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Autore: Lyannae    26/09/2021    1 recensioni
Dopo l'attacco di un Akuma, RaccontaStorie, Ladybug si ritrova catapultata in una fiaba dove lei e i suoi compagni sono i protagonisti. Riuscirà a sconfiggere l'Akuma e far tornare Parigi normale.
E soprattutto a salvare il suo principe nel mentre?
Storia incentrata sui Ladrien, ma sono presenti tutti i lati del lovesquare.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Papillon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2

Capitolo 2:

I close my eyes and the flashback starts

 

La luce del sole filtrava attraverso le pesanti tende color rosa pallido e illuminava la stanza con il suo chiarore naturale. Marinette mugugnò qualcosa e si rigirò nel letto stropicciandosi gli occhi assonata, poi sbadigliò e si stiracchiò. Guardò fuori dalla finestra e vide i raggi del sole che giocavano tra le foglie del vecchio albero di melo che si intravedeva fuori dalla sua finestra.

 Il letto era così comodo e caldo che Marinette avrebbe voluto passarci l’intera giornata, semplicemente sonnecchiando, ma sapeva che avrebbe dovuto alzarsi perché doveva…

Doveva fare qualcosa, di questo era certa, ma non ricordava bene cosa. Si mise a sedere e nascose il viso tra le mani, il cuore iniziò a batterle più in fretta. Qualunque cosa fosse era sicura che fosse importante, molto importante, e non riusciva a credere che fosse andata a dormire quando doveva…

Aspetta, cosa doveva fare? Non riusciva davvero a ricordare.

Si batté la mano in fronte una, due volte, nel tentativo di riportare quel qualcosa in mente.

Cosa aveva fatto la sera prima?

Era stata di pattuglia con… le venne in mente l’immagine sfocata di un ragazzo vestito completamente di nero. Corrugò la fronte, quello non poteva essere giusto.

Era stata con Rena, giusto, nessun ragazzo, erano sempre state solo loro due.

Avevano corso per le strade di Parigi in cerca di qualche crimine da sventare, come facevano ogni notte. Avevano effettivamente catturato un ladruncolo che aveva provato ad aggredire una ragazza e lo avevano lasciato in custodia alla polizia.

Avevano entrambe indossato i loro soliti costumi per nascondere le loro identità: Marinette un mantello che aveva cucito lei stessa con due vecchie tende rosse con delle toppe nere e maglia e calzoni neri oltre a una fascia rossa sugli occhi e Rena il suo lungo cappotto di un marrone aranciato che finiva a punta come se fosse una coda e maglia e calzoni bianchi con una maschera dello stesso colore del cappotto sul viso.

A mezzanotte, quando le campane della chiesa avevano suonato, si erano divise per tornare ognuna a casa propria.

Marinette sospirò di sollievo. Ora ricordava perfettamente cosa fosse accaduto e sapeva che non aveva lasciato niente incompiuto, eppure la strana sensazione non voleva lasciarla. Decise che prepararsi per la giornata e scendere in panetteria ad aiutare i suoi genitori fosse la cosa migliore.

Indossò un semplice vestito di cotone color celeste chiaro e si raccolse i capelli in uno chignon alto. Si guardò al vecchio specchio soddisfatta e notò i suoi orecchini di perla che indossava sempre scintillare quando furono colpiti dai raggi del sole. Poi abbassò lo sguardo sulla gabbietta di vetro posta sul comodino.

«Ciao Tikki» mormorò con un sorriso e picchiettando il vetro con un dito. La coccinella all’interno sembrò voltarsi verso di lei per un secondo, poi riprese a camminare sulla sua fogliolina.

Marinette aveva quella coccinella da quando aveva memoria. No, aspetta, non era possibile, le coccinelle non vivevano così a lungo. Aggrottò la fronte pensierosa, cercando di ricordare, poi schioccò le dita quando le venne in mente. Non era sempre la stessa coccinella! Marinette ne prendeva una nuova quando quella precedente era morta, lo faceva da quando era piccola. Si grattò la testa un po’ preoccupata. Quella mattina si sentiva molto strana e faceva fatica a ricordare le cose, si chiese se la notte prima non avesse battuto la testa durante il combattimento ma scartò subito l’idea. Catturare quel ladruncolo era stato semplice per Ladybug e Rena Rouge.

Fece spallucce e si recò nella panetteria. Una volta scese le scale avvertì immediatamente l’odore di pane caldo e biscotti appena fatti e ridacchiò quando sentì il suo stomaco brontolare per la fame.

«Buongiorno mamma!» disse abbracciando da dietro Sabine che stava disponendo dei dolcetti in una vetrina.

«Buongiorno papà!» baciò la guancia di Tom che sorrise distrattamente alla figlia mentre era impegnato a infornare delle pagnotte.

Marinette mangiucchiò una delle brioche appena sfornate e si legò alla vita un grembiulino bianco, poi andò verso l’ingresso della panetteria e spalancò la porta.

Un gran vociare si diffuse immediatamente nell’aria, proveniente dalla piazza in cui si trovava il loro negozio. Un ragazzino stava gridando verso chiunque gli dava ascolto i titoli dei giornali che aveva in un pacchetto accanto a sé nel tentativo di venderli; le bancarelle di frutta, verdura, carne e pesce iniziarono a riempirsi mentre i proprietari esponevano la loro merce; in lontananza si sentivano gli zoccoli dei cavalli e le ruote dei carri sul ciottolato mentre i contadini iniziavano a partire verso i campi.

Marinette prese un respiro profondo assaporando l’aria pulita di Parigi e poi ritornò dietro il bancone con un sorriso, aspettando il loro primo cliente.

 

La campanella sulla porta tintinnò nuovamente. Marinette diede il pane al signor Ramier e si girò per dare il benvenuto al nuovo cliente ma si fermò con un sorriso sulle labbra quando si accorse chi fosse entrato.

«Ciao ragazza» la salutò Alya.

Marinette salutò frettolosamente il signor Ramier e poi corse verso la sua miglior amica, abbracciandola; Alya scoppiò in una risata allegra ricambiando l’abbraccio.

«Ci siamo viste qualche ora fa!» disse Alya.

Aveva ragione, non era passato molto da quando si erano divise dopo la pattuglia. Eppure, Marinette sentiva che la presenza dell’amica fosse la cosa migliore che poteva accaderle in quel momento. Ma certo! Se c’era qualcuno che poteva aiutarla a capire cosa le fosse preso quella mattina era sicuramente Alya.

Quando però ripensò alle parole dell’altra ragazza aggrottò la fronte.

«Shhh! Parla piano» mormorò Marinette e prendendo la mano di Alya la condusse di sopra in camera sua, dopo aver chiesto il permesso ai suoi genitori di allontanarsi.

Nessuno sapeva che Alya e Marinette erano in realtà Ladybug e Rena Rouge. Era importante che assolutamente nessuno dovesse anche solo capire le identità delle due eroine. In realtà per quanto fossero amate dal popolo di Parigi le due erano considerate delle fuorilegge ricercate dalla polizia su ordine del Re.

Marinette non capiva perché il Re le odiasse così tanto da mettere una taglia sulle loro teste quando tutto ciò che loro facevano era assicurarsi che Parigi fosse sicura, ma credeva fermamente che i loro genitori non dovessero scoprire le loro identità per non metterli in pericolo.

Soprattutto i genitori di Alya! Sua madre era la migliore cuoca di tutta Parigi e anche se aveva iniziato con una propria locanda ora cucinava personalmente per il Re. Anche il padre lavorava al castello come guardiano dei cani e girava voce che stesse addestrando addirittura una pantera. Ma quelle erano solo dicerie.

I due erano troppo vicini al Re per poter essere messi al corrente di cosa la figlia facesse di notte. Era meglio che li lasciassero nella loro ignoranza, era più sicuro.

I genitori di Marinette erano dei semplici panettieri ma neanche loro dovevano sapere. Per qualche motivo il Re odiava soprattutto Ladybug.

Marinette chiuse la porta della sua stanza a chiave e le due si sedettero sul letto per parlare. Quel giorno Alya indossava il suo solito vestito a quadri rosso e bianco e teneva i capelli raccolti sotto uno spesso velo di cotone bianco che le fasciava la testa. Al collo portava una collana con un ciondolo a forma di coda di volpe che Marinette le aveva regalato. La ragazza non se ne separava mai, come Marinette con i suoi orecchini. Entrambe sentivano inspiegabilmente che fosse importante che non si separassero mai dai propri gioielli. Era una sensazione assurda ma le due avevano deciso di seguire il loro istinto.

«Come sta Trixx?» chiese Marinette.

Trixx era la volpe di Alya. Era comparsa qualche giorno dopo che le aveva regalato la collana, Alya l’aveva trovata… nel bosco, certo, e da allora se ne era presa personalmente cura. Era strano che un animale selvatico seguisse in questo modo un umano ma Trixx non aveva più lasciato il fianco della ragazza da quando l’aveva trovata e Alya la portava dappertutto. Tranne alla panetteria perché a Tom e Sabine non piaceva che l’animale entrasse, in quanto spaventava i clienti.

«Sta bene, questa mattina ha ucciso un topolino e me l’ha fatto trovare sul letto. Sembra un gatto invece di una volpe!»  ridacchiò Alya.

Marinette si unì a lei e le due chiacchierarono del più e del meno per un po’, anche se la ragazza era ancora distratta dalla strana confusione che la attanagliava da quando si era svegliata.

Decise finalmente di parlarne con Alya, le spiegò tutte le volte che si era sentita confusa da quando si era alzata quella mattina.

Alya ascoltò pensierosa per tutto il racconto, annuendo di tanto in tanto.

«Anche io mi sento così… è come se mancasse un pezzo, ma non riesco a capire cosa sia» rispose alla fine.

Marinette annuì energeticamente. Era esattamente così che si sentiva! Da una parte era sollevata di non essere l’unica ma dall’altra era estremamente preoccupata. Che cosa stava succedendo esattamente?

«Dobbiamo ripercorrere ciò che abbiamo fatto ieri, stasera andremo di nuovo a pattugliare le strade» decise alla fine Marinette «Ciò che non ricordiamo deve essere collegato a quegli eventi in qualche modo».

«L’unica cosa degna di nota è stato quel ladro… potremmo interrogarlo» disse Alya.

Marinette ci pensò su, sarebbe stato difficile visto che era nelle prigioni e le guardie sarebbero state più inclini a catturarle invece che ad aiutarle, ma forse con un diversivo…

Avrebbero fatto così: avrebbero ripercorso la strada fatta la sera precedente e poi, se non avessero trovato niente, sarebbero andate nelle prigioni.

Comunicò il piano ad Alya ed entrambe convennero che era il modo di agire migliore per il momento.

Parlarono per un’altra ora dei dettagli e si fermarono solo quando Sabine salì in camera per dire alle due ragazze di scendere per pranzare.

Alya si scusò dicendo di dover andare a casa e di nascosto strizzò l’occhio a Marinette con un sorrisino, mimando con la bocca le parole: “ci vediamo stasera”.

 

 

Era una serata particolarmente tranquilla, la luna splendeva indisturbata nel cielo e Parigi era silenziosa, i suoi abitanti ormai andati a letto da un bel pezzo.

Ladybug, accovacciata su un tetto, scrutava l’orizzonte alla ricerca di qualcosa fuori posto. Stava aspettando Rena Rouge al loro solito punto di incontro su un edificio vicino la Tour Eiffel. Dall’alto la città era illuminata da minuscoli puntini di luce che pian piano andavano a spegnersi, la vista era a dir poco mozzafiato. Ladybug adorava andare lassù e osservare il paesaggio, era forse la cosa che preferiva della sua identità segreta. Oltre a combattere i cattivi, certo.

La mia città, pensò con affetto mentre l’amore che provava per Parigi le riscaldava il petto.

All’improvviso sentì rumore di passi dietro di sé e si girò di scatto, ma era solo Rena che era appena arrivata. La volpe sogghignò divertita nel vedere la reazione dell’altra ma si accovacciò accanto alla compagna.

«Allora, iniziamo?» chiese Rena.

Ladybug annuì e le due si arrampicarono giù dal tetto per cominciare a camminare tra le strade addormentate di Parigi. In giro non c’era anima viva, anche se alcune luci si riuscivano a intravedere dalla finestra. Ultimamente c’erano state un aumento di criminali nelle strade e il capo delle guardie aveva istituito un coprifuoco, nessuno poteva uscire per le strade senza permesso ufficiale dopo il tramonto.

La pattuglia era quasi noiosa, in quanto sembrava che loro due fossero per strada, e con un cenno di intesa si dissero di iniziare il piano per andare nelle prigioni quando sentirono un rumore. Dalla via davanti a loro giungeva il suono di zoccoli sul selciato e le due si nascosero in fretta dentro un vicolo, nelle ombre.

Ladybug si chiese chi fossero a quest’ora i coraggiosi che osavano sfidare in modo così plateale il coprifuoco.

All’improvviso ci fu un forte boato e il cavallo deviò spaventato, impennandosi e scalciando in modo tale da fare rovesciare il carro su un lato.

Ladybug lanciò un’occhiata sulla sua spalla nel tentativo di capire cosa fosse stato e, tra il denso fumo bianco, li vide. Erano due uomini, alti e muscolosi, che si avvicinarono in modo minaccioso al carro.

La ragazza scattò fuori dal suo nascondiglio brandendo la lunga frusta che portava sempre con sé, Rena invece sembrò nascondersi ulteriormente, quasi svanendo nell’oscurità.

I due uomini si girarono e impugnarono delle lunghe mazze di legno quando videro la ragazza, ghignarono divertiti dal pensiero che fosse sola e poi si gettarono su di lei.

Alla fine, il combattimento durò poco. Ladybug schioccò la sua frusta, che colpì i piedi dell’uomo più vicino. L’uomo cadde a terra e Ladybug si avvicinò fulminea colpendolo con il manico della frusta su una tempia facendolo svenire. L’altro si fermò esitante alla vista di ciò che era successo al suo compagno e indietreggiò esitante alzando la sua mazza in una posa difensiva. Dietro di lui, come se fosse spuntata dal nulla, si avventò Rena che colpì l’individuo alla nuca con il lungo bastone che portava di solito per combattere. Il brigante cadde a terra a pochi passi dal suo amico.

Le due eroine si sorrisero, poi batterono il pugno come facevano di solito per festeggiare. A Ladybug sembrò però che mancasse qualcosa, o meglio, qualcuno. Nella mente le passò fugacemente l’immagine del ragazzo a cui aveva pensato quella mattina, ma di cui però non riusciva a vedere il volto. Scosse il capo, irritata dalla sua immaginazione. C’erano sempre state solo lei e Rena, nessun ragazzo.

Si riscosse dai suoi pensieri quando l’amica le toccò il braccio e le indicò con un cenno della testa il carro, ancora rovesciato su un lato. Le due corsero verso il calesse, che era completamente chiuso e anonimo. Rena aprì con forza la porta, che era rimasta bloccata dal colpo che aveva ricevuto, e davanti a loro apparvero due persone.

La prima, una donna, era accucciata protettivamente davanti all’altra. Era vestita con una camiciola bianca, pantaloni grigi e una giacca elegante dello stesso colore. I capelli neri erano raccolti in modo elegante sul capo, tranne la frangetta che aveva una ciocca di capelli rossi.

Ladybug e Rena spalancarono occhi e bocca, sbalordite. Davanti a loro c’era quella che era senza ombra di dubbio la consigliera personale del Re, Nathalie Sancoeur.

Anche la donna rimase per qualche minuto sorpresa di vedere chi fossero le loro salvatrici, dopo qualche secondo però le si formò un’espressione determinata sul volto e strinse un pugno, facendo per alzarsi. Ladybug e Rena Rouge si misero sulla difensiva, aspettandosi un attacco che tuttavia non arrivò. Sulla sua spalla le si era posata una mano e l’altro occupante della carrozza la scostò gentilmente permettendo alle ragazze di vederlo.

Le due rimasero pietrificate nel vedere il ragazzo e entrambe smisero di respirare.

Davanti a loro c’era il Principe del loro regno, Adrien Agreste.

 

Note dell’autrice

Sono stata occupata con lavoro e scuola e ci ho messo più tempo di quanto pensassi a finire di scrivere questo capitolo. Spero che vi piaccia.

Ringrazio chi ha recensito la storia e chi l’ha messa nelle seguite e le ricordate.

Al prossimo capitolo!

   
 
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