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Autore: daffodil_damask    21/09/2021    1 recensioni
Tutti gli esseri umani compiono azioni che non sanno spiegare a se stessi.
Anche Sonic, l'Eroe di Mobius, the Blue Blur, rimane semplicemente umano.
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| Malinconico | Introspettivo | Romantico | circa 4300 parole |
{ Perfect Blue AU | human!AU } {SonAmy}
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Rose, Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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note iniziali

Storia appartenente all'universo di Perfect Blue, che è farina del mio sacco solo per metà e che scrivo assieme a una persona a me molto cara.

I personaggi sono umanizzati e la timeline è pensata per essere coerente nonostante le storie siano indipendenti l'una dall'altra. Questa storia in particolare avviene 5-6 anni prima di Perfect Dark e qualche anno prima di Rivalry, ma non è necessario leggere le altre storie per comprendere questa. Sonic ha poco meno di 16 anni.

 


 

 

 

L'odore asettico e di disinfettante della stanza stava lentamente iniziando a dare sui nervi al ragazzo dai capelli blu, il quale giaceva su un letto di ospedale, completamente inerme. Sonic sospirò e mantenne gli occhi chiusi, sia per la stanchezza che per il fastidio che il colore bianco della sala gli dava alla vista. L'ospedale era un covo di matti, aveva pensato: non solo erano iperprotettivi ma non lo lasciavano da solo per mezzo secondo.

Sbuffò, ben consapevole di quanto mettersi davanti ad Amy per proteggerla dai proiettili di Eggman fosse stata una pessima idea. Avrebbe dovuto spostarla, sarebbe stato molto più semplice. Per quale assurdo motivo lui, l'essere più veloce della terra, aveva pensato che non avrebbe fatto in tempo?

Lui era Sonic, the Blue Blur, lui era sempre in tempo.

E invece quella volta aveva fatto la bravata e ora eccolo lì, bloccato su un letto d'ospedale e costretto a osservare le facce disperate e preoccupate dei propri amici.

Fortunatamente, il peggio era passato. Stava meglio già da un paio di giorni, ma a causa delle proprie condizioni era stato necessario che vedesse solo una persona al giorno, durante un orario di visita piuttosto breve. Tails era stato il primo. Il giorno dopo era stato il turno di Knuckles.

Sonic sbuffò l'ennesima volta, passandosi una mano sul viso, non curandosi neppure di guardare l'ora, dal momento che ormai il suo orologio biologico era completamente cambiato.

Cercò di rilassarsi, un vano tentativo di addormentarsi, ma non ci riuscì.

Non poter correre era una maledizione e, dio mio, quella frenesia alle gambe che provava gli rendeva impossibile stare fermo a riposarsi un solo secondo. Grugnì, irritato, limitandosi a tenere gli occhi chiusi e arrendendosi al fatto che probabilmente non sarebbe riuscito a prendere sonno.

D'un tratto, sentì la porta della stanza aprirsi e un rumore di passi. Socchiuse gli occhi per un attimo, ma li richiuse subito, convinto che fosse l'ennesimo infermiere che controllava le sue condizioni.

Ma così non fu.

«So che sei sveglio,» disse una voce femminile, acuta, famigliare.

Sonic spalancò gli occhi e sentì l'aria mancargli nei polmoni: «A... my...?»

Lui alzò lo sguardo verso la ragazza, la quale si avvicinò al letto con passi leggeri e un po' titubanti. Che ci faceva lì? Non gli sembrava fosse l'orario delle visite, che fosse entrata di nascosto?

«Sì...» disse lei, con voce bassa, abbozzando un preoccupato sorriso.

«Amy...» deglutì Sonic, mordendosi il labbro e volendo dire molte cose, ma non sapendo da dove cominciare.

Amy sembrò leggerlo nel pensiero e prontamente gli mise un dito sulle labbra, come a chiuderle.

«Ssh... Tu non sei mai stato bravo con le parole,» sussurrò lei, amareggiata e amorevole. Lui allargò appena gli occhi, sentendo un lieve rossore farsi strada sulle proprie guance, poi voltò lo sguardo.

«Hai ragione,» mugugnò.

«Inizio io.» Amy si sedette sulla sedia vicino al letto: «Come stai?»

«Sto migliorando. E tu?»

Ma Sonic si pentì immediatamente di averle fatto la domanda. Come poteva stare bene quando, prima dell'attacco di Eggman in cui si era ferito, avevano affrontato l'ennesima discussione dopo che lui aveva dato buca all'ennesimo appuntamento?

"Smettila di starmi appiccicata!" Le aveva urlato. "Non ne posso più! Fatti una vita! Non mi importa nulla dei tuoi noiosissimi appuntamenti!"

Come poteva sentirsi Amy adesso, dopo che il ragazzo che lei aveva sempre amato non solo l'aveva respinta in malo modo, ma aveva pure rischiato la vita per lei?

Sonic si morse il labbro e notò che Amy aveva voltato lo sguardo.

«...Lo hai detto tu che non sono bravo con le parole,» sussurrò Sonic, con voce debole, a disagio.

«Si, non lo sei mai stato,» rispose la ragazza seduta accanto al letto, sorridendo appena.

Poi il silenzio. Un silenzio nel quale la tensione si poteva tagliare col coltello, scandito dall'elettrocardiogramma che registrava un lento ma progressivo aumento dei battiti cardiaci.

Amy l'aveva sicuramente notato (aveva visto le pupille di lei rivolgersi rapidamente verso il macchinario, distogliendosi però nel giro di qualche attimo), ma lei non ne fece menzione.

Evidentemente neppure lei doveva essere tranquilla, perché cambiò argomento in modo brusco: «Pensi di rimetterti in fretta?»

Sonic gliene fu segretamente grato. «Lo spero, non ne posso più di stare qui,» sbuffò.

«Ti manca correre, eh?» Ridacchiò appena la ragazza.

«Si! Giuro che appena uscirò la prima cosa che farò sarà una bella corsa!»

Amy scosse la testa, sospirando leggermente divertita: «Il solito...»

Ancora silenzio.

Sonic deglutì e abbassò lo sguardo, sentendo lo stomaco sempre più pesante, tanto che ebbe l'impressione che stesse per sfondare il materasso e cadere a terra con un tonfo sordo. Non poteva starsene zitto come se nulla fosse.

"Sonic, avresti potuto essere più gentile! Capisco lei sia appiccicosa, ma c'è modo e modo di dire le cose." Lo aveva rimproverato Tails, non appena Sonic gli aveva confessato del litigio, dopo non poche insistenze da parte del migliore amico. A quell'affermazione il ragazzo dagli occhi verdi aveva risposto con uno sbuffo, a cui Tails aveva reagito con uno sguardo scocciato: "Poi non lamentarti se continua a fare cose che ti danno fastidio."

Dopo averne parlato con Tails, Sonic non aveva più pensato a quella discussione che aveva avuto con Amy. Anzi, se l'era totalmente scordata.

Ma per Amy non era stato lo stesso.

Nei giorni successivi lei non lo cercava più, non gli parlava ed evitava pure di guardarlo. Aveva rifiutato persino tutti gli inviti di Tails a casa sua. Inizialmente, Sonic ne era stato quasi felice, pensando che finalmente avrebbe avuto un po' di pace dalle sue continue e fastidiose attenzioni. Ma col passare dei giorni la mancanza di Amy si era fatta sentire a tal punto che il ragazzo si era presentato più volte a casa sua.

Amy non aveva aperto la porta neanche una volta.

Sonic allora se ne era andato infuriato dopo ogni tentativo, urlando fuori dalla porta che almeno ci stava provando e che se lei era così immatura e non voleva collaborare non era colpa propria e non si sarebbe sicuramente sprecato a cercarla ancora.

Poi Eggman aveva attaccato, Sonic aveva avuto la geniale idea di beccarsi sei proiettili sul torso e così ora era costretto ad avere davanti a sé l'origine di tutti i propri disagi.

Aveva pensato svariate volte a lei in quei giorni di reclusione sul letto e più il tempo passava, più Sonic era sempre meno certo di avere ragione. Per quanto lei fosse testarda e appiccicosa, lui stesso si era reso conto di quanto fosse stato poco carino nei suoi confronti. Certo, lei poteva essere fastidiosa, ma se si era arrabbiata così tanto era perché lui non si era presentato all'appuntamento senza dirle nulla. E non aveva fatto così solo quella volta, lo faceva tutte le volte che si organizzavano per fare qualcosa insieme. Non poteva biasimarla, non del tutto. Inoltre, non è che lei lo obbligasse a stare rinchiuso in una stanza, anzi, più volte aveva ammesso di non volerlo cambiare per nulla al mondo e che a lei lui piaceva proprio per il suo senso di libertà.

Un trattamento del genere non se lo era meritato. E sicuramente lei ci era stata malissimo, piangendo chissà quante notti senza che lui ne fosse a conoscenza.

"Hai provato a parlarle?" Aveva chiesto una volta Tails, domanda a cui Sonic aveva risposto con una scossa decisa della testa e uno scocciato "Non capirebbe". Tails allora lo aveva guardato come si guarda un bambino capriccioso e gli aveva detto: "Tu provaci e poi ne riparleremo."

Era arrivato quel momento. Facendo atto a tutte le sue forze e costringendosi a mettere da parte l'orgoglio, Sonic decise di tentare.

«Senti, Amy...»

La ragazza alzò lo sguardo verso di lui, stringendo la stoffa del vestito sulle cosce. «Dimmi.»

Sonic prese un respiro: «Io... non voglio più che tu stia così male. Dimmi cosa posso fare per non farti stare più in questo stato, ti prego.» Fu una pessima scelta di parole e si pentì immediatamente di averle usate.

 

Non solo erano decisamente troppo drammatiche per la situazione, ma suonarono decisamente fuori luogo. Inoltre, il tono con cui aveva pronunciato quella frase era risultato rigido e forzato, dando l'impressione che fosse più una citazione a un qualche film che un suo pensiero sincero.

Buon intento, pessima esecuzione, Si disse Sonic, maledicendosi per la sua scarsa capacità di comunicare i propri sentimenti.

Amy non abboccò, anzi, dovette pensare che quella detta da Sonic fosse una bugia bella e buona solo per togliersi la sua presenza dalle scatole, dal momento che assottigliò lo sguardo e disse, con voce dura: «Tu... com'è che solo ora ti interessi a me?»

Sonic si sentì colpito nel vivo e abbassò lo sguardo: «Lo so che non ho scuse, ma ho aperto gli occhi.»

Ottimo lavoro, Sonic. Sei davvero una frana con le parole, pensò, conscio di star peggiorando la situazione ogni secondo che passava. Dio mio, perché era così difficile? Lui era Sonic, l'Eroe di Mobius, non si faceva fermare da nulla, e allora perché non riusciva neppure a mettere insieme poche parole? Perché parlare gli faceva così paura? Era Amy il problema? O l'imbarazzo?

«Buongiorno, allora,» rispose la ragazza, sarcastica. Il suo tono sufficiente offese il ragazzo disteso sul letto, che stava faticando non poco per mantenere un contegno. Come si permetteva di parlargli così? Come se non capisse, come se lui fosse un egoista a cui non importava del benessere della ragazza che ora lo stava trattando come un bambino. Si innervosì, forse anche a causa dello stress dovuto alla situazione. No, al diavolo la discussione. Lui aveva rischiato la vita per lei e questo era ciò che aveva da dirgli? Evidentemente, non le importava poi così tanto.

«Per quanto hai intenzione di continuare?» Sbottò Sonic, sfogandole addosso tutta la propria frustrazione, «Almeno dimmi che me lo fai pesare apposta, così mi metto l'anima in pace!»

Amy allargò gli occhi, sentendosi attaccata da quel repentino cambio di tono da parte del ragazzo dagli occhi smeraldo. Reagì sulla difensiva e alzò la voce: «Te lo faccio pesare apposta perché te lo meriti, razza d'idiota!»

"Razza d'idiota." Non lo aveva mai chiamato così.

Sonic rispose senza preoccuparsi più delle conseguenze: «E allora non fingere vada tutto bene! Non sorridere come se fossi preoccupata per me!»

«Tu non capisci! Non puoi capire! Non sai nulla di me, non hai mai saputo nulla! Hai sempre pensato solo a correre e adesso pretendi pure che mi confidi con te?! Per quale motivo dovrei fidarmi?!»

«Non ti ho mai chiesto di confidarti con me e nemmeno di fidarti!» Urlò quasi Sonic, esasperato, sentendo l'impulso irrefrenabile di correre e scappare da quella situazione. Non poteva farlo. «Perché sei venuta qui allora? Per continuare questa farsa dei falsi amici?» Aggiunse, con voce tremante, stringendo i pungi e i denti. Non ricordava di essersi mai arrabbiato così tanto.

Amy, però, sostenne il suo sguardo: «Perché,» e abbassò il tono di voce, «a differenza tua ho a cuore anche chi mi ha preso in giro per tutti questi anni.»

Quella frase punse Sonic come una freccia avvelenata al fegato, della quale punta stava iniziando a diffondere una gelida sostanza per tutte le vene e gli organi interni.

«Non mentire.» Il tono di Sonic cambiò bruscamente, facendosi cupo, serio, amareggiato. «Smettila di starmi vicino, perché vuoi farti del male?» Strinse le lenzuola tra le dita e digrignò i denti. «Vattene.»

Amy allargò gli occhi, percependo una terribile morsa al cuore, una morsa fatta di spine, che la stava causando un doloroso bruciore.  Ma incassò il colpo. «Io non stavo assolutamente mentendo.» affermò, decisa, gli occhi chiusi per concentrarsi sulle sue vere emozioni e non sul dolore che il ragazzo le stava procurando: «Vedi? Sono passati moltissimi anni da quando mi hai salvato e non mi conosci neanche un minimo.»

«Vattene,» reiterò Sonic con un mugugno, sdraiandosi su un fianco nonostante il dolore e dandole le spalle. Da quando faceva così freddo in quella stanza? Perché ora un gelido vuoto gli pervadeva i polmoni?

 

Amy non si diede per vinta. Strinse gli occhi e si obbligò a resistere, a sopportare quegli attacchi che Sonic le stava facendo con gli aculei della sua scorza d'orgoglio. Sollevò le palpebre e lo vide sdraiato di lato, chiuso su sé stesso, come se fosse in una sorta di posizione difensiva. In quel momento, qualcosa dentro Amy scattò. Sonic stava reagendo male alla propria presenza, probabilmente soprattutto a causa della frustrazione di non poter uscire e del disagio per la situazione non chiarita tra loro. Ciò gli stava sì facendo sfogare la rabbia, ma non gli stava permettendo di espellerla in modo sano e come era solito fare, cosa che lo stava facendo chiudere in sé stesso, a riccio. Evidentemente, a causa della sua incapacità di manifestare ed esprimere le proprie emozioni, Sonic stava optando per una difesa fatta di parole pungenti e dolorose, forse anche per paura di ferire sé stesso.

Se pensava che Amy si sarebbe lasciata abbattere da ciò dopo anni di rifiuti si sbagliava.

«Tsk, non lo farò solo perché me lo stai chiedendo tu.»

Sonic si strinse ancora più su sé stesso.

Basta.

Sembrava dire.

Basta, basta, basta, basta. Mi fai sempre innervosire.

«Perché lo hai fatto?»

La voce di Amy, che sembrava essersi fatta leggermente più dolce, interruppe il flusso di pensieri. «Perché non volevo che ti ferissi,» mugugnò il ragazzo, infastidito da quella domanda tanto banale.

Amy si intristì. «Certo... Immaturo, ma con forte senso di giustizia.» Si mise le mani al petto, sorridendo appena e sentendo le guance colorarsi di rosso nonostante l'atmosfera tesa. «Sei sempre stato così.»

«Non meritavi di perdere la vita,» sussurrò quasi il ragazzo, distendendosi appena, ma senza ancora voltarsi.

Amy addolcì l'espressione. «Prima mi hai chiesto perché sono venuta qui, giusto?»

«...Sì.»

«Volevo ringraziarti.»

Sonic sentì una tremenda fitta al petto. «Cercati qualcun altro, qualcuno che sappia amarti come io non so fare.»

«Eh?»

Il tono del ragazzo, per quanto si stesse sforzando di mantenerlo deciso e tranquillo, era leggermente tremante, insicuro, frustrato. «Trovati qualcuno di più buono e gentile. Più adatto di me.»

Perché? Perché ora stava dicendo quelle cose? Stare rinchiuso per così tanto tempo non gli faceva di certo bene.

Amy prontamente prese il suo viso tra le mani e lo girò verso di sé: «Tu sarai sempre il mio eroe, Sonic.» affermò decisa.

Il suo volto non era né arrabbiato né compassionevole, aveva anzi lo sguardo di chi sa bene cosa sta dicendo.

Sonic venne colto di sorpresa e spalancò gli occhi, osservandola allo stesso modo di come un riccio osserva un essere umano che però non lo attacca. «Amy...»

Lei gli tirò un amorevole crucco sulla fronte, a cui il ragazzo reagì con un gemito e una smorfia di dissenso. «Ma ti ci vorrà un del tempo per riacquistare la mia fiducia.»

Quei gelidi aculei invisibili, duri come il ghiaccio, anche se ancora piccoli, che Sonic aveva iniziato a creare si sciolsero immediatamente con quella frase. Amy stessa non percepì dolore quando lo guardò, cosa che di recente succedeva molto spesso.

«Ci proverò,» sospirò il ragazzo, chiudendo gli occhi, stanco per le proprie condizioni e dei propri sentimenti. 

Amy vide quanto fosse esausto e decise di aiutarlo e di dargli una piccola spinta: «Cosa vorresti fare?»

Sonic sospirò una seconda volta: «Ora come ora non lo so,» rispose, sincero. Poi abbassò il tono e, senza guardarla, chiese: «Mi consiglieresti?»

Amy ebbe l'impressione che se ne vergognasse e probabilmente era così, visto quanto spessa fosse la sua scorza d'orgoglio. Tuttavia, la ragazza apprezzò molto, anche se tacitamente, gli sforzi di lui, che ben raramente si esponeva in quel modo. Che chiedesse aiuto era infatti un'occasione più unica che rara.

«Mi basterebbe solo che...» La ragazza deglutì, perché quelle parole non erano facili neanche per lei da pronunciare: «anche solo come amico tu mi fossi più vicino.»

Sonic corrugò appena la fronte, consapevole che lei avesse ragione. Non poteva dire di essersi sempre comportato bene, anzi. Certo, non era pessimo, ma di recente non aveva fatto altro che evitarla.

«E come, Amy?» domandò, cercando di assumere un tono rilassato, ma fallendo miseramente. Più cercava di mostrarsi sicuro, più Amy percepiva la sua indecisione. «Tu mi conosci, non sono pratico in queste cose,» affermò, piuttosto disorientato e persino leggermente spazientito. Detestava parlare per metafore, se ci fosse stato qualcosa da dire tanto sarebbe valso farlo subito e nel modo più chiaro possibile.

Amy si limitò a sorridergli dolcemente, come una madre fa al bambino quando ha commesso una piccola marachella: «Perché non cerchi di capirlo da solo una volta tanto?»

Quella frase lo lasciò di stucco. In un attimo, fu come se, per qualche ragione, quel gelo che Sonic percepiva dentro di sé si fosse sciolto. Non sapeva per quale motivo, se per l'irritazione che aveva iniziato a provare per via di quelle risposta poco chiara o se per la sorpresa (cancellò immediatamente dalla propria testa la parola "imbarazzo", perché sicuramente non poteva esserlo, assolutamente no).

Ciò che era certo, era che in quel momento qualcosa gli impedì di guardare Amy negli occhi. Orgoglio? Sì, probabilmente sì.

Notando che Sonic aveva di nuovo voltato lo sguardo, Amy addolcì il tono: «Hai paura di uno sguardo?»

Ma Sonic aveva abbassato gli aculei e ora era privo di difese:

«Il tuo non è "uno" sguardo,» mugugnò con un filo di voce. Amy spalancò gli occhi, sentendo le proprie guance colorarsi di rosso. Sonic non le aveva mai detto parole del genere.

«Sonic...»

«Tu riesci a guardarmi dentro con una sola occhiata,» ammise il ragazzo, sempre evitando lo sguardo di Amy. Era visibilmente imbarazzato, ma non lo avrebbe mai ammesso. Perché però le stava dicendo quelle cose? Lui iniziò a grattarsi le guance, come a togliere il rossore (e forse anche per il nervoso), ma ottenne l'effetto opposto.

«Perché non me lo hai mai detto?» Domandò Amy, con il cuore che le batteva a mille.

Sonic deglutì e l'elettrocardiogramma iniziò a registrare un notevole aumento dei battiti cardiaci, al punto da sembrare quasi impazzito. Sonic imprecò, maledicendo l'ospedale, sé stesso e lo sguardo di Amy davanti al quale spesso si sentiva messo a nudo per facendo di tutto per coprirsi. Stava accadendo anche in quel momento.

«Perché...» strinse i denti, esitò. Passò qualche attimo, poi si fece coraggio e continuò, prendendo un bel respiro: «Perché non volevo ammettere a me stesso di essere debole davanti agli occhi di un'altra persona.»

La ragazza dai capelli rosa si morse il labbro, sentendo l'impulso di nascondere il viso paonazzo dietro le mani. No, doveva resistere e cercare di non comportarsi come la bambina immatura che tanto infastidiva Sonic. Lui si era messo a nudo davanti a lei e, quel che era sorprendente, era che lo aveva fatto per primo. Certo, Amy stessa aveva dovuto indirizzarlo verso quella strada, ma quello che contava era lo sforzo che lui aveva fatto per aprirsi in quel modo. Lei sapeva bene che, a modo suo, Sonic era dispiaciuto del proprio comportamento e stava cercando di rimediare, seppur con toni lievemente irascibili. Ma Amy decise di farselo bastare, per quel giorno. Provò un grande senso di affetto e dolcezza verso di lui e quel lato leggermente più fragile che le stava mostrando.

«A me sarebbe bastato anche così, davvero,» disse Amy, sorridendo dolce e avvicinandosi a lui.

Sonic la guardò senza capire: «Così come?»

Lei chiuse gli occhi, interrompendo momentaneamente il contatto visivo con lui, ben conscia che quello che stava per dire lo avrebbe sicuramente imbarazzato: «Mi sarebbe bastato anche solo che tu mi avessi detto cosa pensi del mio sguardo,» si portò le mani al petto, «perché mi ha reso molto felice, davvero.»

Sonic dilatò le pupille: «Davvero? Io non pensavo...»

Amy ridacchiò e lui le rivolse l'ennesimo sguardo confuso e leggermente piccato, come a dirle "cosa ci trovi di così divertente?"

Era assurdo come lui, che affrontava pericoli di ogni genere senza esitazione, in quei casi non solo non sapesse come comportarsi, ma anche come non fosse in grado di capire certi meccanismi alla base delle relazioni umane.

«Sai, ho sempre desiderato che tu mi dicessi qualcosa del genere.»

Sonic allargò nuovamente le pupille, cercando con tutte le sue forze uno spazio aperto, anche solo piccolo, in cui rifugiare il proprio sguardo, in un tacito tentativo di fuga.

Perché solo Amy gli causava sensazioni del genere?

E non sembrava finita, perché Amy socchiuse la labbra, pronta per dire l'ennesima frase. Sonic ebbe l'impulso di chiudersi nuovamente, perché sapeva che non sarebbe riuscito a difendersi da quelle parole, glielo diceva l'istinto.

Era troppo tardi.

 

«Allora un po' mi guardavi, nonostante tutto.»

 

Quella frase lo mise a nudo completamente. A quel punto, scappare, difendersi, nascondersi sarebbe stato inutile. E pensare che lo aveva detto solo qualche minuto prima, ad Amy, che il suo non era uno sguardo qualunque. Probabilmente non lo sarebbe mai stato, perché per quanto a Sonic potesse dare fastidio non poteva negare di trovare, in quello sguardo, una quotidianità e una famigliarità che solo poche cose gli davano (l'odore del laboratorio di Tails e l'aria fresca di Angel Island erano tra queste).

Sonic aprì la bocca, intenzionato a dire qualcosa, ma non gli venne in mente nulla. Serrò allora le labbra, ma poi le socchiuse nuovamente, perché non poteva starsene zitto, no, non poteva rimanere fermo imbambolato come se fosse stato colto di sorpresa. Il problema era che era stato proprio così. Amy lo capì e gli mise un dito sulle labbra: «Ssh, non sei mai stato bravo con le parole»

Lo prese affettuosamente in giro. Sonic si grattò la cute, fingendo indifferenza, poi sospirò, cercando di risultare seccato. Amy non ci cascò, evidentemente abituata al suo carattere irascibile, poi si sedette sul letto. Il suo sguardo si fece più seria: «Mi dispiace per prima,» iniziò, «mi sono fatta prendere dall'emozione. Ero preoccupata e non sapevo come reagire alla nostra discussione dell'altro giorno,» ammise con tono sconsolato. A quel punto era il suo turno di spogliarsi.

Sonic alzò le spalle. «Non importa più ormai, Ames.»

«Importa a me,» affermò lei, decisa, «sono stata insensibile. Sei ferito e te la stai passando peggio di me.» Abbassò lo sguardo, sentendosi tremendamente colpevole. «Mi sono comportata da bambina. Ti ho sfogato addosso tutto lo stress nel momento sbagliato.»

Sonic non seppe cosa rispondere, perché era ben consapevole che dirle "sì, sei stata davvero una bambina" gli avrebbe solo fatto guadagnare una martellata in faccia.

«Lo so che lo pensi anche tu,» Amy interruppe il suo flusso di pensieri e Sonic allargò gli occhi. Ancora quello sguardo, dannazione. «Ma questa volta non posso darti torto,» mugugnò la ragazza dai capelli rosa.

Lui batté gli occhi un paio di volte, poi non poté fare a meno di ridacchiare. Vederla così, leggermente infantile, gli aveva fatto dimenticare in un attimo tutto il fastidio.

Lei alzò un sopracciglio e arrossì. «Che ci trovi da ridere?»

«Ah, niente. Solo sei proprio irascibile.»

«Io irascibile?! Da che pulpito!» Sbottò, incrociando le braccia e gonfiando le guance.

Sonic sorrise beffardo. «Già, tu mi fai sempre innervosire,» sospirò, scuotendo la testa. «Solo tu,» aggiunse.

Amy rimase di stucco. Tenne lo sguardo fisso su Sonic per svariati secondi, indecisa se interpretare quella frase come un'offesa o come la solita presa in giro. Fece per urlargli contro come faceva di solito, poi ci rinunciò e sospirò. «Anche tu mi fai innervosire, non sai quanto.» E ridacchiò, felice, percependo la tensione finalmente allentarsi.

Sonic sorrise a sua volta, sentendo un piacevole calore al petto, che aveva sovrastato l'iniziale gelo di momenti prima.

Mi fai sempre innervosire. Solo tu.

Non poteva fare a meno di ripeterselo e di associare quelle parole al calore che provava dentro di sé. Era davvero a causa della rabbia? Quelle parole nascondevano, in realtà, qualcosa di più, qualcosa che lui (e forse anche lei) stavano mascherando? Non lo sapeva e in quel momento non vi badò.

Ma non poté nascondere che, dentro di sé, la risata di Amy gli provocò un leggero tuffo al cuore.

«Allora, come fratello e sorella?» Rise lui.

«Fratello e sorella!» Ed Amy gli diede un bacio sulla guancia.

 

Sentì, anche solo per un attimo, il suo profumo. Gli diede alla testa e gli sembrò in quel momento l'odore più buono del mondo. Scosse il capo. Ma cosa andava a pensare? L'elettrocardiogramma registrò nuovamente un aumento dei battiti cardiaci.

Amy se ne accorse: «Che c'è? Sei imbarazzato?» Chiese, ostentando un tono beffardo.

Diamine, cosa le dico? Pensa, Sonic, pensa. Se le dico la verità è la fine.

Il ragazzo dagli occhi di smeraldo ostentò sicurezza e noncuranza. «Ti piacerebbe.»

«E allora cosa?»

«Pensavo solo a quanto non mi piaccia il tuo profumo.»

Sono morto.

«Come ti permetti?!» Sbottò lei, diventando rossa di rabbia.

«Non mi piace, può non piacermi o è vietato?» Sbuffò lui.

Ho peggiorato la situazione.

«Tu... Tu...» Amy strinse i pugni, tremante di rabbia, poi, con un grosso sospiro, lasciò che le braccia ricadessero lungo tutto il proprio busto. «Oh, lascia stare,» sbuffò, scuotendo la testa.

Sonic alzò le spalle, ma non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé, seppur irritato, pensando alla voce di Tails nella propria testa: "Te lo avevo detto che avrei avuto ragione."

Mugugnò, accettando tacitamente la sconfitta.  Rivolse lo sguardo verso Amy: «Ehi, Ames.»

«Si?» Rispose lei, non poco irritata.

«Ti va di rimanere qui con me?»

La ragazza arrossì fino alle punte dei piedi: «T-Tu cos-»

«Non farti strane idee,» la interruppe lui, arrossendo sulle guance, «è... è solo perché mi annoio.»

Amy si passò una mano sul viso. «Se il mio profumo non ti dà fastidio...»

Il ragazzo dai capelli blu sorrise beffardo. «Vedrò di sopportare.»

Amy sorrise tra sé e sé. «Sei impossibile, a volte. Non so come prenderti.»

Sonic esibì un sorriso a trentadue denti, poi alzò l'indice in aria: «Basta sorridere!»

 

   
 
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