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Autore: Placebogirl_Black Stones    18/09/2021    2 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 40: Mossa vincente
 
 
Mentre si avvicinavano al tavolo poteva percepire gli occhi di parecchi uomini puntati addosso. Con la coda dell’occhio aveva notato i loro sorrisetti e il modo in cui alcuni di loro facevano scorrere la lingua sulle labbra, immaginando di poterla avere. Tutto questo la disgustava profondamente, ma doveva resistere. Shuichi camminava al suo fianco in silenzio, come un angelo custode: forse era questo a permetterle di restare un po’ tranquilla. Quando giunsero finalmente davanti a Viktor e Irina, il primo li guardò in modo losco mentre la seconda cercò con lo sguardo la conferma che fossero lì per salvarla. Era bellissima e troppo giovane per fare quella vita.
Yuriy diede inizio allo show, allargando le braccia e pronunciando una frase nella sua lingua d’origine, rivolgendosi sorridente proprio alla ragazza bionda. Lei, Shuichi e Camel rimasero dietro di lui, chiedendosi cosa potesse aver detto in tono così festoso. Sorprendentemente Irina ricambiò subito quel “saluto” (sempre che di quello si trattasse), sorridendogli e alzandosi in piedi, andando ad abbracciarlo. Non sapeva cosa le avesse detto di preciso Oksana, ma di certo si stava dimostrando anche più brava di loro come attrice. Continuarono a parlarsi per un po’ in russo, fino a quando Viktor non si intromise nella conversazione. Aveva una voce profonda che ricordava un po’ quella di Camel, appropriata per gli uomini con una fattezza fisica massiccia come la loro. Irina gli rispose, guardando Yuriy un paio di volte: probabilmente gli stava spiegando come si fossero conosciuti e che rapporto ci fosse tra loro.
Non ci volle molto perché l’attenzione di Viktor si spostasse su di loro, che erano rimasti in silenzio tutto il tempo. Fu allora che Yuriy li introdusse, cambiando la lingua da russo a inglese perché potessero capire cosa dicesse sul loro conto. Inutile dirlo, Viktor si concentrò in particolar modo su di lei, facendo scorrere lo sguardo sul suo corpo e lanciandole un sorrisetto malizioso. Avrebbe tanto voluto tirargli un calcio dove non batteva il sole, ma come previsto dal suo ruolo ricambiò il sorriso e sbatté le ciglia con fare seducente.
Conobbero anche l’uomo magro che stava seduto con loro, un certo Aleksander, probabilmente anche lui membro dello stesso clan di cui faceva parte Viktor. A vederlo bene sembrava innocuo rispetto a quest’ultimo, ma si sa che le apparenze ingannano e loro non dovevano sottovalutare nessuno all’interno di quel locale.
Viktor li invitò a sedersi con loro, segno che la recita di Yuriy e Irina lo aveva convinto. Fece il possibile per andare a sedersi di fianco a lui e ci riuscì, cosa che non parve affatto dispiacergli. Continuava a guardarle le cosce e la scollatura e lei ne approfittò per accavallare le gambe in modo sensuale mentre giocherellava con i lacci del corpetto passandoci le dita in mezzo.
 
- Prendi qualcosa da bere?- le chiese in un inglese corretto ma con un forte accento russo, sorridendo malizioso.
- Un bicchiere di Sherry. È il mio preferito- rispose sensualmente.
 
Lanciò un’occhiata veloce in direzione di Shuichi, chiedendosi cosa stesse provando in quel momento considerando quanto si era dimostrato geloso del fatto che altri uomini le rivolgessero attenzioni inopportune dovute ai suoi vestiti sexy: era seduto in silenzio con le braccia incrociate e la stava fissando un uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
Cercò di scacciare il pensiero fisso di lui dalla mente, consapevole che non era quello il momento di pensare ai loro problemi o alla sua gelosia. In fondo aveva deciso lui che lei dovesse comportarsi in quel modo con Viktor, quindi doveva essere consapevole della scelta che aveva preso.
Il mafioso russo chiese a tutti cosa volevano bere e fece un cenno al cameriere per farlo venire a prendere le ordinazioni. Pochi minuti dopo ognuno aveva davanti a sé un bicchiere con ciò che avevano chiesto. Yuriy era certamente il più disinvolto di loro, ogni tanto parlava in russo e poi ritornava all’inglese per non farli sentire spaesati. Cercava di coinvolgerli nei discorsi e di conquistarsi la fiducia di Viktor facendogli credere che fosse tutto fuorché un bravo ragazzo: il problema è che a quest’ultimo interessava poco di lui e stranamente anche di Irina, che lasciava libera di parlare con i suoi tre colleghi senza mostrare alcun segno di possessività. Tutte le sue attenzioni erano concentrate su di lei. Sorseggiava il suo Sherry lentamente e gli sorrideva, cercando di essere più sensuale che poteva.
 
- Qui hanno le fragole?- gli chiese all’improvviso.
- Fragole? perché vuoi delle fragole, bambolina?- le rispose, avvicinando un po’ il volto al suo.
- Perché mi piace intingerle nello Sherry e poi morderle- stette al gioco.
- E ti piace mordere anche altro?- fece una velata allusione.
- Dipende-
 
Stava cercando dentro di sé la forza per resistere fino alla fine, quel tizio la disgustava sempre di più. Si sentiva sporca a comportarsi così.
Viktor chiamò nuovamente il cameriere e gli chiese qualcosa in russo, probabilmente le fragole. Ne ebbe la conferma quando lo vide tornare con una ciotolina di fragole, che posò al centro del tavolo. Viktor la prese e gliela porse, eccitato da quel gioco.
 
- Tutte per te, bambolina-
- Grazie, sei stato molto carino-
 
Prese una fragola con due dita e la immerse nello Sherry rimasto nel bicchiere, per poi portarsela alla bocca gocciolante e morderla circondandola con le labbra, il tutto sotto lo sguardo eccitato di Viktor e quello al limite della sopportazione di Shuichi.
Quel momento al contempo sensuale e insopportabile venne interrotto da una musica insolita per un locale notturno: un uomo sulla quarantina aveva iniziato a suonare una fisarmonica, intonando una melodia tipicamente russa. Diverse persone iniziarono a battere le mani a tempo e a cantare, animati da quella musica che ricordava loro la terra natale. Lo stesso Yuriy sorrideva, ma la cosa sorprendente era come Shuichi fosse concentrato su quell’uomo. Forse sospettava che facesse parte del clan anche lui, perché non riusciva davvero a pensare che fosse attratto da quel genere di musica, troppo allegra per uno come lui.
 
- Ti piace questa canzone?- le chiese Viktor all’orecchio, facendola rabbrividire ma per i disgusto.
- Non la conosco, ma il musicista è bravo- batté le mani con fare sciocco.
- In Russia siamo molto bravi con la fisarmonica. E non solo con quella-
 
Le posò una mano sulla coscia, accarezzandole la gamba fino al ginocchio. Aveva una mano ruvida che non somigliava per niente a quella di Shuichi. Avrebbe voluto essere toccata di nuovo da lui in quel modo e non da quel viscido criminale che la stava nauseando.
Trattenne la voglia di dargli un pugno in piena faccia e si limitò a prendergli delicatamente la mano e spostarla.
 
- Fai il bravo- gli sorrise furbetta.
 
Viktor non ebbe il tempo di replicare, perché l’attenzione di tutti i presenti seduti al tavolo fu catturata da Shuichi, il quale si alzò in piedi e camminò lentamente verso l’uomo che stava suonando la fisarmonica. Forse era più difficile per lui sopportare di vederla in quell’atteggiamento sensuale con Viktor che per lei fingere di essere attratta da quel gorilla rasato. Yuriy e Camel si guardarono, chiedendosi dove stesse andando e che intenzioni avesse, poi si girarono a guardare lei in cerca di una risposta che non fu in grado di dargli.
Quando gli fu d’innanzi, l’uomo smise di suonare e scambiò qualche parola con lui. Possibile che stesse richiedendo una canzone? Come faceva ad essere esperto anche di folklore russo? La conversazione si protrasse più a lungo di quanto si aspettassero, un po’ troppo per essere solo una semplice richiesta di suonare una canzone.
Lo stupore generale crebbe quando il musicista si sfilò dalle spalle la fisarmonica e la porse a Shuichi.
 
- Ma cosa fa?- le chiese Yuriy, visibilmente confuso.
- Non ne ho idea- scosse la testa lei, incredula.
 
Un brusio aveva riempito la sala, gli occhi erano puntati su quello straniero dall’aria truce che aveva deciso di dare spettacolo. Shuichi si sedette su uno sgabello di legno dalle lunghe gambe e dopo essersi sistemato la fisarmonica addosso, iniziò a suonarla con sorprendente maestria. Inutile dire che loro tre si guardarono in faccia l’uno con l’altro, con le bocche spalancate e gli occhi fuori dalle orbite.
 
- Akai suona?- chiese Yuriy - Voi lo sapevate?-
- Ce lo aveva detto tempo fa. Sono rimasta sconvolta quando mi ha detto di saper cucinare, non pensavo ci fosse qualcosa di lui che mi avrebbe sconvolta anche di più- ammise.
- Il vostro amico è bravo- intervenne Irina, che fino a quel momento aveva parlato più che altro con Yuriy.
- Già, non è male per essere straniero- commentò anche Viktor, per poi spostare nuovamente l’attenzione su di lei – Lo conosci da tanto?-
- Sì- rispose senza nemmeno pensarci, incapace di togliere gli occhi di dosso a quell’uomo che continuava a sorprenderla ogni giorno che passava.
- C’è qualcosa fra voi?- le prese il mento con due dita e la costrinse a voltarsi per guardarlo in faccia.
 
Proprio come aveva detto Oksana, Viktor era un uomo possessivo che se vedeva qualcosa che gli piaceva lo voleva tutto per sé, come un bambino capriccioso ed egoista. La considerava già una sua proprietà e non avrebbe permesso a nessun uomo di intromettersi. Doveva stare attenta a non far trapelare quello che provava per Shuichi.
 
- No, siamo solo amici da tanti anni. Lui ha una fidanzata che ama molto-
 
L’amarezza la colpì come una folata di vento gelido quando si rese conto di quanto fossero vere le parole che lei stessa aveva pronunciato. Erano nate come bugia da raccontare a Viktor, ma alla fine non si discostavano poi molto dalla realtà. Da anni ormai lei e Shuichi erano soltanto amici e anche se la sua ragazza era morta lui probabilmente la considerava ancora come tale e continuava ad amarla chiuso nel suo doloroso silenzio.
La viscida mano di Viktor che si posava sul suo fianco nudo mentre le cingeva la vita con il braccio muscoloso la distrasse da quel pensiero.
 
- Scommetto che non è bella quanto te-
 
Cercava di avvicinare il volto al suo, voleva baciarla e a lei veniva da vomitare al solo pensiero. Aveva accettato di giocare la parte della biondina dai modi facili, ma non era disposta né a farsi toccare più del dovuto né a posare le labbra sulle sue.
 
- Ma no, è bella anche lei- si lasciò andare ad una risatina forzata.
- Se vieni con me ti faccio vedere quanto sei bella, bambolina-
- Venire dove?-
 
Sentiva che era vicina ad ottenere qualcosa, non poteva mollare né lasciarsi sopraffare dalla repulsione che provava per quello scimmione.
 
- Di là c’è una stanzetta privata dove possiamo stare un po’ da soli io e te- indicò con un cenno della testa un punto alle sue spalle.
- E possiamo andarci? Forse è una zona privata dove accedono solo quelli del locale- fece la finta tonta.
- Tranquilla, conosco bene il proprietario. Possiamo andarci quando vogliamo, anche adesso-
 
Gettò un’occhiata veloce a Shuichi, che aveva appena smesso di suonare. Il pubblico lo applaudì a gran voce e qualcuno cercò di dargli dei soldi come mancia, ma lui li rifiutò dicendo di darli al musicista. Con lo stesso passo lento e fiero con cui se n’era andato, ritornò al tavolo e si sedette.
 
- Dimmi dove diavolo hai imparato a suonare la fisarmonica!- disse Yuiry.
- Anni fa facevo lo stesso lavoro di quel tizio per pagarmi gli studi- indicò con il pollice il musicista alle sue spalle.
- Quindi era vero- gli chiese conferma di ciò che aveva appena sentito, ignorando la richiesta di Viktor.
- Sei sorpresa?- le sorrise beffardo.
- Abbastanza…Mi chiedo cos’altro ci nascondi-
- Allora, vuoi venire sì o no?- la richiamò all’attenzione Viktor, che detestava non essere al centro delle sue attenzioni.
- Oh, scusami. Certo che mi va di venire- disse sensualmente.
 
Senza aggiungere altro, il mafioso russo si alzò dal divanetto e prendendola per il polso la trascinò con sé. Di certo i modi galanti non erano il suo forte. Iniziava ad avere paura e sperava che i suoi amici andassero in suo soccorso, ma nessuno di loro si mosse. Non potevano fare gesti avventati.
Non diede alcun tipo di spiegazioni a nessuno di loro, semplicemente se ne andò portandola con sé. Camminarono fino a una porta, oltrepassata la quale ci si trovava in un piccolo corridoio: in fondo a sinistra vi era un’altra porta con l’insegna “toilette”, mentre in fondo a destra vi era una terza porta con scritto “private”. Era chiaro in quale delle due volesse andare e per quale motivo. Deglutì rumorosamente, sperando che Viktor non se ne accorgesse. Doveva prendere tempo per dare modo agli altri di venire in suo aiuto.
 
- Vieni, andiamo di qua- la invitò a seguirlo nello stanzino privato, come previsto.
- Prima vorrei rinfrescarmi il trucco in bagno, se non ti dispiace- appoggiò le mani sul suo petto tronfio, sorridendogli.
- Non serve, sei già bellissima-
- Sì ma voglio essere ancora più bella- gli fece l’occhiolino - Perché nel frattempo non vai a recuperare le mie fragole? Voglio giocare un po’- fece scorrere l’indice lungo i suoi addominali, fino alla cintura.
- Hai il faccino da angelo ma sei una ragazzaccia, proprio come Irina- ghignò.
- Ti sbagli- si fece seria - Io sono molto più sexy di lei-
- Ma certo bambolina, non ti arrabbiare- gli prese nuovamente il mento con una mano, facendola rabbrividire dentro.
- Ora vado al bagno, tu prendi le fragole e aspettami lì- disse a bassa voce, indicando con un cenno lo stanzino privato.
 
Si allontanò da lui ancheggiando fino alla porta del bagno, muovendosi sinuosamente sui tacchi di proposito per far accrescere l’eccitazione di Viktor nel caso in cui la stesse guardando. Aprì la porta del bagno e la richiuse alle sue spalle. Si guardò intorno e fece una smorfia: di certo quella non era la toilette più pulita dov’era stata. L’odore nell’aria non era dei migliori e i sanitari incrostati dal calcare non rendevano l’idea di un posto curato. Allo specchio di fronte a uno dei lavandini c’era una ragazza che si stava rifacendo il trucco. Le sorrise velocemente e si chiuse dentro uno dei gabinetti disponibili. Di certo non ne avrebbe fatto uso, ma doveva nascondersi mentre usava il cellulare. Purtroppo non poteva chiamare, ma sapeva che Shuichi teneva sempre il cellulare in un punto dove poteva sentirlo, quindi un messaggio gli sarebbe stato sufficiente. Estrasse il cellulare da dove lo aveva accuratamente nascosto e digitò velocemente il messaggio:
 
“Sono in bagno, non posso chiamare pechè non sono sola. C’è uno stanzino privato vicino al bagno, Viktor vuole portarmi lì. L’ho mandato a prendere le fragole per temporeggiare. Appena uscirò da qui ti chiamerò e lascerò la telefonata aperta per farti ascoltare quello che ci diremo, tu fingi che ti stia chiamando qualcuno a cui non puoi non rispondere. Allontanati e vieni in bagno a rispondere, così sarai vicino nel caso dovessi intervenire.”
 
Premette il tasto di invio e tirò lo sciacquone. Quando uscì dal bagno la ragazza non c’era più. Si avvicinò allo specchio e guardò la sua immagine riflessa, pregando che tutto andasse bene. Prese un lungo respiro e poi avviò la telefonata a Shuichi, nascondendo il cellulare senza attendere che rispondesse. Uscita dal bagno si accorse che Viktor la stava già aspettando in fondo al corridoio, davanti alla porta dello stanzino privato. Indossò nuovamente la sua maschera e camminò fino a lui, sorridente e sensuale.
 
- Scusa se ti ho fatto aspettare, adesso sono pronta- gli disse, non appena fu vicina.
- Ti ho portato le tue fragole- rispose lui, mostrandole la ciotolina.
- Ti prometto che con queste ci divertiremo un mondo- gli fece l’occhiolino, prendendone una e mangiandola.
- Non vedo l’ora- ghignò il russo, aprendo la porta dello stanzino con la chiave e invitandola ad entrare.
 
Pregò mentalmente che quella non fosse l’entrata per l’inferno e si introdusse nella stanza, seguita da Viktor. Prima che la porta si chiudesse, giurò di aver sentito i passi di qualcuno andare nella direzione opposta e sperò con tutto il cuore che fosse Shuichi.
Lo stanzino privato poteva definirsi migliore del bagno, nonostante non fosse il posto dove tutti volevano stare. Vi era un piccolo divanetto, un tavolino in legno con sopra un pacchetto di sigarette vuoto e una bottiglia di Vodka ancora da finire e due sedie. Notò dei preservativi usati a terra in un angolo e chiuse gli occhi: di certo non voleva che Viktor ne usasse uno con lei contro la sua volontà.
Sussultò quando si sentì afferrare da dietro: il russo le aveva stretto la vita con le sue possenti braccia, attirandola a sé e non lasciandole via di fuga. Non era un mostro di forza fisica e sarebbe stato quasi impossibile per lei liberarsi dalla stretta brutale di un uomo del genere. Forse avrebbe dovuto allenarsi con Camel.
 
- Ti piace qui, bambolina? Siamo solo io e te- le soffiò in un orecchio, passandole poi la lingua sul collo.
 
Si trattene dal non vomitare: l’idea che la toccasse e le facesse quelle cose la ripugnava.
 
- È carino- mentì.
- Allora, non volevi giocare?- fece risalire una mano, prendendo il laccio del corpetto e tirandolo per slacciarlo.
 
Lo bloccò velocemente, girandosi di scatto verso di lui e fissandolo con espressione seria.
 
- Piano. Le regole del gioco le decido io-
- Oooh, sei una tosta vedo- si allontanò, alzando le mani – Dimmi le tue regole allora-
- Prima di tutto, siediti- si avvicinò al tavolo e lo invitò ad accomodarsi su una delle due sedie-
 
Senza obiettare, Viktor fece ciò che gli aveva chiesto, visibilmente divertito da quella situazione.
 
- Molto bene. Adesso togliti la canottiera-
 
Il malavitoso non se lo fece ripetere due volte e sollevò l’indumento fin sopra alla testa, scoprendo gli addominali scolpiti come il marmo e ricoperti da strani tatuaggi. In altre circostanze una donna avrebbe anche potuto godere di quella vista, ma a lei interessava meno di zero. Era troppo massiccio per i suoi gusti, nulla di paragonabile al fisico atletico ma più asciutto di Shuichi. Diamine, doveva smetterla di pensare a lui!
Gli prese la canottiera dalle mani e cominciò ad arrotolarla un po’ su se stessa.
 
- Cosa fai?- le chiese incuriosito.
- Vedrai, ti piacerà- gli rispose solamente, posizionandosi alle sue spalle.
 
Gli posò la canottiera arrotolata sugli occhi e la annodò dietro alla sua testa, bendandolo.
 
- Ci sai fare, bambolina- commentò, probabilmente immaginandosi qualche gioco peccaminoso.
- Lo so, ora vedrai- gli sussurrò all’orecchio.
 
Prese una fragola e gliela passò sulle labbra.
 
- Mordila- gli ordinò.
 
Come prima, Viktor obbedì senza controbattere.
 
- Bravo- fece scorrere le unghie sul suo torace nudo.
 
Si chinò di fronte a lui e gli accarezzò le cosce, risalendo lungo i pantaloni fino ad arrivare alla cintura, che iniziò a slacciare.
Lo vide portarsi un braccio dietro alla schiena, per poi farlo ricomparire un secondo dopo: nella mano destra stringeva una pistola.
 
- Vedo che anche tu hai un bel gioco, magari dopo me lo fai provare- sussurrò vicinissimo alle sue labbra, cerando di scacciare la paura.
- Questo non è un gioco per te, tu sei più brava a fare quello che stai facendo- rispose, posando la pistola sul tavolo.
- Che cattivo che sei!- iniziò a slacciargli i pantaloni - Adesso ti punirò per questo-
 
Viktor rise sguaiatamente, sembrava proprio che fosse entrata in tutto e per tutto nelle sue grazie.
Gli abbassò i pantaloni fino alle caviglie e glieli tolse insieme alle scarpe. Impaziente, l’uomo provò a togliersi la benda dagli occhi ma lei lo fermò prima che ci riuscisse.
 
- Insomma, non vuoi proprio rispettare le regole del mio gioco!- lo riprese.
- Ho aspettato abbastanza, toglimi questa cosa che ti faccio divertire- scalpitò, facendo risalire le mani sulle sue cosce e stringendole le natiche.
 
Represse la voglia di tirargli un pugno e lo lasciò fare: era sempre meno peggio che doverlo baciare.
 
- Ma io mi sto già divertendo- rispose – Lasciami fare ancora una cosa e poi sarò tutta tua-
 
Si stava innervosendo e questo non andava bene. Doveva agire prima che fosse troppo tardi.
Accarezzandolo sensualmente si spostò dietro di lui e gli prese le mani, incrociando i polsi.
 
- Cosa fai?- chiese, ma stavolta il tono era più duro.
- Do inizio alla parte migliore del gioco- rispose semplicemente, stringendogli i pantaloni e annodandoglieli intorno ai polsi, come aveva fatto in precedenza con la canottiera sugli occhi.
 
Si accertò di legarli anche intorno alle gambe posteriori della sedia, perché avesse meno possibilità di liberarsi facilmente.
 
- Ti avverto, se provi a fregarmi finisci male bionda- la avvertì.
- Mi ferisce sapere che pensi che voglia fregarti. Io voglio solo divertirmi. E ora ti divertirai anche tu-
 
Estrasse velocemente il cellulare, nel quale era ancora aperta la chiamata con Shuichi e gli scrisse un altro messaggio:
 
“Ti prego corri qui, fai presto!”
 
In attesa che il suo eroe venisse a salvarla, continuò con quella recita. Prese una fragola e tornò a chinarsi di fronte a lui, tirandogli leggermente in fuori l’elastico degli slip con un dito. Morse la fragola e la strizzò fra le dita, facendo cadere il succo all’interno dei suoi slip. Lo vide sorridere, segno che forse si stava rilassando di nuovo.
 
- Dai slegami e toglimi la canottiera dagli occhi, voglio vederti mentre lo fai-
- Con piacere-
 
Camminò dietro di lui e gli tolse finalmente quella pseudo benda dagli occhi, ma con la stessa velocità afferrò la pistola dal tavolo e gliela puntò dietro la nuca.
 
- Scusa, mi sono stancata di giocare-
 
Viktor imprecò e probabilmente la insultò anche nella sua lingua madre. Nello stesso istante, l’attenzione di entrambi venne catturata dalla porta dello stanzino che apriva di colpo scardinandosi e rompendosi. Qualcuno l’aveva appena sfondata con un calcio e quel qualcuno era il suo angelo venuto a salvarla.
 
- Shu!- non poté fare a meno di chiamare il suo nome, sollevata di vederlo.
- Mi spiace disturbare, ma volevo partecipare anche io a questa festa privata. Sempre che non vi dispiaccia- disse, camminando lentamente fin davanti a Viktor.
 
Stringeva la pistola nella mano sinistra, pronto ad usarla in qualsiasi momento.
 
- Chi siete!- tuonò il russo, con le vene in rilievo nel collo e nella testa.
- FBI- rispose semplicemente Shuichi.
 
Camminò verso il suo compagno e si mise al suo fianco. Adesso entrambi stavano tenendo sotto scacco Viktor, armati di pistola.
 
- Stai bene?- le chiese lui.
- Sì- annuì.
- Sei stata in gamba- si complimentò sinceramente.
- Giuro che me la paghi sgualdrina!- la minacciò Viktor, mentre si dimenava sulla sedia nel tentativo di liberarsi.
- Fossi in te starei buono- controbatté Shuichi.
- Altrimenti cosa fai, suoni la fisarmonica?- lo derise.
- No, ma farò in modo che i tuoi occhi non possano più guardare la mia donna nel modo indegno in cui lo hai fatto stasera-
 
Si voltò a guardarlo esterrefatta: aveva appena detto “la mia donna” con estrema naturalezza, come se fosse una cosa stabilita da sempre. Poteva rispondere a Viktor in mille modi, ma aveva scelto di sottolineare che lei era solo sua e di nessun altro. Quelle parole le fecero battere forte il cuore.
Shuichi prese il telefono dalla tasca dei pantaloni e fece una telefonata veloce.
 
- Vieni qui subito insieme a Yuriy- disse semplicemente.
 
Poco dopo i loro colleghi arrivarono correndo, seguiti a ruota da Irina e da Aleksander. Quest’ultimo, non appena vide Viktor in quello stato, li guardò allarmato tutti quanti ed estrasse la pistola, puntandola contro Shuichi.
 
- Mettila giù!- gli intimò.
- No amico, la metti giù tu- gli rispose Yuriy, che approfittando della sua concentrazione su Shuichi era riuscito a portarsi alle sue spalle e a puntargli la pistola alla testa.
- Sei stata tu!- Viktor si rivolse ad Irina, guardandola con gli occhi iniettati di sangue.
- Non dovevi uccidere Russel- ebbe il coraggio di rispondergli, ma con la paura che traspariva dagli occhi.
 
Aleksander ignorò la minaccia di Yuriy e sparò un colpo dritto verso Irina. Con prontezza, Camel corse davanti a lei per farle da scudo e la pallottola lo colpì in pieno petto.
 
- CAMEL!- gridò lei, distogliendo l’attenzione da Viktor e abbassando istintivamente la pistola che teneva ancora puntata verso di lui.
 
Anche Shuichi si girò verso l’amico per controllare che stesse bene. Camel stava seduto a terra mentre Irina dietro di lui lo sorreggeva per le spalle. Sul suo volto vi era l’espressione di una persona che stava provando dolore; tuttavia nessuna traccia di sangue apparve sui suoi vestiti: il giubbotto antiproiettile che indossava gli aveva salvato la vita.
Yuriy, senza pensarci due volte, sparò un colpo alla spalla di Aleksander, facendogli cadere la pistola dalla mano. L’uomo cadde a terra in ginocchio stringendosi la ferita con la mano del braccio opposto e Yuriy ne approfittò per raccogliere la sua pistola da terra prima che potesse riprendersela.
Fuori da quella stanza potevano sentire le grida e lo scalpitio delle persone che, probabilmente allarmate dagli spari, stavano fuggendo fuori dal locale. In mezzo a loro doveva esserci anche qualche altro collega di Viktor e Aleksander, ma non dovevano preoccuparsi di questo: Shuichi aveva detto che vi erano altri agenti all’esterno che li avrebbero fermati.
Viktor nel frattempo aveva approfittato della distrazione generale per cercare di slegarsi i polsi e, senza che nessuno se ne accorgesse, ci era riuscito. Con un movimento fulmineo scattò in piedi ribaltando all’indietro la sedia e attirando nuovamente l’attenzione su di sé. Anche se l’aveva letteralmente lasciato in mutande, riusciva a incutere timore con quella corporatura anche più grossa di quella di Camel.
Il tonfo della sedia riportò l’attenzione su di lui, giusto in tempo per vederlo mentre correva verso di lei con l’intento di saltarle addosso. Shuichi però fu più svelto di lui e sparò due colpi, uno in ciascuna gamba, facendolo cadere a terra.
 
- Mi sembrava di averti già detto che non ti devi avvicinare a lei. Non sfidare la mia pazienza- lo avvertì, mentre il russo si contorceva al suolo stringendosi le gambe per il dolore.
- Che facciamo adesso? Li portiamo fuori da qui?- chiese Yuriy, mentre ammanettava Aleksander.
- Sì, ma non possiamo portarli direttamente in sede- rispose Shuichi, estraendo il cellulare dalla tasca – Camel, riesci ad alzarti? Puoi ammanettarlo?- fece un cenno con la testa in direzione di Viktor-
- Sì, subito- rispose prontamente, alzandosi da terra e obbedendo agli ordini.
 
Shuichi telefonò a un loro collega che si trovava fuori dal locale e lo avvisò che c’erano due feriti e che quindi dovevano dirigersi verso l’ospedale. Chiamò poi un’ambulanza, che non tardò molto ad arrivare.
Quando uscirono finalmente dal locale ormai deserto, l’aria si era fatta più fresca e la strada si era svuotata. I loro colleghi rimasti all’esterno avevano catturato altri membri della banda che, approfittando del caos generale, se l’erano data a gambe lasciando Viktor e Aleksander al loro destino. Non vi era solidarietà nemmeno fra di loro, l’unica cosa che contava era salvare la propria pelle.
Shuichi chiamò James e lo avvisò che alcuni agenti stavano per tornare in sede, mentre loro sarebbero andati in ospedale per tenere sotto controllo i due feriti.
 
- Prendi- le allungò le chiavi della sua Mustang – Usala per accompagnare Irina alla sede e poi torna a casa, al resto pensiamo io e gli altri- le sorrise.
- E tu dove vai?- gli chiese confusa.
- In ospedale, voglio assicurarmi che non si riprendano e si ribellino. Salirò sull’ambulanza per tenerli d’occhio-
- Ma poi come torni a casa?-
- Yuriy o Camel mi riaccompagneranno-
- D’accordo. Allora buonanotte- lo salutò.
- Ci vediamo più tardi- rispose lui sorridendo beffardo.
 
Aprì la bocca per dire qualcosa ma non le uscì nulla. Cosa intendeva con “Ci vediamo più tardi?”. Ormai era l’una di notte passata, aveva davvero intenzione di presentarsi a casa sua alle tre del mattino?!
Non le diede il tempo di chiarire i suoi dubbi, si allontanò da lei e dopo aver parlato con un paramedico salì sull’ambulanza.
Sospirò e si diresse verso la macchina. Irina la stava aspettando lì vicino in silenzio, con un’espressione stanca e al contempo triste sul volto.
 
- Vieni, ti accompagno alla sede dell’FBI- la invitò a salire sull’auto sorridendole.
- Andrò in prigione?- chiese.
- Faremo il possibile perché non succeda. Viktor ti costringeva a fare cose contro la tua volontà-
- Io amavo Russel- disse, come se sentisse il bisogno di metterlo in chiaro.
- Lo so. Mi dispiace molto per quello che è successo-
 
Irina annuì e prese posto al lato passeggeri. Salì anche lei e mise in moto la macchina, diretta verso Manhattan.
Dopo qualche minuto di silenzio, Irina le rivolse nuovamente la parola.
 
- Lui è tuo ragazzo?- chiese.
- Chi?-
- Quello che ti ha dato chiavi di auto-
- Oh, intendi Shuichi-
 
Si prese qualche secondo per pensare, non sapendo cosa rispondere. Un’ora prima l’aveva definita la sua donna, ma lei era ancora incerta di cosa rappresentasse realmente per lui.
 
- Diciamo che è complicato- rispose.
- È sempre complicato. Amore è fatto così-
- Mi sa che hai ragione- sospirò.
- Lui ti ha guardata tutta la sera. Credo fosse geloso di Viktor-
- Me ne sono accorta- annuì.
- Ha detto che sei sua donna. Molto romantico- sorrise.
- Tu dici?-
- Oh sì-
 
Una volta arrivate alla sede accompagnò Irina e rimase con lei mentre gli altri agenti scortavano i membri del clan che avevano catturato. Depose la sua testimonianza e poi chiese di poter essere riaccompagnata a casa.
 
- Ti do un passaggio- le disse.
- No, chiederò a un agente di riportarla al suo appartamento- intervenne James – Tu va’ a casa a cambiarti e riposati-
- D’accordo-
- Jodie?- la chiamò Irina.
- Sì?-
- Grazie- le sorrise sinceramente.
 
Ricambiò quel sorriso, orgogliosa di aver contribuito a ridare la libertà a quella povera ragazza che l’aveva persa. Anche lei aveva desiderato per anni che qualcuno le ridesse la sua, permettendole di vivere una vita normale e di fare tutte quelle cose che a differenza degli altri bambini o ragazzi della sua età non aveva potuto fare nella maniera in cui avrebbe voluto.
La salutò un’ultima volta con un cenno della mano e si avviò verso l’ascensore, diretta al suo appartamento.
 
 
……………………..
 
 
Ripose l’intimo che si era appena tolta nel cesto dei panni da lavare ed entrò nella doccia. Ebbe la sensazione che l’acqua fresca che scorreva lungo il suo corpo la rigenerasse dopo la fatica e il caldo di quella lunga notte. Sentiva il bisogno di lavare via le tracce invisibili che le avevano lasciato le mani di Viktor.
Dopo essersi insaponata con il bagnoschiuma, restò diversi minuti con la testa all’indietro e il getto dell’acqua diretto sulla faccia. Non vedeva l’ora di andarsi a coricare e dormire almeno qualche ora prima di tornare al lavoro; tuttavia le parole di Shuichi continuavano a risuonarle nella testa, impedendole di rilassarsi completamente.
 
“Ci vediamo più tardi.”
 
Si chiese se volesse semplicemente venire a riprendere la sua auto, magari senza nemmeno suonare il citofono, ma sapeva bene che non era così: di sicuro voleva vederla, altrimenti non avrebbe fatto quel sorrisetto che faceva sempre quando aveva in mente qualcosa. Shuichi desiderava quel confronto con lei più di ogni altra cosa in quei giorni, non gli importava nulla che fosse stanca per la lunga serata o che fossero le tre del mattino: se voleva qualcosa lo avrebbe ottenuto ad ogni costo. Non poteva più evitarlo, doveva affrontarlo e chiarire la loro situazione una volta per tutte. Irina aveva definito “molto romantico” il fatto che Shuichi l’avesse definita “la sua donna”, ma lei voleva esserlo per davvero e non solo figurativamente in una frase detta davanti a un criminale per apparire come l’eroe della situazione.
Uscì dalla doccia e si avvolse il morbido asciugamano intorno al corpo, poi si asciugò i capelli e infine indossò la sua camicia da notte di raso con le spalline sottili e i bodi decorati in pizzo, pronta per andare a dormire. Camminò fino alla sua camera da letto e si sdraiò, adagiandosi comodamente sul materasso. Diede un’occhiata veloce all’orario sul cellulare che stava ricaricando sul comodino: le due e trenta. Sospirò posando la testa sul cuscino e chiuse gli occhi.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
E siamo finalmente giunti alla fine di questo caso sulla mafia russa. In realtà ci sarà un’altra parte a riguardo per chiarire alcune cose (tra cui il significato del simbolo/tatuaggio), ma la parte più grossa della vicenda è ormai stata narrata. Se notate errori grammaticali nelle battute di Irina, come per quelle di Oksana nel capitolo precedente è una cosa voluta per evidenziare il fatto che non parlano perfettamente la lingua.
Nel prossimo capitolo ci sarà il tanto atteso chiarimento fra Jodie e Shuichi, non perdetelo! 😉 Ci sarà anche una piccola sorpresa che uscirà contemporaneamente al prossimo capitolo, spero vi farà piacere!
   
 
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