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Autore: Ghostclimber    19/09/2021    2 recensioni
Gokudera ha passato due mesi in Italia nel vano tentativo di dimenticare il Decimo.
Ora è di ritorno, e dovrà decidere se continuare a fingere o guardare in faccia la realtà.
5927
Genere: Demenziale, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Warning: contenuti sensibili, tipiche volgarità Varia Quality, opinioni di parte (non la nostra) sulla 5927 e soprattutto su Tsuna e su Gokudera, finale a sorpresa che è a sorpresa pure per me, nel senso che tutto mi aspettavo tranne che quello, e francamente temo me stessa.



 


"You'll feel like some soap opera star,
predictably hitting the booze;
with your standard issue broken heart
you step into your Saturday shoes."






Xanxus seguì Lussuria giù dalla macchina a noleggio che li aveva portati dall'aeroporto a Namimori. La strana, inusuale sensazione di complicità che provava non sarebbe stata tanto sgradita, se non fosse che la persona per cui la stava provando era nientemeno che Sawada Tsunayoshi. Il suo acerrimo nemico. La persona che stava tra lui e il titolo di Decimo Boss dei Vongola. Quel moccioso che gli aveva fatto il culo a strisce qualcosa come cinque anni prima.

Squalo gli appoggiò una mano tra le scapole e Xanxus si rilassò un pochino, quel tanto che bastava da permettersi di non sfoderare le pistole mentre Lussuria ridacchiava come un demente mentre si avvicinava alla porta di casa Sawada: il fatto che il suo uomo fosse ancora al suo fianco, ancora fedele ma soprattutto ancora vivo, era abbastanza da tranquillizzarlo.

E prevedeva che, venendo meno alla propria aura di grosso cattivone, a un certo punto di quella festa del cazzo avrebbe preso da parte Sawada e gli avrebbe parlato da uomo a uomo.

Un conto era la rivalità, cosa che comunque Xanxus stava imparando ad accettare, un altro conto era gettare qualcuno nelle fauci del mostro. E Sawada era a tanto così dal finirci dentro con tutti e due i piedi, lui e quello zerbino imbarazzante del suo fidanzato.

Da un lato, Xanxus sapeva che se il Consiglio avesse messo le mani su Sawada, il titolo di Decimo Boss sarebbe risultato vacante in meno di una settimana, dall'altra... una fitta gli attraversò il petto, e Xanxus la dissimulò con una smorfia di irritazione, perfettamente coerente con l'idea di fare una festa a sorpresa per i primi sei mesi di fidanzamento di Gokudera Hayato e Sawada Tsunayoshi.

Lussuria suonò il campanello, e il trillo risuonò nella casa. Xanxus si ritrovò a sperare che fosse vuota, ma quel demente con un nido mezzo sfatto al posto dei capelli aprì allegramente la porta dopo una manciata di secondi.

Xanxus non ebbe tempo di disapprovare la sua mancanza di cautela, perché ogni cosa fu sovrastata dal piacere quasi erotico di veder sbiancare quel coglioncello alla vista degli alti ufficiali dei Varia schierati nel vialetto di casa.

“Co...co...cos...cosa... HAYATO!” Xanxus cominciò a preoccuparsi: se a Sawada fosse preso un colpo, avrebbero dovuto compilare una marea di scartoffie.

“Buon sesto mesiversario!” trillò Lussuria.

“Oh, santa pace.” rispose Sawada.

“Tsuna, che succede?” chiese Gokudera, apparendo alla porta con le mani piene di dinamite. Xanxus approvò: Sawada era una causa persa, ma almeno al suo fianco c'era qualcuno che possedeva ancora una manciata di neuroni funzionanti.

E che bestemmiava con una certa creatività, apparentemente.

“VOI! Datevi una calmata, mocciosi, non abbiamo cattive intenzioni.”

“Ushishishi, siamo qui solo per festeggiare.” Sawada impallidì ulteriormente alle parole di Belphegor. In tutta onestà, Xanxus non se la sentì di biasimarlo: Belphegor riusciva a suonare inquietante anche quando proponeva una partita a Risiko. Anche se forse era perché ognuno di loro sapeva fin troppo bene quanto male quello psicopatico prendesse le sconfitte.

“SQUALO!” chiamò allegramente Yamamoto. Xanxus, per un istante, ebbe l'istinto di aprirgli una presa d'aria in mezzo alla fronte, chissà mai che alle sue cellule cerebrali servisse solo un po' di venticello fresco. Squalo rispose a urlacci come suo solito, Sawada si portò le mani alla tempia e da qualche parte dentro alla casa Lambo urlò qualcosa di indefinito.

Xanxus si pentì amaramente di aver lasciato la relativa quiete di Villa Varia, e meditò se l'idea di andare a cercare lo psicolabile con i tonfa e isolarsi nel silenzio insieme a lui fosse fattibile. Gli sovvenne il pensiero che avrebbe rischiato di trovare anche Haneuma insieme a lui, magari ammanettato e con addosso solo un paio di mutande commestibili e ripiegò. Dopotutto, Levi aveva portato abbastanza alcol da far ubriacare tutto il paese.

“Possiamo entrare o dobbiamo restare qui in eterno, Sawada?” chiese, scocciato.

“Ah, ecco, io...”

“Tsuna!” chiamò una voce femminile, “Chi era alla porta?” Nana Sawada apparve dietro al figlio, un sorriso stanco dipinto in volto. Squalo lanciò un'occhiata a Sawada: erano già capitati lì e avevano avuto occasione di conoscere la donna, ma ancora non era ben chiaro quanto lei sapesse. E Sawada che si lagnava perché la mamma gli faceva storie per la mafia era nella top ten delle cose che Xanxus avrebbe volentieri evitato per il resto della vita.

“Oh!” disse la donna, vedendoli, “Da quanto tempo! Entrate, forza, qual buon vento?”

“Mamma, non far entrare i Varia così a cuor leggero, per favore, sono...”

“Signora mia, ma lei è radiosa!” trillò Lussuria, “Ha fatto qualcosa ai capelli, forse? O ha perso peso?” la donna si schernì e ridacchiò.

“Oh, niente di che, solo... mi sono liberata di un'ottantina di chili!”

“Cielo, ma cosa mi dice mai?”

“Sto rimpiangendo di essere nato...” commentò Levi in un grugnito.

“Parla di papà.” spiegò Sawada in tono esausto, “Stanno divorziando.”

“Oh, cielo, finalmente!” Lussuria abbracciò Nana, che ricambiò la stretta con un filo di imbarazzo. Xanxus non poté biasimarla, non è cosa da tutti giorni farsi stritolare da un finocchione muscoloso con la cresta colorata e un ginocchio di amianto.

“Ma entrate, miei cari, non state lì sulla soglia!” disse poi Nana, rossa in viso, scostandosi da Lussuria. Prese Belphegor per un braccio e lo trascinò all'interno, provocando un gridolino allarmato da parte di suo figlio. Abbastanza comprensibile, dovette ammettere Xanxus.

Tuttavia, finalmente si stavano togliendo dalla strada. Non che Namimori fosse chissà che posto pericoloso, soprattutto con quell'Hibari pronto a scorticare il buco del culo di chiunque facesse anche solo il gesto di gettare a terra una cartaccia, ma Xanxus non poteva evitare di sentirsi a disagio con le spalle rivolte alla strada.

Nana fece strada fino al salotto e li lasciò, promettendo di tornare con qualche spuntino; Lussuria, che da qualche tempo aveva cominciato ad interessarsi alla cucina giapponese, la seguì allegramente per farsi dare qualche suggerimento, e i Varia meno emotivamente stabili rimasero da soli con il presunto Decimo Boss, presumibilmente intento a non cagarsi nei pantaloni.

Yamamoto attaccò bottone con Squalo, che gli diede corda; per fortuna, Levi poteva anche essere un maniaco, ma era anche abbastanza sveglio: allungò a Xanxus una bottiglia di birra, da cui il Boss dei Varia attinse con gratitudine.

“E... e allora, ehm.” Sawada si schiarì la voce, “Xanxus. Come va?”

“Solito. Tu?”

“Ehm.”

“Cosa siete qui a fare?” chiese Gokudera.

“Sono sei mesi che voi due teste di cazzo state insieme, siamo qui a festeggiare.” rispose Xanxus, sentendosi un gran coglione. Come se i Varia fossero noti per la gran quantità di festicciole carine che organizzavano.

“Beh, ecco...” balbettò Sawada, “Questo è molto gentile da parte vostra, davvero, non dovevate.”

“Su questo almeno siamo d'accordo.” bofonchiò Xanxus. Sawada cominciò tutto ad un tratto a mostrare una notevole somiglianza con un pesce palla coperto di vernice rossa, poi scoppiò a ridere.

“Scu... scusa, è che... non uccidermi ti prego!” Squalo smise di parlare e si voltò a guardare la scena, perplesso. Yamamoto rise come un imbecille.

“Facci sapere quando tu e Squalo fate l'anniversario, così veniamo a trovarvi con una torta.”

“Cristo santo, non pensarci nemmeno, moccioso.” Sawada rise ancora più forte e Xanxus si trovò a concludere che fosse un filino isterico. Guardò la bottiglia di birra, poi la scorta portata da Levi e fu mosso a pietà. Ficcò la sua Poretti Sette Luppoli ai fiori di sambuco nella mano di Sawada e si allontanò con cautela, lasciandolo alla sua crisi di nervi.

 

La festa si trascinò con l'entusiasmo e il brio di un vecchio che cerca di scopare.

Xanxus scacciò il paragone dalla mente, insieme alla brutta immagine del Nono che si faceva inchiappettare da Coyote Nougat. Ormai alla seconda bottiglia di tequila, si chiese se il trucco per ereditare il trono dei Vongola non fosse trombarsi il Guardiano della Tempesta: Giotto e G, il vecchio e Coyote... Xanxus lanciò un'occhiata a Belphegor, intento a mettere a repentaglio la sorte del mondo intero con una partita a Monopoli contro Gokudera, e si disse che se quella era davvero la via da percorrere, in fondo lui stava bene a capo dei Varia. Neanche morto si sarebbe avvicinato a quello psicolabile armato di coltelli. Come facesse Fran a stargli intorno era un mistero ancora più grande di quello della presunta verginità della Madonna, ma c'era da ammettere che anche nella testa di Fran non nuotavano molti neuroni. Forse lui e Belphegor ne avevano uno in comproprietà, e andavano d'accordo solo perché così non dovevano litigare sull'affidamento della loro unica cellula cerebrale funzionante.

Xanxus si schiarì la mente con un altro sorso di tequila e decise di passare all'unico motivo per cui aveva accettato di portare il culo in Giappone. Si alzò dal divano e si avvicinò a Sawada: “Moccioso, ti devo parlare. In privato.”

“Ah, io, ecco...”

“Giuro che non ti mangio. Muoviti, non ho voglia di starci tutto il giorno.”

“O... okay, allora.” Sawada si alzò e fece strada a Xanxus su per la scala. Gli indicò una porta e Xanxus entrò: era chiaramente la sua stanza da letto, disseminata di libri di scuola, vestiti a molteplici stadi di utilizzo e una valanga di materiale da disegno.

“Bello.” disse Xanxus d'istinto, indicando un disegno a carboncino, ancora abbozzato ma chiaramente riconoscibile come un intenso ritratto di Gokudera.

“Ah... sì, l'ho fatto io.”

“Notevole.”

“Cosa mi devi dire, Xanxus?” l'uomo si complimentò con se stesso. Fargli quel complimento spontaneo era servito a farlo rilassare a sufficienza da permettere al criceto nel suo cervello di risalire sulla sua ruotina e cominciare a zampettarci sopra.

“Sta' in guardia, Sawada.” disse.

“In guardia per cosa?”

“Per il Consiglio.” Xanxus si zittì, incerto su come proseguire il discorso. Dopo un po', Sawada chiese a bassa voce: “Il Consiglio?”

“Sai cos'è?” Sawada scosse il capo.

“È una specie di tribunale. Una fottuta Inquisizione di merda. Vecchi del cazzo che pretendono di venirti a spiegare come vivere la tua vita.”

“Sì, ascolta, non è che sono così scemo. Lo so che la Mafia non è un bel mon...”

“Non è la Mafia, Sawada, possibile che non ci arrivi?” il ragazzo si zittì, e Xanxus proseguì: “La Mafia te la puoi rigirare intorno a un dito. Sei stato designato come Decimo Boss dei Vongola, tutti gli altri coglioni sanno che non ti devono cagare il cazzo se vogliono continuare a stare al mondo. Ora come ora, noi Varia abbiamo l'incarico di mettere a tacere tutti quelli che sono abbastanza stupidi da mettersi contro di te. Degli altri mafiosi non ti devi preoccupare, e non dovrai mai farlo finché campi. Ma il Consiglio... Sawada, dal Consiglio ti devi guardare le spalle.”

“Che cosa... come posso fare per non...”

“Tu e il tuo fidanzatino dovete starvene belli tranquilli in un angoletto buio.”

“Aspetta, cosa...?”

“Non ti sto dicendo che dovete mollarvi. Fatevi la vostra bella vita da piccioncini, scopate fino a farvi venire le emorroidi croniche, ma fatelo ben nascosti da sguardi indiscreti.” Sawada arrossì e Xanxus ebbe la sensazione che lui e Gokudera non si fossero ancora neanche segati a vicenda.

Attese pazientemente che Sawada la smettesse di giocherellare con un portamine di un verde davvero sgradevole e, senza attendere un invito scritto, si sedette come se niente fosse sul bordo del letto. Tanto, si disse, a quanto sembrava non correva il rischio di sedersi su una macchia di sborra secca. Infine, Sawada chiese: “Hanno... hanno chiamato in giudizio te e Squalo?”

“Chiamati in giudizio?” Xanxus emise uno sbuffo di risata amara, “Certo, se significa che per poco non uccidono il mio uomo. Chiamati in giudizio...”

“Che cosa? Stai... stai scherzando, spero.”

“Ti sembro uno che sta scherzando?” ringhiò Xanxus. Non gli andava di ripensare alla settimana in cui Squalo, dopo una convocazione a Villa Vongola, era sparito per sette atroci giorni, né tantomeno gli andava di parlarne. Si sentiva soffocare al solo pensiero della conversazione avuta con il Nono, in cui lui gli chiedeva notizie del suo vice comandante e il vecchio cascava dal pero. La presa di coscienza che non era stato lui a convocarlo, il terrore nel rendersi conto che in quei sette giorni poteva essere successa qualsiasi cosa, l'atroce altalenare tra l'impulso di voler rifiutare l'aiuto di Timoteo, colpevole di non aver tenuto sotto controllo i suoi mastini, e il bisogno impellente di ricevere un po' di affetto in un momento buio come il cuore di una notte di luna nuova.

Sospirò e disse: “Hanno convocato Squalo a nome dei Vongola. Logicamente, lui ha risposto, i Varia non possono rifiutarsi di presentarsi ad una convocazione diretta. Non ne abbiamo più saputo nulla per una settimana.” Sawada sbiancò.

“Per mia fortuna,” proseguì amaramente, “Lo stavano soltanto tenendo in ostaggio per avere la scusa di cogliermi in fallo. Quei bastardi sapevano che per giustiziare me avrebbero dovuto avere prove schiaccianti, non solo voci di corridoio, e sapevano anche che sarei andato a cercarlo. Contavano di incastrarmi.”

“Gli... gli hanno fatto del male?” chiese Sawada.

“Nulla che Squalo non possa tollerare.” rispose Xanxus. Esitò, poi si corresse: “No, cazzate. Stavano cercando di piegarlo. Torture fisiche e psicologiche. Uno di quei... quei cazzo di corsi di... di conversione per omosessuali.”

“Il Nono ha permesso questa cosa?” chiese Tsuna.

“Il Nono sta perdendo il potere sul Consiglio. Dopo quello che è successo a Squalo, sta cercando di smantellarlo, ma intanto... ti sei per caso chiesto come mai il tuo caro amico Cavallone è qui a Namimori da quattro mesi filati?”

“Pensavo... lui e Hibari... insomma, credevo che...”

“Certo, Hibari sta ospitando Cavallone. E certo, quei due stanno insieme. Ma Cavallone se ne sarebbe stato tranquillo a casa, se non fosse giunta voce a Romario che il Consiglio è sulle sue tracce. Ed è stato il Nono a informarlo, ma al momento questo è il massimo che può fare.”

“Ma quindi sa cosa stanno facendo?” chiese Sawada. Sembrava parecchio imbestialito.

“No.” rispose Xanxus, “Ha intercettato qualcosa qui e là. E se oggi ho deciso di portare il culo fino a qui è solo perché il vecchio mi ha riferito che qualcuno ha vuotato il sacco su te e Gokudera.”

“Cosa? Ma chi...?” Sawada impallidì.

“Hai sospetti, Sawada?” chiese Xanxus.

“Sì e no. C'è questa amica di Hayato, Viola Bovino... lui si fida, ma sono mesi che lei non si fa più viva.” Xanxus annuì.

“È la stessa pista che stiamo seguendo noi.”

“Voglio dire, se lei fosse innamorata di Hayato, potrebbe aver...”

“Sei fuori strada, Sawada.” il ragazzo tacque, in attesa: “Quella ragazza è la nipote di Levi, che ha garantito per lei. Non sono cazzi tuoi il perché, ma sono motivi importanti. Tuttavia, a quanto pare è stata assegnata ad una missione ad altissimo livello di segretezza, ma il suo cellulare è rimasto ai Giardini Bovino, probabilmente per impedire che la intercettassero. Il nostro sospetto è che Enrico Bovino abbia letto i suoi messaggi.”

“Merda.”

“Quanto avete rivelato?”

“Tutto, praticamente.”

“Lo sospettavo. Dì al tuo ragazzo di smentire. Fagli scrivere che vi siete mollati, che avete compreso di aver preso un abbaglio, che era una fase, una di quelle stronzate che diresti a tuo padre se ti venisse a chiedere se trombi col tuo Guardiano della Tempesta.” Sawada annuì, tremando.

“Per ora abbiamo tenuto buono Bovino, ma stiamo esaurendo le scuse plausibili. Datevi una mossa, prima che uno di voi due si ritrovi con degli elettrodi su per il culo.” senza alcun preavviso, Sawada scoppiò in lacrime.

“Cazzo, anche questa no... ricomponiti, femminuccia, non è successo niente.”

“Lo so, è che... è che penso a come devi esserti sentito a scoprire che Squalo era stato torturato, e... cielo, Xanxus, mi dispiace, mi dispiace così tanto!”

“Come se fosse colpa tua. Non essere idiota.” Xanxus si alzò e chiese: “Da che parte è il cesso?” Sawada, ancora singhiozzando, lo condusse in corridoio e gli indicò la porta del bagno.

Xanxus vi entrò, abbassò la tavoletta del gabinetto e ci si sedette sopra. Si prese a pugni le tempie nel tentativo di scacciare i ricordi, ma non ci riuscì.

 

Squalo, più pallido del solido, il moncherino esposto come il resto del suo corpo.

Abrasioni, tagli e bruciature sulla sua pelle nivea, sul suo volto lo sguardo sfiduciato e rabbioso di una fiera minacciata.

Le sue spalle fredde al tatto, i suoi muscoli scattanti al minimo tocco, segnati già da una sola settimana a temere il contatto fisico, trasformando quella che era stata una normale componente dell'esistenza in una minaccia.

Solo con il tempo e molta, molta pazienza, Xanxus era riuscito a convincerlo a muoversi di lì: lo stavano condizionando contro di lui, e in Squalo convivevano l'uomo che lo amava indefessamente e quello che aveva subito un lavaggio del cervello degno di Arancia Meccanica.

Infine, Xanxus aveva optato per l'unica soluzione possibile: si era chinato, aveva forzato un abbraccio su Squalo, sentendosi una merda nell'avvertire il panico con cui il suo uomo gli si opponeva, e l'aveva baciato sulle labbra.

Sei mesi più tardi, avevano provato a fare l'amore: Squalo non se l'era sentita di lasciarsi penetrare, ma Xanxus non aveva esitato a lasciargli il ruolo di top, e finalmente stavano ricominciando pian piano ad abituarsi di nuovo alla reciproca presenza, Squalo aveva ricominciato a sbraitare al mattino presto e Xanxus a prenderlo a calci in risposta, senza che nessuno dei due avesse un crollo psichico.

C'era una sola cosa a cui Xanxus non riusciva ad abituarsi.

 

Si lavò la faccia accuratamente, mise su un'espressione impassibile e tornò da basso, dove Belphegor stava mandando sul lastrico Gokudera. Xanxus notò che quest'ultimo aveva appena richiesto una somma fin troppo irrisoria per il passaggio su un albergo in Piazza della Vittoria, e si rese conto che Gokudera sapeva benissimo che se Belphegor avesse vinto, la giornata si sarebbe conclusa con un massacro. La sua stima nei confronti del dinamitardo salì di mezzo punticino: non di più, perché a suo parere non ci voleva un genio a capire che al Principe Sanguinario non bisogna cagare il cazzo.

I suoi occhi caddero su Squalo, che si stava passando una mano tra i capelli. La sua nuca esposta ricordò a Xanxus la vista della sua schiena nuda, arrossata dalle torture subite, e del suo cranio malamente rasato.

Non avrebbe avuto pace finché i capelli di Squalo non sarebbero tornati a impigliarsi nella cintura dei suoi pantaloni.

 
   
 
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