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Autore: An13Uta    19/09/2021    1 recensioni
Biografia a frammenti di Oitesch, che non aveva nessuno al mondo - o almeno, della vita che avrebbe avuto.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Link, Malon, Nuovo Personaggio, Sheik, Skull Kid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'occhi d'ambra'
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icho bioy Oitesch,
ceu keon teabe nisudie ila vultu
ceu liome inye bioy liomede
ceu bioy pupa inye pupatéra
ceu vilebe ila Tekeal mie kil,
inye merbe galìs avit vultu ila mie pahm.*





Aprì gli occhi.

Erano sempre stati aperti; ma gli sembrò di aprirli per la prima volta.

Sentiva il corpo particolarmente vuoto.


In modo buono.


Ciondolò le gambe secche come rami, spinse facendo rotolare del giunture delle dita contro il i buchi dei palmi, e saltò giù.

La falda gli cadde sugli occhi, e la riaggiustò.

Era tutto molto quieto.


Seguì il lamento lontano con i passi di legno attutiti dagli stivali di tessuto.


Non vedeva molto bene le forme, ma riconobbe il rosso.

Sobbalzava pietosamente vicino alla culla, tenendo qualcosa come se la sua vita ne dipendesse.

Le prese il vestito, e lei si voltò.


Anche con gli occhi pieni di lacrime e lo spavento, non lasciò il corpo.

Allungò la mano tremante, sfiorò la guancia di legno quasi immaginasse ci sarebbe passata attraverso.


Sei tu?


Allargò solo il suo brutto sorriso e rise, come un bambino.


Malon lo strinse forte a sé e pianse finché la gola non le fece male.

Tekeal continuò a dormire, ignaro di tutto, il sogno indisturbato degli infanti nati da poche settimane.


 

-



Qualsiasi cosa fosse, non li lasciava in pace.

Li stava seguendo.

Perseguitando.


Ovunque si voltassero, la intravedevano con la coda dell'occhio appena prima che scivolasse via dalla loro visuale.


Quella faccia stralunata.

Spiritata.

Terrificante.

Come un pupazzo assassino.
 

Lo dissero, al capitano.

Lui le conosceva, le creature delle foreste.

Sapeva cosa fare con loro,

Andò lui stesso a stanare la bestiola.
 

Non giocò tiri mancini, col capitano.

Non fece il suo gioco, non gli fece perdere la ragione.
 

Gli si presentò davanti, chiaro e tondo.

Il capitano sparì per tre giorni nei boschi: riemerse con le guance umide, la gola secca, gli occhi bordati di rosso.
 

Pensarono lo avesse rincorso.


Ma il tempo scorre senza un senso, nei boschi.

E tutto quello che aveva fatto era stato prendere la testa tonda tra palmi tremanti, sperando, sperando, sperando, che non fosse quello che credeva.


Sei tu?


Gli aveva tenuto le mani nelle dita silvestri e aveva riso, come un bambino.

E Link era scoppiato in lacrime.


Il capitano morì in battaglia, e cercarono invano il corpo; manine di legno lo avevano già trascinato via, via, a dormire tra le radici degli infidi alberi della sua infanzia.


 

-



La signora era morta.

Eppure stava bene, benissimo – quando era andata al villaggio, era fresca come una rosa: aveva superato la morte del marito, stava superando quella del padre, aveva trovato una balia (immaginavano così, perché con il bambino non veniva mai), riusciva ancora ad occuparsi della casa.

Era arrivata con i cavalli, perché ormai la fattoria l'aveva dovuta far diventare troppo piccola, e al villaggio c'era lo spazio per loro.
 

Poi si era accasciata.

E basta.
 

La signora era morta.


Un colpo al cuore. Un collasso.


Povera donna.


Le avrebbero fatto una cerimonia coi fiocchi.

E avrebbero provveduto alle bestie.

E anche alla fattoria, per non lasciarla marcire.


Ma prima di qualsiasi cosa, il bambino.


Rusl cavalcò quanto più veloce possibile fino alla fattoria – ci aveva lavorato da così tanto tempo che non dovette neanche pensare al tragitto.

La balia sarebbe stata lì? Come doveva dirglielo?


Un bambino di tre mesi, che non aveva nessuno al mondo.

Gli si stringeva il cuore a pensarci.


Salì nella sua stanzetta, preparandosi a dare la brutta notizia, e...


E quella cosa lo guardò fisso negli occhi.

Con il bambino stretto in braccio.

Sul punto di rapirlo.


Sparì appena il contadino fece per avvicinarsi ad essa, per fermarla prima che anche l'ultimo rimasto di quella sfortunata famiglia venisse strappato dalla vita prima del tempo: svanì in un turbinio di foglie secche, lasciando il bebè ancora addormentato nella culla.


La signora aveva mai detto il suo nome? Non ricordava.


Assomigliava tanto al padre.


Rusl tornò al villaggio piano, con il bimbo stretto tra le braccia, deciso a crescerlo lui stesso se nessun altro si fosse fatto avanti. La cavalla preferita della signora diede alla luce un'ultima puledra poco dopo, identica a lei.

Fu la prima amica di Link.


 

-



Il lupo era sdraiato davanti alla sua tomba, ad aspettare.

Arrivò, con passo lento, la cavalla.

L'unico occhio si spostò su di lei, e la riconobbe: non era la vecchissima signora su cui aveva galoppato attraverso il tempo e la fine del mondo.

Si alzò piano sulle zampe stanche e vecchie, ad annusare il grosso muso umido che si abbassava ad incontrarlo. Allungò la lingua per baciarle il naso con una leccata lenta; lei gli arruffò il pelo biondo con il labbro.


E ora?


Una musica lontana attirò la loro attenzione.

Un flauto, o una strana tromba.

Una certa canzone.


Al trotto leggero, seguirono il suono attraverso la foresta.


Sedeva tra le radici nodose dell'albero da cui si era divertito a calarsi con il suo manipolo di grottesche marionette, con le grigie dita che si muovevano leggere sullo strumento sottile da cui cantava.

Sorrise stirando la cicatrice che attraversava le labbra di cannella quando li vide. Allungò le braccia verso di loro, come un amorevole invito.


Capelli rossi affondarono il viso nel suo seno mancante, stringendolo forte; occhi blu piansero chinandosi per baciargli la guancia, come un bambino.



Il ragazzo avrebbe trovato la bambolina là dove l'aveva sempre trovata, ai piedi dell'albero secolare, con gli arti ormai immobili molli e abbandonati, gli occhi spalancati e il ghigno largo in quella stramba espressione stralunata: forse l'avrebbe presa, portata con sé per farle divertire i bambini del villaggio come aveva fatto divertire lui durante i primi giorni della sua vita, cimelio di qualcosa che sarebbe potuto essere e per cui invece, seguendo la triste legge di Ikana, si erano riempite tre volte profonde fosse per tre genitori, trasformatisi poi in tre creature (viva, morta, a metà) per fargli buona guardia come demoni benigni.



Ma ora erano in tre, insieme, di nuovo; e il nebuloso cielo era d'improvviso limpido, e il vento l'eterna a brezza primaverile dei boschi. L'erba era fine come se le mucche vi avessero appena pascolato, alte cortecce circondavano placide la collina. Le fronde dell'albero stormivano appena.

Non c'era polvere, o sabbia, o cenere.


Il luogo più terrificante del mondo, esorcizzato.


Era così tranquillo.


Prese un lungo respiro, spinse i polmoni vuoti da anni contro la gabbia toracica.

Pensò, felice: Dev'essere così che ci si sente a morire.



Strinse Malon e Link ridendo ancora una volta con quella sua risata orribile, gracchiante, sobbalzante, e poi finalmente Oitesch, che aveva il mondo intero tra le braccia gracili (perché il suo adorato Crepuscolo lo aveva sempre conservato nel cuore spento), chiuse gli occhi d'ambra, e si addormentò.









*io sono Oitesch,
che non aveva nessuno al mondo
che amò e fu amato
che fu marionetta e marionettista
che vive in Tekeal mio figlio,
e muoio felice con il mondo nelle mie mani.
   
 
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