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Autore: shilyss    25/09/2021    4 recensioni
La prigione dove Odino ha rinchiuso Loki è una cella asfissiante priva di finestre. Costretto in una forzata inattività ma niente affatto piegato, il dio degli inganni affida i suoi pensieri più oscuri a delle lettere. Il destinatario? Thor, l’avversario di una vita, il compagno d’avventura prediletto, il fratello con cui ha condiviso ogni cosa. Carteggio estorto dal tonante cui Loki accetta di piegarsi solo per raggranellare qualche beneficio in più. Perché gli obiettivi del dio degli inganni potrebbero incrociarsi ancora con il destino di Asgard, e nessuna cosa è per sempre, neanche nelle prigioni sotterranee degli Aesir.
Dal cap. 1: Dimmi, Thor, dov’erano mentre il ferro nemico ti lacerava la cotta di maglia, penetrava nella tua carne, tagliava i tuoi muscoli? Dov’erano i tuoi fratelli di sangue, così nobili e valorosi, che siedono ai banchetti accanto a Odino, che chiamano le loro armi mai macchiate di sangue nemico con nomi inutili e altisonanti? Quante volte saresti morto, figlio di Odino, se non ci fossi stato io a gridare, parare, pensare?
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki, Odino, Sigyn, Thor, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo 14

Precipitando

 

Lettera 104

Thor, a volte mi chiedo se hai notato quel piccolo, insignificante dettaglio circa la mia cattività. Non posso uscire da qui. Non c’è perdono nelle intenzioni di Padre Tutto. Non mi libererà. Se guarissi, non sono nemmeno certo del fatto che mi lascerebbe vivere in queste stanze. E lo dico a ragion veduta, nonostante stia facendo il suo gioco, indagando per lui, per Asgard che mi ha rifiutato. Giudichi la mia proposta ignobile, ed è divertente e spassoso, lo dico davvero, vedere come certe parole cariche di disprezzo vi riempiano la bocca, ipocriti che non siete altro, tu e tutti gli altri. È onorevole – e in molti lo hanno fatto, non c’è bisogno che mi ripeta – offrire privilegi e pagare ricche doti alle proprie concubine, amanti o ex spose ripudiate, desiderose di rifarsi una vita – e bada che non sto ammettendo niente. Nostro padre non si è esposto pubblicamente con la famiglia di Sigyn e di Astrid, all’epoca. Non voleva che, favorendoli, la sua relazione diventasse di dominio pubblico, ora lo sappiamo, ma io non ho niente da perdere e mi sembra corretto – non ridere, l’ho scritto per davvero – che Sigyn abbia una ricca dote da parte mia, una che le consenta di essere la felice sposa di chi voglia. Che alternative ha? Nessuna. L’oro la renderebbe appetibile e libera, ripulirebbe l’onore che dite le ho sporcato, le garantirebbe una vita al riparo da me, da Asgard, dal Cacciatore.

Pare, però, che la mia logica stringente vi abbia profondamente offesi tutti. L’ho notato dalla valanga di insulti che mi hanno investito in questi ultimi giorni. Da Sigyn mi aspettavo una reazione particolarmente vivace, ovviamente, sebbene mi abbia stupito la sua ottima mira, degna di un arciere. Ti confesso che ho fatto una certa fatica a evitare il libro che mi ha lanciato contro. Ma proprio questa sua passionale – deliziosa – rivolta alla mia volontà è il segno che si deve pur fare qualcosa per il suo futuro. A prescindere da ciò che quell’impiccione maledetto di Balder va blaterando, siamo stati comunque troppo vicini, e lei, sebbene non abbia mai evitato di alzare i suoi begli occhi su di me, quando mi guarda vede non solo il figlio del suo re, il principe dannato di Asgard, ma l’uomo che ama. E riconoscere l’uomo e dimenticare il dio è pericoloso, per lei. Così, offesa dal mio senso pratico, diserta la torre da alcuni giorni e, per non farmi preoccupare, mi fa avere sue notizie per mezzo di Bjorn e di sua moglie.

 

Lettera 105

Le tue insinuazioni, al solito, sono irritanti, fratello. Persino la tua calligrafia sbilenca mi indispettisce. Io non mi crogiolo nella mia romantica cattiva fama, come l’hai definita tu. Constato. E sia chiaro che non ti sto rispondendo a stretto giro perché sento il bisogno di correggerti e discolparmi – sanno le Norne se non mi prudono le dita di fronte a certe schifezze che scrivi, ma solo per via della fastidiosa insonnia che mi fa rimanere sveglio fin quando non iniziano a cinguettare tutti i volatili di Asgard, che pare abbiano trovato convegno proprio sopra il mio tetto. Quindi, dato che non ho niente da fare perché continuo a essere un pericoloso nemico di Asgard, inganno il tempo vanificando il senso dei tuoi scarabocchi, ammesso che ne abbiano mai avuto uno.

E, soprattutto, faccio quello che dovrebbe fare Balder il Beota anziché seguire piste fantasiose e brancolare (o brucare) nel buio più fitto. È per questo che ho chiesto quei registri, ben conscio che le informazioni che vi troverò saranno false. Ma a me non interessa questo: mi importa di trovare una corrispondenza vaga e capire se c’è un altro erede o meno, magari abbandonato o nascosto. La sua nascita potrebbe essere stata camuffata e spostata di qualche giorno o settimana – mesi persino, chi capirebbe la differenza? Ho smosso anche, grazie ai miei goffi tirapiedi (ma sai come si dice; si lavora con quello che si ha), un po’ del torbido che c’è nei bassifondi di Asgard. Heimdall continua a ripetere quello che già sappiamo. Era a conoscenza dell’interesse del nostro austero genitore nei confronti di della graziosa Astrid, ma non ha idea se ci sia stato un figlio o meno. Allo stesso modo, non sa dire se l’ipotetico principino sia vivo oppure morto – ma immagina che divertimento sarebbe, se fosse proprio lui il cacciatore. Oh, lo so bene, è un’ipotesi così blasfema e irriverente che commetto tradimento solamente a scriverla, ma del resto non ho quasi più niente da perdere – e rischiare, alle volte, fa sentire vivi. No, non stracciare la lettera e continua, fidati di me: ti strapperò senza dubbio qualche risata. Pensa a quanto le nostre posizioni risalirebbero, se il buon Odino scoprisse che l’arrogante primogenito che ha già bandito una volta e che ha osato mettersi in cerca delle Gemme dell’Infinito e il figlio adottivo attualmente incarcerato per aver tradito Asgard in svariate occasioni – ma cos’è, il tradimento, in fondo? Una questione di punti di vista – non sono il peggio che è uscito da lui. Immagina come sarebbe disorientato e furioso se avesse generato una simile disgrazia, capace di offuscare le due che ha già[1]?

Lettera 106

Vedi Thor, sulla sintassi c’è da lavorare e anche sulla povertà semantica delle tue lettere. Le figure retoriche che utilizzi sono o troppo vecchio stile o inefficaci e, nel complesso, le tue frasi non sono per niente musicali. Come se non bastasse, spesso riscontro una punteggiatura distratta. Per quanto concerne l’altra questione, invece, sapevo che saremmo andati a parare sempre sulle solite recriminazioni che, ogni tanto, fingi di aver accantonato per sempre. Com’è che dite, tu e Sif? Che godo del male altrui, che provo una malefica soddisfazione nel veder soffrire chi mi è accanto. E questo anche quando immagino e fantastico su teorie irrealizzabili e strampalate, perché un presunto figlio di Astrid, se ci fosse stato e se fosse vivo oggi, avrebbe la metà degli anni di Balder l’idiota – quindi pochi, decisamente troppo pochi per escogitare un piano così complesso che prevede anche il mio avvelenamento. Essere il figlio naturale di Odino, come dovresti sapere bene tu, non vuol dire necessariamente possedere un lasciapassare valido per sedersi al tavolo degli intelligenti, tutt’altro. Quindi le mie della scorsa lettera erano nient’altro se non oziose, ironiche fantasticherie, che, purtroppo, tu non cogli.

Lettera 107

Sigyn le avrebbe colte, sì, così come avrebbe, se fosse stata qui, capito al volo che un bambino non può essere il Cacciatore.

 

Lettera 108

Ad Asgard piove ininterrottamente da almeno tre giorni e il vento di Jotunheim – freddo e implacabile come l’acciaio, rende tutti più nervosi e intolleranti, persino Bjorn, che nasconde malamente l’impazienza muovendosi di continuo. Ammetto, perché sono estremamente magnanimo e so immedesimarmi negli altri, sebbene tutti voi mi abbiate tacciato recentemente di malvagità e mancanza di empatia, che il suo turno era già finito da un’ora, quando ho acconsentito ad adempiere allo snervante compito che è lo scriverti. Ma non m’importa se ha fame, ha sonno ed è stanco. La sua sofferenza nell’attendere che lo mandi via non è nemmeno la metà del tedio e del fastidio che provo io nello scriverti banalità. E, in fondo, è bene che rimanga qui, visto che nelle locande si vanta del fatto che lo chiamo per nome. Questo è il prezzo per essere cosa, esattamente? Più che un secondino a me sembra un domestico.

Prima che tu me lo chieda, questa lettera non conterrà informazioni rilevanti per il Cacciatore o per le Gemme per la semplice motivazione che non ho niente da dirti. È per questo che non ti scrivevo, Thor, credevo che questo fosse il tacito patto. Ma la maledizione che mi insegue fa sì che le persone che mi sono attorno si agitino sia quando parlo che le volte in cui scelgo la saggia via del silenzio – anzi, a volte pare che il non sentire la mia voce li inquieti ancora di più. La verità è che non ho trovato nulla di rilevante nelle carte che ho esaminato. Niente che valga la pena di essere riferito nelle ciarle tediose di Balder, che ha avuto la malaugurata idea di rovinare la mia giornata palesandosi per dirmi ovvietà. Una su tutte, che ad Asgard corrono strane voci su tutti noi. Roba da non prendere sonno la notte, ti pare?

 

Lettera 109

Se Sigyn tornasse, finirebbe per perdersi definitivamente. La voglio lontana da questa torre, libera da una storia che puzza di sangue e di morte. È vero quello che dici: ha sempre cercato la mia compagnia e, forse, se non fossi stato rinchiuso nelle segrete di Asgard, lei non avrebbe insistito per scendere le strette scale che portano fino alle prigioni. Mi rivolgeva la parola guardandomi negli occhi ed era, allo stesso tempo, esitante e spavalda. Ammiravo – ammiro – anche questo, di lei. Il coraggio che ha dimostrato nel raccontarmi il suo amore per me senza pretendere nulla in cambio, neanche la gentilezza. E so di non essere stato gentile, con lei, mai. Ho cercato di non esserlo e forse, pensandoci, alla fine questo è stato il mio errore. Vedi, fratello, l’ha presa come una cortesia nei suoi riguardi. Deve aver creduto che mostrarle il lato peggiore di me sia stato un modo contorto per proteggerla, per non illuderla. Nella durezza delle mie parole, nel sarcasmo esibito e tagliente, ha rintracciato una flebile luce cui si è attaccata, che ha seguito. Avrei dovuto allontanarla quando sono stato trasferito in cima a questa torre isolata e desolata, ma non ho voluto. È un mio terribile difetto, il voler rendere reali talune illusioni – fantasie.

Immagino che Bjorn non abbia potuto fare a meno di dirti che lei, dopo molti giorni, mi ha scritto, ma, per fortuna, il resto della mia corrispondenza non è affare tuo.

 

Lettera 110

Il potere affascina, intriga, ammalia. E questo non riguarda solamente chi lo stringe tra le dita e chi vorrebbe farlo, ma anche chi osserva lo scintillio delle armature, la finezza dei tessuti, lo splendore dei gioielli, le schiene diritte e gli occhi sfavillanti e immagina, sogna, invidia. Sembra sempre tutto magnifico a chi ammira un’acconciatura elaborata e un’unione che pare perfettamente assortita. Lo scopo del Cacciatore era quello di svelare i segreti più ignobili di Padre Tutto. L’ho già scritto e lo ripeto anche qui, in questa lettera. Bjorn si è offerto di scrivere sotto dettatura, al posto mio. Se ne avessi le forze, ti giuro, lo picchierei per quest’affronto, ma non posso e persino recitare le rune è faticoso, oggi. Siamo nati per essere re e condottieri, non per mostrare incapacità o dolore. Bjorn osserva lo sforzo che faccio per tracciare ogni runa e deglutisce, a disagio. Si morde le labbra, perché ha capito che la sua gentilezza è risultata offensiva ai miei occhi. Si è ricordato di quanto detesti la commiserazione e l’altrui pietà – si è rammentato che un principe di Asgard non teme né la fatica né la sofferenza; una lezione che io e te abbiamo imparato molto bene, ma che altri, nati in anni di pace, non hanno appreso altrettanto a fondo. Presumo sia il prezzo dell’ordine.

Il Cacciatore ha aumentato le dosi del suo veleno. Magari desidera che Sigyn torni e riallacci con me ogni rapporto, gettandosi alle spalle la terribile scoperta della quasi parentela esistente tra noi due. Del resto, qualsiasi colpa è già stata consumata. Acquisita per via di quel figlio morto a poche settimane dalla nascita che avrebbe potuto riscrivere le sorti di Asgard, di quel nostro fratello le cui spoglie, anziché essere tumulate insieme agli altri membri della casa di Odino, giacciono in un anonimo campo, insieme alle ossa estranee dei contadini che ne hanno lavorato la terra fino allo sfinimento. So che Heimdall ti ha già raccontato il come e il dove. So anche che trovi tutto questo terribile, ipocrita e ingiusto, ma non rifilarmi la menzogna che ne sei stupito, te ne prego. Non adesso, non a questo punto. Non dopo tutto quello che Padre Tutto ha fatto a me. Una simile ingenuità da parte tua è l’ennesima conferma del fatto che sei inadatto al governo di qualsiasi cosa – non ti affiderei nemmeno un drakkar mezzo affondato, fratello[2].

 

Lettera 111*

Preferisco rispondere alle tue lettere a voce, guardandoti in viso. Ma se tornerai, se non riuscirai a resistere al desiderio di ascoltare quello che ho da dirti – ma lo vuoi davvero sapere? – rimarrai intrappolata, di nuovo, nei contorti intrighi di Odino. Come me. Ma mentre io sono condannato a una prigionia lunga tutto il resto della mia vita e, allo stato dell’arte, mi è impossibile andarmene, tu sei libera di dimenticare e di lasciarti tutto alle spalle. Di accettare i miei doni che non hanno nulla di sconveniente e molto di pratico, anche. Agisci come devi, brucia questa lettera e presta attenzione a tutto quello che ti circonda, mia cara Sigyn.

 

 

Lettera 112

In qualcuna delle lettere che ti ho scritto nei mesi passati – ma a volte sembrano anni – ti ho detto che, alla fine, ho ricordato la fine del magnifico lupo di nostro padre. La memoria funziona così, va coltivata ed evocata in mezzo al groviglio composto dal nostro passato e dalla somma dei giorni che si sono confusi gli uni con gli altri. Da quanto dura la mia prigionia, Thor? Astrid è morta mesi o anni fa? A volte lo dimentico, fratello, e mi sembra di essere rinchiuso qui da secoli. Quelle sere in cui mi avvicinavo lentamente e con la massima cautela alla gabbia fissando gli occhi gialli e feroci di quella magnifica bestia, del lupo inferocito che sfidava l’autorità di mio padre, avrei dovuto sapere – e forse, in una qualche recondita parte di me, ne ero già vagamente cosciente – di stare osservando nient’altro che il mio destino. Le Norne, Thor, sono beffarde quanto abili: a volte, si divertono nel mostrarci, sotto altre spoglie, la trama che stanno già filando per noi. A vederlo da questo cupo punto di vista, il malessere che provavo fissando la cattività del magnifico e spaventoso lupo non era altro che il presentimento della prigione che, a sua volta, attendeva me. Gli ingranaggi della trappola che mi avrebbe rinchiuso si erano già messi in moto, la promessa del trono su cui solo il più meritevole tra di noi si sarebbe potuto sedere aveva cominciato a invadere i nostri sogni di ragazzini. Il lupo non si è lasciato morire di fame, sebbene rifiutasse coraggiosamente il cibo. È una delle mie colpe, un’altra delle molte che mi impediscono di sollevare Mjollnir ed essere degno. Presumo che non sia considerato onorevole liberare un feroce lupo – mi ha guardato fino alla fine e solo in quel momento lo ha fatto senza alcun rancore. Forse, vedeva già in me il prigioniero che sarei stato – che sono.

Sai che lei è tornata anche se non avrebbe dovuto farlo. La scusa che ci siamo raccontati è che voleva conoscere l’ubicazione esatta della tomba dov’è sepolto il nipote che non sapeva di avere – il nostro fratellastro. Heimdall sostiene che se non fosse nato sarebbe stato tutto più semplice, ma che la sua morte non fu affatto voluta. Se n’è andato come capita a volte agli infanti, ma il sospiro che ha strappato dal petto di Odino è stato, con tutta probabilità, di dolore e di stupore. Le Norne lo hanno favorito eliminando un erede scomodo, più ingiustificabile di quanto lo sono stato io. Perché io, Loki di Asgard, ho meritato quest’appellativo. Me lo sono guadagnato sputando sangue nei campi di battaglia, consumandomi gli occhi sulle pergamene rosicchiate dai topi che contenevano i segreti degli incantesimi che, poi, ho imparato a padroneggiare. Quando le mie vere origini sono state rivelate, ero già il principe degli Æsir che comandava la marca settentrionale[3] – che scelta oculata e inevitabile, quella di nostro padre, non ti pare? Assegnarmi il feudo che sapeva confinante con quello del padre che mi generò e che ha vissuto considerandomi troppo debole per vivere.

Lei è tornata e il lutto non le dona, anche se l’oro dei suoi capelli splende di più, se le ciocche scendono e si arrotolano sulla seta scura e sul velluto color tenebra. Il veleno che mi corrode, quella sera, era tenuto a bada da uno dei medicamenti di nostra madre. Per una volta, è stata lei a raccontare, a parlare del tumulo semi nascosto che si confonde in mezzo all’erba alta. La sua voce non palesava nessuna particolare inflessione, come se si fosse svuotata di ogni tristezza, ma io sentivo – vedevo, percepivo, il lavoro che deve aver fatto su sé stessa. Ha ricostruito assenze e menzogne. Col senno del poi, capire che sua sorella si era allontanata dalla famiglia perché incinta e che i suoi genitori hanno coperto la gravidanza e il parto è stato palese. Si è sentita ingannata, usata. Bjorn ti dirà che l’ho trovata bella e che l’ho consolata.

 

Lettera 113

Sigyn è tornata da me senza accettare i miei doni, senza ascoltare le mie parole. Te l’assicuro, fratello. Mi ha chiesto di tacere e di lasciare che fosse lei a spiegare. Ha la compostezza e la nobiltà di una grande dama e lo spirito infuocato di una guerriera, sotto quello strato di dolcezza che è un balsamo per me – eppure, se è qui, è per colpa mia, solo mia. E non me ne pento, anzi. Non sopporta la lontananza, dice, non sopporta gli altri, che la fissano con quegli sguardi di disapprovazione che io conosco così bene. Niente è definito, tra noi, tutto è rimasto sospeso, cristallizzato, imprigionato. Come sono io, come siamo noi.

Padre Tutto è venuto a farmi visita, interrompendo meno cose di quanto Bjorn o tu immaginiate, ma più di quanto è lecito che sappiate. Non è stato un incontro piacevole, chiaramente, ma credo che tu, di questo sia stato avvertito già. Non fingere con me di essere stupito e non piantarmi le tue solite sequele di recriminazioni – a me, dico, a me! – su quello che avrei o non avrei dovuto dire a Odino. Come se tu non avessi mai risposto in maniera insolente e inopportuna al tuo venerabile re e padre – l’ordine col quale li ho scritti non è casuale, no, per nulla. Prima siamo sudditi, generali piegati ai suoi ordini e poi, solo in seconda battuta, figli.

Abbiamo parlato di quel fratellastro forse più fortunato di me e di te. L’ho guardato nel suo occhio così spietato e gli ho chiesto come ha potuto negare al sangue del suo sangue una sepoltura degna. Ho insinuato anche altro. Ho sollevato colpe, gettato ombre, immaginato soluzioni. E lui mi fissava senza rispondermi, fratello, con un sorriso triste e beffardo sul suo viso segnato dalle rughe. “Conosci la mia testa molto bene, ma non il mio cuore,” ha replicato, e l’ha fatto con disprezzo o disincanto, non so decidermi. Gli ricordo il lupo che non è riuscito a piegare, lo sappiamo entrambi. Ma mentre io ho dimenticato come morì quella bestia, lui ci ha pensato continuamente da allora. Dite spesso che ci assomigliamo. Lo sostieni tu quando desideri ferirmi, lo borbotta tra i denti Balder sperando che io non lo senta, lo sospira nostra madre. Ma in realtà, io e Padre Tutto non ci capiamo. Forse è un difetto di questa presunta somiglianza, come quando, nel tentativo di vedere più chiaramente un oggetto, lo avviciniamo troppo ai nostri occhi finché quest’ultimo perde contorni, colori, significato. Ha minacciato di farmi tornare nelle celle sotterranee di Asgard, giurato che non mi libererà mai, sostenuto che la mia irriverenza corrisponde a un tradimento. Gli ho detto che ha ragione e non ho saputo resistere alla tentazione di dirgli che è lui l’obiettivo, la causa, lo scopo del Cacciatore. È evidente che non sono l’unico a conoscenza delle sue colpe, delle molte ipocrisie che nasconde sotto l’immagine del sovrano giusto. E lì, fratello, sono certo di aver colto un bagliore, nel suo sguardo, una consapevolezza che solo le recenti riflessioni hanno reso limpida. Te ne parlerò a voce, quando saremo soli.

 

Lettera 114

L’idea di rimettere in piedi il cifrario che usavamo quando eravamo due ragazzini è senz’altro molto poetica e nostalgica, ma temo che sarebbe comunque una mossa poco accorta, da parte nostra. Quando eravamo poco più che bambini le nostre malefatte non destavano tanta preoccupazione quanta ne solleverebbero oggi. Al tempo non avevamo ancora sfoggiato il nostro potenziale, sebbene un occhio attento avrebbe già potuto rintracciare quello che saremmo diventati. La tua forza prodigiosa si era, se ben ricordo, già ampiamente mostrata nelle gare di lancio del tronco, di sollevamento dei massi. La mia intelligenza veniva messa in luce dai piccoli incantesimi che già riuscivo a controllare e a modificare a mio piacimento e da qualche scherzo davvero divertente e ben piazzato. Ma, in fondo, che potevamo mai fare? Prendere i cavalli e inoltrarci nella foresta? Andare a caccia senza permesso? Qualche scorribanda nei regni vicini, fatta al solo scopo di esplorare, conoscere, stupirci di cose nuove? In fondo, eravamo innocui e inoffensivi. D’accordo, in alcuni casi le nostre ragazzate si sono rivelate un po’ più difficili da gestire dal previsto, ma in fondo siamo nati per essere re, giusto? Tornando a noi, oggi, se Padre Tutto intercettasse qualcosa di cifrato, se venisse a sapere da una delle guardie che mi controllano che la tua tanto amata corrispondenza è meno limpida di quanto dovrebbe, cosa credi che farebbe? Appunto.

 I miei secondini bevono e giocano a carte con me e si comportano più come dei domestici servili che come dei carcerieri, ma non mi fido di loro a tal punto da affidargli quello che ho da dirti. Del resto, credo che tu possa tornare ad Asgard senza che l’ira di Odino si abbatta con troppa violenza su di te. Nascondere la gemma è stato un gesto legittimo e lungimirante, lo sa anche lui. E finché resta irraggiungibile, da qualche parte, è lontana anche dalle grinfie del Titano. Per certi versi, la mia prigionia è quasi una fortuna. Se mi sapesse libero non esiterebbe a chiedermi di saldare i molti conti che abbiamo in sospeso. Ho visto come agisce, conosco la logica della sua mente disturbata.

 

Lettera 115

Il veleno mi debilita, ma non fino al punto di impedirmi di cercare un rimedio efficace, un siero, una cura in grado di ridarmi le forze. A sfiancarmi nei pochi giorni che sono intercorsi dalla tua partenza è stato Balder il Beota, con le sue inutili lagne. A me non può importare di meno che si senta in colpa per non avermi dato retta, anzi. Merita di sentirsi uno straccio. Se avesse atteso, se si fosse fidato della mia capacità di giudizio – delle mie intenzioni, a lui, non deve interessare – quel poveraccio non sarebbe morto invano e il Cacciatore non avrebbe riso della vostra stupidità. Ed è questo quello che mi fa infuriare di più. Balder, dicevo, mi ronza attorno inviato da Padre Tutto, che desidera spiarmi per poi piegarmi. Le mie prese di posizione non gli sono piaciute e temo che il mio soggiorno in questa torre così arieggiata e assolata sia a rischio. Ma il piacere di dirgli in faccia quasi tutto quello che penso non aveva prezzo, Thor.

Nel tentativo di trovare il rimedio che i cerusici di Asgard non sono riusciti a rintracciare, mi sono venuti in mente un po’ di posti dove il Cacciatore potrebbe rifornirsi; oscure botteghe di speziali, sedicenti veggenti e un considerevole numero di cialtroni più o meno dichiarati affollano i mercati vicino al porto del fiordo. E se il nostro assassino, che ha accesso alle sale più splendenti del palazzo del re degli Æsir e riesce a mettere del veleno nel cibo o nell’acqua dell’ingannatore, si rifornisse proprio dai più sudici tra i venditori di erbe, medicamenti e unguenti? Non appena le mie condizioni si sono rivelate in tutta la loro criticità fu dato ordine, questo è vero, di controllare con discrezione la provenienza degli ingredienti atti a creare simili veleni mortali, ma io stavo troppo male per poter agire in prima persona, la notizia che ero stato colpito dall’assassino andava tenuta nascosta il più possibile e l’indagine fatta non è stata svolta con la perizia con cui l’avrei condotta io, non foss’altro perché mancavano, all’appello, alcuni degli ingredienti del veleno stesso. Senza la ricetta completa della pozione che mi ha avvelenato per settimane o mesi, chi può dirlo, capire chi poteva approvvigionarsene, dove e in quale modo era praticamente impossibile. Ma adesso, finalmente, so cosa mi è stato dato e so chi potrebbe aver visto o aiutato il nostro assassino.

 

L’angolo di Shilyss

Care Lettrici e cari Lettori del mio cuore ♥ ♥!

Sono passate troppe, troppe settimane dal mio ultimo aggiornamento in generale e quindi eccomi qui, sempre con loro e deliziata dalla visione di What if. Spero che sia rimasto qualche lettore paziente che sopporta i miei lunghi silenzi – ah, che tempi quelli in cui aggiornavo tutte le settimane in maniera costante! – ma la real life è la real life e, talvolta, per scrivere c’è bisogno di un momento di calma e di tranquillità.

Siamo quasi alle battute finali di questa storia, nel senso che Loki pare aver raccolto diversi indizi in questi ultimi due capitoli. Chi sarà ‘sto benedetto Cacciatore?

Ringrazio con tutto il cuore chi listerà, recensirà o semplicemente leggerà questa storia: a parte gli scherzi (lokini) siete importanti e sappiate che leggo tutti i vostri commenti e non vi mangio. Spesso non rispondo pubblicamente, ma se vi palesate lo faccio e sono molto alla mano, ecco.

Ricordo che il personaggio di Sigyn, tolto quello che trovate alla voce “Sigyn” su Wikipedia, è una mia personale interpretazione/reinterpretazione/riscrittura. Non ha una sorella di nome Astrid nella realtà, ho scelto il nome Astrid perché è il primo con la A che mi è venuto in mente e, per praticità, lo uso in tutte le mie storie. Non vi autorizzo a ispirarvi o peggio a questa versione o alle altre storie da me postate né qui né altrove (peggio mi sento con le fiabe, come questa) e lo stesso vale per gli headcanon su Vanheim, su Loki o su Asgard stessa. Lo stesso vale per il Thing, per le cariche che Loki ricopre in questa Asgard. Creare un mondo con usi e costumi non è uno scherzo.

A presto e grazie per tutto l’affetto/sostegno/cose, vi si lovva (e spero voi lovviate me).

Vostra,

Shilyss



[1] Loki volutamente non cita Balder, che nella mitologia è il figlio bravo e assennato di Odino e che, dal suo punto di vista di fratello maggiore, è un inetto.  

[2] Una citazione vaghissima al mio universo “Tutte le tue bugie”, dove Loki e Thor idolatrano un drakkar da corsa ereditato da Odino.

[3] Questo dettaglio, già espresso nella long, è un mio headcanon.

   
 
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