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Autore: coopercroft    24/09/2021    0 recensioni
Laura Lorenzi è un giovane dottoressa italiana, arrivata a Londra per specializzarsi in patologa forense. Convive con un doloroso passato che l'ha chiusa in una solitudine forzata.
Quel lavoro, che tanto ha voluto, le fa conoscere un uomo complicato e singolare con cui inizia un rapporto altalenante pieno di luci e ombre: Mycroft Holmes, fratello maggiore del più noto Sherlock.
Quella frequentazione problematica trascina Laura in gioco di potere, di attentati, di omicidi che logorerà entrambi.
Tra discussioni e riavvicinamenti, si ritroverà a combattere con caparbietà per quel sentimento tormentato che li avvolge sempre più strettamente: una "solitudine elettiva" che li porterà ad aprirsi reciprocamente.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non avevo voglia di dormire, così ripassai per l'esame di abilitazione al San Bart, con la speranza di restare a Londra molto di più del consentito. Qualcuno salì deciso le scale e dopo un rapido bussare entrò John.

"Laura, come stai? Sei praticamente scappata." Appoggiai il laptop e agitai la mano.

"Se vuoi sapere come mi sento per il comportamento di Myc, ammetto che sto malissimo. Mi sento abbandonata. Non sono riuscita a gestire la sua indifferenza. Avrei voluto un po' di empatia e invece..." John si sedette, guardò le mie mani che non smettevano di tormentare il computer.

"Lascialo covare le sue decisioni, credo che si senta smarrito e le torture che ha subito non lo aiutano di certo, ma ti vuole bene e non vuole la tua pietà. Laura, pazienta, non sentirti sconfitta." Mi toccò la mano cercando di mettere fine alla mia inquietudine.

"Ma non posso aspettare per sempre se non vuole continuare a frequentarmi, come posso forzarlo? Ho poco tempo, devo lavorare o non mi terranno al san Bart."

"Dagli un po' di giorni, ho sentito che deve venire in laboratorio per sistemare quello che ha lasciato nel suo piccolo ufficio provvisorio." Watson era gentile mentre cercava di rassicurarmi, evidentemente credeva che ci fosse del margine di ripresa tra noi. Io dubitavo, lo avevo aspettato così tanto e vederlo trattarmi con freddezza mi aveva spezzato il cuore.

"Ci mancava vederlo nel suo studio per ignorarmi durante tutta la giornata. Mi farà lavorare malissimo." Ma John insistette, la sua voce si fece decisa...

"Prova a parlargli, cerca di fargli capire che ti sta facendo del male." Scossi la testa perché lo conoscevo bene.

"No, si sentirebbe forzato in un rapporto che non vuole, in debito, e non voglio. John ti giuro che va bene così."

Mi prese una curiosità, lo fissai. "Chi si prende cura di lui? Chi si occupa delle sue ferite?" Watson si alzò e si avvicinò alla finestra, scostò la tenda e guardò fuori. Era un medico e sapevo bene cosa fosse il segreto professionale.

"Se ne prende carico la clinica governativa dove è stato ricoverato, qualche volta anch'io, quando me lo concede. Si lascia aiutare, anche se brontola in continuazione." Ridacchiammo, sapevamo che carattere scontroso avesse.

Lisciai il portatile, spinsi via il mouse. "Avrei voluto farlo io, mi sarei dannata per aiutarlo a guarire." John capì il mio tormento. Si fece serio e si decise a rivelarmi qualcosa in più.

"È molto riservato sulla sua condizione, non permette nemmeno a me di spogliarlo e visitarlo completamente. E Sherlock è muto."

Avevo un sospetto che mi tormentava da quando lo avevo visto, il suo atteggiamento scontroso e nervoso assomigliava molto a quello che avevo adottato io dopo la morte dei Lorenzi. Riposi il laptop alzai la testa decisa a raccontargli di me e di quello che sospettavo.

"Chi lo ha seviziato non gli ha risparmiato certe "attenzioni". Temo che abbia subito delle torture profonde e intime. Come quelle che ho subito anch'io." Ripresi fiato guardando il volto allibito di John. Si lasciò cadere sulla sedia, la fronte corrucciata, allungò le dita sottili e mi sfiorò il braccio.

"Cosa mi devi dire di così grave, Laura?" Avevo lanciato il sasso, ora non dovevo ritirare la mano. Sospirai e gli raccontai quello che mi era successo in Italia, durante la rapina e la morte dei miei genitori.

Lui ascoltava silenzioso, a volte sembrava non respirare. Tossì un paio di volte, si scusò, prese la bottiglia dell'acqua riempì uno dei bicchieri di plastica e la mandò giù tutta in un fiato. Mi fermai, lasciandogli il tempo di elaborare la brutalità del mio stupro.

"Mycroft lo sa." Una lacrima mi rigò la guancia. "È per questo che mi devasta il suo allontanamento. Perché sa che posso capire quello che sta passando."

John mi fissava stravolto. Mi scusai per averlo turbato. Cercava delle parole consolatorie, che non trovava. Mi allungò il suo fazzoletto, la mano gli tremava. "Mi dispiace, Laura, non sapevo nulla, non l'ho nemmeno sospettato."

Gli sorrisi, mentre mi asciugavo il volto. "Credo che Sherlock lo abbia capito, aveva visto i miei polsi feriti. E sapeva della morte violenta dei Lorenzi."

Watson scosse la testa castana. "Con me ha taciuto, così come Mycroft."

"Beh, loro hanno un rigore morale accentuato. Non direbbero mai una parola su questo." Mi alzai, appoggiai la mano sulla sua spalla, sembrava portare il peso delle mie parole.

"John, non rattristarti per me, è già passato del tempo, ma Mycroft è in pieno tormento e se i miei sospetti fossero veri, mi lascerebbe senza nessuna spiegazione." Lui annuì lentamente.

"Motivo in più per stargli vicino. Ha delle crisi di panico e dorme poco. La lista delle medicine comprende anche degli antidepressivi. Ma li subisce e li tollera poco." Lo ringraziai dandogli un bacio sulla guancia.

"Sei un amico sincero." Cercai i suoi occhi chiari. "Amo Mycroft e prima di partire per il suo viaggio disastroso, ci eravamo ritrovati innamorati. E ora è come se avesse annullato il nostro sentimento."

Prese la mia mano con gentilezza. "Persevera Laura, sono convinto che ti vuole, ma devi seguire i suoi tempi. Deve riuscire a metabolizzare le torture, specialmente quelle profonde."

Abbassai lo sguardo per non fargli vedere che i miei occhi erano nuovamente lucidi.

"Ora dormi Laura, e stai tranquilla." La sua voce si fece bassa. "Mi dispiace per il male che ti hanno fatto."

Alzai la testa, e gli regalai il sorriso più rassicurante che possedevo. "Grazie John, mi ha fatto bene parlare con te."

"È quello che devi fare con Myc, appena te ne darà modo."

Uscì tranquillo, convinto che presto Mycroft si sarebbe arreso al sentimento che ci legava. Mi preparai per la notte, infilai il pigiama over size. Mi sarebbe piaciuto scendere e augurare la buona notte a Myc, ma dovevo accettare che per ora fosse così.

 

   
 
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