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Autore: Zobeyde    22/09/2021    7 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NUOVE DIRETTIVE

 
 



Di una cosa Jim dovette dargliene atto: Solomon Blake era uno che manteneva le promesse. Ed era anche un tipo sbrigativo, visto che si presentò con la soluzione al loro problema esattamente il giorno seguente…
«Vediamo se ho capito» disse Arthur quella mattina nel serraglio, dopo che Jim ebbe finito di aggiornarlo sugli ultimi fatti. «Due tagliagole hanno cercato di annegarti perché uno psicopatico voleva vedere se sei una strega. Poi è arrivato un mago che ti ha invitato a prendere un tè in una ex piantagione, ottenuta non si sa come, dove vive con un corvo demone e un orco maggiordomo.»
«Veramente non ho capito se è un maggiordomo o più un tuttofare…»
«E io vengo a saperlo solo adesso?» s’infuriò Arthur. Infilzò il forcone con cui stava ammassando del fieno. «Cristo, Jim, avrebbero potuto ammazzarti! Perché non sei corso dalla polizia? O da Maurice e Margot? Loro almeno lo sanno?»
Jim emise un profondo sospiro e incrociò le gambe sopra la cassa di legno su cui era seduto, accanto al recinto dei ruminanti. Era lunedì mattina e il circo era chiuso al pubblico; gli uomini erano a lavoro (quelli che ancora lo avevano), i ragazzini a scuola e faceva troppo caldo perché le signore visitassero il serraglio. Gli animali, infatti, erano tutti silenziosi e intorpiditi dalle temperature infernali, nonostante Arthur si fosse assicurato che avessero acqua a sufficienza e un buon ricambio d’aria.
«Non c’è ragione di spaventare gli altri, sono abbastanza in paranoia per la storia degli Accalappiatori. E poi, non credo che dovremo più preoccuparci di Donnie Winters dopo la lezione che gli ha dato Blake.»
Arthur però storse la bocca. «Sarà, ma a me questa faccenda puzza.»
«Perché?»
«Questo Blake ti segue da settimane, sa cose che nessuno dovrebbe sapere e ti ha praticamente imposto di fare tutto quello che ti dice. E per cosa poi? Per insegnarti magie che non sei nemmeno sicuro sappia veramente fare.»
«Non mi ha imposto proprio nulla, vecchio mio. E ha ragione, è ora di imparare a controllare come si deve questi poteri.»
«E credi davvero che possa aiutarti?»
«Conosce un mucchio di cose sulla magia» disse Jim, scrollando le spalle. «Di sicuro molte più di me. E poi, l’hai detto tu che dovevo trovare qualcuno simile a me, no?»
«Ammesso che sia chi dice di essere. Perché non ti ha fatto vedere nemmeno una magia?»
«Perché non gli piace esibirsi.»
«E non ti sembra esattamente ciò che direbbe un imbroglione?»
«Da quando sei così sospettoso?»
«E tu da quando sei così ingenuo?» Arthur, allargò le braccia in un gesto esasperato. «Dovresti sapere che nessuno fa mai niente per niente. È questo che non capisco di Blake: se è ricco e potente come dice, a che gli serve un apprendista? E perché vuole proprio te?»
Jim scacciò via una mosca con la mano. Non ci aveva pensato, né avrebbe saputo spiegare cosa lo attirasse così tanto di quell’uomo. Di certo sapeva come affascinare, con quel suo atteggiamento spavaldo, ai limiti dell’arroganza, ma non si trattava solo di questo: che fosse un vero mago oppure no, per la prima volta in vita sua Jim aveva avuto l’impressione di essere capito. Di non essere trattato come lo trattavano di solito gli adulti. Blake si era rivolto a lui da uomo a uomo, senza paternalismi, o manfrine su cosa fosse giusto e cosa no: la loro sarebbe stata una collaborazione, un affare. Niente di più, niente di meno.
«Lo sai come sono fatti i vecchi» rispose ad Arthur. «Si sentono soli e vogliono qualcuno con cui parlare. Lui poi vive con un orco, chi può biasimarlo?»
«Almeno non ti ha fatto firmare un contratto o roba del genere» sospirò lui, ma poi lo guardò in obliquo. «Giusto?»
«Ora che mi ci fai pensare qualcosa l’ho firmata. Col sangue. Poi abbiamo fatto un balletto in onore di Satana…»
«Piantala di scherzare, questa storia mette già i brividi.»
«Artie, ho tutto sotto controllo. Niente di quello che è successo influirà sulle nostre vite. E poi, pensa a Joel.» Indicò la sua gabbia: all’interno, il povero leone dormiva sul fianco, sfinito dal caldo, e se non fosse stato per il lieve movimento del torace sarebbe sembrato morto. «Forse è la volta buona che riesca a trasformarlo…»
«Trasformarlo in che cosa, un cappotto? Almeno sarebbe utile a qualcosa» disse una voce rauca, che li fece sobbalzare entrambi.
Sinclair, il capo della sicurezza, era appoggiato a uno dei pali di sostegno del serraglio, le grosse braccia pelose incrociate sul petto e una sigaretta accesa che pendeva dall’angolo della bocca.
Un muscolo guizzò sulla mascella di Arthur. «Non sono affari tuoi. E te l’ho detto mille volte che qui dentro non si fuma! Vuoi far scoppiare un incendio?»
In risposta, Sinclair gli soffiò il fumo in faccia. «E io ti ho già spiegato che non prendo ordini da un negretto del cazzo: dovresti starci pure tu in una di quelle gabbie.»
Jim saltò giù dalla cassa, le mani che gli prudevano. «Sinclair, ti avverto…»
«Ah, proprio te cercavo» fece l’uomo, rivolgendogli un ghigno beffardo. «Porta il culo nell’ufficio del Folletto, superstar: sei di nuovo nei guai.»
«Perché, che è successo?»
«Sei tu il mago, chiedilo al Grande Spirito Vattelappesca.»
E se ne andò. I due ragazzi si scambiarono un’occhiata tesa.
«Credi che stesse origliando?» chiese Jim a mezza voce.
«Non lo so, ma è meglio se vai a sentire cosa vuole Maurice» fece Arthur, serio in viso. «Tanto io qui ho del lavoro da fare.»
 

Non era la prima volta che Jim veniva convocato nel vagone della direzione per una lavata di capo, ma non si aspettava tutta quella calca fuori a riceverlo; nani, pagliacci, Frank Otto, i gemelli, Rodrigo, persino quelli della banda. Ed erano tutti intenti ad ammirare una Rolls-Royce Phantom nera, dalla carrozzeria talmente lucida che ci si poteva specchiare.
«Diamine, che gioiello!» sentì commentare Rodrigo, il naso pigiato contro il finestrino. «Deve essergli costata un ojo de la cabeza!»
«Chi pensate sia quel tipo?» chiese invece Vanja, sospettosa.
«Mhmm.» Frank Otto si lisciò i baffoni a manubrio. «Se gira su una di queste, come minimo lavora per Al Capone. O peggio, per il Governo.»
Il mangiafuoco si staccò immediatamente dal finestrino. «Ma noi non abbiamo fatto nada de malo, giusto?»
«Non ne ho idea, ma è parecchio che sono lì dentro.»
Sempre più in allarme, Jim si fece strada fino alla piattaforma posteriore del vagone, seguito dagli sguardi di tutti. Diede due colpi alla porta chiusa. «Maurice, mi cercavi?»
«Entra» gli rispose la voce secca del direttore. Jim deglutì e varcò la soglia.
«Buongiorno, James!» lo accolse una voce allegra. «Sei esattamente la persona che speravo di vedere stamattina.»
Una parte di lui non era sorpresa, ma faceva comunque uno strano effetto vedere Solomon Blake e il Folletto nella stessa stanza: lo stregone vestiva impeccabile come al solito, seduto con le gambe accavallate e le mani poggiate sulla testa di corvo in cima al suo bastone; accanto a lui, rannicchiato in maniera precaria sulla sedia, c’era un omone biondo con indosso un’uniforme da chauffeur nera e un paio di occhialini da sole, così grosso che sembrava occupare l’intero vagone. Da dietro la scrivania invasa di scatole di biglietti e ricevute, invece, O’Malley fumava il sigaro e fissava Jim con occhi ridotti a fessure.
«Perciò è così che stanno le cose» esordì, succhiando una boccata. «C’è un complotto alle mie spalle. E tu, il mio pupillo, mi pugnali proprio come Bruto con Cesare!»
«Cosa?» fece Jim.
«Non fare il finto tonto, razza di ingrato! Cos’è questa storia che vuoi prendere lezioni di magia?»
«Sì, ecco» farfugliò il ragazzo. «Guarda, stavo giusto per parlartene…»
«Non sarà necessario, è tutto molto chiaro!» lo interruppe O’Malley, fuori di sé. «Il direttore cattivo non ti permette di fare i tuoi porci comodi, così ti sei trovato un complice per mettermi fuori gioco!»
«Io…aspettache?!»
«Signor O’Malley, credo che lei mi abbia completamente frainteso» intervenne a quel punto Blake. «Si tratta di una semplice proposta d’affari. Proposta di cui James è del tutto all’oscuro.»
Jim guardò lo stregone. «Di che sta parlando? Quale proposta?»
«Può chiamarla come accidenti le pare!» ringhiò il direttore. «Ma la mia risposta è una sola: no. No categorico. Nemmeno fra un milione di anni cederò il mio circo al primo stoccafisso inglese che passa! Dovrete passare sul mio cadavere.»
«Cosa?» ripeté Jim.
«La sta dipingendo più tragica di quanto sia in realtà» disse Blake, senza scalfire l’atteggiamento diplomatico. «Non voglio che lei o qualunque membro della compagnia perdiate il lavoro. Ma ho concordato con James che avremmo cominciato l’apprendistato il prima possibile e finché sarete in tournée non potrà seguire le mie lezioni. Perciò, visto che non posso obbligarlo a cambiare vita dall’oggi al domani, l’unica soluzione è che siate voi a fermarvi a New Orleans per tutto il tempo che riterrò opportuno.»
La bocca di Jim pendette aperta per alcuni istanti. «Non dirà mica sul serio!»
«Sono serissimo. Ma, come stavo cercando di spiegare al tuo capo, il mio campo è la magia e non me ne intendo di spettacoli; quindi, vorrei che la direzione artistica rimanesse nelle sue sagge ed esperte mani.»
«Ma l’ultima parola spetterebbe comunque a lei» disse O’Malley, gelido.
«Sono i miei soldi» rispose Blake con voce incolore. «Non voglio una percentuale sugli incassi, non ne ho bisogno. Tutto ciò che chiedo è che il circo resti in città il tempo necessario perché James completi la sua formazione magica. Il che per me ha la priorità assoluta.»
Jim era senza parole. Non aveva assolutamente preso in considerazione una possibilità del genere, e adesso tutto ciò che riusciva a fare era guardare Blake, che era la calma fatta a persona, e poi la faccia sempre più paonazza di O’Malley.
Per un lungo momento, nessuno fiatò.
«Questo circo è il mio impero» sibilò infine il direttore. «Non avevo nulla quando sono arrivato in questo Paese e mi ci sono voluti anni per diventare chi sono oggi. Quindi, può ficcarsi le sue sterline lei sa dove e volarsene via sulla sua scopa!»
«Sono venuto in auto.»
«Per me fa lo stesso.»
«Ma non ha ancora ascoltato la mia offerta.»
«Non mi interessa!»
Solomon Blake sospirò, con un velo di impazienza. «Valdar, la valigetta.»
L’energumeno seduto accanto a Blake, che fino a quel momento era rimasto immobile come una statua, si chinò per cercare qualcosa sotto la sedia.
«È sordo? Le ho detto che il circo non è in vendita! Sicurezza!»
Il gigante biondo – nel sentire il nome di Valdar, a Jim per poco non venne un colpo – posò una grossa ventiquattrore di pelle sulla scrivania.
In quel momento, Sinclair aprì la porta. «Ha urlato, signore?»
«Liberami di questi due mentecatti!»
Sinclair si mosse verso Blake. «Sentito? Fuori dalle palle, elegantone. Non costringermi a stropicciarti il vestito.»
A quel punto però si alzò Valdar, che in piedi sembrava sul punto di sfondare il tetto del vagone con la testa; quando fece scoccare le enormi nocche in segno di avvertimento, il capo della sicurezza si immobilizzò.
Intanto, Blake aveva aperto la valigetta, rivelandone il contenuto. Per un attimo, sembrò che il tempo si fosse fermato; O’Malley era congelato, i palmi poggiati sul ripiano e gli occhi spalancati. Anche le bocche di Jim e di Sinclair erano spalancate: nessuno dei tre aveva mai visto così tanti verdoni messi insieme in tutta la loro vita.
«Un milione di dollari in contanti mi è sembrato un prezzo onesto» spiegò Blake. «Ma in fondo la capisco, direttore: questo circo è la sua creatura. Sarebbe come chiedere a un padre vendere il proprio bambino.»
«Be’…» cominciò O’Malley.
Blake richiuse la valigetta e l’incanto si ruppe.
«Scusi se le ho fatto perdere del tempo prezioso.» Si alzò e tese la mano al Folletto, che lo guardò come se non sapesse più cosa fare. «Non mi resta che augurarle buona fortuna. James, mi accompagneresti alla porta?»
Jim, che era rimato imbambolato in disparte insieme a Sinclair, si riscosse subito e lo raggiunse mente attraversava il vagone.
«Pensava davvero di poterla risolvere così?» bisbigliò il ragazzo. «Non avrebbe mai accettato!»
«Ne sei proprio sicuro?»
«Un momento!» urlò O’Malley.
«Tempismo perfetto.» Solomon Blake si voltò con aria innocente. «Sì?»
O’Malley si era trasformato, seduto composto dietro la scrivania con le dita intrecciate e un sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. «Che fretta c’è di salutarsi, mio buon amico? Lasci almeno che le offra una tazza di tè!»
 

Neanche mezz’ora dopo, il direttore annunciò una riunione straordinaria.
«Venite tutti qui, per favore! Avvicinatevi, avvicinatevi!» tuonò, sporgendosi dalla ringhiera del vagone; artisti e operai si ammassarono immediatamente, scambiandosi occhiate perplesse.
«Ho una grande notizia da darvi!» proseguì O’Malley allegramente. «Qualcuno lassù ha esaudito le nostre preghiere: da oggi, il circo ha un benefattore!»
Jim vide le sopracciglia di Vanja e Wilhelm Svanmör sollevarsi in sincrono, mentre un chiacchiericcio teso iniziava a diffondersi tra la folla.
«Lui.» Come un prestigiatore estrae un coniglio dal cilindro, così O’Malley allungò un braccio e trascinò Solomon Blake fuori dal vagone. «È Mr. Blake, il nostro nuovo impresario.»
«Cioè, adesso lavoriamo per questo qui?» chiese dubbioso un nano. Il vocio della folla si fece concitato. A Jim si annodò lo stomaco.
«No no, mio piccolo amico!» rise bonario il direttore. «Diciamo che questa nave ha due timonieri ora, non è vero Mr. Blake?»
Lo stregone annuì brevemente, evitando gli sguardi di tutti. Tutt’a un tratto non sembrava avere più molta voglia di essere lì.
«Che ne sarà dei nostri contratti?» domandò Wilhelm. «Dovremo rifare le selezioni? Per vedere chi è dentro e chi è fuori?»
«No, niente del genere! Tutto resterà esattamente com’era» assicurò O’Malley. «L’unico cambio di programma è che prolungheremo la nostra sosta a New Orleans un po’ più del previsto.»
«Interromperemo il tour?» esclamò Frank Otto. «Così, all’improvviso?»
«Ma abbiamo già dato la caparra per Tallulah» intervenne il lanciatore di coltelli, Antonio. «Mandato in stampa i manifesti…»
«E ordinato le derrate, la carne, il foraggio…»
«Così i Fox Brothers ci soffieranno la piazza!»
«Come recupereremo quei soldi?»
«Non ne avremo più bisogno! Ripeto: i nostri problemi finanziari sono risolti.»
«Non ho capito» gracchiò Ernie, il vecchio bigliettaio. «Chi è che si ferma?»
La compagnia non sembrava per nulla convinta e le proteste continuarono a fioccare a gran voce. Così, O’Malley pensò bene di passare la patata bollente al suo nuovo socio: «Ma adesso…lascio a Mr. Blake il compito di spiegarvi meglio.»
Jim ebbe l’impressione il suo atteggiamento spavaldo avesse ceduto posto a qualcosa di simile all’imbarazzo; lo vide estrarre l’orologio da taschino, rigirarselo tra le dita, controllare l’ora e poi dargli la carica. Il tutto sotto lo sguardo carico di aspettative della compagnia.
«Bene.» Si schiarì la voce e rintascò l’orologio. «Salve, brava gente. Il mio nome è Solomon Blake e sono uno stregone. L’Arcistregone dell’Ovest, per l’esattezza.»
Parecchie mascelle cedettero dallo stupore. Blake prese un altro bel respiro. «So che tutto questo deve sembrarvi strano e comprendo benissimo i vostri dubbi: siete girovaghi, di certo non sarà facile abituarsi alla vita sedentaria. Ma vi prometto che non avrete nulla da temere: conserverete il vostro lavoro e sarete regolarmente stipendiati. E potrete decidere di sfruttare questa sosta come meglio riterrete opportuno. Non sono un esperto, perciò qualsiasi decisione in ambito artistico verrà presa in accordo con il signor O’Malley, rivolgetevi pure a lui per qualsiasi richiesta e provvederà a informarmi. Finché il circo sarà sotto la mia responsabilità, non vi farò mai mancare nulla.»
Il discorso sembrò rincuorare un po’ gli animi. Qualcuno in fondo alzò la mano. «Io avrei una domanda.»
«Ma certo, prego.»
Arthur King si fece largo tra gli operai e si piantò di fronte allo stregone; lanciò prima occhiata all’indirizzo di Jim, poi attaccò: «Gli animali non sono abituati a queste temperature, orsi e yak stanno soffrendo il caldo. In più, tra poco comincerà la stagione degli uragani: rimarremo fermi anche quando inizieranno le piogge? Perché non so se lo sa, ma qui nel Sud l’estate piove. E tanto.»
«Il clima non sarà affatto un problema.»
«Perché ha preso un diploma in danza della pioggia, immagino.»
«King!» lo fulminò O’Malley. «Sta’ al tuo posto, al signor Blake non interessano le tue stupide osservazioni!»
«No no, ha ragione» replicò invece lo stregone con calma. «Non esiste un diploma specifico, ma la magia elementale è materia che conosco sufficientemente bene. E presto il tuo amico James mi aiuterà gestire anche questo aspetto, una volta studiato un pochino.»
Jim si stava giusto chiedendo quando lo avrebbero tirato in ballo e desiderò con tutto il cuore di aver già imparato a smaterializzarsi; offrì comunque ad Arthur un sorrisetto complice, che però l’amico non ricambiò.
«Molto bene» si limitò a rispondere.
«Allora la seduta è tolta» concluse O’Malley, battendo le mani. «Tornatevene tutti alle vostre faccende, su su!»
Mentre la folla si disperdeva, Jim corse dietro ad Arthur, che aveva già imboccato la strada del serraglio.
«Artie, aspetta! Io non ne avevo idea, credimi. Se avessi saputo…»
«Cosa? Hai ottenuto quello che volevi, no?» rispose Arthur. «Adesso siamo tutti di proprietà del tuo nuovo amico, i suoi giocattoli.»
«E dai, hai sentito Maurice, non cambierà niente.»
Arthur arricciò le labbra e guardò oltre le spalle di Jim: Blake era rientrato nell’ufficio di O’Malley, probabilmente per sbrigare le ultime pratiche per il passaggio di proprietà. «No, invece. Questo cambierà tutto.»

 
  
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