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Autore: Nocturnal Valex    19/09/2021    2 recensioni
Il corpo di Snape non fu mai ritrovato nella Stramberga Strillante, dove Harry era sicuro di averlo visto morire, ma sei anni dopo quel giorno Harry ha ben altro a cui pensare: qualcuno ritornerà dal passato, e tra amori vecchi e nuove minacce, Harry deve riuscire a mantenere insieme i pezzi della sua vita.
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Severus, Ron/Hermione
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Harry aveva deciso che i lavori alla casa dei suoi genitori sarebbero iniziati subito, quindi solo una settimana dopo aver visitato le loro tombe si era rivolto a chi di dovere, che gli aveva promesso di rendere la casa il più simile possibile a quella originale e in meno di due settimane.
Era al settimo cielo, finalmente una cosa nella sua vita stava andando per il verso giusto e dopo un mese e mezzo avrebbe lasciato Grimmauld Place, che ancora conservava troppi ricordi dolorosi. Eppure quella era la sua unica fonte di gioia, dato che la ricerca di Lucius Malfoy e altri due “traditori” andava a rilento, così come le indagini sui fuggitivi.
Era passata più di una settimana ed Harry e la sua squadra avevano scandagliato da cima a fondo Notturn Alley e le vecchie case dei Mangiamorte, ma non avevano trovato nulla e tutti, Potter compreso, iniziavano a sentirsi sempre più demoralizzati e lontani da una fine di quell’incubo.
Quel giorno il Prescelto avrebbe dovuto fare la ronda a Notturn Alley soltanto durante la notte, quindi si era preso il giorno libero per portare James a fare un giro a Diagon Alley. Lo portò nel negozio di scherzi dei Weasley, dove lavorava solo George ormai, e il bambino si divertì molto a vedere tutti i giochi colorati che il gemello vendeva.
George stravedeva, come tutti i Weasley d’altronde, per il piccolo James e insisteva nel dire che una volta cresciuto sarebbe diventato proprio come Fred perché lui le sentiva queste cose e sapeva che il suo gemello prima o poi sarebbe tornato. Harry sperava davvero che questo accadesse e cercava di non piangere ogni volta che gli occhi di George si illuminavano nel vedere il bambino fare qualcosa di vagamente simile a come l’avrebbe fatto suo fratello.
Dopo aver saccheggiato con gli acquisti I Tiri Vispi Weasley, Harry portò il piccolo James a casa, dove salutò Ginny con un bacio sulla guancia e lasciò i due ai loro affari prima di tornare a casa dei Black, dove si mise a studiare tutte le carte del caso su cui l’intero ufficio Auror stava lavorando.
Non avevano scoperto nulla su Lucius Malfoy e Harry si stava iniziando a chiedere se non fosse il caso di mettere Draco sotto controllo, sia per proteggerlo sia per scoprire se aveva contatti con suo padre, ma probabilmente il biondo avrebbe rifiutato qualsiasi cosa, troppo orgoglioso per accettare anche solo il minimo aiuto. Harry lo odiava più di quanto avesse fatto negli anni ad Hogwarts. Un conto erano le loro scaramucce infantili, ma ora Malfoy stava impedendo un’indagine e mettendo a rischio la sua famiglia.
Si alzò, ora troppo nervoso per stare fermo, e uscì di casa. Non era mai successo prima, che tornasse in quel posto a pochi giorni di distanza, ma in quei giorni aveva troppi pensieri per la testa, quindi nemmeno un’ora dopo si trovava davanti alle tombe dei suoi genitori, a fissare la pietra con sguardo stanco. Gli mancava James come mancano i colori ad un cieco, voleva vederlo crescere quotidianamente e non essere costretto a vederlo di tanto in tanto. Gli mancava Ginny ma non perché l’amasse ancora, ma perché la vita di coppia gli piaceva, all’inizio almeno. L’affetto, le coccole, la quotidianità… A mancargli era anche Ron, con le sue battute stupide e le sue brutte figure davanti a Kingsley. Ultimamente vedeva poco anche il suo amico, ma il fatto che lavorassero insieme lo sollevava dagli strazi della vita, prima che Ronald decidesse che la loro amicizia non fosse più importante.
Disse tutto quello ai suoi genitori, poi rimase in silenzio, seduto sul terreno a contemplare le pietre davanti a lui senza realmente vederle. Iniziò a tremare per il freddo, il buio stava calando in fretta e con lui anche la temperatura. Non sapeva quanto rimase lì a tremare, forse l’orario del turno di ronda era già passato, ma in quelle condizioni, dove rabbia, stanchezza e disperazione si mischiavano, del lavoro gli importava poco. La gente andava e veniva dal cimitero, qualcuno gli lanciava occhiate sospette e qualcun altro lo riconosceva, ma aveva il buon senso di non disturbarlo.
Si riscosse dai suoi pensieri che comprendevano tutto e nulla solo quando sentì un peso posarsi sulle sue spalle. Sobbalzò, riconoscendo un mantello nero e pesante che impediva al freddo di farlo tremare, e alzò lo sguardo. Ciò che vide, o meglio chi vide, gli mozzò il fiato in gola e gli fece spalancare gli occhi.
-Potter, non credi di che sia un po’ troppo tardi per stare da solo in un cimitero? Per di più col tuo vero aspetto mentre ci sono dei Mangiamorte a piede libero- la voce dell’uomo che aveva davanti lo riscosse dal suo torpore. Era sempre la solita, la stessa intonazione che a volte tornava a tormentarlo nel sonno e che gli aveva fatto passare le pene dell’inferno nei suoi anni ad Hogwarts.
Harry scattò in piedi, lasciando cadere a terra il pesante mantello nero. -Lei è…- e si bloccò perché le parole non volevano saperne di uscire.
--Vivo, sì Potter, perspicace. E tu sei in un cimitero alle otto di sera, con solo un maglione a coprirto. La fama ti ha bruciato il buonsenso?- nemmeno il sarcasmo era cambiato, e ad un lungo sguardo nemmeno il vestiario.
Severus Snape era esattamente identico a come lo aveva lasciato.
 
Severus quella notte aveva sognato Harry Potter. In realtà i suoi incubi ormai erano sempre gli stessi: la sua morte e il suo risveglio nella caverna che lo aveva ospitato fino al suo completo recupero, ma questa volta il sogno era partito da Potter che raccoglieva i suoi ricordi in una boccetta e si era sviluppato in una sua personale rappresentazione di Potter che moriva e poi si risvegliava, proprio come gli aveva raccontato Draco. Niente morti dolorose e niente risvegli bruschi.
Avrebbe tanto voluto non aver mai incontrato Potter una settimana prima al cimitero, e non avrebbe mai voluto domandarsi come stesse il figlio della sua Lily. Chiederselo significava che gli importava davvero di quel moccioso.
Comunque, quel giorno al suo risveglio si sentiva stranamente più esausti delle mattine in cui dormiva solo un paio d’ore. Si era alzato e aveva fatto una modesta colazione, poi aveva imbottigliato le pozioni da vendere e aveva usato la sua civetta per spedirle ad un anonimo venditore di Notturn Alley. Stava ancora aspettando che l’animale tornasse con i suoi soldi quando si stufò di stare fermo in quell’appartamento che di confortevole non aveva nulla, solo una valanga di ricordi orrendi.
Non voleva tornare al cimitero, ci era andato solo una settimana prima e da allora lo aveva evitato nel terrore di rivedere Potter, soprattutto ora che la sua scorta di Pozione Polisucco era terminata e lui era costretto a vagare con un incantesimo di disillusione alquanto inutile addosso. Decise quindi di uscire e farsi un giro dove i piedi lo avrebbero portato, lasciandosi guidare dai pensieri e calcandosi addosso un mantello munito di cappuccio per mascherarsi il più possibile.
Vagò per ore prima di alzare lo sguardo e vedere dove fosse finito. Davanti a lui si ergeva il monumento ai Caduti incantato per diventare la statua della famiglia Potter, e poco lontano il cimitero lo chiamava. Comunque andasse, la sua Lily lo riportava sempre da lei, e questa cosa non sarebbe mai cambiata. Non sapeva se esserne felice o urlare di disperazione.
Si avviò quindi per il viale fangoso tra le tombe e stranamente per la prima volta da qualche tempo lo sguardo gli cadde sulla tomba di Kendra Dumbledore, ricoperta di muschio e sporcizia. Si appuntò mentalmente di passare da lì al ritorno per pulirla come aveva fatto con quella di Lily solo una settimana prima.
La tomba dei Potter era occupata, e solo ora capì perché Lily lo avesse attirato lì: Harry Potter stava male, anche se da quella distanza non riusciva a capire se fosse per il freddo o se stesse annegando nella disperazione che emanava la sua figura.
Sbuffò e lanciò uno sguardo frustrato al cielo, dove immaginava che fosse Lily, come a rimproverarla per quel favore che gli stava chiedendo. Non poteva lasciare il ragazzo lì a morire di freddo e tornarsene a casa, lo aveva protetto per anni e, nonostante ora fosse più che adulto, sentiva ancora quel senso Paternò nei suoi confronti. Non poteva salvarlo dai suoi demoni, ma poteva quantomeno provare a proteggerlo dal freddo dell’inverno imminente.
Maledì il suo corpo quando iniziò a camminare in direzione del ragazzo quando ancora mentalmente non si sentiva pronto a rivelarsi, ma la strada era corta e in breve si ritrovò dietro la figura tremante del Prescelto. Sospirò silenziosamente mentre si slacciava il mantello e lo lasciava cadere sulle spalle del moccioso. Lo guardò sobbalzare e portare in automatico la mano alla manica del maglione, dove sicuramente nascondeva la bacchetta, ma non la estrasse.
Lo scambio di battute che avvenne successivamente e lo sguardo ferito di Potter gli confermarono che poteva ancora essere il vecchio e acido professore di Pozioni e che nulla, in quegli anni, era cambiato. E quando diceva nulla, intendeva che non era cambiato nemmeno ciò che provava per il moccioso.
 
Fu in quel momento che una striscia argentea volò tra di loro e si materializzò nelle sembianze di un Jack Russell. -Il Patronus di Ron…- sussurrò Potter perplesso.
“Harry, Astoria Greengrass è stata aggredita. Ci vediamo al San Mungo tra dieci minuti”.
   
 
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