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Autore: Clementine84    20/09/2021    0 recensioni
Due amiche e una crociera nel Mediterraneo con una band famosa. Una delle due, fan fedele sin dagli inizi, si fa accompagnare dall’altra, che non ha mai capito cosa ci trovino tutte nel biondino del gruppo, considerato un rubacuori in grado di far cadere qualunque donna ai suoi piedi. Un incontro casuale basterà a lui per decidere che vale la pena farglielo scoprire, costi quel che costi.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Carter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 3 – Just Want You to Know

 

Looking at your picture from when we first met
You gave me a smile that I could never forget
And nothing I could do could protect me from you that night

(Just Want You to Know – Backstreet Boys)

 

Il giorno seguente, io e Jessica ci svegliammo con calma. Ci vestimmo e andammo a fare colazione. Nel salone, incontrammo Cristina e la sua amica Laura, che dividevano il tavolo con due ragazze spagnole, Carmen e Paola, che ci presentarono. Mentre mangiavamo, scambiandoci impressioni sulla giornata precedente, decidemmo di andare a farci un giro a Cannes, giusto per approfittare della mezza giornata di libertà. Dopo esserci date appuntamento tra mezz’ora, tornammo in cabina per sistemarci e prendere le cose che ci sarebbero servite durante la giornata, dopodiché sbarcammo e passammo una bella giornata, girovagando per Cannes, curiosando lungo il tappeto rosso posizionato per il Festival del Cinema, nella speranza di scorgere qualche attore famoso, e mangiandoci degli ottimi croissant. Verso sera, tornammo sulla nave e ci preparammo per la cena a cui, ci era stato assicurato, i Basckstreet Boys sarebbero stati presenti, per la gioia di Jessica.

Quando entrammo nel salone, andammo alla ricerca di Cristina, Laura, Carmen e Paola, con cui ci eravamo date appuntamento. Le trovammo ad aspettarci a un tavolo, purtroppo non vicinissimo a quello dov’erano seduti i ragazzi, ma con una buona visuale. La cena iniziò e, mentre io chiacchieravo con Carmen e Paola, tentando di rispolverare il mio spagnolo arrugginito, Jessica, Cristina e Laura non staccavano gli occhi dal tavolo dei ragazzi, beandosi della loro presenza.

 

Allora, la vedi?” mi bisbigliò Brian, sporgendosi verso di me.

Feci correre gli occhi in giro per la sala per l’ennesima volta, poi scossi la testa. “No,” risposi “ma dev’essere qui per forza”.

Cos’avete da confabulare, voi due?” chiese Kevin, osservandoci dall’altra parte del tavolo.

Cosa vuoi che abbiano?” sentenziò A.J., ironico. “Sono Frick e Frack, sono fatti così”.

Nick sta cercando qualcuno, ma non lo trova” spiegò Brian, con un sospiro esasperato.

Gli occhi di A.J. si fecero improvvisamente più grandi. “Qualcuno o qualcuna?” domandò, interessato.

Qualcuna” gli rispose Brian, lanciandomi un’occhiata divertita.

Lo incenerii con lo sguardo. Avrei fatto volentieri a meno di condividere la cosa con gli altri tre. Il mio amico se ne accorse e si giustificò “Andiamo, non volevi che glielo dicessi? E come pensavi di fare, se l’avessi trovata?”

Non lo so,” ammisi “ci avrei pensato in seguito”.

Beh, comunque,” tagliò corto A.J. “cos’è questa storia?”

Mi limitai a fissarlo, senza aprire bocca, così Brian alzò gli occhi al cielo e spiegò al posto mio.

Ieri sera, Nick ha incontrato una ragazza”.

Una fan?” chiese subito Kevin, con una punta di preoccupazione.

Una specie” risposi, riluttante.

Una del tipo tranquillo e ragionevole” precisò Brian, tenendomi d’occhio di sottecchi.

Te la sei portata a letto?” chiese Kevin, in tono di rimprovero.

No!” esclamai, offeso.

Ma avresti voluto” si intromise Howie, parlando per la prima volta.

No!” esclamai, di nuovo. “Possibile che abbiate una così bassa opinione di me?”

Bassa o alta, a seconda dei punti di vista” commentò A.J., intrecciando le mani sotto al mento e fissandomi, con aria maliziosa.

Sbuffai. “Ci ho soltanto parlato, okay? Niente di che. Ma l’ho trovata simpatica e mi piacerebbe rivederla”.

Stai tranquillo, prima della fine del viaggio, si butterà ai tuoi piedi, come tutte le altre” sentenziò Kevin, bevendo un sorso di vino.

Scossi la testa. “Non credo, Kev. Non è quel tipo di fan”.

Siete già così intimi da sapere che tipo di fan è?” mi canzonò A.J..

Alzai gli occhi al cielo. “Mi chiedo perché perda tempo a parlare con voi” mi lamentai.

Perché non puoi evitarlo” rispose Howie, pratico.

Lasciamo stare, fate finta che non vi abbia detto nulla” borbottai, mettendo il broncio. Concentrai la mia attenzione sul cibo che avevo nel piatto, iniziando a giocherellare con la forchetta. Dopo qualche istante, mi sentii toccare e alzai lo sguardo. A.J. mi aveva posato una mano sul braccio e le sue unghie, laccate di nero, stringevano le pieghe della mia camicia.

Sai almeno come si chiama?” mi chiese, comprensivo.

Annuii. “Alice” risposi, guardandolo negli occhi. “È italiana”.

È un po’ pochino per rintracciare qualcuno su una nave di queste dimensioni” osservò Howie.

Pochino, sì” concordò A.J. “ma meglio di nulla”.

Cos’hai in mente?” gli chiese Brian, incuriosito dallo sguardo determinato dell’amico.

Avranno un elenco dei passeggeri, no? Basta scoprire in che cabina sta e poi controllare se si è registrata all’ingresso della sala, per la cena. Una volta che saremo certi che è qui, non sarà più così impossibile rintracciarla” spiegò, come se stesse parlando a dei bambini dell’asilo.

Sentii che le labbra mi si curvavano in un sorriso. Che idiota che ero stato! Potevo pensarci prima. Mentre mi maledicevo per la mia imbranataggine, vidi A.J. chiamare Justin, uno degli organizzatori, e lo sentii spiegargli la situazione. L’uomo annuì e scomparve fuori dalla sala. A.J. mi sorrise, sornione e, unendo le punte delle dita e iniziando a piccchiettarle una contro l’altra, nella perfetta rappresentazione di un genio del male, disse “La macchina si è messa in moto” prima di scoppiare in una risata non molto diversa da quella che si sente all’inizio di Larger than Life.

 

Avevamo finito di cenare e stavamo decidendo se tornare in cabina e iniziare a cambiarci per la serata a tema, oppure se restare ancora un po’ lì, dato che i ragazzi erano ancora comodamente seduti al loro tavolo. Improvvisamente, percepii una presenza, accanto a me e, voltandomi, mi trovai davanti un uomo, che avevo imparato a riconoscere grazie alle dritte delle nostre nuove amiche. Si chiamava Justin ed era uno degli organizzatori della crociera. Subito mi spaventai, pensando che avessimo fatto qualcosa di male, ma poi pensai che, magari, era solo venuto a scegliere qualcuno da far interagire con i ragazzi nel corso della serata, e sperai che scegliesse Jessica, che ci teneva tanto a mostrare ai suoi idoli il costume da Marilyn Monroe che aveva scelto per l’occasione. Invece, l’uomo si limitò a chiedere “Scusate il disturbo. C’è per caso una Alice, italiana, tra di voi?”

Strabuzzai gli occhi e annuii. “Sì, sono io” risposi. “C’è qualche problema?”

Vidi i muscoli del suo collo distendersi. “Hai per caso parlato con Nick ieri sera, sul ponte?” chiese ancora.

“Ehm...sì” farfugliai, sentendomi gli occhi di tutto il resto del tavolo addosso.

Jessica spalancò la bocca e mi strinse un braccio, esclamando, in italiano “Cos’hai fatto tu?”

Le lanciai un’occhiataccia e bofonchiai, a denti stretti, nella stessa lingua “Gli ho prestato l’accendino, non farla tanto lunga”.

“Perché non me l’hai detto?” insistette lei.

“Perché volevo evitarmi una reazione del genere” sbottai, spazientita. Poi mi girai di nuovo verso Justin e, in inglese, confermai “Comunque, sì”.

Lui mi sorrise. “Bene, allora sei tu. Nick chiede se vuoi fargli l’onore di andare al suo tavolo”.

Mi sentii mancare la terra da sotto i piedi e ringraziai di essere seduta, se no, forse sarei caduta per la sorpresa. Spalancai gli occhi e aprii la bocca per rispondere, ma non mi veniva in mente niente di sensato da dire. Intanto, le altre ragazze sedute al tavolo con me avevano iniziato a confabulare, domandandosi l’un l’altra cosa stesse succedendo.

“Nick cosa?” riuscii finalmente a domandare, ritrovando la voce.

“Ha chiesto se vuoi fargli l’onore di andare al suo tavolo” ripeté Justin, tranquillo, pensando che non avessi capito la prima volta mentre, invece, il mio era solo stupore.

“Perché?” chiesi, cercando di capire.

Lui scosse la testa. “Non lo so, mi ha solo chiesto di venire a cercarti”.

Jessica mi strinse più forte il braccio. “Cosa te ne frega del perché?” bofonchiò “Vai no? Sei scema?”

“Ma io...e tu?” farfugliai, presa in contropiede.

“Non preoccuparti, starò benissimo con le ragazze” mi rassicurò. Poi, con un sorrisino malizioso, aggiunse “E capirò se non torni in cabina, stanotte”.

Mi venne da ridere. “Scema” commentai.

“Vai!” mi spronò lei, dandomi una leggera spinta.

Annuii e mi alzai, afferrando la borsetta e seguendo Justin verso il punto della sala dove, sapevo, c’era il tavolo dei ragazzi.

Non appena mi avvicinai, tutti si voltarono a guardarmi e mi sentii tremendamente in imbarazzo. Poi Nick mi sorrise e si alzò, venendomi incontro. “Ciao!” esclamò, come se fosse sinceramente felice di vedermi. “Justin è riuscito a trovarti”.

“Pare di sì” farfugliai, cercando di concentrare la mia attenzione su di lui, ignorando gli altri quattro paia di occhi fissi su di me.

“Vieni, siediti qui tra me ed A.J.” mi spronò.

Annuii e feci come mi diceva.

“Ragazzi, questa è Alice” mi presentò, non appena presi posto. “Ci siamo incontrati ieri sera sul ponte, mentre fumavamo una sigaretta”.

Abbozzai un timido sorriso e dissi “Ciao”. I ragazzi si alzarono e vennero a salutarmi, abbracciandomi a uno a uno. Ero sempre più sbalordita e mi sembrava di essere finita dentro un film o uno spot pubblicitario. Era tutto troppo surreale perché stesse succedendo davvero. In ogni caso, presi un respiro profondo e mi costrinsi a darmi un contegno. Farmi prendere dal panico non sarebbe comunque servito a gestire meglio la situazione. Finito il giro di abbracci e saluti, mi risedetti al mio posto, osando, per la prima volta, spostare lo sguardo dalle mie mani alle altre persone sedute al tavolo. Incrociai subito lo sguardo di A.J., seduto alla mia sinistra.

“Vuoi qualcosa da bere, Alice?” chiese, sorridendo.

“Cosa stavi bevendo al tavolo?” si intromise Nick, cercando di rendersi utile.

“Vino bianco” dissi, distogliendo lo sguardo da A.J., prima di ritrovarmi ad arrossire.

‘Scema’ mi dissi. ‘Cosa diavolo ti prende? Da quando sei così in imbarazzo a parlare con degli sconosciuti?’

‘Forse, da quando gli sconosciuti sono dei cantanti famosi e uno di loro ha espressamente richiesto la mia presenza a questo tavolo’ mi risposi, beffarda.

Scossi la testa, per scacciare via quei pensieri, e mi concentrai su ciò che stava avvenendo intorno a me.

“Okay, allora Justin, fai portare un bicchiere di vino bianco alla signorina, per favore” diss A.J. all’uomo che era venuto a chiamarmi e che scomparve subito verso le cucine.

“Grazie” sussurrai, rivolgendo un timido sorriso al ragazzo seduto alla mia sinistra.

“Non c’è di che” rispose lui, facendomi l’occhiolino.

“Quindi, Alice” esordì Kevin, richiamando la mia attenzione al sentir pronunciare il mio nome con l’accento inglese. “Nick ci ha detto che sei italiana”.

“Sì” confermai, spostando lo sguardo su di lui.

“Nord, centro o sud?” chiese Howie, inserendosi nel discorso.

“Nord”.

“Milano?” tentò A.J..

Scossi la testa. “Non proprio. Abito in una cittadina più piccola, circa a metà strada tra Milano e Torino”.

“E di cosa ti occupi?” chiese Brian, parlando per la prima volta.

Mi voltai a guardarlo e gli sorrisi. Sebbene non stesse sorridendo, in quel momento, il suo viso mi ispirava simpatia. “Lavoro in un’azienda tessile, sono commerciale estero”.

“Ti piace?” chiese ancora lui.

Alzai le spalle. “Non è il lavoro dei miei sogni, ma non mi lamento”.

“E quale sarebbe il lavoro dei tuoi sogni?” domandò A.J..

“Mi piacerebbe fare l’insegnante” confessai. “Ma, in Italia, il percorso per arrivarci è lungo e complicato”.

“Non basta che il preside della scuola ti chiami?” si informò Kevin.

Scossi la testa. “Purtroppo no”.

“E quindi? Come funziona?” chiese Brian, interessato.

“È tutta una questione di graduatorie, punteggi…” iniziai a spiegare “ma non lo volete sapere veramente. È difficile e soprattutto noioso” conclusi.

“A Las Vegas mi basterebbe fare un paio di telefonate per trovarti un posto” sentenziò Nick, con un sorrisino di circostanza.

Mi voltai a guardarlo, divertita, e commentai “Non dirlo di nuovo, che mi trasferisco domani”.

Lui rise e io pensai che, se c’era qualcosa che mi piaceva di lui, era proprio il sorriso. O, meglio, mi piaceva la sua faccia quando rideva. Era come se si illuminasse di colpo.

“Quindi, fammi capire,” riprese Kevin, tornando alla discussione principale “nel tuo lavoro tieni i contatti con i clienti stranieri?”.

“Esatto” confermai.

“Per questo parli così bene inglese” commentò Howie.

Gli sorrisi, grata per il complimento. “Sì, ho una laurea”.

“In inglese?” chiese A.J..

“No. Lingue moderne. E letteratura” precisai.

“Che altre lingue parli?” si informò Brian.

“Beh, a parte l’italiano, ho studiato spagnolo, ma l’ho quasi dimenticato del tutto” confessai. “Infatti, stavo cercando di fare pratica con le mie compagne di tavolo spagnole”.

“Temo che noi non possiamo esserti d’aiuto” scherzò A.J.. “Le uniche parole spagnole che sappiamo sono le canzoni che abbiamo fatto”.

“Lascia stare, A.J., ci ho già provato io ieri sera con la versione italiana di Quit Playing Games, ma la signorina non apprezza” sentenziò Nick, lanciandomi uno sguardo di finto rimprovero.

Mi lasciai scappare una risatina, al ricordo della nostra conversazione della sera precedente.

“Come non apprezzi?” domandò Brian, fingendosi offeso, per poi scoppiare a ridere, dicendo “Scherzo, erano orribili, hai ragione”.

Risi anch’io, insieme a tutti gli altri, e commentai “Diciamo che avete fatto pezzi migliori, ecco”.

“Decisamente” concordò A.J..

“Per esempio? Qual è la tua canzone preferita?” mi chiese Howie.

“Alice non è una fan, Howie” gli disse Nick.

“Come non è una fan? Cosa ci fai qui, allora?” domandò Kevin, confuso.

“Ha accompagnato un’amica” spiegò Nick.

“Quindi non conosci le nostre canzoni?” chiese ancora Howie, leggermente dispiaciuto.

Mi affrettai a dissentire. “No, no. Fermi. Nick sta dando una versione sbagliata della storia. Ero una fan da ragazzina, ho anche visto il concerto del Millennium Tour a Milano. Poi vi ho un po’ persi di vista. Ma, come ho detto ieri a Nick, prima della crociera ho fatto i compiti e ho recuperato tutti i vostri CD”.

I ragazzi scoppiarono tutti a ridere.

“Molto bene” commentò Kevin.

“Brava” disse A.J.

“Allora ti è permesso restare al nostro tavolo” scherzò Brian.

“Quindi hai una canzone preferita?” domandò Howie.

“Certo che ce l’ho” confermai

“Immagino sia una di quelle più vecchie” azzardò A.J., basandosi su quello che gli avevo appena detto.

Scossi la testa. “In realtà no. È Climbing the Walls”.

“Davvero?” chiese Nick, stupito.

Annuii. “Sì. Non so perché ma ha qualcosa. Appena l’ho sentita, mi sono innamorata”.

“Beh, è bella” commentò Brian, annuendo in segno di apprezzamento.

La conversazione proseguì per un po’ e iniziai a rilassarmi. Sì, stavo parlando con i Backstreet Boys, ma sembravano dei ragazzi simpatici e stavano facendo del loro meglio per mettermi a mio agio. A un certo punto, A.J. propose “Giochiamo a obbligo o verità”.

“Non mi va di alzarmi dal tavolo” si lamentò Howie.

“Basta che scegli sempre verità, Howie” lo canzonò l’amico.

“Allora giochiamo a verità e basta” ribatté Kevin.

“Io ci sto” accettò subito Nick.

“Okay anche per me, basta non alzarmi” disse Howie.

“Anche per me okay” aggiunse Kevin.

“Brian?” chiese Nick, guardando l’amico.

Brian sospirò, alzando gli occhi al cielo. “Se dico di no non mi mollate più, quindi okay” accettò.

“Alice?” mi chiese A.J.

Alzai le spalle. “D’accordo”.

“Perfetto. Vale qualsiasi domanda e massima onestà” spiegò A.J.

“Si può passare?” si informò Howie.

“No, non si può. Devi rispondere” lo rimproverò Nick.

“Lo rendiamo più divertente?” propose ancora A.J.

“Come?” chiese Nick.

“Una volta che tutti hanno risposto, votiamo la risposta più originale e gli altri devono bere uno shot di qualcosa”.

“Finiremo ubriachi marci” osservò Kevin, ma non bocciò l’idea.

“Probabile” commentò Nick, ridacchiando. “Però sembra divertente. Ci sto”.

“Okay. Cosa volete bere? Faccio portare bottiglie e bicchieri” disse A.J., passando alle questioni pratiche.

“Io rum” rispose Kevin.

“Io tequila” disse Nick.

“Vado di gin, se proprio devo” scelse Brian.

“Okay, io vodka. Tu Alice?” mi chiese A.J..

“Whiskey” gli risposi.

“Ah, però” commentò, stupito.

Chiamò Justin e gli spiegò cosa voleva. Vennero portate bottiglie e bicchierini e il gioco iniziò. I ragazzi iniziarono con domande curiose ma innocue, poi passarono ad argomenti un po’ più piccanti, che spesso sfociavano in prese in giro e risate. Quando venne il mio turno di fare la domanda, non avevo idea di cosa chiedere. Per quanto ormai mi sentissi abbastanza a mio agio, complice forse l’alcool che iniziava a scorrermi nelle vene, non li conoscevo ancora abbastanza bene per azzardare domande troppo personali. Stavo cercando di inventarmi qualcosa, quando Kevin mi spronò “Okay, Alice è il tuo turno. Spara. Chiedici qualsiasi cosa”.

“Non saprei” tentennai, per poi optare per un banale “Con chi andate più d’accordo nel gruppo?”

“Kevin” disse subito A.J., lasciandomi alquanto stupita.

“Howie” rispose Kevin.

Il ragazzo gli posò un mano sul braccio e annuì. “Io con te, ovviamente”.

“Nick” disse Brian.

“Brian” ricambiò Nick.

‘Figurati’ pensai. ‘Li chiamano Frick e Frack mica per niente’.

“E tu? Con chi pensi che andresti più d’accordo?” mi chiese a bruciapelo Nick.

Ci pensai un attimo, poi risposi “Credo A.J.”.

“Grazie” disse lui, rivolgendomi un enorme sorriso.

“Cosa?” sbottò Nick “Perché A.J.?”

“Nick voleva essere lui. Ci è rimasto male” lo prese in giro Brian, guadagnandosi un’occhiataccia dall’amico.

“Perché abbiamo lo stesso senso dell’umorismo” spiegai. Poi, rivolta a A.J., aggiunsi “Ogni volta che fai una battuta, mi ritrovo sempre a ridere. Ieri, durante la Game Night, sei stato esilarante”.

A.J. rise, battendomi il cinque, e commentò “Grande, sorella”.

Risi anch’io, pensando che era l’ennesima conferma di quanto fosse simpatico.

“Il clown ufficiale del gruppo sono io, comunque” commentò Brian, fingendo di fare l’offeso.

“Lascia stare, Frick. Lei ha gusti tutti particolari” ribatté Nick, continuando a tenere il broncio.

“Adesso sono curioso” iniziò A.J.. “E se non si parlasse di umorismo ma di altro?”

“In che senso?” domandai.

“Vuole sapere con chi andresti a letto” mi spiegò Howie.

“Oh” commentai, arrossendo.

“Grazie per la traduzione, amico” ribatté A.J., dando una pacca sulla spalla di Howie. Poi, rivolto a me, aggiunse “Avrai avuto un preferito, da ragazzina, quando eri una fan”.

“Onestamente? No” risposi.

“No?” ripeté lui, stupito.

Scossi la testa. “Le mie amiche erano tutte innamorate di Nick” spiegai, voltandomi a guardarlo e lui sorrise, compiaciuto.

“Ma scommetto che tu non lo eri, invece” mi incalzò Brian.

“Esatto” confermai.

Brian scoppiò a ridere e commentò “Finalmente ne abbiamo trovata una immune al tuo fascino, Carter”.

“Ah ah, spiritoso” lo freddò lui.

“E adesso?” insistette A.J.. “Chi è il tuo preferito?”

“Stiamo parlando di voce o…” mi informai.

“O” disse lui, facendomi ridere.

“Esteticamente parlando, trovo che il più affascinante sia A.J.” risposi, evitando di guardarlo negli occhi, per non arrossire.

“E McLean colpisce ancora, signori” esclamò lui, costringendomi a voltarmi.

“Ma smettila! Se ti sente Rochelle sei morto” lo rimproverò Howie.

A.J. si rivolse a me e, cercando di restare serio per in istante, disse “Howie ha ragione. Grazie per l’apprezzamento, sono sinceramente commosso. Ma sono un marito fedele, non potrei mai venire a letto con te”. Dopodiché scoppiò a ridere, segno che tutto il discorso era una baggianata.

“Tranquillo, nemmeno io potrei mai venire a letto con te” lo rassicurai. “Non sopporterei l’idea di farti tradire tua moglie”.

“Eh, ma così ti restano ben poche possibilità” osservò Kevin.

“Lo so,” ammisi “so che siete tutti sposati, tranne…”

“Tranne Nick” concluse A.J., facendo un cenno col capo in direzione dell’amico.

Sospirai. “Immagino che dovrei ripiegare su di lui”.

“Ehi!” sbottò Nick, offeso.

“Ne stai uscendo malissimo, fratello” ridacchiò Brian.

“Questa constatazione necessita uno shot di whiskey, per digerire il fatto che ti tocchi Carter” scherzò A.J., riempiendomi il bicchiere.

Lo alzai e buttai giù il contenuto, in un solo sorso.

“Ehi, la signorina sa bere” commentò Kevin, impressionato.

“Sì, me la cavo discretamente” ribattei. “Anche se, scusatemi, ma il Jack Daniel’s non è molto nelle mie corde”.

“Hai chiesto tu il whiskey” mi fece notare Nick.

“Sì, ma, senza offesa, il Jack Daniel’s è un whiskaccio. Va bene per i cocktail, non da solo” spiegai.

“E cosa preferisci allora?” si informò A.J., incuriosito.

“Non so, qualcosa tipo Laphroaig o Talisker” dissi.

“Mai provati” commentò Howie.

“Quelli sono whiskey seri” sentenziai.

“Facciamoceli portare” propose A.J. “Justin! Chiedi se hanno uno di quei due whiskey che ha citato”.

Justin sparì di nuovo in cucina e tornò, poco dopo, con una bottiglia di Laphroaig.

A.J. la prese e disse “Ecco qui, assaggiamo”, riempiendo i bicchieri.

“Ragazzi, non so se vi piace” li avvisai.

“Perché?” chiese Howie.

“Perché è molto torbato. Ha un gusto forte”.

“Smettila, che sarà mai” mi zittì Nick, buttando giù il whiskey contenuto nel suo bicchiere in un sorso. Non appena il liquido raggiunse la sua gola, iniziò a fare una serie di facce schifate, che fecero scoppiare tutti a ridere.

“Oddio!” esclamò. “È disgustoso”.

“Io te l’avevo detto” ribattei, ridendo.

“È...curioso” osservò Howie, assaggiandone un sorso.

“Molto particolare” concordò Kevin.

“Sa di affumicato” commentò A.J., con una faccia poco convinta. “Non mi aspettavo potesse piacere a una donna”.

“In effetti è strano, ma mi piace” convenni.

“Brian, ne vuoi?” chiese A.J. allungando la bottiglia verso l’amico.

Il ragazzo scosse energicamente la testa. “No, grazie. Vedendo le vostre facce, passo”.

A quel punto, Justin si avvicinò al tavolo e disse ai ragazzi che era ora di prepararsi per il concerto.

Nick si voltò verso di me. “Vieni?” chiese.

Scossi la testa. “Sono nel gruppo B. Vi vedrò domani”.

“Okay. Allora ci vediamo dopo alla festa”.

Annuii.

“Da cosa ti vesti, tra l’altro? Così ti riconosco”.

Gli sorrisi. “Lo vedrai” risposi, criptica.

Lui mi rivolse un sorrisino divertito. “Mi stai sfidando? Credi che non ti riconoscerò?”

“Ho grande fiducia nelle tue capacità, ma voglio lasciarti un po’ di mistero” replicai, facendolo ridere.

“Okay, allora vedremo chi avrà il costume più originale” propose.

Ci alzammo tutti dal tavolo e si ripeté il teatrino degli abbracci di saluto che aveva avuto luogo quando ero arrivata. Li ringraziai per la serata e gli feci un in bocca al lupo per il concerto. Prima di andare via, Brian mi si avvicinò e, senza farsi vedere dagli altri, mi mise in mano due braccialetti di plastica. Li guardai, confusa, e notai che recavano la scritta VIP. Gli rivolsi uno sguardo sorpreso, lui si avvicinò al mio orecchio e mi bisbigliò “Nick non lo sa, così avrà una sorpresa”. Poi mi sorrise, posandomi una mano sulla spalla, e io pensai che fosse davvero carino da parte sua voler fare felice il suo amico. Mentre tornavo alla cabina, con i braccialetti ancora stretti in mano, mi chiedevo, però, per che diavolo di motivo la mia presenza alla festa privata dovesse costituire una sorpresa per Nick Carter. Ma quella sera si stava rivelando l’esperienza più surreale della mia vita, quindi, forse, non era il caso di farsi troppe domande ed era meglio accettare quello che succedeva, senza rifletterci troppo sopra.

Arrivata in cabina, entrai e trovai Jessica intenta a sistemarsi i capelli biondi con il ferro, in modo da renderli il più simili possibile a quelli di Marilyn Monroe.

“Ehi, sei tornata” mi disse, non appena mi vide.

Annuii. “Sì, e ti porto anche una sorpresa”.

“Non è che ti sei portata dietro Nick, vero?” scherzò lei.

Risi. “No. Il tuo Nick è a cantare in questo momento”.

“Da quello che ho visto, è più il tuo Nick, che il mio” commentò, lanciandomi un’occhiata divertita.

Sospirai. “Non scherzare”.

“Mi racconti cos’è successo ieri?” mi pregò.

Mi lasciai cadere sul letto. “Niente di che, davvero. Sono uscita a fumare una sigaretta, un tipo della sicurezza mi ha permesso di accedere a un’area riservata del ponte perché era la più vicina a dove stavamo noi, in modo da non dover attraversare tutta la sala piena di gente. Mentre ero lì, esce Nick con la sua guardia del corpo, voleva fumare anche lui. Non aveva l’accendino e gli ho prestato il mio. Abbiamo fatto due chiacchiere”.

“Del tipo?”

“Cose banali. Mi ha chiesto di dov’ero, cosa ne pensavo della crociera, chi era il mio preferito…”

“E tu cos’hai risposto?” domandò, interessata.

“Gli ho detto che mi piace la voce di A.J.” confessai.

“Ci sarà rimasto male, poverino” osservò la mia amica.

“Ma figurati” minimizzai. “È Nick Carter, sai quante ragazze muoiono ai suoi piedi?”

“Hai ragione,” concordò “ma non tu. Ed, evidentemente, a lui interessi tu”.

“No che non gli interesso” obiettai.

“Hai visto altre invitate al loro tavolo, per caso?” mi fece notare, alzando un sopracciglio.

Mi strinsi nelle spalle. “Non so perché l’ha fatto, Je. Continuo a chiedermelo, ma non ne vengo a capo”.

“L’avrai colpito” azzardò lei.

“Ma come? Non ho fatto nulla di speciale per colpirlo”.

“Forse è proprio questo il punto” osservò.

Chiusi leggermente gli occhi, sforzandomi di capire. “Non ti seguo” confessai.

“L’hai detto anche tu, è abituato ad avere tutte le ragazze ai suoi piedi. Ogni persona, su questa nave, tenta di attirare la sua attenzione. Ma tu no. E Nick è famoso per essere piuttosto testardo. Come te, d’altro canto”.

“Grazie” commentai, riferita alla frecciatina che mi aveva lanciato. “Quindi, fammi capire, mi stai dicendo che si è intestardito con me solo perché non gli muoio dietro?”

“Non solo per quello” rispose Jessica. “Ma potrebbe aver influito”.

Mi lasciai sfuggire un sospiro. “Tipo strano, il tuo Nick”.

“Potrebbe diventare il tuo Nick, mia cara”.

Scoppiai a ridere di fronte all’assurdità di quel commento. “Ma fammi il piacere. Vorrà solo divertirsi un po’”.

“E ti lamenti?” sbottò la mia amica. “Goditela, perdiana. Sai quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto? Io per prima”.

“Se vuoi prendere il mio posto, prego” la spronai, facendo un gesto con le mani come a volerle lasciare libero il passaggio.

Lei scosse la testa. “Oh, io vorrei anche. È da quando ho 15 anni che sogno una notte di sesso con Nick Carter. Ma lui vuole te”.

Le rivolsi uno sguardo scandalizzato. “Non ho intenzione di andare a letto con lui!” esclamai, scioccata.

Jessica si alzò dalla sedia su cui era seduta, mi venne davanti e mi posò le mani sulle spalle. Poi, guardandomi fissa negli occhi, chiese “Vuoi farmi credere che, se ti chiedesse di andare nella sua cabina, gli daresti picche?”

Sospirai. “Uno: non sono il tipo, e lo sai. Due: lui non è il mio tipo. E sai anche questo”.

La mia amica alzò gli occhi al cielo e si lasciò sfuggire un gemito. “Dio, sei impossibile”.

“Se fosse stato A.J., forse ci avrei fatto un pensierino” scherzai, facendola ridere.

“Non è vero” obiettò. “Avresti dato picche anche a lui perché è sposato e ti saresti fatta venire i sensi di colpa”.

“Probabile” concordai. Jessica mi conosceva troppo bene.

“Ascolta, me lo fai un favore?” mi chiese, a bruciapelo.

Annuii.

“Provi a goderti la vacanza, senza farti troppe paranoie? Prendi le cose come vengono. Cos’hai da perdere?”

“Niente” ammisi.

“Appunto. Divertiti. Lasciati coccolare da Nick, se è quello che vuole. Alla peggio, avrai qualcosa da raccontare quando torniamo” propose.

Annuii, di nuovo. Dopotutto, aveva ragione.

“E niente sensi di colpa. Ti stanno rovinando la vita. Devi finirla” mi rimproverò.

“Hai ragione” concordai, anche se sapevo che era più facile a dirsi che a farsi.

“Bene. Risolta la questione Nick che corteggia Ali, direi che è il caso che inizi a prepararti per la serata” mi spronò.

In quel momento, mi accorsi che stringevo ancora in mano i braccialetti che mi aveva dato Brian. Sorrisi alla mia amica e annunciai “A questo proposito, ti avevo detto che avevo una sorpresa, ricordi?” e glieli sventolai sotto al naso.

Jessica li prese e spalancò gli occhi. “Oddio. L’accesso all’aera VIP” esclamò. “Dove li hai presi?”

“Me li ha dati Brian” confessai. Evitai di dirle che l’aveva fatto per far contento il suo amico. Jessica era già partita per la tangente con i suoi castelli in aria su Nick e me e non volevo alimentare quelle fantasie. La mia amica fece un paio di saltelli di gioia e mi abbracciò, felice. Io sorrisi, lieta di aver fatto qualcosa per lei, e commentai “Credo che riuscirai a farti le foto che volevi, dopotutto”.

 

Stavamo dirigendoci verso il teatro dove si sarebbe tenuto il concerto e camminavo fianco a fianco a Brian. Ero ancora elettrizzato da ciò che era successo in sala da pranzo. Non solo avevo rintracciato la ragazza che mi aveva colpito, la sera prima, ma avevo potuto presentarla agli altri e avevamo passato una piacevole serata. Più la conoscevo e più mi intrigava. Ovviamente, sulle prime era rimasta spiazzata a trovarsi davanti i ragazzi. Era comprensibile. Ma, poi, avevo trovato eccezionale come si fosse adattata alla situazione, chiacchierando tranquillamente e arrivando persino a prendersi gioco di me insieme a A.J.. Ecco, su questo punto, forse, c’era da lavorarci. Non ero abituato ad essere ignorato in quel modo. Di solito, il mio fascino non falliva e, nei casi sporadici in cui non riuscissi a fare colpo, il fatto di essere ricco e famoso giocava a mio favore. A lei sembrava non importare nulla. Non mi trovava particolarmente affascinante – e dovevo ammettere che era stato un brutto colpo da accusare – e la mia fama la lasciava totalmente indifferente. Forse, potevo ancora giocarmi la carta soldi, ma qualcosa mi diceva che avrei fatto un altro buco nell’acqua. In ogni caso, non volevo rinunciare. Mentre camminavo, mi abbassai leggermente, in modo da arrivare a tiro d’orecchio di Brian, e gli bisbigliai Allora, non la trovi eccezionale?”

Lui si voltò a guardarmi, di scatto. “È sicuramente interessante” convenne.

Mi ha folgorato” confessai, con sguardo sognante.

Il mio amico sorrise. “Per la prima volta, dopo Lauren, non ho nulla da obiettare. Ma…”

Ma?”

Dovevi proprio ossessionarti per l’unica che sembra insensibile al tuo fascino, vero?” osservò.

Alzai le spalle. “Forse è proprio per quello che mi piace. Non muore ai miei piedi come le altre”.

Poco ma sicuro. Mi pare abbia messo in chiaro che non sei il suo tipo” mi rammentò.

Lo diventerò” gli assicurai, con un mezzo sorriso.

Ti vedo determinato” disse lui, alzando un sopracciglio.

Annuii. “Mi piace, te l’ho detto”.

L’ho capito. Ma potresti non piacere a lei. L’hai considerato?”

Sì, ma conto di farle cambiare idea” sentenziai, ostentando una sicurezza che, in realtà, non avevo.

È così da te desiderare l’unica cosa che non puoi avere” commentò Brian, alzando gli occhi al cielo.

Non è questo” obiettai. “Sento che c’è del feeling e non voglio perdere l’occasione”.

Come ti pare” tagliò corto lui.

Gli afferrai un braccio, bloccandolo prima che entrasse nel camerino. “No, voi dovete aiutarmi”.

E come?” domandò, spalancando gli occhi.

Dobbiamo coinvolgerla in tutte le attività, così posso stare con lei” spiegai.

Dillo a Jen” mi suggerì, riferendosi alla nostra manager, nonché organizzatrice della crociera, che si occupava di scegliere le fan che venivano coinvolte nei vari giochi.

Lo farò. Ma voi reggetemi il gioco” lo pregai.

Solo una domanda, Nick: non credi che le altre fan si accorgeranno se lei è sempre coinvolta e avranno qualcosa da ridire?” mi fece notare il mio amico.

Sbuffai. “Oh, chi se ne frega, Frick! Voglio giocarmi ogni possibilità”.

Brian mi posò una mano sulla spalla e, guardandomi negli occhi, disse “Posso darti un consiglio?”

Annuii, sorpreso.

Se ti piace davvero, invece di cercare di fare colpo su di lei a tutti i costi, giocati la carta della sincerità”.

Cosa intendi?” domandai, confuso.

Falle conoscere il vero Nick, non quello dei giornali e della TV. Magari, quello le piace” mi consigliò, facendomi l’occhiolino.

 

La festa era praticamente finita e io non ero riuscito a localizzare Alice. Avevo scattato foto con decine di fan e passato il tempo sul palco scrutando la folla alla disperata ricerca dell’unico viso che volevo vedere, ma senza risultato. Era come cercare un ago in un pagliaio. Mi chiusi nella stanza che ci avevano riservato, per togliermi il costume da Principessa Leia e rimettermi i miei vestiti, imprecando tra me. Al diavolo la sua idea di tenermi nascosto come si sarebbe vestita. Se l’avessi saputo, almeno avrei avuto idea di cosa cercare. Sconsolato e frustrato, entrai nell’area VIP, sperando che Jen non avesse fatto entrare troppa gente in modo da potermela sbrigare in fretta con le fan e tornare in cabina a sbollire il malumore. Mi avvicinai agli altri, che erano arrivati un istante prima di me, e notai, con soddisfazione, che non c’era troppo casino. Mentre ci disperdevamo nella sala, per chiacchierare con le ragazze e fare qualche foto, Brian mi diede una pacca sulla spalla. Quando mi voltai, per capirne il motivo, mi fece semplicemente l’occhiolino. Confuso, mi lasciai avvicinare da un gruppo di ragazze, cercando di concentrarmi su quello che mi stavano dicendo e sforzandomi di sorridere alle fotografie. Avevo appena alzato la testa, dopo l’ennesimo abbraccio a una fan, quando notai qualcuno che mi fissava, da un angolo della sala. Strabuzzai un attimo gli occhi, perplesso. Sembrava...ma sì, era un personaggio di Harry Potter. La maghetta secchiona, come diavolo si chiamava? Stavo ancora cercando di ricordare il nome, quando la vidi agitare una mano nella mia direzione. Improvvisamente capii e sorrisi. Non sapevo come diavolo avesse fatto a entrare, ma qualcosa di diceva che aveva a che fare con l’occhiolino che mi aveva fatto Brian, poco prima. Dovevo ricordarmi di ringraziarlo. Terminato il mio dovere con il gruppo di fan che mi aveva intercettato, mi diressi deciso nella sua direzione e, intanto, studiai attentamente il suo abbigliamento. Gonna grigia fino alle ginocchia, calzettoni dello stesso colore e scarpe nere. Camicia bianca, maglione grigio, con lo scollo a V, e cravatta a righe gialle e bordeaux. Aveva i capelli puntati di lato con una mollettina, che le ricadevano in morbidi boccoli sulle spalle. E mi sorrideva. Un sorriso tutto per me. Sentendomi felice come non mai, le arrivai davanti e la salutai.

Ehi”.

Ehi”.

Dove hai lasciato il mantello?” scherzai.

In camera. Faceva troppo caldo con il mantello, qui dentro” rispose, senza smettere di sorridere.

Ah, però ce l’hai” osservai.

Certo che ce l’ho. Che razza di Hermione sarei senza mantello?” replicò. “Ho anche la bacchetta”.

Risi e lei mi fece compagnia. Era carina quando rideva.

Sei qui da sola?” le chiesi.

Scosse la testa. “No. C’è la mia amica”. Mi indicò una ragazza bionda con i capelli vaporosi e un vestito bianco, che stava chiacchierando con Howie.

Marilyn?” domandai.

Lei annuì. “Marilyn. O Jessica, come preferisci”. Poi aggiunse “Tra l’altro, ci terrebbe molto a fare una foto con te”.

Sorrisi e, avvicinandomi al suo orecchio, bisbigliai “Se la accontento, dici che se la prende se poi ti rapisco?”

La vidi spalancare gli occhi. “Lei no, ma io sì”.

Restai spiazzato da quella risposta. Possibile che se la fosse presa? Fortunatamente, si accorse della mia espressione confusa, perché si mise a ridere e si affrettò a precisare “Stavo scherzando. Dovresti vedere la tua faccia”.

Risi anch’io, rilassandomi. “Credevo di averti spaventata” confessai.

Scosse la testa. “Siamo su una nave piena di gente. Dove potresti mai portarmi?”

Mi avvicinai nuovamente al suo orecchio e, con un tono di voce basso e leggermente roco, che voleva risultare sexy, sentenziai “Potrei stupirti”.

Lei aprì la bocca, sorpresa, e si voltò di scatto a guardarmi, trovandosi a pochi centimetri dal mio viso. Improvvisamente e in maniera del tutto inaspettata, provai l’impulso di baciarla. Mi bloccai, costernato. Era vero, mi piaceva, ma mi aveva colpito soprattutto per la sua personalità. Non credevo di poter essere attratto da lei anche fisicamente. Invece, a quanto pareva, il mio corpo la pensava diversamente. In ogni caso, anche avessi deciso di assecondare l’istinto, non era né il luogo né il momento adatto. Eravamo in un salone pieno di gente, soprattutto fan dotate di telefonini, con cui immortalare qualsiasi cosa succedesse. Se Nick Carter avesse agito d’impulso e baciato una ragazza, potevo essere certo che tutto il mondo l’avrebbe saputo non appena ci fossimo avvicinati abbastanza alla costa da permettere ai cellulari di agganciarsi al segnale. E, forse, ad Alice non avrebbe fatto particolarmente piacere. Senza contare che avrebbe potuto essere un totale fallimento. Avrei potuto scegliere di baciare qualunque delle ragazze presenti in quella sala, sapendo che non avrei incontrato altro che occhi a cuore e urla di gioia. Ma con lei non si poteva mai dire. Avrebbe potuto tirarmi uno schiaffo, facendomi fare la figura dell’idiota. No, decisamente. Se volevo tentare un approccio più intimo, dovevo trovare il modo di restare da solo con lei in un posto più appartato. Che, alla fine, era il mio scopo principale della serata fin dall’inizio.

Ehi, stavo scherzando” la rassicurai, notando il suo sguardo preoccupato. “Non ho una stanza segreta dove porto le mie vittime, stile Cinquanta Sfumature di Grigio. Volevo solo offrirti da bere”.

Alice si lasciò scappare una risatina e annuì. “Okay, in quel caso si può fare”.

Bene. Allora andiamo a fare la foto con la tua amica e poi ci dileguiamo” proposi. La presi per mano e la trascinai verso il centro della sala.

 

Stavo ascoltando Nick che, concentratissimo, mi raccontava la trama di un film dell’orrore che, apparentemente, aveva girato poco tempo prima, e intanto sorseggiavo un bicchiere di champagne, che il mio interlocutore aveva fatto comparire magicamente da non so dove. Eravamo seduti sul ponte, sui lettini intorno alla piscina, dove ci eravamo rifugiati dopo essere fuggiti dalla sala VIP, per trovare un po’ di pace. Non avevo idea di che ora fosse, il che era strano, dato che di solito buttavo sempre un occhio all’orologio del cellulare. Ma non avevo guardato il telefono per tutta la sera, troppo occupata ad ascoltare e interagire con quello che Nick aveva da dire. Non credevo che fosse così loquace. Era un fiume in piena, non aveva smesso di chiacchierare da quando ci eravamo incontrati. Non che mi dispiacesse, anzi. Almeno si evitavano quei momenti imbarazzanti in cui nessuno sapeva più cosa dire. Aveva smesso di piovere e, anche se l’aria era decisamente freschina, io ero sufficientemente vestita da sentirmi bene. Avevo abbandonato Jessica, lasciandola chiacchierare con Brian e Kevin, dopo aver finalmente realizzato il suo obiettivo di farsi una foto con Nick. Dovevo ammettere che era stato incredibilmente carino con lei, complimentandosi per il costume e abbracciandola stretta al momento di scattare la foto. Gliene ero molto grata. Mi era dispiaciuto lasciare da sola la mia amica, ma sapevo che, se mi fossi rifiutata di andare con Nick per restare con lei, Jessica mi avrebbe fatto le paranoie per tutto il resto del viaggio. D’altra parte, era stata proprio lei a dirmi di non dare retta al mio senso di colpa, ed era quello che stavo cercando di fare in quel momento, godendomi la serata e le chiacchiere con Nick, senza arrovellarmi sul perché volesse passare il tempo con me, invece che divertirsi con i suoi amici. Per quanto mi riguardava, io mi stavo divertendo, ben più di quanto avrei immaginato. Una volta liberata la mente dai preconcetti che avevo su di lui, avevo scoperto un ragazzo simpatico, divertente, alla mano e che, almeno con me, non se la tirava per niente. Anzi, in un paio di occasioni, quando aveva ammesso di non conoscere un determinato argomento perché la sua istruzione non era stata convenzionale, a causa degli impegni con il gruppo, mi aveva addirittura fatto tenerezza. Sembrava quasi che si sentisse in difetto per non avere le stesse conoscenze degli altri quando, invece, mi sembrava una persona sveglia, curiosa e potenzialmente intelligente.

Per quanto la mia opinione su di lui stesse cambiando, non riuscivo a lasciarmi andare completamente. Finché non avessi capito perché si fosse intestardito a trascorrere del tempo con me, non sarei riuscita a fidarmi al cento per cento. Non che avessi paura di lui, questo no. Mi sembrava una persona corretta e sincera. Ma c’era qualcosa che non m mi quadrava e non riuscivo a capire cosa. Se ne avessi parlato con Jessica, mi avrebbe detto di smettere di farmi paranoie e godermela. Ma io non ero Jessica e continuavo a tenere alta la guardia.

La mia attenzione fu catturata da una figura che si avvicinava, accompagnata da due uomini vestiti di nero. Distogliendo un attimo lo sguardo da Nick, mi voltai per vedere di chi si trattasse e mi accorsi che era A.J..

Anche Nick l’aveva visto e gli chiese “Cosa ci fai qui?”

“Spiacente di disturbare il vostro party privato,” scherzò, con un sorrisino malizioso “ma mi hanno sfidato a buttarmi in piscina e sai che non rinuncio mai a una sfida”.

“Sei scemo?” esclamò Nick, incredulo. “Fa freddo”.

Il ragazzo alzò le spalle e sentenziando “A.J. deve fare quello che A.J. deve fare” si buttò in piscina.

Restai a bocca aperta, portandomi le mani sulle guance. Poi, quando riemerse, lamentandosi del freddo, scoppiai a ridere, insieme a Nick, che scuoteva la testa commentando “È completamente suonato”.

Lo osservammo uscire dalla piscina, aiutato da Nick, che gli aveva porto una mano, e osannato dalle ragazze presenti, che erano accorse fuori per assistere alla sua impresa. A.J. ne approfittò per stringere Nick in un abbraccio bagnato, con lui che si divincolava, lamentandosi, mentre io sghignazzavo. Poi si fermò a salutare gli spettatori, prima di correre all’interno per proteggersi dal freddo.

Nick tornò a sedersi, strattonandosi la maglietta umida, e dichiarò “E addio posticino tranquillo. Tante grazie A.J.”.

“Non fa niente, dai” minimizzai. “Tanto dovevo comunque tornare in cabina”.

“Ti accompagno” si offrì lui, alzandosi e porgendomi una mano per aiutarmi.

La accettai e mi alzai dal lettino. Poi lo seguii, mentre andava alla ricerca della sua guardia del corpo, sempre tenendomi per mano. Mi sentivo gli occhi di tutte le ragazze presenti addosso ed ero terribilmente in imbarazzo. Ma, allo stesso tempo, non volevo lasciargli la mano, per paura di risultare scortese. ‘Smettila di preoccuparti’ mi ammonii. ‘Non stai facendo niente di male. È lui che ti ha preso per mano’. Era vero, io non avevo niente per cui sentirmi in colpa. Se si escludeva il piccolo, insignificante particolare che trovavo la sensazione della mano di Nick che stringeva la mia estremamente piacevole.

 

Prendemmo l’ascensore, accompagnati da Mike, che non mi mollava un secondo, e arrivammo al ponte su cui stava Alice. Quando l’ascensore si fermò e le porte si aprirono, uscimmo e mi sorpresi di non trovare il solito capannello di fan in attesa. Poi mi ricordai che era un ponte diverso da quello dove stavamo noi e non c’era motivo per immaginare che qualcuno di noi potesse essere lì. Lo trovai confortante.

Riluttante, lasciai andare la mano di Alice, che avevo continuato a tenere stretta nella mia da quando l’avevo aiutata ad alzarsi dal lettino. Non sapevo spiegarmi il perché, ma la sensazione della mia pelle a contatto con la sua mi tranquillizzava.

Lei mi sorrise. “Grazie per la serata, Nick. E buonanotte”.

Buonanotte e grazie a te” risposi, ricambiando il sorriso. “Ci vediamo domani”.

Poi, come spinto da una forza incontrollabile, le posai le mani sulle spalle e mi chinai per darle un bacio sulla guancia.

Mi rivolse uno sguardo leggermente stupito, ma non si fece prendere da una crisi isterica, come succedeva spesso alle ragazze, quando le baciavo. Mi ritrovai a chiedermi come avrebbe reagito se, invece della guancia, l’avessi baciata sulle labbra. Volevo farlo, ci avevo pensato tutta la sera. Ma ero convinto che non avrebbe apprezzato, per quanto insolito mi potesse sembrare. Mi ripromisi, però, che sarei riuscito a baciarla prima della fine della crociera. E, magari, mi sarei anche fatto lasciare il suo numero di telefono. Non sapevo come e non sapevo quando, ma volevo rivederla. Più stavo con lei e imparavo a conoscerla, più mi affascinava.

Mentre la guardavo allontanarsi lungo il corridoio, agitando una mano per salutarmi, fui colpito, all’improvviso, da una rivelazione: se fosse stata una situazione normale, avrei cercato di portarmela in camera e sarei andato a letto con lei. Ma quella non era una situazione normale, lei non era come le altre. Mi piaceva, mi piaceva veramente. Mi faceva stare bene e dimenticare chi ero, per un po’. Scossi la testa. No, non dimenticavo chi ero, non era esatto. Ricordavo chi ero veramente, senza la maschera da celebrità che mi ero cucito addosso. Ed era una sensazione straordinaria.

 

Un appunto su questo capitolo. La scena di Justin che va al tavolo a cercare Alice è autobiografica. Ovviamente non sono stata invitata al tavolo dal Nick Carter, che non ho nemmeno mai incontrato, ma mi è successo con il mio scrittore preferito. Senza entrare nei dettagli, sono stata invitata al suo tavolo, usando più o meno le stesse parole che ho fatto usare a Justin qui, ovvero "chiede se può avere l'onore di parlare con te". Iniutile che vi dica che la mia reazione è stata più o meno quella di Alice (perché sì, sono una terribile nerd letteraria e poter parlare con lui, per me, è stato come coronare un sogno). Questo per dirvi che la scena, almeno dal punto di vista delle emozioni della protagonista, è abbastanza veritiera.
Aspetto ancora dei commenti. Dai, sbizzarritevi, così magari mi fate venire voglia di scrivere altro sul genere. Adesso vado a farmi l'ennesima tazza di caffè della mattinata, sperando di sopravvivere fino a stasera (cosa diavolo mi è venuto in mente di seguire la partita dei Bucccaneers in diretta, ieri sera, sapendo che avrei dovuto svegliarmi alle sei?)

  
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