Capitolo
14
Precipitando
Lettera 104
Thor, a volte mi
chiedo se hai notato quel piccolo,
insignificante dettaglio circa la mia cattività. Non posso
uscire da qui. Non
c’è perdono nelle intenzioni di Padre Tutto. Non
mi libererà. Se guarissi, non
sono nemmeno certo del fatto che mi lascerebbe vivere in queste stanze.
E lo
dico a ragion veduta, nonostante stia facendo il suo gioco, indagando
per lui,
per Asgard che mi ha rifiutato. Giudichi la mia proposta ignobile, ed
è
divertente e spassoso, lo dico davvero, vedere come
certe parole cariche
di disprezzo vi riempiano la bocca, ipocriti che non siete altro, tu e
tutti
gli altri. È onorevole – e in molti lo hanno
fatto, non c’è bisogno che mi
ripeta – offrire privilegi e pagare ricche doti alle proprie
concubine, amanti
o ex spose ripudiate, desiderose di rifarsi una vita – e bada
che non sto
ammettendo niente. Nostro padre non si è
esposto pubblicamente con la
famiglia di Sigyn e di Astrid, all’epoca. Non voleva che,
favorendoli, la sua
relazione diventasse di dominio pubblico, ora lo sappiamo, ma io non ho
niente
da perdere e mi sembra corretto – non ridere, l’ho
scritto per davvero – che
Sigyn abbia una ricca dote da parte mia, una che le consenta di essere
la
felice sposa di chi voglia. Che alternative ha? Nessuna.
L’oro la
renderebbe appetibile e libera, ripulirebbe l’onore che dite
le ho sporcato, le
garantirebbe una vita al riparo da me, da Asgard, dal Cacciatore.
Pare,
però, che la mia logica stringente vi abbia
profondamente offesi tutti. L’ho notato dalla valanga di
insulti che mi hanno
investito in questi ultimi giorni. Da Sigyn mi aspettavo una reazione
particolarmente
vivace, ovviamente, sebbene mi abbia stupito la sua
ottima mira, degna
di un arciere. Ti confesso che ho fatto una certa fatica a evitare il
libro che
mi ha lanciato contro. Ma proprio questa sua passionale –
deliziosa – rivolta
alla mia volontà è il segno che si deve pur fare
qualcosa per il suo futuro. A
prescindere da ciò che quell’impiccione maledetto
di Balder va blaterando,
siamo stati comunque troppo vicini, e lei, sebbene
non abbia mai evitato
di alzare i suoi begli occhi su di me, quando mi guarda vede non solo
il figlio
del suo re, il principe dannato di Asgard, ma l’uomo che ama.
E riconoscere
l’uomo e dimenticare il dio è pericoloso, per lei.
Così, offesa dal mio senso
pratico, diserta la torre da alcuni giorni e, per non farmi
preoccupare, mi fa
avere sue notizie per mezzo di Bjorn e di sua moglie.
Lettera 105
Le tue
insinuazioni, al solito, sono irritanti, fratello.
Persino la tua calligrafia sbilenca mi indispettisce. Io non mi
crogiolo nella
mia romantica cattiva fama, come l’hai
definita tu. Constato. E sia
chiaro che non ti sto rispondendo a stretto giro perché
sento il bisogno di
correggerti e discolparmi – sanno le Norne se non mi prudono
le dita di fronte
a certe schifezze che scrivi, ma solo per via della fastidiosa insonnia
che mi
fa rimanere sveglio fin quando non iniziano a cinguettare tutti i
volatili di
Asgard, che pare abbiano trovato convegno proprio sopra il mio tetto.
Quindi,
dato che non ho niente da fare perché continuo
a essere un pericoloso
nemico di Asgard, inganno il tempo vanificando il senso dei tuoi
scarabocchi,
ammesso che ne abbiano mai avuto uno.
E, soprattutto,
faccio quello che dovrebbe fare Balder il
Beota anziché seguire piste fantasiose e brancolare (o
brucare) nel buio più fitto.
È per questo che ho chiesto quei registri, ben conscio che
le informazioni che
vi troverò saranno false. Ma a me non interessa questo: mi
importa di trovare
una corrispondenza vaga e capire se c’è un altro
erede o meno, magari
abbandonato o nascosto. La sua nascita potrebbe essere stata camuffata
e
spostata di qualche giorno o settimana – mesi persino, chi
capirebbe la
differenza? Ho smosso anche, grazie ai miei goffi tirapiedi (ma sai
come si
dice; si lavora con quello che si ha), un po’ del torbido che
c’è nei
bassifondi di Asgard. Heimdall continua a ripetere quello che
già sappiamo. Era
a conoscenza dell’interesse del nostro austero genitore nei
confronti di della
graziosa Astrid, ma non ha idea se ci sia stato un figlio o meno. Allo
stesso
modo, non sa dire se l’ipotetico principino sia vivo oppure
morto – ma immagina
che divertimento sarebbe, se fosse proprio lui il cacciatore. Oh, lo so
bene, è
un’ipotesi così blasfema e irriverente che
commetto tradimento solamente a
scriverla, ma del resto non ho quasi più niente da perdere
– e rischiare, alle
volte, fa sentire vivi. No, non stracciare la lettera e continua,
fidati di me:
ti strapperò senza dubbio qualche risata. Pensa a quanto le
nostre posizioni
risalirebbero, se il buon Odino scoprisse che l’arrogante
primogenito che ha già
bandito una volta e che ha osato mettersi in cerca delle Gemme
dell’Infinito e
il figlio adottivo attualmente incarcerato per aver tradito Asgard in
svariate
occasioni – ma cos’è, il tradimento, in
fondo? Una questione di punti di vista –
non sono il peggio che è uscito da lui. Immagina come
sarebbe disorientato e
furioso se avesse generato una simile disgrazia, capace di offuscare le
due che
ha già[1]?
Lettera 106
Vedi Thor, sulla
sintassi c’è da lavorare e anche sulla
povertà semantica delle tue lettere. Le figure retoriche che
utilizzi sono o
troppo vecchio stile o inefficaci e, nel complesso, le tue frasi non
sono per
niente musicali. Come se non bastasse, spesso riscontro una
punteggiatura distratta.
Per quanto concerne l’altra questione, invece, sapevo che
saremmo andati a
parare sempre sulle solite recriminazioni che, ogni tanto, fingi di
aver
accantonato per sempre. Com’è che dite, tu e Sif?
Che godo del male altrui, che
provo una malefica soddisfazione nel veder soffrire chi mi è
accanto. E questo
anche quando immagino e fantastico su teorie irrealizzabili e
strampalate,
perché un presunto figlio di Astrid, se ci fosse stato e se
fosse vivo oggi,
avrebbe la metà degli anni di Balder l’idiota
– quindi pochi, decisamente troppo
pochi per escogitare un piano così
complesso che prevede anche il
mio avvelenamento. Essere il figlio naturale di Odino, come dovresti
sapere
bene tu, non vuol dire necessariamente possedere un lasciapassare
valido per
sedersi al tavolo degli intelligenti, tutt’altro. Quindi le
mie della scorsa
lettera erano nient’altro se non oziose, ironiche
fantasticherie, che,
purtroppo, tu non cogli.
Lettera 107
Sigyn le avrebbe
colte, sì, così come avrebbe, se fosse stata
qui, capito al volo che un bambino non può essere il
Cacciatore.
Lettera 108
Ad Asgard piove
ininterrottamente da almeno tre giorni e il
vento di Jotunheim – freddo e implacabile come
l’acciaio, rende tutti più
nervosi e intolleranti, persino Bjorn, che nasconde malamente
l’impazienza
muovendosi di continuo. Ammetto, perché sono estremamente
magnanimo e so
immedesimarmi negli altri, sebbene tutti voi mi abbiate tacciato
recentemente
di malvagità e mancanza di empatia, che il suo turno era
già finito da un’ora,
quando ho acconsentito ad adempiere allo snervante compito che
è lo scriverti.
Ma non m’importa se ha fame, ha sonno ed è stanco.
La sua sofferenza
nell’attendere che lo mandi via non è nemmeno la
metà del tedio e del fastidio
che provo io nello scriverti banalità.
E, in fondo, è bene che rimanga
qui, visto che nelle locande si vanta del fatto che lo chiamo per nome.
Questo
è il prezzo per essere cosa,
esattamente? Più che un secondino a me
sembra un domestico.
Prima che tu me
lo chieda, questa lettera non conterrà
informazioni rilevanti per il Cacciatore o per le Gemme per la semplice
motivazione che non ho niente da dirti. È per questo che non
ti scrivevo, Thor,
credevo che questo fosse il tacito patto. Ma la maledizione che mi
insegue fa
sì che le persone che mi sono attorno si agitino sia quando
parlo che le volte
in cui scelgo la saggia via del silenzio – anzi, a volte pare
che il non
sentire la mia voce li inquieti ancora di più.
La verità è che non ho
trovato nulla di rilevante nelle carte che ho esaminato. Niente che
valga la
pena di essere riferito nelle ciarle tediose di Balder, che ha avuto la
malaugurata idea di rovinare la mia giornata palesandosi per dirmi
ovvietà. Una
su tutte, che ad Asgard corrono strane voci su tutti noi. Roba da non
prendere
sonno la notte, ti pare?
Lettera 109
Se Sigyn
tornasse, finirebbe per perdersi definitivamente. La
voglio lontana da questa torre, libera da una storia che puzza di
sangue e di
morte. È vero quello che dici: ha sempre cercato la mia
compagnia e, forse, se
non fossi stato rinchiuso nelle segrete di Asgard, lei non avrebbe
insistito
per scendere le strette scale che portano fino alle prigioni. Mi
rivolgeva la
parola guardandomi negli occhi ed era, allo stesso tempo, esitante e
spavalda.
Ammiravo – ammiro – anche questo, di lei. Il
coraggio che ha dimostrato nel
raccontarmi il suo amore per me senza pretendere nulla in cambio,
neanche la
gentilezza. E so di non essere stato gentile, con lei, mai.
Ho cercato
di non esserlo e forse, pensandoci, alla fine questo
è stato il mio
errore. Vedi, fratello, l’ha presa come una cortesia nei suoi
riguardi. Deve
aver creduto che mostrarle il lato peggiore di me sia stato un modo
contorto
per proteggerla, per non illuderla. Nella durezza delle mie parole, nel
sarcasmo esibito e tagliente, ha rintracciato una flebile luce cui si
è
attaccata, che ha seguito. Avrei dovuto allontanarla quando sono stato
trasferito in cima a questa torre isolata e desolata, ma non ho voluto.
È un
mio terribile difetto, il voler rendere reali talune illusioni
– fantasie.
Immagino che
Bjorn non abbia potuto fare a meno di dirti che
lei, dopo molti giorni, mi ha scritto, ma, per fortuna, il resto della
mia
corrispondenza non è affare tuo.
Lettera 110
Il potere
affascina, intriga, ammalia. E questo non riguarda
solamente chi lo stringe tra le dita e chi vorrebbe farlo, ma anche chi
osserva
lo scintillio delle armature, la finezza dei tessuti, lo splendore dei
gioielli, le schiene diritte e gli occhi sfavillanti e immagina, sogna,
invidia. Sembra sempre tutto magnifico a chi ammira
un’acconciatura elaborata e
un’unione che pare perfettamente assortita. Lo scopo del
Cacciatore era quello
di svelare i segreti più ignobili di Padre Tutto.
L’ho già scritto e lo ripeto
anche qui, in questa lettera. Bjorn si è offerto di scrivere
sotto dettatura,
al posto mio. Se ne avessi le forze, ti giuro, lo picchierei per
quest’affronto, ma non posso e persino recitare le rune
è faticoso, oggi. Siamo
nati per essere re e condottieri, non per mostrare
incapacità o dolore. Bjorn
osserva lo sforzo che faccio per tracciare ogni runa e deglutisce, a
disagio.
Si morde le labbra, perché ha capito che la sua gentilezza
è risultata
offensiva ai miei occhi. Si è ricordato di quanto detesti la
commiserazione e
l’altrui pietà – si è
rammentato che un principe di Asgard non teme né la
fatica né la sofferenza; una lezione che io e te abbiamo
imparato molto bene,
ma che altri, nati in anni di pace, non hanno appreso altrettanto a
fondo. Presumo
sia il prezzo dell’ordine.
Il Cacciatore ha
aumentato le dosi del suo veleno. Magari
desidera che Sigyn torni e riallacci con me ogni rapporto, gettandosi
alle
spalle la terribile scoperta della quasi parentela esistente tra noi
due. Del
resto, qualsiasi colpa è già stata
consumata. Acquisita per via di quel
figlio morto a poche settimane dalla nascita che avrebbe potuto
riscrivere le
sorti di Asgard, di quel nostro fratello le cui spoglie,
anziché essere
tumulate insieme agli altri membri della casa di Odino, giacciono in un
anonimo
campo, insieme alle ossa estranee dei contadini che ne hanno lavorato
la terra
fino allo sfinimento. So che Heimdall ti ha già raccontato
il come e il dove.
So anche che trovi tutto questo terribile, ipocrita e ingiusto, ma non
rifilarmi la menzogna che ne sei stupito, te ne prego. Non adesso, non
a questo
punto. Non dopo tutto quello che Padre Tutto ha fatto a me. Una simile
ingenuità da parte tua è l’ennesima
conferma del fatto che sei inadatto al
governo di qualsiasi cosa – non ti affiderei nemmeno un
drakkar mezzo affondato,
fratello[2].
Lettera 111*
Preferisco
rispondere alle tue lettere a voce, guardandoti in
viso. Ma se tornerai, se non riuscirai a resistere al desiderio di
ascoltare quello
che ho da dirti – ma lo vuoi davvero sapere? –
rimarrai intrappolata, di nuovo,
nei contorti intrighi di Odino. Come me. Ma mentre io sono condannato a
una
prigionia lunga tutto il resto della mia vita e, allo stato
dell’arte, mi è
impossibile andarmene, tu sei libera di dimenticare e di lasciarti
tutto alle
spalle. Di accettare i miei doni che non hanno nulla di sconveniente e
molto di
pratico, anche. Agisci come devi, brucia questa lettera e presta
attenzione a
tutto quello che ti circonda, mia cara Sigyn.
Lettera 112
In qualcuna
delle lettere che ti ho scritto nei mesi passati
– ma a volte sembrano anni – ti ho detto che, alla
fine, ho ricordato la fine
del magnifico lupo di nostro padre. La memoria funziona
così, va coltivata ed
evocata in mezzo al groviglio composto dal nostro passato e dalla somma
dei
giorni che si sono confusi gli uni con gli altri. Da quanto dura la mia
prigionia, Thor? Astrid è morta mesi o anni fa? A volte lo
dimentico, fratello,
e mi sembra di essere rinchiuso qui da secoli. Quelle sere in cui mi
avvicinavo
lentamente e con la massima cautela alla gabbia fissando gli occhi
gialli e
feroci di quella magnifica bestia, del lupo inferocito che sfidava
l’autorità
di mio padre, avrei dovuto sapere – e forse, in una qualche
recondita parte di
me, ne ero già vagamente cosciente – di stare
osservando nient’altro che il mio
destino. Le Norne, Thor, sono beffarde quanto abili: a volte, si
divertono nel
mostrarci, sotto altre spoglie, la trama che stanno già
filando per noi. A
vederlo da questo cupo punto di vista, il malessere che provavo
fissando la
cattività del magnifico e spaventoso lupo non era altro che
il presentimento
della prigione che, a sua volta, attendeva me. Gli ingranaggi della
trappola
che mi avrebbe rinchiuso si erano già messi in moto, la
promessa del trono su
cui solo il più meritevole tra di noi si sarebbe potuto
sedere aveva cominciato
a invadere i nostri sogni di ragazzini. Il lupo non si è
lasciato morire di
fame, sebbene rifiutasse coraggiosamente il cibo. È una
delle mie colpe,
un’altra delle molte che mi impediscono di sollevare Mjollnir
ed essere degno.
Presumo che non sia considerato onorevole liberare un feroce lupo
– mi ha
guardato fino alla fine e solo in quel momento lo ha fatto senza alcun
rancore.
Forse, vedeva già in me il prigioniero che sarei stato
– che sono.
Sai che lei
è tornata anche se non avrebbe dovuto farlo. La
scusa che ci siamo raccontati è che voleva conoscere
l’ubicazione esatta della
tomba dov’è sepolto il nipote che non sapeva di
avere – il nostro fratellastro.
Heimdall sostiene che se non fosse nato sarebbe stato tutto
più semplice, ma
che la sua morte non fu affatto voluta. Se n’è
andato come capita a volte agli
infanti, ma il sospiro che ha strappato dal petto di Odino è
stato, con tutta
probabilità, di dolore e di stupore. Le Norne lo hanno
favorito eliminando un
erede scomodo, più ingiustificabile di quanto lo sono stato
io. Perché io, Loki
di Asgard, ho meritato quest’appellativo. Me lo sono
guadagnato sputando sangue
nei campi di battaglia, consumandomi gli occhi sulle pergamene
rosicchiate dai
topi che contenevano i segreti degli incantesimi che, poi, ho imparato
a
padroneggiare. Quando le mie vere origini sono state rivelate, ero
già il
principe degli Æsir che comandava la marca settentrionale[3]
– che scelta oculata e
inevitabile, quella di nostro padre, non ti pare? Assegnarmi il feudo
che
sapeva confinante con quello del padre che mi generò e che
ha vissuto considerandomi
troppo debole per vivere.
Lei è
tornata e il lutto non le dona, anche se l’oro dei suoi
capelli splende di più, se le ciocche scendono e si
arrotolano sulla seta scura
e sul velluto color tenebra. Il veleno che mi corrode, quella sera, era
tenuto
a bada da uno dei medicamenti di nostra madre. Per una volta,
è stata lei a
raccontare, a parlare del tumulo semi nascosto che si confonde in mezzo
all’erba alta. La sua voce non palesava nessuna particolare
inflessione, come
se si fosse svuotata di ogni tristezza, ma io sentivo –
vedevo, percepivo, il
lavoro che deve aver fatto su sé stessa. Ha ricostruito
assenze e menzogne. Col
senno del poi, capire che sua sorella si era allontanata dalla famiglia
perché
incinta e che i suoi genitori hanno coperto la gravidanza e il parto
è stato
palese. Si è sentita ingannata, usata. Bjorn ti
dirà che l’ho trovata bella e
che l’ho consolata.
Lettera 113
Sigyn
è tornata da me senza accettare i miei doni, senza
ascoltare le mie parole. Te l’assicuro, fratello. Mi ha
chiesto di tacere e di
lasciare che fosse lei a spiegare. Ha la compostezza e la
nobiltà di una grande
dama e lo spirito infuocato di una guerriera, sotto quello strato di
dolcezza
che è un balsamo per me – eppure, se è
qui, è per colpa mia, solo mia. E non me
ne pento, anzi. Non sopporta la lontananza, dice,
non sopporta gli
altri, che la fissano con quegli sguardi di disapprovazione che io
conosco così
bene. Niente è definito, tra noi, tutto è rimasto
sospeso, cristallizzato, imprigionato.
Come sono io, come siamo noi.
Padre Tutto
è venuto a farmi visita, interrompendo meno cose
di quanto Bjorn o tu immaginiate, ma più di quanto
è lecito che sappiate. Non è
stato un incontro piacevole, chiaramente, ma credo che tu, di questo
sia stato
avvertito già. Non fingere con me di essere stupito e non
piantarmi le tue
solite sequele di recriminazioni – a me, dico, a me!
– su quello che
avrei o non avrei dovuto dire a Odino. Come se tu
non avessi mai
risposto in maniera insolente e inopportuna al tuo venerabile re e
padre –
l’ordine col quale li ho scritti non è casuale,
no, per nulla. Prima siamo
sudditi, generali piegati ai suoi ordini e poi, solo in seconda
battuta, figli.
Abbiamo parlato
di quel fratellastro forse più fortunato di me
e di te. L’ho guardato nel suo occhio così
spietato e gli ho chiesto come ha
potuto negare al sangue del suo sangue una sepoltura degna. Ho
insinuato anche
altro. Ho sollevato colpe, gettato ombre, immaginato soluzioni. E lui
mi
fissava senza rispondermi, fratello, con un sorriso triste e beffardo
sul suo
viso segnato dalle rughe. “Conosci la mia testa molto bene,
ma non il mio
cuore,” ha replicato, e l’ha fatto con disprezzo o
disincanto, non so decidermi.
Gli ricordo il lupo che non è riuscito a piegare, lo
sappiamo entrambi. Ma
mentre io ho dimenticato come morì quella bestia, lui ci ha
pensato
continuamente da allora. Dite spesso che ci assomigliamo. Lo sostieni
tu quando
desideri ferirmi, lo borbotta tra i denti Balder sperando che io non lo
senta,
lo sospira nostra madre. Ma in realtà, io e Padre Tutto non
ci capiamo. Forse è
un difetto di questa presunta somiglianza, come quando, nel tentativo
di vedere
più chiaramente un oggetto, lo avviciniamo troppo ai nostri
occhi finché
quest’ultimo perde contorni, colori, significato. Ha
minacciato di farmi
tornare nelle celle sotterranee di Asgard, giurato che non mi
libererà mai,
sostenuto che la mia irriverenza corrisponde a un tradimento. Gli ho
detto che
ha ragione e non ho saputo resistere alla tentazione di dirgli che
è lui
l’obiettivo, la causa, lo scopo del Cacciatore. È
evidente che non sono l’unico
a conoscenza delle sue colpe, delle molte ipocrisie che nasconde sotto
l’immagine del sovrano giusto. E lì, fratello,
sono certo di aver colto un
bagliore, nel suo sguardo, una consapevolezza che solo le recenti
riflessioni
hanno reso limpida. Te ne parlerò a voce, quando saremo
soli.
Lettera 114
L’idea
di rimettere in piedi il cifrario che usavamo quando
eravamo due ragazzini è senz’altro molto poetica e
nostalgica, ma temo che
sarebbe comunque una mossa poco accorta, da parte nostra. Quando
eravamo poco
più che bambini le nostre malefatte non destavano tanta
preoccupazione quanta
ne solleverebbero oggi. Al tempo non avevamo ancora sfoggiato il nostro
potenziale, sebbene un occhio attento avrebbe già potuto
rintracciare quello
che saremmo diventati. La tua forza prodigiosa si era, se ben ricordo,
già
ampiamente mostrata nelle gare di lancio del tronco, di sollevamento
dei massi.
La mia intelligenza veniva messa in luce dai piccoli incantesimi che
già
riuscivo a controllare e a modificare a mio piacimento e da qualche
scherzo
davvero divertente e ben piazzato. Ma, in fondo, che potevamo mai fare?
Prendere i cavalli e inoltrarci nella foresta? Andare a caccia senza
permesso?
Qualche scorribanda nei regni vicini, fatta al solo scopo di esplorare,
conoscere, stupirci di cose nuove? In fondo, eravamo innocui e
inoffensivi. D’accordo,
in alcuni casi le nostre ragazzate si sono rivelate un po’
più difficili da
gestire dal previsto, ma in fondo siamo nati per essere re, giusto?
Tornando a
noi, oggi, se Padre Tutto intercettasse qualcosa di cifrato, se venisse
a
sapere da una delle guardie che mi controllano che la tua tanto amata
corrispondenza è meno limpida di quanto dovrebbe, cosa credi
che farebbe? Appunto.
I
miei secondini
bevono e giocano a carte con me e si comportano più come dei
domestici servili
che come dei carcerieri, ma non mi fido di loro a tal punto da
affidargli
quello che ho da dirti. Del resto, credo che tu possa tornare ad Asgard
senza
che l’ira di Odino si abbatta con troppa violenza su di te.
Nascondere la gemma
è stato un gesto legittimo e lungimirante, lo sa anche lui.
E finché resta
irraggiungibile, da qualche parte, è lontana anche dalle
grinfie del Titano.
Per certi versi, la mia prigionia è quasi una fortuna. Se mi
sapesse libero non
esiterebbe a chiedermi di saldare i molti conti che abbiamo in sospeso.
Ho
visto come agisce, conosco la logica della sua mente disturbata.
Lettera 115
Il veleno mi
debilita, ma non fino al punto di impedirmi di
cercare un rimedio efficace, un siero, una cura in grado di ridarmi le
forze. A
sfiancarmi nei pochi giorni che sono intercorsi dalla tua partenza
è stato
Balder il Beota, con le sue inutili lagne. A me non può
importare di meno che
si senta in colpa per non avermi dato retta, anzi. Merita di sentirsi
uno
straccio. Se avesse atteso, se si fosse fidato della mia
capacità di giudizio –
delle mie intenzioni, a lui, non deve interessare – quel
poveraccio non sarebbe
morto invano e il Cacciatore non avrebbe riso della vostra
stupidità. Ed
è questo quello che mi fa infuriare di più.
Balder, dicevo, mi ronza attorno inviato
da Padre Tutto, che desidera spiarmi per poi piegarmi. Le mie prese di
posizione non gli sono piaciute e temo che il mio soggiorno in questa
torre
così arieggiata e assolata sia a rischio. Ma il piacere di
dirgli in faccia
quasi tutto quello che penso non aveva prezzo, Thor.
Nel tentativo di
trovare il rimedio che i cerusici di Asgard
non sono riusciti a rintracciare, mi sono venuti in mente un
po’ di posti dove il
Cacciatore potrebbe rifornirsi; oscure botteghe di speziali, sedicenti
veggenti
e un considerevole numero di cialtroni più o meno dichiarati
affollano i
mercati vicino al porto del fiordo. E se il nostro assassino, che ha
accesso
alle sale più splendenti del palazzo del re degli
Æsir e riesce a mettere del
veleno nel cibo o nell’acqua dell’ingannatore, si
rifornisse proprio dai più
sudici tra i venditori di erbe, medicamenti e unguenti? Non appena le
mie
condizioni si sono rivelate in tutta la loro criticità fu
dato ordine, questo è
vero, di controllare con discrezione la provenienza degli ingredienti
atti a
creare simili veleni mortali, ma io stavo troppo male per poter agire
in prima
persona, la notizia che ero stato colpito dall’assassino
andava tenuta nascosta
il più possibile e l’indagine fatta non
è stata svolta con la perizia con cui l’avrei
condotta io, non foss’altro perché mancavano,
all’appello, alcuni degli
ingredienti del veleno stesso. Senza la ricetta completa della pozione
che mi
ha avvelenato per settimane o mesi, chi può dirlo, capire
chi poteva approvvigionarsene,
dove e in quale modo era praticamente impossibile. Ma adesso,
finalmente, so
cosa mi è stato dato e so chi potrebbe aver visto o aiutato
il nostro
assassino.
L’angolo
di Shilyss
Care
Lettrici e cari Lettori del
mio cuore ♥ ♥!
Sono passate troppe,
troppe settimane dal mio
ultimo aggiornamento in generale e quindi eccomi qui, sempre con loro e
deliziata dalla visione di What if. Spero che sia rimasto qualche
lettore
paziente che sopporta i miei lunghi silenzi – ah, che tempi
quelli in cui
aggiornavo tutte le settimane in maniera costante! – ma la
real life è la real
life e, talvolta, per scrivere c’è bisogno di un
momento di calma e di tranquillità.
Siamo quasi alle
battute finali di questa
storia, nel senso che Loki pare aver raccolto diversi indizi in questi
ultimi
due capitoli. Chi sarà ‘sto benedetto Cacciatore?
Ringrazio
con tutto il cuore chi listerà,
recensirà o semplicemente leggerà questa storia: a
parte gli scherzi (lokini) siete importanti e sappiate che
leggo tutti i vostri
commenti e non vi mangio. Spesso non rispondo pubblicamente, ma se vi
palesate
lo faccio e sono molto alla mano, ecco.
Ricordo
che il personaggio di Sigyn, tolto quello che
trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia,
è una mia personale
interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Non ha una sorella di
nome
Astrid nella realtà, ho scelto il nome Astrid
perché è il primo con la A che mi
è venuto in mente e, per praticità, lo uso in
tutte le mie storie. Non vi
autorizzo a ispirarvi o peggio a questa versione o alle altre storie da
me
postate né qui né altrove (peggio mi sento con le
fiabe, come questa) e lo
stesso vale per gli headcanon su Vanheim, su Loki o su Asgard stessa.
Lo stesso
vale per il Thing, per le cariche che Loki ricopre in questa Asgard.
Creare un
mondo con usi e costumi non è uno scherzo.
A
presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose,
vi si lovva (e spero voi lovviate me).
Vostra,
Shilyss
[1]
Loki volutamente non cita Balder, che nella mitologia è il
figlio bravo e
assennato di Odino e che, dal suo punto di vista di fratello maggiore,
è un
inetto.
[2]
Una citazione vaghissima al mio universo “Tutte le tue
bugie”, dove Loki e Thor
idolatrano un drakkar da corsa ereditato da Odino.
[3]
Questo dettaglio, già espresso nella long, è un
mio headcanon.