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Autore: Brume    18/09/2021    5 recensioni
Sono passati parecchi mesi da quel giorno. Dallo strappo.
Molte cose sono accadute; alcune, come la faccenda di Saint Antoine, ha lasciato indelebili ricordi.
Fersen è rientrato in Svezia per ordine del suo Re; Girodelle ha rinunciato, consapevole del sentimento che lega Andrè ed Oscar, a quest’ ultima.
Sono tempi difficili, sia per la Francia che per loro...ed è soprattutto Oscar a sentire il peso di questi eventi, pubblici e privati; un peso che la sta dilaniando , distruggendo. Per questo il giorno seguente al suo compleanno decide di partire per Arras: sa che presto le cose cambieranno, che non avrà più molto tempo così, prima che accada l'irreparabile e che quel nefasto presagio nel suo cuore prenda forma e diventi realtà, decide di prendersi del tempo per sè. Ha bisogno di capire, di parlare, di un abbraccio, di essere sè stessa.
Almeno per qualche giorno.
Almeno per qualche istante.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Cap.2  Quando il mondo si ferma


La colazione o, meglio, ciò che ne restava, faceva ancora bella mostra sul tavolino del grazioso salottino: la piccola forchetta da dolce appoggiata sul piattino con la mezza fetta di torta,  le tazze decorate a motivi floreali  con l'immancabile stemma nobiliare...tutto pareva quasi pronto per essere dipinto in una natura morta. Mancava solamente l’ artista.
 

"Per fortuna il fuoco è acceso" disse Andrè chiudendo la porta alle sue spalle ringraziando fra sé il figlio dei custodi che evidentemente aveva fatto un giro di controllo, nel frattempo. 

"Ne ho proprio bisogno, il  freddo mi è antenato nelle ossa" rispose Oscar.

“Forza, vai a sederti, ora... “ disse allora lui accompagnandola verso la chaise longue, proprio dinnanzi al camino  “ io, nel frattempo, vado  a preparare qualcosa di caldo…”

"...aspetta, ti do una mano" rispose lei. Andrè fu irremovibile; un altro sguardo ed un altro sorriso convinsero la donna a restare dove era. Si affrettò a raccogliere le varie stoviglie e sparì in cucina. 

Oscar quindi si accomodò, togliendosi i pesanti stivali e gettandoli in un angolo; poi, allungò le gambe e subito una benevola sensazione si impadronì di lei mentre il calore di diffondeva. Sospirò, lasciando ricadere all’ indietro la testa finchè il capo non toccò i cuscini morbidi della seduta. 

Rimase così tutto il tempo che l’ uomo passò in cucina: occhi aperti a guardare il soffitto a cassettoni scuro, qua e là rischiarato dai riflessi delle fiamme che si alzavano alte; era piacevole e non ricordava di aver mai provato una sensazione simile….forse anche perchè non se l'era mai concessa, sempre di corsa, sempre agli ordini di qualcuno a Versailles come a Parigi. Non si fermava mai e quando lo faceva era per compilare e firmare permessi, dispacci o relazioni.

Ma… voleva davvero andare avanti così?

Il suo cuore ed il suo corpo già una volta l’ avevano stravolta lasciandola stordita; ora questa sensazione si ripresentava chiedendo, però, un conto molto più alto: lei stessa. Non  una carezza, non un sorriso. 

La sua vita. Il suo essere donna. 

 

L’ amore non aspetta, l’ amore arriva e se sei bravo ad afferrarlo, se è il momento giusto, ti prende e ti travolge lasciandoti senza fiato. L’ amore non è solo  anelare disperatamente lo sguardo, il gesto o la voce di qualcuno nè tantomeno è fatto di tattiche, offensive e controffensive.

L’ amore è una tempesta ma, al contrario di quella, non distrugge raccolti; no, l’ amore è un vento forte che ti prende, ti travolge e riversa in te la gioia completa pensò Oscar in quegli attimi, in quella attesa; quasi trasalì sentendo la voce di Andrè.

“Sei pensierosa… c’è qualcosa che non va?” gli domandò.

 Oscar si mise a sedere , la testa gli girò un attimo.

 Andrè era appoggiato con la schiena al muro accanto al focolare, le braccia incrociate sul petto. Aveva sciolto i capelli che, dopo la faccenda del Cavaliere Nero , erano un poco ricresciuti; il ciuffo scuro copriva ancora l’ occhio offeso.

“Stavo...stavo pensando all'amore” disse lei.

“Sono riflessioni impegnative” rispose lui, smorzando l’ atmosfera con una risatina che nulla aveva della presa in giro ed era forse stata dettata dall’ imbarazzo.

“Si, decisamente...” rispose Oscar arrossendo e coprendosi il viso con le mani.

Andrè le si fece vicino.

“Perchè nascondi le tue guance? Perchè mi nascondi il tuo viso?” domandò.
Oscar non rispose. 

Voltò il capo dall’ altra parte.

Andrè rimase a guardarla, estasiato.

Come sei bella, Oscar pensò in quegli attimi; se solo...se solo potessimo amarci liberamente….

“...Ora sei tu pensieroso, Andrè….” disse lei dopo un attimo liberandosi dallo scudo di dita e nervi.

“...mmm...dici? No, stavo solo pensando di andare a controllare la zuppa” rispose, mentendo. Patetico. Sapeva benissimo che ci sarebbero voluti altri venti minuti affinché fosse pronta.

“.... bugiardo. Ti ho sempre scoperto, quando dicevi le bugie. Anche ora che siamo cresciuti riesco a leggerti dentro, non l’ ho persa questa abitudine” disse.

Andrè , colpito nel segno, divenne a sua volta rosso. 

Ma reagì. 

Si avvicinò a lei, chiese di potersi sedere accanto; appoggiò le braccia sulle ginocchia e voltò il capo per vederla.

“...D’ accordo… allora, Oscar, cosa sto pensando in questo momento?” chiese.

Lei alzò gli occhi al cielo, poi li rivolse a qualsiasi cosa ci fosse nella stanza. Aveva una risposta ma...non voleva essere sfacciata.

“Stai pensando che sono strana” rispose di getto.  La stanza di riempì della risata di Andrè.

“Quello lo penso da sempre. Riprova, Oscar” rispose.

Lei sbuffò, come una bambina alla quale hanno rovinato un gioco.

“...stai pensando… a me” disse, d’ un fiato.

“...anche quello...è una cosa ovvia. Conosci i miei sentimenti, e non sono cambiati di una virgola” rispose. 

 

Oscar diventò improvvisamente seria.

Andrè rimase a guardarla ancora un pò; gli occhi spalancati di lei ora guardavano il pavimento. 

Gli prese la mano.

“...Mi dispiace averti turbata, Oscar. Ho fatto il passo più lungo della gamba. Ora...vado a controllare la cena” disse.
Oscar annuì. 

Non appena si fu allontanato, si lasciò andare nuovamente sulla poltrona; di nuovo le vecchie sensazioni fecero capolino, in lei.

No, non ora...ora basta! ...adesso voglio...voglio provare a vivere. Mi sono negata sempre tutto….perchè dovrei rinunciare alla gioia? Io...credo di amarti, Andrè...ma non potrò mai saperlo...se non provo a lasciarmi andare. Mio Dio...mi sembra di impazzire ! pensò; no, non poteva più attendere, non voleva attendere. 

 

Avrebbe parlato con lui. 

 

Andrè arrivò dopo una decina di minuti recando un vassoio sul quale erano posate due ciotole ed i rispettivi cucchiai. In un piatto aveva appoggiato del prosciutto e del formaggio.

“E’ pronta la cena” disse, appoggiando il tutto sul tavolo grande, da pranzo, sull'altro lato della stanza.

“Andrè, se è possibile vorrei mangiare qui, davanti al camino. Come quando eravamo bambini. Ricordi?” disse Oscar mentre si alzava per lasciare spazio all'uomo di gestirsi.

“Va bene, come desideri” rispose lui.

L’ uomo appoggiò dunque quella frugale cena sul grande tappeto davanti al fuoco. Oscar prese i cuscini e li posò a terra.

“....E’ bello qui. Non me ne andrei mai” disse lei sedendosi

“E’ vero. Se le cose fossero diverse… piacerebbe anche a me restarci. Per sempre. ”

Oscar si incupì. 

“...Vedrai, Andrè. Cambieranno, le cose. La Francia cambierà, a breve...tutti saremo liberi” disse.

Lui la fissò stupito.

 Non l’ aveva mai sentita parlare, così.

“Stai forse rinnegando le tue origini e la tua classe sociale, tutto ciò in cui credi?” rispose porgendogli la scodella colma di zuppa.

“...sto semplicemente dicendo che, indipendentemente da ciò che penso, è inevitabile un cambiamento. Tu stesso mi hai aperto gli occhi, qualche tempo fa. Mi sto rendendo conto di tante cose”.

 Ora la voce e lo sguardo della donna si erano fatti seri.

 Prese la scodella , si scaldò un pò le mani e poi iniziò a mangiare.Andrè si sistemò anch'esso, poco distante, con il suo companatico.Il resto del tempo , il resto di quella cena, passò così.

Tra silenzi e pensieri,consapevolezze e paure. Tra sguardi rubati e la voglia di un nuovo e tenero abbraccio.

“Il destino è un essere mutevole” disse Oscar. I suoi occhi fissavano il fuoco.

Andrè guardò Oscar. 

Che le saltava in mente?

“... e questa citazione da dove arriva? “ chiese Andrè, posando la sua scodella e quella di lei  sul vassoio.

“Onestamente non ricordo. Ha importanza?” rispose Oscar.

“No, a dire la verità no…” disse lui alzandosi per portare i resti della cena in cucina.

“Non andare, Andrè...resta qui. Stiamo così bene, no? Non rovinare l'atmosfera.”

Andrè lasciò il vassoio, tornandosi a sedere.

 

 Che ore saranno? Questo tempo è infinito  pensò, abbracciando le sue ginocchia. Il fuoco era ancora vispo ed in ogni caso la legna non era distante da lui. Decise di rimanere così, era comodo. Aspettò. 

“Ascoltami, Andrè… io… tu… mi ami davvero? Mi ami ancora?” chiese lei.
Andrè si voltò nella sua direzione, spalancando gli occhi: fu come...come se Oscar lo avesse pugnalato. La sensazione era quella; gli mancava il fiato, non riuscì a parlare.Gli sembrò di soffocare e con una mano sciolse il fiocco della camicia. 

Aveva caldo. 

Sudava.

“Non parli?Ho detto qualcosa di sbagliato?” chiese la avvicinandosi talmente tanto che lui poteva percepire il profumo della sua pelle.

Anche Andrè si fece avanti; raggiunse Oscar, fece scivolare gli occhi dentro i suoi e anche se in realtà ci vedeva solo da uno di questi, i suoi sentimenti gli fecero percepire una visione completa.  Oscar, la sua Oscar, era davanti a lui. La sua Dea. Il suo tutto. Ad un respiro dal suo viso.

“Mi chiedi se ti amo, se ti amo ancora? Non ho mai smesso. Per vent’ anni ho atteso pazientemente, per vent'anni ho serbato ogni parola, ogni sguardo, ogni sfumatura del tuo essere. Sei tutto ciò che potrei desiderare. Sei la mia metà. Ti amo, Oscar e ...questo non è un mistero per nessuno. Ma il destino è beffardo e ama scherzare: sai quanto me che questo sentimento non potrà avere mai un domani” disse, triste. 

Un rumore, quello di una porta che sbatteva, li fece sobbalzare; ma nessuno si mosse, nemmeno quando il vento e la neve entrarono portando con sè il gelo.

Oscar continuò a fissarlo, le labbra dischiuse, gli occhi lucidi.

“...No, Andrè. Il destino lo creiamo noi stessi. Non può essere beffardo e nemmeno crudele, se non non vogliamo. Ed io voglio creare il mio. Ho aspettato fin troppo...Io penso...di volerti be- di amarti, Andrè!” disse, dopo una pausa.

Lui impallidì.

Le sue mani iniziarono a tremare, nell’ avvicinarsi ulteriormente  a lei.

Cosa era accaduto, quale divinità era intervenuta per cambiare così le carte, per regale questa felicità infinita?

Tutto ciò che accadde, dopo, fu dettato dall'istinto che per troppo tempo avevano celato dietro ragionamenti assurdi: senza chiedere alcun permesso le loro labbra si cercarono. Ora in ginocchio, davanti l'uno all'altra, non di domandarono più nulla; lasciarono le parole da parte e come due ragazzini giocarono. Con gli occhi, con le mani, con la voce, con le labbra.

Passarono ore, ridendo e baciandosi, dimentichi del mondo che in quel momento si era , in quella casa, fermato a guardarli. 

Dimentichi di tutto.

Il mondo, in fondo, era tutto li. Tutto li.

 
   
 
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