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Autore: syila    25/09/2021    4 recensioni
Portsmouth, Inghilterra, 1887. Una partenza improvvisa e la mancanza di venti favorevoli mettono a dura prova due veterani del mare come il Capitano Van Loo e il suo secondo ufficiale Sigvard Olsen, ma la bonaccia non è il pericolo più grande che si troveranno ad affrontare durante l'avventuroso attraversamento del Canale della Manica.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Età vittoriana/Inghilterra
- Questa storia fa parte della serie 'Victoriana'
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L'Alcyone e la bonaccia

Ardi, un’ala sul mare è solitaria.
Ondeggia come pallido rottame.
E le sue penne, senza più legame,
sparse tremano ad ogni soffio d’aria.
...
Chi la raccoglierà? Chi con più forte
lega saprà rigiugnere le penne
sparse per ritentare il folle volo?

L'ala sul mare - Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi,
Libro III, ALCIONE - Gabriele Dannunzio


Sospesa tra un basso strato di bruma e il nero compatto del cielo, Portsmouth si profilava come una fragile trama scandita dalle linee orizzontali dei magazzini e dalle verticali di fumaioli e pennoni.
Lungo le strade della cittadina il chiarore opaco dei lampioni a gas intercettava fugaci sagome scure di facchini e marinai, già al lavoro nonostante l'alba fosse solo un'idea abbozzata sull'orizzonte.
Una città portuale non dormiva mai davvero.
Il brulicare di uomini e merci rallentava nelle ore alte della notte e cresceva sul fare del giorno, come la marea.
La carrozza proseguì verso la banchina dov'era ormeggiato l'Alcyone, lasciando nell'aria l'eco dello scalpiccio stanco dei cavalli, esausti dopo la lunga corsa.
Il grande veliero, rannicchiato sull'acqua scura, assecondava il placido moto ondoso accompagnandolo coi gemiti delle sartie e il cigolio dei legni.
Il suo velame, in parte raccolto, ricordava le lunghe ali ripiegate dell'uccello mitologico da cui prendeva il nome; non sembrava a suo agio lì negli angusti spazi del porto, solo in mare aperto poteva dispiegare completamente l'elegante forza di cui era dotato.
Il Capitano Justus Van Loo e il suo secondo Sigvard Olsen seguirono l'arrivo dei passeggeri dal ponte; per loro i preparativi della partenza erano cominciati nel tardo pomeriggio del giorno precedente.
Un messaggio, consegnato a mano da un corriere giunto a spron battuto da Londra, li avvisava di farsi trovare pronti a salpare alla volta di Biarritz.
Il Conte tornava a casa.
Non da solo...
Valutò il Capitano vedendolo tendere la mano ad un giovinetto biondo ed esile, che con passi maldestri si accinse a scendere dalla carrozza.
“Sono in anticipo.” riferì Sigvard consultando il suo orologio da tasca.
“A giudicare dallo stato dei cavalli il cocchiere ha lavorato di frusta.” osservò Justus.
I due si scambiarono una breve occhiata, quella fretta improvvisa dopo settimane di inattività non prometteva niente di buono.



“Avete ricevuto le mie disposizioni?” s'informò il Conte una volta salito a bordo.
“È tutto pronto, salpiamo appena la marea raggiunge il picco.” gli confermò Van Loo.
“E gli uomini?”
“L'equipaggio è stato opportunamente istruito e sa come destreggiarsi in... Certe situazioni.”
Il Capitano non si dilungò nei dettagli, qualcosa nel ragazzo biondo accanto al proprietario della nave lo aveva convinto a desistere.
Stava tremando e, a giudicare dal raffinato cappotto bordato di pelliccia che indossava, non poteva essere colpa del freddo.
Il giovane aveva paura.
“Ho completa fiducia nelle sue capacità e in quelle del signor Olsen.” convenne placido l'interlocutore “Io e il mio ospite ci ritiriamo in cabina, tenetemi aggiornato su come procede la traversata.”
Justus annuì e li vide scomparire oltre la porta che dava accesso al ponte inferiore, dove si trovavano gli alloggi.
“Non ci ha detto tutto.” disse Sigvard in un bisbiglio circospetto, attento alle orecchie indiscrete dei marinai, che si affaccendavano nei paraggi.
“Sappiamo quanto basta.” fu la serafica risposta dell'olandese.
“Probabilmente ci sarà da combattere...”
“Circostanza che non mi pare ti abbia mai spaventato in passato.” lo punzecchiò il suo superiore.
Il secondo ufficiale accennò un sorriso.
“Infatti è così, tuttavia trovarmi addosso una nave della marina inglese sarebbe piuttosto antipatico.”
“Per quanto vale la mia opinione non è della marina di Sua Maestà che dovremo preoccuparci; il Conte avrà rimestato nel torbido e adesso teme la vendetta di un suo pari o magari di un tanghero dell'East End.”
“A causa del ragazzo?”
“L'amore a volte ci fa compiere scelte avventate.”
Sigvard lo sbirciò di sottecchi e il suo sorriso si allargò appena.

“Ted?” A quel nome pronunciato ad alta voce dal Capitano rispose un'imponente figura, che emerse dalla foschia come uno scoglio in mezzo al mare.
L'uomo avanzò tra gli altri marinai indaffarati sul ponte, fino a piazzarsi davanti a chi lo aveva interpellato.
Sia lui che Sigvard furono costretti ad alzare la testa per guardarlo negli occhi.
“Sono qui Rangatira* Van Loo, hai bisogno di me?”
Justus annuì “Sono arrivate le persone di cui ti parlavo.”
“Il padrone del rewa rua*?”
“Esatto, vorrei che ti mettessi a disposizione fuori dal suo alloggio, come abbiamo stabilito, se ci sarà bisogno qui fuori ti manderò a chiamare.”
“Penserò io a proteggerlo.” lo rassicurò l'interpellato, ma prima di prendere congedo sembrò esitare.
“Qualcosa non va?” intervenne Sigvard.
Te Arikinui Tuheitia Paki, il succitato Ted, principe Maori, attualmente in forze all'equipaggio dell'Alcyone come tuttofare, ponderò la domanda con la dovuta serietà e dopo qualche istante disse “Vorrei portare il mere*.”
Justus trovò la richiesta molto ragionevole e acconsentì; solo quando lo vide imboccare la scala che conduceva alle cabine, il Secondo Ufficiale diede voce alla sua curiosità.
“Cos'è un mere?”
“Un'arma maori, somiglia ad una clava e si usa negli scontri corpo a corpo, in mano ad un guerriero esperto è mortale.”
Di nuovo le labbra di Sigvard si piegarono in un sorriso.
“Ti diverte l'idea?”
“Mi diverte immaginare la faccia del Conte, che aprendo la porta del suo alloggio, si troverà davanti un gigante pieno di tatuaggi tribali, per giunta armato.”
“Sai... Credo che potrebbe apprezzare. Ora andiamo ad occuparci dei veri problemi.” concluse l'olandese, come se l'idea di doversi guardare le spalle da un pericolo di natura ed entità ignote non lo impensierisse davvero.



I problemi a cui alludeva Van Loo si presentarono già all'imboccatura del porto.
Il vento, che avrebbe dovuto tendere e sostenere la complessa velatura dell'Alcyone, era poco più di una timida brezza e la nave, che in condizioni ottimali poteva procedere a venti nodi, si limitava a beccheggiare sulle onde dello Stretto, mai così calmo durante l'inverno.
Tutte le imbarcazioni a vela stavano incontrando le medesime difficoltà, ma questo non era di alcuna consolazione al Capitano, che si trovò ad osservare con invidia un piccolo vapore.
Procedeva tronfio e sbuffante in direzione di Portsmouth, surclassando i velieri blasonati come il suo.
“Il mio clipper per una caldaia...” bofonchiò parafrasando il Riccardo Terzo di Shakespeare.
Richiuse il cannocchiale e si accostò al tavolo ingombro di carte nautiche su cui era chino il giovane svedese.
“I venti cambieranno all'ingresso del Golfo di Biscaglia.” suggerì Sigvard.
“Diavolo, prima dobbiamo arrivarci però. A questa velocità potremmo impiegare un giorno intero.”
“Hai dei suggerimenti?”
L'Olandese aggrottò la fronte e fece mente locale: tutte le contromisure erano state messe in atto, ogni vela degna di questo nome era stata sciolta, non restava che affidarsi al tempo e alla Fortuna, due elementi imprescindibili nella navigazione, ma di cui ogni marinaio avrebbe fatto volentieri a meno.

Verso mezzogiorno qualcosa nella circolazione delle correnti finalmente mutò e la nave prese a fendere i flutti sollevando una vivace corolla di spuma bianca.
Il Capitano e il suo Secondo stavano ridefinendo i tempi di navigazione in base alle nuove condizioni, quando un deciso bussare alla porta della cabina li distolse dai loro calcoli.
“Signor Bonneville...”
Il Nostromo, un francese della Martinica, con la pelle scurita dal sole e l'aria guardinga di un predatore sempre all'erta, si presentò a rapporto.
“Mi avevate chiesto di controllare se qualche nave ci stesse seguendo; c'è un vapore sulla nostra rotta, lo abbiamo individuato dopo aver oltrepassato l'isola di Saint Anne.”
“Di che tipo?” s'informò lo svedese.
“Si direbbe un mercantile, di piccola stazza.”
“Distanza?”
“Quindici miglia e si sta avvicinando. Avete ordini Capitano?”
“Tra pochi minuti salirò in coperta, raduna gli uomini, avrò dei compiti da distribuire.”
Al francese non era sfuggito il fremito di tensione tra i due ufficiali, tuttavia arricciò le labbra e assentì, senza scomporsi.
Come il resto dell'equipaggio era stato scelto da Justus Van Loo sia per l'esperienza nautica che per le sue abilità in combattimento; era stata un'esplicita richiesta del Conte, quando lo aveva ingaggiato un anno prima e non meravigliava che alcuni di quei marinai avessero dei trascorsi piuttosto burrascosi.

“Sarà pure un armatore lungimirante, però io mi domando come una persona così, che passa il suo tempo a suonare il clavicembalo e a leggere libri di poesia, riesca ad infilarsi in situazioni tanto scomode!”
Sigvard terminò il discorso sul sibilo di un proiettile che finì la sua corsa inabissandosi in mare, a un quarto di miglio dalla nave.
Sul ponte i marinai sciamavano da un punto all'altro delle murate, cercando di indovinare dove sarebbe caduto il prossimo e molti avevano già fucili e pistole alla mano.
“Sai quello che si dice delle acque chete, no?” rispose l'olandese incollato al cannocchiale.
“Justus... Ci stanno sparando addosso con un cannone!”
“Un piccolo calibro...”
“Che farà comunque dei danni se raggiunge un albero o una fiancata!”
“Ne convengo, un cannone sarà il prossimo investimento che suggerirò al Conte.” fu la replica imperturbabile dell'uomo.
Il Secondo Ufficiale rispose alzando gli occhi al cielo; a volte gli sembrava di parlare ancora con Kaptin Van Loo, il pirata audace e sfrontato che aveva conosciuto sul Mar della Cina in una situazione non molto dissimile.
Anche allora si era trattato di un abbordaggio e le cose erano finite piuttosto male per il piroscafo su cui prestava servizio.

“Signor Bonneville dovete lascare le vele!”
Il nostromo si affacciò dal ponte di comando e lo osservò stranito.
“Capitano?”
“"Mettete la nave in panna, signor Bonneville. La prua al vento, se non vi dispiace."” ribadì l'Olandese.
“Ci raggiungeranno!” esclamò Sigvard dando voce allo sbigottimento del Nostromo, che comunque era già partito ad eseguire gli ordini, mentre sacramentava cose terribili per un cristiano battezzato.
Justus sorrise e ammiccò, facendogli l'occhiolino.
“Oh, tu! Tu vuoi che lo facciano! Sei più folle di quanto pensassi.”
“Abbiamo un vantaggio che quei banditi da mezza tacca ignorano: venticinque uomini abituati a combattere. Come dici tu se il cannone colpisce nel punto giusto l'Alcyone cola a picco, lasciamo che tentino l'assalto e diamo battaglia.”
Era un piano bislacco e pericoloso; come quando erano fuggiti dalla giunca dei suoi ex compari insieme al cuoco e al mozzo.
Proprio per questo poteva funzionare.
L'alternativa era il naufragio.



L'equipaggio del vapore non si aspettava un'imboscata, tuttavia nemmeno il suo Capitano era uno sprovveduto e gli uomini scesero sul ponte armati fino ai denti.
Gli ordini erano chiari: dovevano trovare il ragazzino e riportarlo a Londra vivo, possibilmente incolume; la sorte degli altri occupanti della nave non era affare che importasse a chi li aveva ingaggiati.
Il minimo necessario per governare un veliero di quelle dimensioni erano una dozzina di marinai, tutti potenziali testimoni scomodi e magari c'era qualcuno tra loro che aveva partecipato ad un paio di risse in porto o aveva l'animo del paladino.
Avevano già messo in conto d'incontrare della resistenza.
Prima però avrebbero dovuto trovarli; sul ponte infatti non c'era nessuno.
L'Alcyone sembrava una nave fantasma, abbandonata al capriccio dei venti e delle correnti.
“Saranno rintanati nella stiva, come topi!” esclamò uno degli assalitori “Dovrai pagarci di più per giocare a nascondino Capo!”
La grossa puleggia di legno si portò via il suo ghigno sprezzante insieme a tutto il resto.
Era calata senza preavviso dall'albero di maestra e oscillando come un pendolo aveva colpito in pieno l'uomo, che era stato scaraventato in mare.
Gli altri rimasero a fissarlo attoniti per qualche istante, finché una voce allarmata li richiamò all'ordine: “Attenti! Cade!”
Dieci teste scattarono d'istinto verso l'alto, ma solo quattro ebbero la prontezza di rifletti di gettarsi di lato, per non essere travolti da una grossa vela a cui erano state tranciate le sartie, che imprigionò i malcapitati ritardatari.
“Sono lassù!”
“Sono i gabbieri!”
“Sparategli, tirate giù quelle scimmie!”
I primi colpi di arma da fuoco coincisero con l'apertura dei boccaporti da cui uscirono una dozzina di uomini egualmente armati, che si gettarono addosso agli assalitori.
Chi era rimasto sul vapore vide le cose precipitare in fretta: nella mischia che si era accesa il suono degli spari venne surclassato da urla e imprecazioni; gli spazi stretti della nave costringevano gli uomini ad una lotta corpo a corpo, dove lampeggiavano i fendenti delle lame e delle baionette.
Justus e Sigvard si erano attestati presso il timone, per difenderlo ed avere allo stesso tempo una visione ottimale del ponte; il Capitano vide una di quelle canaglie tentare la discesa agli alloggi e con un colpo di fucile ben piazzato lo convinse a desistere; la figura si allontanò strisciando e scomparve nel fumo della battaglia.
Intanto il giovane svedese, che teneva sott'occhio i movimenti sulla nave nemica, si accorse di alcune manovre sospette “Stanno combinando qualcosa... Spostano il cannone!”
Prima che Van Loo potesse elaborare le conseguenze della sue osservazioni e tentare d'impedirgli di fare una sciocchezza lo vide scattare in avanti, verso le murate.
A quel punto aveva un'idea abbastanza chiara delle sue intenzioni e gli stava già coprendo le spalle, perché quel pazzo di un vichingo voleva provare a fermarli e l'unico modo era di salire a bordo del vapore.
“Signor Bonneville, vi lascio il timone!” esclamò appena vide un varco nella mischia e il nostromo, che stava dando man forte al quartiermastro contro un paio di scagnozzi armati di machete, ricominciò a imprecare.



“Sai che in base al nobile codice della pirateria un quarto del bottino spetta al Capitano, vero?” urlò soverchiando il caos che avevano scatenato sull'altra nave; gli aggressori potevano fronteggiare i marinai dell'Alcyone, ma non erano preparati ad una sortita da parte loro.
La situazione rischiava di ribaltarsi.
“Va' al diavolo Justus!” ruggì il Secondo ufficiale, dopo aver abbattuto un energumeno che lo stava caricando con un'enorme pala da carbone.
Sopra la sua testa sibilarono alcune pallottole e il giovane s'abbassò d'istinto cercando di guadagnare la postazione del cannone prima che i marinai lo ricaricassero.
Dietro lui l'Olandese rispondeva al fuoco e sbeffeggiava i tiratori per la pessima mira, sapeva essere davvero irritante quando ci si metteva!
Sigvard avanzò a carponi e al vederlo gli uomini, impegnati a caricare il proiettile, raddoppiarono gli sforzi per preparare l'artiglieria a fare fuoco.
Fu questione di pochi istanti; sfilò il pugnale dalla cintura, spiccò un balzo su quello più vicino e i due rotolarono a terra avvinghiati, mentre Justus si occupava di mettere fuori combattimento l'altro e di spingere il fusto fuori dalla traiettoria del veliero.
Nello stesso momento Sigvard riuscì ad avere ragione dell'avversario, che rimase a terra privo di sensi.
“Sangue di Giuda potremmo prenderlo davvero questo stramaledetto ferro vecchio!” esclamò contemplando fiero il ponte ormai vuoto.
“Ho paura che dovrai rimandare i tuoi sogni di gloria.”
La mano di Sigvard gli afferrò la spalla e lo costrinse a voltarsi verso di lui; era terribilmente pallido e appena il suo sguardo scese verso il basso ne comprese la ragione: il giovane premeva la destra sul fianco mentre una macchia umida s'ingrandiva sulla giacca di panno scuro lasciando colare a terra alcune gocce rosse.
“Sei ferito!” constatò allarmato.
“Poco più di un graffio...”
Mentiva ovviamente, il copioso versamento di sangue e il suo pallore raccontavano un'altra verità.
Doveva riportarlo sull'Alcyone, dove il quartiermastro poteva prestargli le prime cure in attesa di sbarcare in un porto sicuro.
“Ce la fai?” gli passò il braccio attorno alla vita e lo vide serrare le labbra per reprimere un gemito, poi annuire con determinazione “Bene, perché non potrò prenderti in braccio e saltare, come fanno gli eroi nei romanzi d'avventura!”
Il giovane, dovendo risparmiare le forze, si limitò a restituirgli un'espressione contrariata, che mutò in sofferenza appena mosse un passo; Justus fu pronto a sostenerlo, impugnò la pistola con la mancina e uscì dal loro riparo, avanzando lentamente verso le murate.
Vide il Comandante del vapore sporgersi dalla plancia insieme al nostromo, erano armati e, oggettivamente, in una posizione di tiro più favorevole.
Avrebbero sparato.
Lo avrebbe fatto anche lui e qualcuno sarebbe rimasto morto stecchito su quel dannato ponte.




“Il Capitano sta tornando!”
“Liberate la passerella!”
“Coprite la ritirata!”
Subito dopo dal veliero esplosero numerosi colpi, che costrinsero quelli del vapore a rintanarsi in fretta.
All'improvviso la via di fuga era sgombra e l'olandese la percorse con tutta la velocità che gli consentiva il compagno ferito stretto al fianco.
Lo caricò di peso sulla passerella e ne guidò i passi nel breve ed incerto tragitto sospeso tra le due imbarcazioni.
Solo quando arrivò a toccare le assi di legno del veliero si concesse di sollevare il capo e controllare la situazione: il ponte sembrava un campo di battaglia; alcuni dei suoi uomini erano feriti, ma molti di più erano gli avversari a terra.
Tuttavia resistevano ancora.
Scorse, tra il fumo delle esplosioni, la lunga chioma rossa del Conte; era attestato all'ingresso delle cabine e sparava sugli avversari come se fosse ad una battuta di caccia alle anatre alla foce dell'Adour.
Si chiese da dove venisse quella dimestichezza con le armi, la cosa più faticosa che gli aveva visto fare era stata una passeggiata sulla spianata delle Piramidi al Cairo!
“Justus...” il serrarsi della presa del giovane sulla sua spalla lo distolse dalle contingenze dello scontro.
Lo adagiò al riparo, dietro il timone e cominciò a chiamare a gran voce il quartiermastro “Signor Murray! C'è bisogno di voi qui!”
L'irlandese, che stava massacrando a suon di cazzotti l'odiato nemico britannico, grugnì contrariato e dopo un ultimo poderoso gancio, che mandò definitivamente al tappeto il suo avversario, raggiunse il Capitano.



“Allora?” chiese Van Loo spezzando il silenzio della prolungata ispezione alle condizioni del Secondo Ufficiale.
Tutt'intorno continuavano gli scontri, sebbene con meno animosità, segno che ormai la battaglia volgeva al termine.
“Il signor Olsen ha bisogno di vedere un chirurgo il prima possibile; qui sulla nave io non posso fare molto a parte ripulire e bendare la ferita, dovremmo sbarcare a Brest dove...”un marinaio dell'altro equipaggio stramazzò alle sue spalle e interruppe il delicato ragionamento, il signor Murray si alzò e lo allontanò a suon di calci “Sempre che queste carogne ce lo permettano!”
Il giovane svedese non aveva aperto bocca, il suo sguardo rimpallava inquieto tra il quartiermastro, Justus e ciò che scorgeva dello scontro.
Non sarebbero mai arrivati in tempo a Brest, nemmeno se il vento avesse fatto volare l'Alcyone sulle onde.
“Capitano...”
“Attraccheremo a Brest prima di cena, dovessi prendere quel maledetto vapore e buttare ai pesci tutto il suo equipaggio per farlo!” esclamò Justus intuendo ciò che passava nella mente del ragazzo.
“Apprezzo le intenzioni.” Sigvard sorrise e pose la mano su quelle dell'uomo, strette in una morsa tormentata “E sarei disposto a chiudere un occhio su un tale atto di pirateria... Ma... Credo che sarebbe inutile.”
“Abbiamo passato di peggio a Hong Kong, sei forte, c'è sangue vichingo in te...”
“Che se ne sta andando dalla ferita.”
“Ti pare il caso di mettersi a fare battute infelici, in mezzo a quest'iradiddio?”
“Tu le le fai sempre e poi... Me l'hai servita su un piatto d'argento.”
L'olandese alzò gli occhi al cielo e Sigvard ridacchiò stancamente, poi fece per sollevarsi, ma ricadde a terra senza forze.
“Diamine stai fermo, peggiori la situazione!” lo redarguì l'altro, che prese le sue mani e le sistemò sul ventre “Devi premere forte, va bene? Il signor Murray tornerà presto con le bende e le medicazioni.”
Si sentiva impotente, tutta la sua esperienza, il coraggio, l'audacia nell'affrontare il pericolo erano inutili se non riusciva ad aiutare la persona che amava.
“Justus devi riprendere il comando della nave...” gli suggerì il giovane intuendo la sua angoscia, intanto il quartiermastro era riuscito a recuperare la cassetta dei medicinali e a portarla da loro senza farsi impallinare.
“Agli uomini servono le direttive del capitano.”insistette.
“Io non vado da nessuna parte!”
“Sono in buone mani col signor Murray.”
L'uomo non sentiva ragioni, aveva bisogno di una motivazione valida, gli diede po' di speranza.
“Nel caso in cui riuscissimo a cavarcela...”
“Non parlare per ipotesi, noi ce la caveremo.”
“Va bene... Allora ai piacerebbe fare quella gita in calesse lungo il sentiero che costeggia i campi di tulipani. Ricordi? Me ne parlasti ad Hong Kong.”
L'interpellato lo fissò sorpreso; non ricordava di avergliene parlato, le scampagnate coi suoi genitori erano ricordi d'infanzia che custodiva gelosamente, perché sembravano quasi appartenere alla vita di qualcun altro; ad una versione migliore di Justus Van Loo, a cui si aggrappava nei momenti bui, per non precipitare nel baratro della disperazione.
Poteva averglielo rivelato solo durante il delirio in cui era caduto dopo l'intossicazione da oppio e Sigvard era stato tanto discreto da non farne mai menzione con lui.
Fino a quel momento.
La sua espressione si addolcì.
“Faremo la gita in calesse, vedrai così tanti tulipani e mulini da averne la nausea.”
“Mi piace l'idea...”
Il viso tirato e sofferente del secondo ufficiale si distese in un sorriso; Sigvard parve assopirsi e nel contempo il signor Murray si accigliò.
Il capitano non ebbe modo di chiedergliene conto, un triplice fischio, proveniente dalla nave a vapore, impose un rapidissimo mutamento delle circostanze: il segnale spinse gli aggressori ad abbandonare il campo e a rientrare in tutta fretta, qualcuno si preoccupò di raccogliere un compagno ferito, ma i più si accalcarono sulla stretta passerella.
“Nave in vista!” gridò nel frattempo il signor Bonneville “Perdio! È una corazzata costiera francese!”
L'equipaggio, o almeno chi riusciva a reggersi in piedi, si precipitò alle murate, scrutando l'orizzonte, dove la mole metallica dell'incrociatore si era palesata.
Era la spinta che serviva a a scuotere Van Loo.
“Issate le bandiere con la richiesta di soccorso! Signor Bonneville organizzate una squadra che si occupi dei feriti, riprendiamo il controllo di questa nave!”
Da più parti si levarono delle esclamazioni di approvazione e gli uomini cominciarono a sciamare da prora a poppa.
Le bandiere furono issate e dopo alcuni interminabili minuti dalla corazzata partirono un paio di colpi d'avvertimento diretti al vapore, che arrancava sbuffando in direzione delle Isole britanniche del canale.
Sigvard non poté vederlo, secondo il signor Murray era svenuto a causa dell'emorragia, ma c'era ancora il polso, sebbene fosse lieve ed accelerato.
Le operazioni di sbarco dei militari francesi sembrarono durare un'eternità e Justus si tranquillizzò soltanto quando vide spuntare dietro la divisa degli ufficiali quella del medico di bordo seguito da un paio di infermieri.
Dovette lottare contro l'istinto di seguire la barella che stava portando via il giovane svedese esanime, lui era il Capitano aveva delle responsabilità e delle spiegazioni da fornire.

“Quindi si trattava di contrabbandieri.” il Comandante della Béarn alzò gli occhi dalle carte nautiche e li portò sui volti del Capitano Van Loo e del Conte Crebillon, entrambi avevano l'espressione imperscrutabile di una sfinge.
“O così ci è sembrato, non sono stati molto loquaci, ci hanno aggredito approfittando delle nostre difficoltà di navigazione.
Probabilmente ci seguivano da Portsmouth.”
“Pensavano ad una preda facile, una lussuosa nave passeggeri, un equipaggio di pochi membri...”
“E invece si sono trovati dentro un inferno di battaglia...” concluse l'ufficiale “Siete stato previdente nella scelta della ciurma, Conte.”
“Il merito è tutto del Capitano, anzi se posso vi chiederei di congedarlo e permettergli di vedere i feriti, rimarrò io a disposizione.”
“Non è necessario, ho quanto mi serve per fare rapporto, vi scorteremo fino a Brest e lì ci sarà qualche incartamento da firmare, date disposizioni ai vostri uomini e raggiungetemi sulla Béarn Capitano Van Loo, ripartiamo subito.”
“Il signor Bonneville porterà la nave.” dichiarò Justus prima di uscire dalla cabina “Non dovete preoccuparvi, conosce l'Alcyone come le sue tasche.”
“Vi sembro un tipo che si preoccupa, Capitano?” rispose imperturbabile il nobiluomo, poi gli rivolse un tenue sorriso “Andate a sincerarvi delle condizioni del signor Olsen e degli altri marinai. E riferite che tutti riceveranno il triplo della paga pattuita.”
L'interpellato si mostrò stupito, poi sogghignò “Potete dirglielo di persona, hanno apprezzato il vostro intervento durante lo scontro e penso che adesso vi stimino molto di più.”
“Oh, quindi ora... Faccio parte dell'equipaggio anche io?”
“Non esageriamo signor Conte...”



Quando Sigvard riprese conoscenza si accorse che non avvertiva più il familiare rollio delle onde, né l'odore del mare; si sforzò di aprire gli occhi e scoprì di essere circondato dal bianco: bianco il soffitto, bianche le pareti, bianche le tende che incorniciavano un ampio rettangolo luminoso oltre quale c'era bianco a perdita d'occhio.
Se non era morto doveva trovarsi in ospedale.

“Justus?”
Non poteva averne la certezza, però avvertiva la sua presenza.
Il profondo sospiro che seguì produsse un fruscio di stoffa fuori dal suo campo visivo e una leggera pressione ai piedi del letto sui cui era sdraiato.
“Eccomi.” gli rispose l'olandese, che aveva atteso pazientemente il suo risveglio accanto al suo capezzale.
“Ho sete...” la voce usciva roca e impastata dalla gola riarsa, in quel momento avrebbe dato un braccio per un sorso di acqua fresca “Quanto...”
“Sei rimasto incosciente un giorno intero, ma l'operazione è andata bene e i medici sono ottimisti, tra un paio di mesi sarai come nuovo.” lo rassicurò l'uomo, sfiorandogli la guancia con una fugace carezza.
“Due mesi? Uno basta e avanza... Tutto questo bianco mi farà diventare matto...”
“Oh, lo spirito c'è, buon segno...” convenne l'altro, che si stava già prodigando per farlo bere senza strozzarsi.
“Dico sul serio, detesto gli ospedali, per guarire mi bastano il cielo, il mare e una nave sotto i piedi.”
“Il Conte ti ha invitato a trascorrere la convalescenza nella villa di Biarritz, mi sembra un buon compromesso...”
Il giovane svedese arricciò le labbra, mostrando un certo disappunto.
“Anche in Olanda abbiamo il mare.” suggerì allora Justus.
“E i tulipani.”
“Esatto.”
“E i mulini a vento.”
“Il Conte ne sarà deluso.”
“Ci faremo perdonare allestendogli un bel cannone nuovo sull'Alcyone, o magari un arpione per la caccia alle balene, che all'occorrenza possa sfondare le fiancate di un vapore. Potremmo fare una visita ai cantieri navali di Amsterdam...”
“Sigvard mi spaventi!” esclamò l'uomo fingendosi scandalizzato “Sei diventato un guerrafondaio, il laudano ti ha fatto male!”
“Non lamentarti, chi va con lo zoppo impara a zoppicare!”
Justus soffocò la risata in un colpo di tosse, dalla porta si era affacciato il viso arcigno di una suora., attirata dall'insolita confusione proveniente dalla loro stanza.
“Mi seguirai sempre?” bisbigliò, mentre gli rimboccava le coperte.
“Sei il mio Capitano, verrò anche in capo al mondo con te.”
“L'Olanda è più vicina.”
“Vada per l'Olanda allora.”

Fine


⋆ La voce dell'intraprendenza ⋆

Carissimi,
un po' in ritardo sulla tabella di marcia arriva questo breve racconto che chiude (almeno per il momento) la trilogia marittima vittoriana del Capitano olandese e del giovane ufficiale di rotta che Old Fashioned stavolta mi ha gentilmente dato in prestito.
I nostri eroi sono finalmente giunti nei più sicuri lidi europei, che alla fine non si sono rivelati così sicuri...
Dopo l'ingaggio ricevuto da un nobile ed annoiato gentiluomo francese si trovano invischiati in un inseguimento nel Canale della Manica che forse gli ha fatto rimpiagere il Mar della Cina :3
I due hanno portato a casa la buccia anche stavolta e li vediamo in procinto di partire per una meritata vacanza.
Conoscendoli però so che non staranno con le mani in mano ^^
Ringrazio anticipatamente chi vorrà leggere e lasciare un pensiero su questa movimentata traversata e vi rimando a tempi mediamente brevi con la continuazione della storia cinesina :3

Chi volesse recuperare la prima parte della storia in salsa esotica, coloniale, piratesca e vittoriana può farlo qui:
Una ballata del mare salato
e qui:
Redde rationem

Traduzioni:
Rangatira: in polinesiano esprime un appellativo onorifico, verso qualcuno degno di rispetto.
Rewa rua, sempre in polinesiano: barca, veliero.



   
 
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