Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Ricorda la storia  |      
Autore: Stria93    18/09/2021    0 recensioni
Note di pianoforte dolci-amare interrompono la quiete della notte al maniero Phantomhive.
(OS ambientata pochi mesi dopo l'incontro tra Ciel e Sebastian)
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ciel Phantomhive, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bittersweet

Due mesi erano trascorsi da quando l'ultimo discendente dei Phantomhive aveva fatto ritorno al maniero, accompagnato da un servitore tanto affascinante quanto misterioso.

Soli tra le imponenti mura della residenza appena ricostruita, i due spendevano il loro tempo lavorando alacremente per giungere a rivestire al meglio i rispettivi ruoli di conte e maggiordomo.

Un pomeriggio di fine inverno, il giovane Ciel stava passando al vaglio ogni cassetto, ogni nicchia, ogni angolo dello studio dove suo padre Vincent era solito occuparsi di tutti gli affari della casata. Sperava di trovare qualche indicazione che potesse fornirgli almeno un punto di partenza per sbrogliare quella sordida matassa e mettersi sulle tracce di coloro che avevano ordito il complotto ai danni della sua famiglia. Studiare sodo per acquisire l'educazione degna di un adulto dell'alta società in modo da essere riconosciuto ufficialmente come nuovo Conte Phantomhive era di certo importante, ma questo non significava che non potesse dedicare qualche momento al suo proposito di vendetta.

Ciel si era appena inginocchiato sotto la scrivania per ispezionare uno scomparto segreto quando Sebastian bussò alla porta. Il ragazzino gli accordò il permesso di entrare, e il demone fece il suo ingresso nello studio, spingendo un carrello da portata sul quale erano posati un piattino ospitante una fetta di torta alla meringa e una tazza da tè fumante.

- Buon pomeriggio, my Lord. Ho preparato il vostro tè. -

Ciel riemerse da sotto la scrivania e prese posto sulla sedia imbottita, aiutandosi con un piccolo saltello (non sarebbe stato male se, insieme alle nuove conoscenze che assimilava ogni giorno, avesse potuto guadagnare anche qualche centimetro in altezza). Studiò con occhio critico le preparazioni che Sebastian gli aveva appena posto di fronte con la consueta raffinatezza.

- La miscela di quest'oggi è un darjeeling leggermente aromatizzato alla rosa, accompagnato da una meringata ai frutti di bosco appena raccolti. - declamò il maggiordomo. - Mi auguro sia di vostro gradimento. -

Ciel sollevò la tazza e inspirò l'aroma della bevanda prima di portarsela alla bocca e saggiarne il sapore.

Si prese qualche secondo, dopodiché ispezionò la forchettina da dolce per accertarsi che fosse perfettamente lucidata, tagliò una piccola porzione della torta e ripeté l'operazione, masticando con estrema calma e compostezza.

Sapeva che Sebastian attendeva di conoscere il risultato dei suoi sforzi, ma Ciel non aveva alcuna intenzione di rendergli la vita facile, specialmente considerando l'inflessibile severità con cui il demone gli impartiva le lezioni quotidiane. I palmi delle mani gli dolevano ancora a causa della sonora bacchettata ricevuta quella mattina dopo aver commesso un errore di traduzione in una versione di latino.

Alla fine, il ragazzino si tamponò le labbra con il tovagliolo e scoccò un'occhiata divertita al maggiordomo.

- Suppongo sia passabile. - decretò in tono imperioso, come un giudice che concede la grazia a un condannato. - Ma la prossima volta dovrai dosare meglio lo zucchero. In ogni caso, direi che rispetto alle pietanze immangiabili che mi servivi qualche tempo fa, in effetti c'è stato qualche progresso. -

Sebastian emise un impercettibile sospiro di sollievo e rilassò un poco le spalle, incassando la frecciatina con ammirevole nonchalance.

- Ne sono lieto, signorino, e vi ringrazio per le vostre lodi. - rispose, prima di lanciare un'occhiata incuriosita ai cassetti spalancati della scrivania. - Vi state dedicando al lavoro d'archivio, vedo. -

La mezza battuta irritò lievemente Ciel, che si interruppe con la forchettina a mezz'aria tra il piatto e la sua bocca.

- Questo era lo studio di mio padre. - spiegò in tono pensieroso, riflettendo ad alta voce. - Se esistono dei documenti segreti che possano in qualche modo essere collegati a ciò che è successo, devono per forza trovarsi qui. Anche se la magione è stata rasa al suolo dalle fiamme, il tuo intervento dovrebbe aver ripristinato ogni cosa esattamente com'era prima dell'incendio, non ho ragione? -

Sebastian annuì. - È come dite, my Lord. Mi sono assicurato che tutto venisse ricollocato al proprio posto, fino al più piccolo dettaglio. -

- Allora non c'è motivo di dubitare che in questa stanza possa essere nascosto qualche indizio sull'identità dei colpevoli o sulla motivazione che li ha spinti ad attaccare così brutalmente la mia famiglia. -

Sebastian si portò una mano al mento assumendo un'espressione scettica. - E dunque state rovistando in lungo e in largo alla ricerca di questo fantomatico indizio? -

Ciel gli rivolse uno sguardo duro. - Hai qualcosa in contrario, forse? -

- Nulla, padroncino. A parte il fatto che toccherà a me rimettere in ordine una volta che avrete messo tutto a soqquadro. -

Il ragazzino lo fulminò con un'occhiataccia indignata. - Come osi?! Un servitore non deve permettersi di rivolgersi in modo così insolente al suo padrone. Tienilo bene a mente se ci tieni a diventare un perfetto maggiordomo. -

Sebastian s'inchinò. - Le mie scuse, signorino. Temo di aver ancora molto da apprendere in questo campo. -

Ciel sospettava che quella non fosse altro che una scusa. Si era accorto fin dal primo istante di quanto al demone piacesse divertirsi alle sue spalle. Tuttavia, almeno per il momento, aveva deciso di tollerarne l'impudenza in cambio dei suoi servigi.

Una volta terminata la torta, posò la forchettina d'argento sul piatto e congedò il maggiordomo. - Ora vai ad occuparti delle altre faccende. Ho ancora molto lavoro da sbrigare. -

- Come desiderate, padroncino. -

Mentre Sebastian si accingeva a riposizionare sul carrello tazza e piattino, Ciel riprese a frugare febbrilmente in un cassetto. Ne rimosse il doppio fondo e raccolse un unico foglio dall'aspetto piuttosto vecchio e consumato. Quando capì di cosa si trattava, si sentì mancare il respiro e il cuore saltò un battito.

Accortosi della sua reazione, il maggiordomo gli scoccò uno sguardo perplesso. - Signorino? Vi sentite bene? Siete impallidito all'improvviso. -

Il ragazzino non rispose, fissando come ipnotizzato i segni sulla carta.

- Avete trovato qualcosa di importante? -

Di nuovo, nessuna risposta giunse dal piccolo Phantomhive, che pareva essersi tramutato in una statua di ghiaccio.

Incurante dell'etichetta, Sebastian sfilò il reperto dalle dita del suo padrone per scoprire cosa lo avesse scosso a tal punto. Ma ciò che vide non fu altro che un innocuo vecchio pentagramma.

- Uno spartito per pianoforte? - sbatté le palpebre, genuinamente stupito. - Perdonatemi, signorino, ma cosa ha a che fare questo con la vostra vendetta? -

Ciel si riscosse e gli strappò il foglio dalle mani con veemenza. - Non sono affari tuoi. Non è nulla. -

- Quindi volete dire che non esiste alcun legame tra quello e i vostri nemici? -

- No, non è niente di rilevante. - ribadì. - Solo una sciocchezza senza alcuna importanza. - le guance naturalmente pallide del ragazzo si stavano tingendo di un rosa intenso. - Inoltre, come ho già detto, non sono cose che ti riguardano. La discrezione è una delle qualità imprescindibili per un maggiordomo, quindi adesso smettila con queste domande. Esci da qui e lasciami lavorare in pace. -

- Agli ordini, my Lord. -

Mentre lasciava lo studio, Sebastian vide con la coda dell'occhio il suo padrone che piegava con massima cura il foglio misterioso e lo riponeva nella tasca interna della giacca, vicino al cuore.

Solo una sciocchezza senza alcuna importanza. Certo! Come no!




Ciel si girava e rigirava nel letto, incapace di attirare a sé il sonno.

Non che le sue notti si potessero dire riposanti. Gli incubi lo tormentavano in continuazione e malgrado la stanchezza che gli pesava sulle spalle a fine giornata, era molto raro che al mattino si svegliasse ristorato. Il più delle volte, al contrario, si alzava più esausto di quanto non fosse al momento di coricarsi.

Ma quella sera non erano gli orrori del suo recente passato ad impedirgli di riposare. I suoi occhi continuavano a fuggire verso il cassetto della madia in cui il ragazzino aveva riposto il vecchio spartito musicale ritrovato nel pomeriggio.

Quasi si trattasse di una presenza viva e pulsante, Ciel ne sentiva l'irresistibile richiamo. Aveva riconosciuto immediatamente quelle note e il titolo scritto a mano molti anni prima nella calligrafia elegante di sua nonna Claudia, autrice del brano.

* Era stata la madre Rachel a insegnargli a suonare il pianoforte per regalare al minore e più cagionevole dei suoi due gemelli un diversivo che potesse allietare le sue giornate di reclusione in casa mentre il fratello correva e giocava all'aria aperta. Un passatempo di cui, al contrario degli scacchi, egli avrebbe potuto godere in solitudine, senza bisogno della presenza di altri. Quel pezzo in particolare era sempre stato il suo preferito.

Ma il giovane Phantomhive aveva giurato sulle tombe dei suoi genitori che non si sarebbe mai lasciato vincere dai ricordi e dal dolore per ciò che aveva perso. Guardare indietro era proibito!

Avrebbe voluto far correre di nuovo le proprie dita sui tasti e far tornare alla vita la melodia imprigionata in quell'intrico di segni neri sulla carta ormai ingiallita, ma era anche ben cosciente del pericolo che si annidava in quel desiderio infido. Essere circondato dalle note che un tempo gli erano così care, avrebbe riportato alla superficie ricordi pesanti come macigni che avrebbero potuto distoglierlo dai suoi obiettivi presenti, trascinandolo sul fondo dell'oceano di afflizione dal quale stava faticosamente tentando di riemergere. Sì, Ciel stava lottando con tutte le sue forze per andare avanti: cedere anche solo una volta al dolce veleno della nostalgia poteva essergli fatale e vanificare tutti i suoi sforzi.

Da quando era tornato al maniero, aveva fatto del suo meglio per non concedere spazio alcuno alla debolezza. Aveva iniziato a parlare del padre appellandolo solo come il suo predecessore a capo della casata e cercato di mettere quanta più distanza emotiva possibile fra sé e la sua vita prima della tragedia.

Se ora si fosse permesso di indulgere in quel capriccio dell'animo chissà in quali conseguenze avrebbe potuto incorrere. Senza considerare il fatto che il suo irriducibile orgoglio rifuggiva l'idea di concedersi a quel lusso puerile equivalente a una coccola materna.

Eppure... eppure...

Eppure la trama di righe e segni musicali fissata su quel foglio lo chiamava a sé con voce suadente, allettandolo con la promessa di un paio di minuti di illusione, come se quel 14 dicembre nulla fosse accaduto; come se tutti i suoi amati fossero lì, riuniti intorno a lui per sentirlo suonare ancora una volta.



Sebastian sedeva al tavolino del suo angusto alloggio, chino su un volume che stava leggendo al tenue lume di una candela.

Si era sfilato i guanti e la giacca del frac e scorreva le pagine ad una velocità che sarebbe risultata impensabile per un essere umano, memorizzando tutto ciò che c'era da sapere su come si amministra la casa di un nobiluomo inglese.

Era la prima volta, nella sua lunga vita di demone, che gli capitava di servire un padrone dovendo soddisfare tali requisiti. E con il caratteraccio del suo giovane contraente, l'impresa si stava rivelando ardua esattamente quanto aveva temuto la notte del loro primo incontro, quando il patto tra loro era stato stipulato. Ma l'anima del padroncino valeva ogni secondo di quel duro lavoro e anche di più. Sebastian era certo che, quando tutto fosse finito, sarebbe stato lautamente ripagato dal banchetto più squisito che un demone avesse mai gustato.

Studiare la teoria non era poi così difficile. La messa in pratica di quelle nozioni richiedeva però una notevole attenzione e il signorino era tanto esigente con lui quanto Sebastian lo era nei suoi confronti in veste di precettore. D'altra parte, non poteva aspettarsi che il possessore di un'anima tanto pregiata fosse dotato di una personalità docile e mansueta. I frutti più deliziosi si trovavano in cima all'albero, mai ai rami più bassi.

Sebastian si stava concentrando sul modo corretto per riconoscere e preparare le migliori qualità di tè, quando il suo udito finissimo captò dei rumori al piano di sopra.

Sollevò il capo e rimase in ascolto. Non poteva trattarsi di qualche malintenzionato: avvertiva sempre la presenza di estranei intorno al maniero ed entrava in azione per fermarli molto prima che questi potessero anche solo avvicinarsi agli ingressi, figurarsi entrare nella casa!

No, all'interno dell'enorme magione c'erano solo lui e il padroncino. Riusciva a percepirlo chiaramente. Altrettanto chiaramente, grazie al legame sovrannaturale che li vincolava uno all'altro, Sebastian intuiva come il suo giovane signore fosse tutt'altro che addormentato. Non era una gran novità.

Su ordine del ragazzo, il demone aveva accettato di impiegare le sue doti sensoriali solo per preservarne la sicurezza e la salute; ma nella quiete di quella notte silenziosa nel maniero sperduto in aperta campagna, era assai difficile non fare caso agli spostamenti del signorino al piano di sopra.

Sebastian aveva appreso che un buon maggiordomo doveva essere in grado di anticipare necessità e desideri del proprio padrone e fornirgli ciò di cui aveva bisogno ancora prima che egli chiedesse (o ordinasse); ma era necessario altresì comportarsi in modo discreto e non risultare mai invadente.

Sospirò, alle prese con quel dilemma: agire e rischiare di essere rimbrottato per aver preso l'iniziativa, o non fare nulla e scadere nella negligenza?

Infine, il demone prese la sua decisione: se entro cinque minuti non avesse percepito la presenza del padroncino di nuovo nella sua camera, si sarebbe recato al piano superiore della tenuta per domandargli se avesse bisogno di qualcosa.

Di minuti ne erano trascorsi appena tre quando alle orecchie di Sebastian giunsero, del tutto inattese, le note ovattate di una melodia eseguita al pianoforte.

Sorpreso, sollevò il capo e portò lo sguardo al soffitto della sua stanza. La sala di musica si trovava su per le scale, quasi in corrispondenza di quella stessa zona del maniero. E proprio da quell'ala della casa, Sebastian avvertiva distintamente l'aura del ragazzino.

Non aveva idea che il suo padrone sapesse suonare il piano con tanta scioltezza. Come precettore, gli stava insegnando le basi del violino e aveva notato la famigliarità del giovane con la musica, ma aveva supposto che quella conoscenza fosse solo un retaggio dell'educazione impartitagli negli anni precedenti.

Senza attendere oltre, scostò la sedia, s'infilò la giacca e i guanti immacolati, prese con sé la candela e imboccò il corridoio e le scale.

Prima di raggiungere la sala di musica, entrò nella camera da letto e prese con sé una coperta.

Quando arrivò all'entrata del salone, sbirciò dalla porta socchiusa: il padroncino gli dava le spalle. Sedeva allo sgabello in camicia da notte, di fronte a un imponente pianoforte a coda che pareva troppo grande e austero per la sua esile corporatura. I suoi piedi scalzi nemmeno riuscivano ad arrivare ai pedali, eppure lo strumento si lasciava domare dal piccolo Phantomhive come la più docile delle bestiole, emettendo nell'aria una sinfonia tanto splendida quanto malinconica che recava un sentore di ineluttabilità, di rimpianto e di amara consapevolezza.

Le dita nivee del giovane volavano sicure e leggiadre sui tasti, a malapena sembravano posarsi. Sebastian riconobbe subito il vecchio spartito ritrovato quel pomeriggio adagiato sul leggio, davanti agli occhi del ragazzino.

Assisteva rapito e immobile a quello spettacolo inconsueto: non aveva mai visto il padroncino animato da tanta passione. Il suo temperamento freddo e distaccato lo rendeva un abile calcolatore e uno stratega eccezionale per i suoi dieci anni, ma quella era la prima volta che lo coglieva abbandonarsi spontaneamente all'emozione. Faceva ondeggiare il capo seguendo il ritmo turbinante, completamente assorbito dalla musica che cresceva intorno a lui come una creatura semovente e lo avvolgeva in un abbraccio protettivo, consolatorio.

Superato il primo istante di sorpresa, il maggiordomo si ritrovò a sorridere: in fondo, il signorino rimaneva pur sempre un essere umano. Aggrapparsi ai ricordi e trovare sollievo nei sensi erano peculiarità statiche di quella razza, tratti che da secoli rimanevano invariati e accomunavano tutti gli appartenenti a quella specie.

Così come il sapore del latte caldo col miele allontanava l'angoscia, ripetere quei gesti appresi in tempi spensierati e liberare nell'aria le note un po' sbiadite vergate sullo spartito doveva evidentemente avere un effetto benefico sul padroncino. Erano dinamiche che uno come lui non avrebbe mai potuto comprendere, ma ne intuiva a grandi linee il funzionamento.

Ed eccolo lì il retrogusto agrodolce di quell'anima di rara prelibatezza. Sebastian poteva quasi inalarne l'aroma: morbido come miele e pungente come aceto. Soave e aspro allo stesso tempo, esattamente come il perverso piacere che scaturiva dal crogiolarsi nella riminiscenza di ciò che era stato tanto amato ed ora era perduto per sempre.

Gli umani erano creature così piene di contraddizioni. Così interessanti.

A differenza dei suoi simili, non considerava un fastidioso onere contrattuale quello di servire uno di loro per poi cibarsi della sua essenza: al contrario, era quasi sempre un'esperienza molto istruttiva che gli insegnava ogni volta qualcosa di nuovo su quelle creature così bizzarre che, per crudeltà e meschinità, rivaleggiavano e superavano di gran lunga i demoni stessi. Tuttavia, allo stesso tempo, erano capaci di atti che, personalmente, Sebastian riteneva di suprema stupidità in nome di ciò che usavano definire amore. Per amore si moriva e per amore si uccideva. Le loro brevi vite sembravano reggersi costantemente in precario equilibrio su quel perno immutabile.

Ad ogni modo, di una cosa Sebastian era del tutto certo: quello con l'orfano Phantomhive era indiscutibilmente il contratto più intrigante che avesse mai stipulato.

Il turbinio rallentò e la melodia iniziò pian piano a sfumare, spegnendosi definitivamente quando il ragazzino staccò le mani dai tasti, lasciando ricadere le braccia lungo i fianchi, inerti.

Ora che aveva smesso di suonare, la sua figura sottile appariva ancora più minuta e fuori posto dinanzi alla maestosità dello strumento ormai muto.

Le spalle magre e un po' curve si sollevavano appena, seguendo il moto del suo respiro un poco accelerato rispetto al normale. Il silenzio notturno aveva acquisito una densità quasi tangibile dopo l'intermezzo melodico che l'aveva temporaneamente spezzato. Un peso inconsistente che pareva gravare tutto su quel fragile corpo.

Proprio in quel momento un raggio di luna filtrò dalla finestra andando ad accarezzargli una guancia e Sebastian notò la scia perlacea di una lacrima scintillare alla luce diaccia dell'astro notturno.

Mosse qualche passo nella sala e raggiunse il ragazzino deponendogli la coperta sulle spalle. - Prenderete freddo, padroncino. -

Ciel non si voltò né rispose, limitandosi a stringersi nella coltre soffice e usando uno dei lembi per asciugarsi il viso tentando di non farsi vedere dal demone.

Un velo di silenzio imbarazzato calò su di loro.

- Non mi avete mai detto del vostro talento come pianista. - buttò lì il demone, incerto se quel commento fosse appropriato o meno.

- Tu non me l'hai mai chiesto. - ribatté l'altro, sulla difensiva. - E comunque non è nulla di cui andar fieri, né mi aiuterà mai a vendicarmi dell'oltraggio subito dal mio casato. - continuò in tono duro. - Pertanto, si tratta di un'abilità del tutto inutile. -

- Sarà come dite, my Lord, - replicò il demone con un inchino. - Ma vi do la mia parola che in tutta la mia lunga esistenza, rare volte ho udito suonare con tale trasporto. -

Ciel ruotò il capo, indirizzando al maggiordomo uno sguardo sospettoso. - Tsk, stai cercando di adularmi, per caso? -

L'altro sorrise con quel suo fare sempre in bilico tra la gentilezza e il canzonatorio. - Adularvi? Ma come, signorino, ve ne siete dimenticato? Io non vi mentirò mai. Sono obbligato per contratto a dirvi sempre la verità. -

Il ragazzino arricciò le labbra, poco convinto, ma si astenne dal ribattere.

- Adesso vi prego di tornare a letto, padroncino. Non vorrete rischiare di ammalarvi, vero? -

Ciel depose le mani in grembo stringendo forte la camicia da notte e distolse nuovamente lo sguardo da quello di Sebastian. - Non riesco a dormire. - esalò con un filo di voce tremante. - Non fanno che fissarmi. Tutti quanti. Ogni notte. Sono morti eppure mi fissano con quegli occhi vuoti... Io non... com'è possibile... -

Il bambino digrignò i denti nell'estremo tentativo di controllarsi e non soccombere al terrore che l'aveva assalito al pensiero di ciò che era acquattato nell'ombra della notte, ad attendere solo che si addormentasse per tornare a seviziarlo.

Sussultò quando avvertì le mani calde di Sebastian avvolgere le proprie, allentandone la morsa spasmodica.

- Signorino, - cominciò il maggiordomo, inginocchiandosi per ritrovarsi alla sua altezza. - quella gente è morta. L'avete visto con i vostri occhi. Siete stato voi a ordinarmi di ucciderli tutti e io non verrò mai meno a un vostro ordine, lo sapete. Avete accettato di barattare la vostra anima in cambio di questa certezza. È finita. Non c'è ragione per temere i fantasmi. Ormai non possono più farvi del male. -

Ciel rimase sbigottito. Davvero quel demonio lo stava confortando?

- Cosa... cosa speri di ottenere con questo atteggiamento? - domandò, dubbioso. - Non ti ho mai chiesto di consolarmi. -

Sebastian gli sorrise ancora una volta, portandosi una mano al petto e chinando il capo. - Un maggiordomo che si rispetti deve sempre precorrere e soddisfare le esigenze del proprio padrone, my Lord. E io intendo essere nientemeno che un perfetto maggiordomo per la nobile casata dei Phantomhive. -

Era stupido da parte sua, ne era consapevole, ma in quell'istante Ciel apprezzò davvero la sincera determinazione del demone.

- Ora, vi prego, padroncino: tornate a letto e cercate di dormire. Se non sarete ben riposato, le vostre prestazioni alle lezioni di domani ne risentiranno drasticamente. -

Il ragazzino storse le labbra in una smorfia di contrarietà : l'ultima cosa che desiderava era ricevere altre bacchettate sui palmi.

Balzò giù dallo sgabello e precedette il maggiordomo fuori dalla sala, in direzione della camera da letto padronale.

- D'accordo. Credo tu abbia ragione, Sebastian. - acconsentì, tornando a sfoggiare il solito atteggiamento altezzoso. - Ma... - aggiunse in un sussurro, arrestandosi sulla soglia della camera. - resta con me. Finché non mi addormento. -

Il demone, che in fondo si aspettava quell'eventualità, annuì con garbo. - Certamente, my Lord. Sarò sempre con voi. Ovunque andiate, mi troverete al vostro fianco, fino alla fine. -




* Headcanon partorito dalla head della sottoscritta. Mi piaceva l'idea.

  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Stria93