
ieri” aveva valutato Jason.
Astrid aveva chiamato l’ascensore, “Buon
osservatore, si non lo è, è il credo
di mia madre” aveva risposto la ragazza.
Forse anche lei era una semidea, aveva pensato Jason, padre dio e madre
umana,
nativa, l’opposto di Piper. Forse suo padre era un dio figlio
di Thor, giacché
aveva chiamato Thrud zia più volte.
“Hai risolto per la pelliccia, poi? Sai dopo il suicidio di
Mel?” aveva chiesto
Jason, mentre prendevano l’ascensore. “Oh, grazie
… Sono dovuta uscire di
nascosto e raggiungere il negozio dell’unico elfo oscuro che
sa qualcosa di
vestiario e forse domani riavrò le mie cose” aveva
dichiarato Astrid,
“Ovviamente non avevo soldi per pagarlo, mi è
costato una settimana di turno a
Casa-Chase. Grazie per averlo chiesto comunque” aveva ammesso
la ragazza,
l’ultima parte l’aveva aggiunta abbassando lo
sguardo.
“Oh, prego … aspetta hai detto
Casa-Chase?” aveva chiesto Jason.
Le porte dell’ascensore si erano aperte, ad investirli era
stato un vento quasi
artico, “Oh, chiudi-chiudi-chiudi!”
aveva strillato la ragazza
cominciando a premere ripetutamente contro il pulsante
dell’ascensore per la
chiusura delle ante.
“Cosa è appena successo?” aveva
domandato Jason, avendo ancora negli occhi l’immagine
dell’innevato spazio, che si erano lasciati dietro. Ed il
freddo penetrante che
aveva colpito il viso. Per un secondo aveva pensato di essere di nuovo
alla
corte di Borea – ma quella era un’altra vita.
“Mondo non esattamente simpatico” aveva dichiarato
Astrid spostandosi nervosa,
“Sì, io credo di aver digitato male”
aveva ammesso Jason pieno di imbarazzo.
Era sicuro di aver premuto il pulsante che aveva premuto Mel, il giorno
prima,
forse però si era confuso tra cinquecento e passa piani.
L’ascensore, d’altronde, offriva un pannello dei
pulsanti piuttosto notevole,
che occupava la lunghezza intera dell’ascensore ed era di
notevolmente larghezza.
Jason non riteneva fosse da lui un errore di questo genere,
però poteva
riconoscere la probabilità di caduta in errore.
“Quello
era
Jotnheim, il mondo dei giganti di ghiaccio. Si, uhm
… non è frequentato
esattamente da personcine simpatiche. Io e da un paio di secoli che
dico che certi
piani andrebbero bloccati, onde evitare spiacevoli incontri. Una volta
sono
finita a Muspellsheim, il regno del fuoco, ma
… ehi … io sono solo
Astrid Einardottir” aveva ammesso calma lei, sistemando i
capelli, che erano
sfuggite alle trecce, dietro l’orecchio.
“Da quanto tempo sei qui, se posso chiederlo?”
aveva chiesto Jason, mentre spazzava
via un po’ di neve che si era depositata sulla sua maglietta.
“Mille anni,
secolo più, secolo meno” aveva dichiarato Astrid,
“Il tempo poi si confonde”
aveva aggiunto, questa volta le porte si erano aperte sul piano giusto,
la sala
con i tavoli, l’albero d’oro spendente con la
capretta saltellante e le
valchirie a cavallo di destrieri fatti d’aria.
“Ascolta
il piano: adesso mangiamo, andiamo in armeria, vediamo se riusciamo a
tirare un
po’ di spada, poi combattiamo ed uccidiamo i ragazzi del
piano diciannove”
aveva dichiarato Astrid, tirando dritto verso il medesimo tavolo della
sera
prima. Non erano presenti né Mel né Madina.
In realtà Jason poteva notare che la sala sembrava
semideserta, anche al tavolo
dei Thegn mancavano più della metà.
“È presto, vero?” aveva chiesto,
aggiustandosi gli occhiali.
“Hai presente quella frase fatta da: mi riposerò
da morto? Dimenticala”
aveva dichiarato Astrid accomodandosi sulla panca.
Jason l’aveva imitata.
Una valchiria era venuta a servire loro da bere, succo di frutta ed un
piatto
di affettati, “Salume di cinghiale” aveva
dichiarato, prima di allontanarsi
dopo aver strizzato l’occhio a Jason.
Astrid aveva roteato gli occhi, “Non farti sedurre da una
valchiria, non
finisce mai bene, chiedi a Sigfrido … piano
centoventidue” aveva dichiarato
quella poi, piegando le labbra in un sorriso freddo.
Jason era avvampato, “No, io … no, ho
una… avevo, cioè …
c’è … questa
raga-Piper!” era riuscito a farneticare, mordendosi poi il
labbro, aveva
sospirato.
“Avevo una ragazza, Piper, c’eravamo già
lasciati, però non sono pronto a farmi
sedurre da … valchirie” aveva dichiarato Jason,
grattandosi il collo.
Piper.
Tra le sue morti l’aveva sognata, assieme a Leo –
stavano bene.
Stavano bene.
Astrid lo aveva guardato, intensamente, “Prendilo come
consiglio da applicare
per i prossimi secoli, ecco” aveva detto poi.
“Ma loro non sono tipo … uhm vergini
guerriere?” aveva chiesto Jason, dopo una
pausa, forse nella sua mente aveva inevitabilmente sostituito le
valchirie con
le cacciatrici …
Oh, Thalia.
Doveva … contattarla?
“Oh, per la gloria degli dei no. Sono quasi tutte zitelle, ma
per scelta, ma
sicuramente la castità non è una prerogativa.
Perché dovrebbe esserlo? L’imene
da maggiore capacità nell’utilizzo di
un’arma?” aveva replicato Astrid, lo
aveva fatto con un sorriso quasi spontaneo, perdendo
quell’alone di boria e
rigidezza che sembrava accompagnarla in ogni suo commento.
“Direi di no” aveva ammesso, rosso di imbarazzo
Jason.
Avevano
fatto colazioni, con una certa velocità, qualcuno aveva
chiacchierato con
Astrid, del più e del meno, la ragazza era stata molto
schietta nelle risposte
e poi aveva condotto Jason in un altro piano dell’hotel.
“A proposito sai dove
è la lavanderia?” aveva chiesto lui, mentre
riprendevano l’ascensore, “Provi
già la fuga?” lo aveva interrogato Astrid.
Jason aveva aggrottato la fronte, “Cosa?” aveva
chiesto, “Oh, be, oltre la porta
di ingresso … che tecnicamente non potremmo mai varcare e la
scarpinata
sull’albero, una delle uscite per midgard è in
lavanderia” aveva spiegato
Astrid.
Jason era rimasto in silenzio, “Oh, non ne avevi
idea” aveva valutato lei.
Jason aveva annuito.
Thrud voleva farlo fuggire?
“Allora deve essere un piano di zia Trudy” aveva
commentato Astrid, senza particolare
inflessione nella voce, doveva conoscerla bene evidentemente.
Astrid lo
aveva condotto in quella che doveva essere l’armeria,
“Non so come farti
vestire” aveva dichiarato lei, “Buona parte di noi
ormai combatte con quello
che ha addosso senza problemi, però ecco, per il ragnarok
dovremmo indossare
armature e co, ma appesantiscono tantissimo e se non ci sei abituato e
come
combattere dentro una pentola rovente che ti schiaccia a
terra” aveva
dichiarato la ragazza, mentre valutava tra le spade, una da dare a
Jason.
“Fa schifo anche non combattere con l’arma con cui
sei arrivato qui” aveva
aggiunto lei, nel dirlo aveva sfiorato la sua accetta, “Ma
succede: Lars
altrimenti dovrebbe combattere con un estintore. Una volta lo ha detto,
è stato
esilarante” aveva ammesso, sembrava divertita, nonostante il
suo tono fosse
piatto.
Jason aveva raccolto una spada.
Erano diverse dalle spathe e i gladi a cui era
abituato lui. Ne aveva
presa una, aveva l’elsa sottile, con un pomello polilobato
sulla cima. La parte
per proteggere la mano era stretta e dritta, la lama era pesante, lunga
ed
affilata da ambo i lati. Il metallo aveva delle notevoli sfumature
ocra, che
davano all’arma un aspetto suggestivo. La spada non era
particolarmente bella o
elegante, ma aveva qualcosa.
“Quello è in ferro di torba, dal colore direi
limonite” aveva commentato
Astrid, “Buono o cattivo?” aveva chiesto Jason, che
doveva ammettere che in
lame conosceva l’oro imperiale, il ferro di Stige ed il
bronzo celeste, oltre
che le armi standard, anche se non le maneggiava spesso, visto che
potevano
ferire i mortali. “Impermeabile, di solito viene utilizzato
per utensili e
navi. Se ci hanno fatto una spada e perché non avevano molto
altro ferro” aveva
valutato Astrid, prendendola e soppesandola, “Direi che
è americana, comunque,
anzi canadese” aveva fatto una pausa.
“Si chiama Panikpak” aveva
detto restituendola, “La ha fatta mio padre,
chiama tutte le sue spade così, o Atuat
… come buona parte delle spade
da queste parti, intendo le spade che trovi qui, buona parte le
fabbrica mio
padre, non che le spade da queste parti si chiamano
così!” aveva dichiarato
Astrid.
Jason aveva avuto una brutta analessi in relazione a Caligola e tutte
le navi
con il medesimo nome, della sorella, ormeggiate alla baia. Era
un’ossessione,
era un significato specifico.
Astrid lo aveva guardato con aspettativa.
Jason si era fatto rigido un secondo, stringendo l’elsa della
spada e poi aveva
chiesto: “Tuo padre è come Vul…Volevo
dire come un dio armaiolo?” aveva
chiesto.
Astrid aveva fatto oscillare le trecce nere, come aveva mosso il capo,
“Non
esiste un dio del genere, i nani sono i fabbricanti. Mio
padre è
semplicemente un fabbro, cioè in realtà
è un semidio, però non c’entra
nulla, è un fabbro, dicevo – uno bravo, istruito
da Dvalinn in persona” aveva
dichiarato con orgoglio Astrid.
Jason l’aveva guardata.
“Uhm … è uno dei nani più
celebri della mitologia, non che uno dei fabbri e
armaioli più notevoli dei nove mondi. Ha forgiato la Tyrfing[7].
È stato anche l’amante di
Freya, la dea più cazzuta di tutto il
reame?” aveva proposto Astrid.
Jason aveva annuito, “Questo è il momento in cui
ti confesso che degli dei
norreni conosco solo Odino, Thor e Loki?” aveva proposto.
“Ricordami di fare un’incuriose ad Adsgard
per andare alla biblioteca”
aveva dichiarato Astrid, “I potremmo andare anche a quella
pubblica di Boston”
aveva valutato lei.
“Panikpak vuol dire qualcosa?”
aveva domandato Jason, “Madre-asfissiante!”
aveva detto la guerriera prima di fare una pausa, “No,
è semplicemente il nome
di mia madre” aveva replicato mentre gli passava anche una
cotta di maglia ed
un elmo.
“Niente corna?” aveva chiesto Jason. Dagli occhi
tristi che Astrid aveva
assunto, per aver citato sua madre, Jason, figlio della sconosciuta
Beryl Grace
non aveva voluto, insistere. “Roba da galli” aveva
risposto Astrid – aveva
fatto una piccola smorfia che pareva un sorriso.
All’armeria
avevano incontrato anche Mel, che doveva essere in piedi da ore.
Non aveva i segni sul collo nudo della forchettata mortale, ma anzi
sembrava in
perfetta forma, nudo dalla vita in su, sudato, con le guance arrossate
ma
inflessibile, con scudo rettangolare ricurco al braccio e con una spada
corta
alla mano, indossava su un braccio una lorica di ferro lucidissimo,
sorretta al
busto da una spessa cinghia e degli schinieri coordinati.
“Mel sta cercando di
diventare un guerriero Berserk, ma non ci riesce. Troppo
disciplinato”
aveva dichiarato Astrid, con un filo di rabbia.
Jason aveva un solo pensiero in mente.
Mel combatteva come un mirmillone.
Una vita in catene, aveva detto Madina.
Ed era un cheruscio.
“Era un gladiatore” si era lasciato sfuggire Jason,
“Sì, ma a lui non piace
parlarne” aveva dichiarato Astrid, mentre si avvicinava a lui.
Jason ebbe un brivido, ricordando poi le parole di Thrud. Iniziava a
sospettare
che il tacere la sua identità non fosse solo dovuto al fatto
che aveva
sconfinato in un altro pantheon.
Il ragazzo aveva messo giù lo scudo ed aveva sorriso
raggiante verso di loro,
“Pronti a morire?” aveva chiesto tutto allegro.
“Mai” era stata la risposta fiera di Astrid.
Madina aveva
raggiunto loro, dopo, con calma, mentre beveva dal bricchetto di un
succo alla
pesca. Indossava gli spallacci, i para-gomiti e le ginocchiere. Gli
indisciplinati ricci erano sistemati in uno chignon mirabolante ed
aveva un’espressione
serena. Più che una guerriera pronta ad un combattimento
mortale, sembrava
pronta ad una gara di roller, senza roller e con faretra legata alla
cintola ed
arco alle spalle.
“Jason, caro” aveva detto Madina, mettendoli un
braccio attorno alla spalla,
“Probabilmente a parte quella brutta storia con il mafioso e
la tua ex, hai la
faccia di un bravo ragazzo che non si è mai messo nei guai.
Quindi non ti
preoccupare se sarai sopraffatto dal terrore, vorrai scappare e morirai
con
un’arma sulla schiena. Magati domani andiamo a fare yoga
mortale[8]
così ti prepari meglio.
Però sai come si dice … La prima volta fa sempre
schifo” aveva dichiarato la
figlia di Ullr con tranquillità.
“Astrid te lo concederà questa volta. Io ti
coprirò nella fuga. Posso centrare
in mezzo agli occhi una formica” aveva aggiunto Madina,
tirando un paio di
colpi alla sua faretra piena di frecce.
Mel gli si era avvicinato, ancora vestito da mirmillone, “Io
invece ti dico:
scatenati. Non avere timori, niente di quel che succederà
oggi, avrà
conseguenze” aveva dichiarato con allegrezza ed un sorriso da
squalo.
“Grazie ad entrambi per i consigli” aveva
dichiarato Jason pieno di disagio,
aveva seguito Astrid con lo sguardo, era un po’
più avanti di lui.
Stava parlando con un nerboruto guerriero con un uniforme americana,
l’elmetto
e la faccia dipinta da verde che ricordava a Jason quei soldati nei
film sul Vietnam
ed una donna slanciata, biondissima e regale.
La
guerriera dai capelli scuri era tornata da loro, “Ho parlato
con Freydis[9],
il novantatreesimo piano,
organizzerà un colpo dall’alto. Loro vanno sul
boschetto a sud e noi prenderemo
a nord, insieme a Jemmy ed il centoventicinquesimo piano”
aveva dichiarato,
prima di spiegare per bene il suo piano.
Jason, terribilmente romano, trovava la strategia un po’
caotica.
“Quindi, sì, squadra
venti-novantatré-quarantacinque-centoventicinque”
aveva
valutato Madina con espressione seria. “Il piano
settantotto?” aveva chiesto
invece Mel.
“Hanno abbandonato il gruppo, per unirsi ai piani diciotto,
centosedici e trecento-novantanove”
aveva detto sdegnosa Astrid.
“Non è un problema” aveva dichiarato
Madina con calma.
“Occhi sul premio sempre” aveva ripreso la parola
Astrid, “Sopravvivere?” aveva
chiesto Jason.
“Sempre, a qualsiasi cosa e vincere. Quando combatteremo al
Ragnarok saremo un
unico esercito, ma oggi, troviamo nemici ideali, formiamo gang. Siamo
tutti
contro tutti” aveva spiegato Astrid.
“Ma soprattutto tutti contro il piano …”
aveva ripreso Madina, “Diciannove!”
l’aveva anticipata Jason, che gli aveva sentiti ripetere
quella cosa un certo
numero di volte, “Esatto, Jason, al momento sono considerati
i più forti e
benedetti da Odino in persona” aveva dichiarato Madina.
“Però” aveva attirato
l’attenzione Mel, “Ci stiamo, ehm, fidando di
Freydis?”
aveva chiesto preoccupato, “Sì, è una
figlia di buona donna ma è una delle più
vecchie amiche di mio padre” aveva risposto quasi indignata
Astrid.
“Ha ingannato i suoi amici e costretto suo fratello a
commettere degli omicidi
per coprirla” aveva risposto Mel, “Nessuno
può costringere un fratello a fare
niente, dovresti saperlo, visto come è finita la tua
famiglia” l’aveva offeso
senza ritegno Astrid, evidentemente.
Se Mel non l’aveva caricata di forza, era stato per il
tempestivo intervento di
Madina, “Lo hai fatto di nuovo” l’aveva
rimproverata.
Astrid aveva perso l’espressione di supponenza per una
più consapevole, “Scusa”
aveva ammesso, prima di cambiare repentinamente discorso,
“Fred piuttosto?”
aveva chiesto.
Madina si era morso il labbro.
“Ci fa da copertura dal cielo, ha detto. Si
apposterà sul balcone” aveva
dichiarato Mel, ancora rigido. “Be, spero non provochi un
terremoto come quello
che ha scatenato nel millesettecento-cinquantacinque che ha raggiunto
perfino Midgard[10]”
aveva detto Astrid.
Madina le aveva tirato un buffetto a pugno chiuso – neanche
troppo gentile –
sulla spalla, “Astrid!”
l’aveva rimproverata.
“Sai perfettamente che non è per quello che non
esce! E tu sai anche che è una
paturnia inutile, abbiamo perfino la progenie di Loki di questi
tempi” aveva
risposto Astrid massaggiandosi la parte indolenzita della spalla.
“Se non
impari ad essere più gentile, resterai da sola ed immagino
non debba essere
bello per l’eternità” il rimprovero di
Madina era sembrato molto materno, accompagnato
con un sorriso stanco.
Jason non aveva potuto aspettare il resto della frase,
perché Mel lo aveva
preso in disparte, con gli occhi luccicanti, “Non
preoccuparti di loro. Madina
come me ha dovuto imparare come ci si comporta, con le cattive, ed
Astrid
invece è cresciuta sola come un cane e non ha mai imparato
l’educazione; dovevi
vederla un millennio fa cosa era!” aveva dichiarato il
guerriero cheruscio, “Adesso
andiamo. Jason, preparati a rimanere strabiliato” aveva
enunciato conducendolo
verso un ampio portone.
Bianco, a due ante, immenso quasi.
Si erano accodati all’uomo vestito da soldato, che aveva ora
un nutrito
gruppetto di persone alle sue spalle e la donna elegante dai capelli
biondi.
All’uomo vestito da soldato si erano aggiunti altri compagni, tutti suoi coetanei, così come alla regale donna bionda e tutta la sua troupe. Fredys, immaginava fosse quello il suo nome, aveva voltato lo sguardo verso di loro, aveva occhi azzurrissimi, uno sguardo affilato come un coltello. I capelli erano un biondo-ocra, come il grano ardente, stretti in una treccia severa. “Nuovo?” aveva valutato lei, guardando Jason; la voce di Freydis era dura come pietra che batteva contro altra pietra. Mel aveva annuito per lui, “Buona morte nýlidi[11]!” aveva dichiarato lei, sorridendo, prima di spalancare le ante del portone. Jason era stato invaso dalla luce, del sole più forte che avesse mai visto.
Mel
aveva ragione: Jason avrebbe dovuto prepararsi ad essere stupito.
Dopo la vita – e la morte – che aveva avuto, i
luoghi che aveva visitato,
mitici e reali, il paradiso quasi, Jason non
credeva di poter ancora
essere meravigliato, ma lo era.
Quello
che si apriva davanti a lui, in quella che pareva la corte interna
dell’hotel,
era uno sconfinato campo verde, dalla forma quadrata. Quasi una
maestosa
Central Park, imprigionata ai bordi da alte mura in marmo bianco, da
cui si
affacciavano ringhiere d’oro. Da cui gente di ogni tipo si
affacciava, facendo
grida da stadio, stendardi di ogni genere pendevano. In un tripudio di
colori
che si riversavano sul bianco marmo come un carnevale.
Jason aveva seguito con lo sguardo il profilo del palazzo, perdendo i
contorni
in nebbia fitta e lontananza.
Davanti a lui il giardino, però era terra, incolta, con
colline, discese, zone
boschive e campi aperti, tutto in un ecosistema ampio, sì,
ma finito. Come un
piccolo mondo in miniatura.
Da porte, come quella che aveva attraversato Jason, centinaia e
centinaia di
soldati si riversavano all’interno del giardino, che
sembrava, anche pullulato
essere in grado di contenerli tutti e rimanere vasto.
Quello, sì disse, era diverso
dai panorami luminosi dei campi elisi,
dalle acque tranquille e le sabbie argentee … e
pensò anche: fosse
magnifico[12].
Poi vide un uomo correre davanti a lui e cadere atterra strangolato da
un
laccio, a cui erano legate due pietre, che gli era finito addosso.
[1]
Letimov ricorrente
della saga di Magnus Chase
[2]
Per
favore non odiatemi Astrid, non è una di quelle militanti
della moda che non
hanno problemi ad indossare pellicciotti, ma è una persona
che viene da un
certo contesto storico. Vi dico, io, che le pellicce sono forse una
delle poche
cose rimastele della sua “prima vita”.
[3]
Un tempo
(cioè credo fino a prima della prima guerra mondiale o
giù di lì) si combatteva
solo durante le ore diurne e nelle stagioni calde, questo spiega anche
perché
c’erte guerre *coffcoff*anibalica*coffcoff* duravano
vent’anni e passo.
[4]
È una
tipologia di cervo nord-canadese.
[5]
Le
lingue scandinave (che sono al momento per 4 diverse: norvegese,
danese,
svedese e islandese) sono tutte lingue germaniche, nota inutile ma
…
[6]
Non è un’offesa,
Will intende proprio la specie.
[7]
Se avete
letto Magnus Chase conoscete già la spada in questione, se
no, diciamo che è
una signora spada (attenzione al genere) che può creare un
po’ di
complicazioni. Tipo deve uccidere ogni volta che è sfoderata.
[8]
Magnus
ci fa sapere che nell’Hotel Valhalla c’è
una stanza che serve a questo.
[9]
Freydis
(Eriksdottir) è un personaggio che appare nella Eirik Saga
Rauda e Groelandinga
saga, sorella di Leif Eriksson e figlia di Erik, nonché un
bel tipetto, pure
parecchio infame. Secondo la Wiki di Riordan si trova nel Valhalla.
[10]
1755,
c’è stato un terremoto a Boston!
[11]
Novellino in islandese (che tra le lingue scandinave è la
più antica, anche se
Fredydis è tecnicamente di famiglia norvegese,
però ecco, suo padre si è
trasferito in Islanda e se non sbaglio con i suoi fratelli lei ha
vissuto anche
in Groenlandia – e in Vinlandia)
[12]
Jason è
stato cresciuto come Romano, quindi bho per me l’educazione
militare deve
averla avuta. Inoltre, tra tutti i pg di Riordan, Jason tra tutti e
sempre
stato quello più aperto ai confronti e
quant’altro. La prova nasceva anche dal
suo voler migliorare Roma prendendo le cose che aveva apprezzato dal
Campo
Greco e co … Cioè non lo so, mi sembrava il pg
adatto ad apprezzare.