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Autore: Imperfectworld01    22/09/2021    1 recensioni
Corre l'anno 1983 quando la quindicenne Nina Colombo ritorna nella sua città natale, Milano, dopo aver vissuto per otto anni a Torino.
Sebbene non abbia avuto una infanzia che tutti considererebbero felice, ciò non le ha impedito di essere una ragazza solare, ricca di passioni, sogni e aspettative.
Nonostante la giovane età, sembra sapere molte cose ed essere un passo avanti alle sue coetanee, ma c'è qualcosa che non ha ancora avuto modo di conoscere: l'amore.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Scolastico, Storico
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Diciotto.


N/A: quest'intero capitolo è un flashback che riprende la vicenda a partire dalla fine del capitolo "Uno".
A partire dal capitolo "Diciannove", invece, la storia continua da dove si era interrotta alla fine del capitolo "Diciassette".

Circa un mese prima...

Vittorio, che fino a quel momento aveva tenuto la sua guancia a contatto con la mia, a un certo punto sollevò a testa e la spostò di lato. Sollevai lo sguardo e vidi che stava discorrendo a bassa voce con uno dei suoi amici.

Non riuscii a sentire una sola parola, così non compresi perché a un certo punto si allontanò bruscamente e, dopo avermi fatto un occhiolino, mi lasciò sola con l'altro ragazzo che era venuto a parlargli.

Costui, con i capelli dello stesso color del miele e gli occhi fra il verde e l'azzurro, mi fissava sorridendo. «Nina Colombo, giusto?»

«Sì. Posso aiutarti con qualcosa?» chiesi, iniziando a sentirmi a disagio.

Il sorriso si allargò maggiormente. «Ti va di ballare?»

Lo fissai stralunata per qualche secondo, pensando stesse scherzando. Invece dava tutta l'aria di essere serio. «No, nemmeno so chi sei» risposi secca e diretta. Mi voltai e gli diedi le spalle, ma dopo neanche un secondo me lo ritrovai davanti.

«E quindi? È vietato ballare con gli sconosciuti?»

«Dovrebbe» replicai, squadrandolo.

Lui la prese come una battuta e sorrise. «Se è solo questo il motivo del tuo rifiuto, direi che si può facilmente rimediare, non credi?» fece, tendendo poi la mano nella mia direzione: «Piacere, Filippo» si presentò.

Al momento, il mio era solo un dispiacere. Comunque gli strinsi la mano con un sorriso forzato e lo scansai. Poi mi ricordai di quella sigaretta che tenevo in tasca. Disgraziatamente, proprio quando mi era venuta una voglia da matti di fumarla, la tirai fuori e la vidi spiaccicata e infumabile. A quel punto mi rigirai verso il biondo, pensando che magari avrebbe potuto tornarmi utile: «Per caso hai una sigaretta?» domandai.

«Se ce l'avessi, allora accetteresti di ballare con me?»

«Forse» risposi vaga, sperando che servisse a far sì che mi desse ciò che gli avevo chiesto.

«Allora forse ce l'ho» disse, con un piccolo ghigno.

Alzai gli occhi al soffitto. Non so se gli era chiaro, ma non avevo alcuna intenzione di stare ai suoi stupidi giochetti. «Lascia perdere, meglio così, anzi!» esclamai, allontanandomi un'altra volta dalla persona più fastidiosa che avessi incontrato fino a quel momento. Tornai da Vittorio e gli rivolsi una mano girata col palmo verso l'alto: «Ho ballato con te, quindi direi che mi devi quella sigaretta. Un'altra, perché questa si è spiaccicata» dissi, mostrandogliela e lanciandola fuori dalla finestra. Forse quel mio tono da pretesa non era il migliore per ottenere un favore da qualcuno, ma ero parecchio nervosa e non ce l'avrei fatta a simulare un tono più affabile e mellifluo.

«E Filippo, dove l'hai lasciato?» chiese con un piccolo ghigno beffardo, prima di tirar fuori dalla tasca il suo pacchetto di sigarette e l'accendino. Me ne porse una e fece per accendermela come poco prima, ma io gli strappai l'accendino dalle mani e mi diressi rapida fuori in balcone.

Mi accesi con tranquillità la sigaretta e feci il primo tiro, chiudendo gli occhi per rilassarmi e godermi quel venticello estivo che mi scompigliava leggermente i capelli, nel mentre che osservavo l'ambiente davanti a me. Non era un granché, era solo una grande via con tante macchine parcheggiate e tante palazzine, una attaccata all'altra. Tuttavia, guardando un po' più in lontananza, si riusciva a scorgere la Madonnina del Duomo. Mi faceva sempre un strano effetto vederla. Era la vetta più alta di tutta la città, sovrastava tutto.

Dopo aver terminato la sigaretta, la buttai a terra e ci passai sopra il piede per spegnerla. Poi mi girai per ritornare dentro, e fu in quel momento che, appoggiato allo stipite della portafinestra, vidi ancora l'amico di Vittorio che mi fissava e sorrideva.

Roteai gli occhi. Che persecuzione. «Che c'è ancora?» chiesi seccata.

«Rilassati, non mi pare che solo tu abbia l'accesso a questo balcone» fece, mostrandosi un poco offeso per via dei miei modi poco cortesi.

«Bene, goditelo pure» dissi, avviandomi verso l'uscita, ma lui mi afferrò per un polso per fermarmi. «Dai, Nina, ma perché devi fare così? Non mi sembra di averti fatto qualcosa...»

«Vorrei solo che mi lasciassi in pace, è così difficile da capire?» chiesi, liberandomi poi dalla sua presa con uno strattone.

«Ok, ma perché? Hai già un ragazzo?» domandò ed ero quasi sul punto di scoppiare a ridere. Mi limitai tuttavia a scuotere la testa. «Se vuoi, io sono disponibile» disse allora, con una fierezza e un orgoglio tali che neanche un pavone in confronto a lui aveva una considerazione così alta di se stesso.

«No, grazie, sono a posto così» risposi con un sorriso finto.

Filippo a quel punto storse il naso. «Cioè, mi rifiuti così? Potrei essere l'amore della tua vita e tu non mi lasci neanche il beneficio del dubbio?»

Inarcai le sopracciglia. Quanto era pieno di sé. «Ma ti senti quando parli? Mi hai vista per la prima volta dieci minuti fa, e...»

«No, in realtà ti ho adocchiata già da un'oretta, da quando sei arrivata insieme a Vitto. Ed è stata la cosa migliore che mi sia successa in questa giornata» mi interruppe.

«Allora la tua vita deve fare parecchio schifo se vedermi è stata la svolta di questa giornata» constatai. Era davvero ridicolo. Sperai che nessuna ragazza si bevesse le cretinate che sparava, sembrava parlasse a vanvera.

«Mmh, non mi lamento. E magari domani puoi svoltarmi ancora la giornata, se deciderai di uscire con me» disse, avvicinandosi leggermente al mio viso e fissandomi con intensità negli occhi.

«Mi dispiace, ma non sono interessata» declinai il suo invito, distanziandomi.

«Su, piantala di fare la difficile. Non capisco perché voi ragazze vi ostiniate sempre a dire il contrario di quello che pensate, perché non dite direttamente di sì invece che tirarla per le lunghe? Sai come si dice, "il gioco è bello quando dura poco".»

Che sfrontato. «Senti, non so a che cosa sei abituato di solito, ma ti dico subito che a me non piace girare intorno alle cose e fare stupidi giochi. Quindi quando dico "no" a qualcosa, "no" è quello che intendo. Non è un "forse", non è un "sì" velato e che tu devi cercare di interpretare perché sto cercando di fare la preziosa, è semplicemente quello che è! Quindi accettalo e smettila di importunarmi!» esclamai tutto d'un fiato, prendendo dei respiri profondi subito dopo per cercare di calmarmi.

Rimase in silenzio per parecchi secondi. Forse ero stata troppo rude e l'avevo ferito, ma onestamente mi importava ben poco. Stavo per superarlo e tornare dentro, pensando che la conversazione fosse ormai giunta al termine, quando alla fine parlò: «D'accordo. E scusami, se ti ho "importunata" solo perché ti ho chiesto di ballare con me o in alternativa di uscire con me per conoscerci» fece, e se si fosse fermato alle prime tre parole che aveva detto avrei anche potuto metterci una pietra sopra al più presto e dimenticare l'accaduto.

Al contrario, per via di quello che aggiunse dopo, mi scaldai ancora di più. «Ah, ma allora vedi che non hai capito niente!» sbottai. «È la tua insistenza che mi importuna» spiegai esasperata, e sperai che quella volta capisse il punto del mio discorso. Non poteva aspettarsi che ogni ragazza volesse per forza uscire con lui, anche se magari fino a quel momento era stato sempre così.

«Insisto perché non capisco per quale motivo tu abbia deciso a priori, senza sapere niente di me, di non voler avere niente a che fare con me» ribatté.

«Perché non mi va in generale, non è perché sei tu. Non mi interessa avere un fidanzato, sto benissimo così» dissi, come avevo già fatto innumerevoli volte, ogni qualvolta si aprisse un discorso di quel tipo.

A quel punto Filippo scoppiò a ridere fragorosamente, senza che ne cogliessi il motivo. Non mi sembrava di aver fatto chissà quale battuta.

«Guarda che ti ho chiesto solo di ballare, non significa che voglia diventare il tuo ragazzo! Fra le due cose ci passa un oceano di mezzo!» esclamò, continuando a ridere.

La cosa mi irritò parecchio, infatti spostai il peso da un piede all'altro e gli puntai un dito contro: «Ma se ci hai letteralmente provato con me fino ad adesso! Bravo, ora prova a negarlo e a rimangiarti tutto solo perché ti ho detto di no!».

Sorrise divertito. «Sì, magari un po' ci ho provato, ma è solo il mio modo di fare. Credevi che ci stessi provando sul serio?» domandò, tornando serio.

Mi stava seriamente mandando in confusione. Non riuscivo a capire le sue intenzioni, a fare distinzione fra ciò che era vero e ciò che per lui era solo uno scherzo. Mi stava facendo sentire stupida, come se mi fossi immaginata tutto e avessi ingigantito i suoi comportamenti.

Ma non volevo mostrarmi come se mi avesse appena fatto fare una figura di merda. Così mi avvicinai a lui e lo fissai, a testa alta e senza vergogna. «Bene, allora visto che prendi le cose con molta leggerezza, mi raccomando, non perderti d'animo. Anzi, adesso perché non vai dalla prossima malcapitata ragazza che avrai sicuramente adocchiato questa sera e provi a vedere se con lei ti va meglio?»

Non mostrò neanche un attimo di esitazione. Rimase impassibile dopo quelle mie parole e, anzi, forse sembrava ancora più divertito di prima, il che mi fece irritare ancora di più.

«Era proprio quello che stavo per fare, sai? Mi hai letto nel pensiero. Vedi, saremmo proprio una coppia perfetta io e te. Peccato, sembra che non lo scopriremo mai» disse facendomi un occhiolino e rivolgendomi un'ultima volta quel sorriso snervante che avrei quasi preso a pugni, metaforicamente parlando.

Poi mi diede le spalle e tornò in casa. Lo osservai da lontano, mentre si dirigeva, proprio come aveva detto, da un'altra delle ragazze con cui avrebbe tentato una delle sue mosse. In particolare, lo vidi dirigersi da Monica.

Ottima scelta, comunque. Era la stessa di Vittorio, probabilmente, a giudicare da come la fissava da quando eravamo arrivati a quella festa, ma sicuro anche di molti altri.

Lei era certamente una di quelle ragazze bellissime e appariscenti, che non passavano mai inosservate in mezzo a una folla di persone.

Io invece... io probabilmente quella sera ero stata notata da Filippo solo perché ero una faccia nuova, ed era stato quello ad attirare la sua attenzione. E si era stancato anche abbastanza in fretta, per fortuna.
In fondo non mi importava essere notata, non ne avevo bisogno. Qualsiasi fossero le reali intenzioni di Filippo, che ci stesse provando davvero oppure solo per gioco, a me non cambiava niente.

Stavo bene così e mi bastavo da sola, come sempre. Giusto?

 

   
 
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