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Autore: IwonLyme    26/09/2021    0 recensioni
Avel Domar ha un solo obiettivo: diventare una persona qualunque. Tuttavia, cresciuto dallo zio a seguito dell'abbandono della madre, si trova davanti una società intollerante e poco disposta a dimenticare le sue origini atipiche.
Munito di poche e collaudate regole, Avel cerca di superare l'ultimo anno di Liceo destreggiandosi tra le aspettative del suo insegnante che lo vorrebbe futuro membro del Cerchio. Gli resta, però, ancora un ostacolo e cioè l'Ultima Separazione, dove si viene esaminati per scoprire se si possegga o meno il Vuoto. Come potrebbe mai qualcuno senza origini come Avel avere quell'oscuro potere?
ULTAR - Il Cerchio è un racconto ambientato in una società fantastica dove le persone posseggono il potere di controllare il Vuoto della materia. La storia è narrata proprio da Avel Domar che si troverà ad affrontare tutte le difficoltà di un inaspettato neofito.
Genere: Azione, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4 - Matricola 7784355313
 
Erano le nove e mezza di sera quando raggiunsi i dormitori dell’Accademia al centro di Numalia. Scesi dall’auto parcheggiata accompagnato da Kynam. Il cielo era buio e, grazie alle luci accese, riuscii a vedere l’edificio davanti a cui ci eravamo fermati. Era alto più di qualsiasi condominio avessi mai visto, composto da due alee principali con al centro un raccordo che rientrava di alcuni metri. Grazie a questa architettura era stato possibile ritagliare due aiuole ai lati del vialetto verso l’entrata. Tutti i muri erano percorsi da finestre accese e quel chiarore non mi permetteva di capire perfettamente il colore dei muri.
Non ebbi modo di guardarmi troppo attorno, riuscii solo a notare ci fossero altri palazzi che davano sulla medesima strada. Dovetti affrettarmi a recuperare la mia borsa e seguire il Professore all’interno.
Oltrepassammo l’ingresso formato da due grandi porte a vetri poste nel mezzo della palazzina. Dentro si aprì un enorme salone. Quel luogo era uno spazio comune. C’erano tavoli per lo studio, divani e una parete con alcuni libri. In fondo si trovava l’inizio di due grosse scalinate e la porta per un grande ascensore. A quell’ora vi erano un folto gruppo di ragazzi raccolto lì ed il vociare si diffondeva fino all’alto soffitto.
– Buonasera, Professor Kynam. – Disse un uomo alto e magro comparso all’ingresso.
– Buonasera, Sorvegliante Levan. Siete stato avvisato? – Chiese Kynam.
– Sì, il Sovrintendente mi ha comunicato dell’arrivo di una nuova Matricola. – Confermò.
– Esattamente. Lui è Avel Domar. – Proseguì il Professore presentandomi.
– Buonasera. – Salutai.
– Buonasera, signor Domar. – Replicò il Sorvegliante. Aveva il viso di un giovane, ma si vestiva come un uomo anziano. Indossava un gilet grigio con sotto una camicia dello stesso colore e pantaloni neri. Pinzato al bordo del gilet teneva un cartellino con un nome ed un numero. Non mi parve, poi, in completa salute. Aveva un aspetto emaciato accentuato dai suoi piatti capelli scuri. – Dunque Professore, da qui in avanti mi occuperò io del ragazzo.
– Molto bene, Sorvegliante Levan, allora posso andare ai miei alloggi. – Disse Kynam. Non ero felice mi lasciasse solo in quel posto ricolmo di estranei, ma non potevo certo oppormi in alcun modo. – Avel, domani mattina ti verrà assegnata la Matricola e poi prenderai parte alle lezioni. Ci vedremo in classe. Gli esami per il diploma si avvicinano, vedremo se avrai qualcosa da recuperare.
– Grazie, Professore. – Risposi.
– Buonanotte. – Salutò Kynam e, tirandosi sul collo il bordo della giacca, uscì dal dormitorio.
– Mi segua, signor Domar, la accompagno nella sua stanza. – Mi invitò il Sorvegliante. Procedemmo per la sala comune fino all’ascensore. Molti occhi si voltavano nella nostra direzione. Doveva essere bizzarro l’arrivo di uno studente così a tarda sera.
– Io sono Foin Levan, Sorvegliante del dormitorio maschile dell’ultimo anno. Si rivolgerà a me come “signor Sorvegliante” oppure “signor Levan” per tutta la sua permanenza qui. Qualsiasi faccenda avvenga tra queste mura mi compete, dunque mi metterà al corrente di qualsiasi problema incontrerà nel dormitorio.
Chiamò l’ascensore e si voltò a guardarmi nell’attesa. – Le stanze sono singole. All’interno vi è un piccolo bagno privato. Le docce sono al primo piano, così come la lavanderia. Sono entrambe accessibili fino alle dieci e trenta. Ogni studente è tenuto a tenere i propri abiti ed i propri alloggi in ordine. Suo sarà il compito di provvedere al bucato, al tenere in ordine la sua divisa ed il resto dei vestiti, così come delle lenzuola. Ho già provveduto a sistemare alcuni cambi nel suo alloggio insieme al necessario per la cura personale.
L’ascensore tintinnò e le porte si aprirono. Mi infilai dentro velocemente temendo lui potesse lasciarmi lì. – La sua stanza è al sesto piano. È la numero 287. – Spiegò. Premette il pulsante corrispondente e l’ascensore si sollevò. – La colazione viene servita al piano terra, mentre il pranzo e la cena si svolgono nella mensa scolastica. Ci sono tre turni per la colazione, domani mattina il suo sarà il primo, dato che dovrà ritirare il numero di Matricola prima delle lezioni. Alle sette in punto, ha compreso, signor Domar?
– Sì, signor Sorvegliante. – Risposi.
L’ascensore si fermò e le porte si aprirono di nuovo. Mi trovai davanti un corridoio orizzontale sul quale davano già alcune stanze. Esso proseguiva a destra ed a sinistra in due bracci con una serie infinita di porte. Su quel piano c’erano cinquanta stanze e la mia era sulla sinistra verso la fine del corridoio. Il Sorvegliante estrasse una chiave di forma rettangolare e la aprì. – Prego, signor Domar. – Indicò l’interno dopo aver acceso la luce.
Entrai nella stanza. Era piccola, ma con tutto il necessario. Accanto alla porta di ingresso c’era l’armadio. Subito sulla destra un’altra porta, quella del bagno. Dopo di essa un letto ad una piazza, più ampio di quello a casa mia. Sistemate sopra alcune mensole da riempire. In fondo alla stanza una modesta scrivania di legno con una luce da tavolo. Sulla parete a cui questa era appoggiata era stata aperta una finestra, coperta da una scura tenda nera. Sulla scrivania erano stati posti una serie di indumenti uno spazzolino e dei rasoi.
– Questa è la sua chiave. – Illustrò il Sorvegliante togliendola dalla serratura e porgendomela. Era una carta nera rigida con alcuni simboli incisi, sopra stampato il numero della camera 287. – Quando lascerà la stanza deve chiudere la porta, mentre, quando è all’interno, dovrà lasciarla sempre aperta. È vietato chiudersi dentro anche durante la notte. Tutto chiaro?
– Sì, chiaro. – Risposi.
– Se desidera fare la doccia o usare la lavatrice tutto si attiva con la chiave, dunque non la perda. Se smarrirà la chiave la attenderà una punizione. – Restò un attimo a riflettere se ci fossero altre istruzioni da darmi. – Tutto l’occorrente della doccia viene fornito sul posto, invece per gli asciugamani dovrà usare i suoi privati. Ovviamente anche della loro pulizia dovrà occuparsene personalmente. La divisa deve rimanere curata, qualsiasi improprio uso dei suoi indumenti verrà segnalato e punito.
Strinse gli occhi in due piccole fessure. – Ha qualche domanda? – Chiese.
– Posso già usare le docce? – Domandai.
Certamente. Al primo piano troverà tutte le indicazioni. Ci sono una serie di porte, ognuna ha una doccia. Se è occupata è indicato. Prima della doccia c’è un piccolo spazio dove spogliarsi e dove rivestirsi poi. – Illustrò. – Altro?
– Dovrò sempre indossare la divisa?
– No, nel dormitorio potrà indossare degli abiti più comodi, le sono stati forniti. Se dovesse avere bisogno di più pantaloni o magliette ci sono dei moduli da compilare per la richiesta, si trovano nella sala comune. Fuori dal dormitorio, invece, dovrà sempre indossare la divisa.
– La ringrazio, credo che per il momento mi sia tutto piuttosto chiaro. – Dissi.
– Ha qualche particolare allergia di cui dovrei essere a conoscenza? – Domandò il Sorvegliante. – I suoi documenti sanitari non sono ancora stati depositati dunque se ha qualche allergia farò in modo non le venga proposta a colazione.
– No, nessuna, signore.
– Allora abbiamo finito. Domani mattina insieme alla colazione le verrà fornito il calendario dei turni per la pulizia degli spazi comuni e le rotazioni per il mattino. Un Numerato verrà mandato a prenderla per andare a ritirare il suo numero di Matricola. – Mi squadrò qualche istante. – Si riposi, signor Domar, ha il volto stanco. – Con questo consigliò si chiuse fuori dalla mia stanza.
Poggiai la borsa a terra e feci un compendio di quello che mi era stato fornito dal Cerchio. Avevo tre paia di pantaloni informali, un altro paio di pantaloni della divisa oltre a quello che già indossavo. Tre maglie grigie a maniche corte, tre lunghe. Due felpe. Un’altra giacca. Una sciarpa nera. Due paia di scarpe, uno formale ed uno da ginnastica. Uno zaino, una borsa da palestra e un sacchetto di stoffa. Biancheria e una cintura. Sbirciai nel bagno e vidi che c’erano tre asciugamani di tre diverse dimensioni e un cesto dove mettere i panni sporchi.
Mi levai la giacca e la poggiai sul letto. Avrei fatto un po’ di ordine, una doccia calda e sarei andato a dormire. Tolsi gli abiti dalle buste e li sistemai nell’armadio. Iniziai a riporre i libri sulle mensole sopra il letto ed i quaderni sulla scrivania. Pensai fosse un buon modo per svegliarmi al mattino senza la sensazione di trovarmi in un posto sconosciuto.
Nascosi il portafoglio in uno dei cassetti del tavolo poco prima che qualcuno bussasse alla mia porta. Andai ad aprire e fuori trovai un ragazzo basso e magro. Aveva dei folti capelli biondi e un sorriso composto da grandi denti scintillanti. – Ciao. Scusa se ti disturbo, ti ho visto arrivare dalla sala comune. Ho atteso un po’ di tempo, volevo essere sicuro di non beccare il Sorvegliante. Sono Gedial Fasa, molto piacere. – Disse allungando le dita dentro la porta.
– Piacere, io sono Avel Domar. – Risposi stringendogli la mano.
– Da dove vieni? – Chiese.
– Dalla periferia di Numalia.
– Capisco. – Replicò. – Scusa, forse desideri dormire. – Indietreggiò.
– In realtà stavo andando a fare una doccia. – Dissi.
– Allora se vuoi ti accompagno, ti spiego come funziona. – Si propose.
– Va bene. Raccolgo il cambio. – Risposi dopo aver ragionato su come un poco di compagnia mi avrebbe aiutato a distrarmi.
– Metti tutto nel sacchetto di stoffa che ti hanno dato. – Consigliò. Seguii le indicazioni. Misi il cambio nel sacchetto e afferrai l’asciugamano più grande. Lasciai la giacca sul letto. Uscii dalla porta e chiusi la camera.
– Dobbiamo scendere fino al primo piano. – Spiegò. – Puoi usare l’ascensore, ma è meglio che prenda l’abitudine a fare le scale.
– D’accordo. Grazie di accompagnarmi, Gedial.
– Di nulla, siamo tutti spaesati quando arriviamo qui. Chiamami Ged, comunque, Gedial mi chiama solo mia madre. – Replicò con un altro grande sorriso. Ognuno di loro era finito lì lasciando la propria casa. Non stentavo a credere i miei sentimenti in quel momento fossero stati un po’ di tutti i ragazzi che abitavano quel dormitorio.
Imboccammo le scale e scendemmo fino al primo piano. Incrociammo altri studenti ed ogni tanto qualcuno salutava Ged. Doveva essere di natura molto socievole visto come aveva subito cercato di coinvolgermi. Io ricevevo occhiate incuriosite. Ero un volto nuovo e me l’aspettavo. Nessuno di loro sembrava sapere fosse un’Anomalia, dubitato, però, sarebbe rimasto un longevo segreto.
Arrivammo al piano delle docce. – Come vedi alcune hanno l’indicatore rosso, questo vuol dire che sono occupate. Puoi usare quelle libere, la porta si apre con la chiave. – Mi indicò una fessura attraverso la quale si inseriva perfettamente la tessera che si usava come chiave. – Le lavatrici sono da quella parte. – Aggiunse indicando un’altra porta. – Anche quelle si avviano con la chiave ma per ora non ne avrai bisogno.
– Molte grazie, Ged. – Dissi.
– Figurati. Domani mattina quale turno hai? – Chiese.
– Il primo. Hanno detto che un Numerato mi porterà a ritirare il numero di Matricola prima delle lezioni. – Risposi.
– Certo. Certo. Io ho il secondo, vorrà dire che forse ci vedremo in aula, se sarai inserito nella mia classe. – Si voltò verso le scale. – Buona doccia.
– Buonanotte. – Salutai. Era un tipo gioviale, non molto diverso da Kemar.
Scelsi una delle tante docce libere a quell’ora. Vi entrai. Era una stanza divisa in due parti: un piccolo spazio con uno specchio per cambiarsi ed asciugarsi i capelli ed una doccia piuttosto grande e spaziosa. All’interno c’erano dei dispenser di sapone e di shampoo.
Mi spogliai e mi infilai sotto l’acqua bollente. Ero da solo, completamente solo per la prima volta dopo il Test. Fu un immenso sollievo ed allo stesso tempo fece nascere in me grandi paure.
Presi un profondo respiro mentre l’acqua mi cadeva sulla schiena. La prima parola che avevo udito nel vuoto, quella che avrei dovuto celare a tutti era bizzarra. Mostro, ecco qual era la mia debolezza e la mia forza. Un debole mostro. C’era qualcosa di dannatamente ironico.
Mi sfiorai l’occhio destro, quello che avevo sentito graffiare. Non aveva nulla, eppure la sensazione era stata molto reale. Dovevano esserci molte cose che non comprendevo riguardo al Vuoto ed avrei dovuto conoscere quel potere che credevano io possedessi. Forse avrei potuto usarlo. Forse si sarebbe rivelato di una qualche utilità. Forse avrei finito per averne così poco che il Cerchio mi avrebbe guardato con disprezzo.
Serrai le palpebre e vidi oltre di esse il giallo pallido della stanza in cui viveva mia madre. Percepii la sua presenza. Le sue mani tiepide si stendevano su di me stringendo la coperta verde. Il profumo dei suoi capelli ed il loro brillante colore …
Quel ricordo c’era ancora. Lei era ancora là, al sicuro dalla Bestia. Desideravo vi rimanesse per sempre, lontana da tutto quello che poteva danneggiare anche solo quella piccola memoria di lei.
 
Il giorno dopo mi alzai con un buon anticipo. Avevo scoperto che, attaccato alla testiera del letto, vi era un orologio in cui si poteva impostare la sveglia. Indossai la divisa e, insieme allo zaino, presi le scale e scesi nel refettorio comune. Il Sorvegliante Levan era seduto ad un tavolo con davanti la sua colazione. Le vivande erano sistemate su due grossi tavoli, bisognava servirsi da soli. C’era una moderata scelta e la possibilità di variare.
Non erano scesi ancora molti studenti, forse mi ero svegliato più presto del dovuto. Imitai i pochi avanti a me. Presi un vassoio, lo colmai di quel che volevo mangiare. Mi sedetti ad uno dei tavoli sistemando lo zaino a terra. Incominciai a consumare la colazione, ma venni interrotto in fretta dal Sorvegliante. – Buongiorno, signor Domar. È riuscito a sistemarsi nel suo alloggio?
– Sì, Sorvegliante. – Confermai.
– Molto bene. – Mi porse dei fogli. – Questi sono i turni per la colazione e per le pulizie delle zone comuni. Le pulizie si fanno nell’unico giorno di pausa dalle lezioni. – Li presi. – Questo, invece, è la sua agenda personale. Può prendere nota degli impegni e tenere i documenti. – Mi diede un taccuino. – Le sue dimensioni sono perfette per essere inserita nella tasca interna della giacca della divisa. Le consiglio di tenerla sempre con lei e di conservarci i turni. C’è anche posto per la tessera con il numero di Matricola.
Sbottonai la giacca e sistemai il quadernetto nella tasca interna che non avevo notato fino a quel momento. Vi calzava perfettamente. – Il Numerato che la porterà all’Ufficio Generale arriverà a momenti. Finisca la sua colazione.
– Signor Sorvegliante, mi sono accorto di non averle chiesto come poter contattare la mia famiglia. è possibile inviare delle lettere? – Domandai fermandolo dal tornare al proprio posto.
– Sì, c’è una cassetta per imbucare le lettere fuori da ogni dormitorio. I francobolli si trovano vicini ai moduli nella sala comune. – Mi indicò una bacheca con sotto una cassettiera. – Sono all’interno del terzo cassetto.
– La ringrazio. – Risposi. Si allontanò.
Tornai a mangiare più in fretta di come stavo già facendo pensando a come avrei scritto a Boron alla fine delle lezioni. Volevo rassicurarlo.
Conclusi la colazione, sistemai le stoviglie usate e, esattamente qualche secondo dopo, Levan si avvicinò ancora. – Prego, signor Domar, mi segua. Il Numerato è arrivato, l’attende qui fuori. – Mi accompagnò verso l’esterno. Aprì la porta del dormitorio e fuori di essa c’era un Agente del Cerchio grosso il doppio di me. Era appena smontato da una macchina scura. – Lui è il Numerato Carrian, la porterà all’Ufficio Generale. Segua diligentemente le sue istruzioni. – Consigliò il Sorvegliante.
– Buongiorno. – Salutai l’armadio che mi avrebbe scortato.
– Sali pure in macchina, Avel Domar. – Ordinò l’Agente. Fui pronto a gettarmi nella vettura quando i miei occhi si alzarono sul mondo esterno.
L’ora tarda a cui ero giunto non mi aveva permesso di vedere gli edifici dell’Accademia, ma con il sole tutto era diverso. Intorno al mio dormitorio, un palazzo alto tanto da dover tendere il collo per vederne la fine, c’erano altre strutture simili, alcune più basse, ma con la medesima architettura. Le strade erano di un bianco lastricato e in lontananza, sulla sinistra, si vedeva un gigantesco complesso a vetri che brillava alla luce del sole. Quella doveva essere la sede delle lezioni e della vita scolastica. Era l’edificio più grande che avessi mai visto. Non mentivano le voci sulla grandezza dell’Accademia di Numalia.
– Avel Domar. – Mi richiamò Carrian.
– Sì, mi scusi. – Risposi in imbarazzo. Facevo proprio la figura del sempliciotto.
– Siediti davanti. – Ordinò. Aprii la portiera del passeggero. Montai in macchina accanto al Numerato tenendo lo zaino sulle ginocchia. – La nostra destinazione è l’Ufficio Generale. Ti consegneranno il numero di Matricola, poi ti porterò all’Accademia. – Spiegò mentre faceva manovra e si immetteva sulla scala. Stavamo andando nella direzione opposta all’immenso edificio, ma sulla destra ce n’era un altro. Più basso, ma altrettanto enorme.
– Questo posto è gigantesco. – Commentai spingendo il viso verso il finestrino per vedere di più.
Carrian rise delle mie parole e faceva paura perfino quando rideva. – Allora rimarrai senza fiato quando vedrai il Quartier Generale a Ultaria! Non hai tutti i torti, però, questa è l’Accademia più grande di tutta Ultar. Ce ne sono altre, ma la nostra accoglie studenti da un ampio territorio. Molti vogliono studiare qui e si raccolgono i migliori docenti di Ultar.
– Avevo sentito dire qualcosa in merito. – Borbottai con il naso premuto sul vetro. – Non immaginavo fosse così …
– È normale tutto sia nuovo, sei un’Anomalia. – Disse il Numerato. – Purtroppo non potrai goderti molto a lungo la scuola, ma i docenti cercheranno di insegnarti il più possibile nel poco tempo che resta prima del diploma. Stento a comprendere perché le Separazioni dei Marginati le tengano sempre verso la fine dell’anno. – Commentò.
– Per la Gente del Vuoto non è così? – Domandai.
– No, le Separazioni vengono tenute all’inizio dell’anno qui in Accademia. Deve essere così, altrimenti non è possibile stabilire chi debba seguire le lezioni di Vuoto e chi no. – Spiegò. – Vieni dalla periferia di Numalia, vero?
– Sì, vengo dal Liceo Est.
– Vedrai, ti adatterai in fretta al luogo. Forse sarà più difficile abituarti alle persone. – Mi rassicurò. – Comunque chiedi ai tuoi compagni ed ai tuoi insegnanti per qualsiasi cosa.
– Scusi, Numerato Carrian, ma cosa succede in Accademia se non si passa l’Ultima Separazione? Ci si deve trasferire in un Liceo di Marginati? – Chiesi.
Carrian rise mostrando dei lucenti denti bianchissimi. – No, Domar! Che assurdità! L’Accademia è una scuola per la Gente del Vuoto, chi non riesce a sviluppare il potere durante la permanenza ha comunque diritto a finire gli studi. Dopo, invece di diventare Tesserati o Numerati, prenderanno posto tra i senza poteri. – Raccontò. – Per i Marginati è diverso. I Rientrati e le Anomalie vanno istruiti al Vuoto, per questo è meglio vengano condotti in Accademia. Il Vuoto non può essere ignorato. – Mi guardò di sottecchi. – Non che questo capiti di frequente, eh!
Tornai con lo sguardo fuori dal finestrino. Quindi bastava avere un genitore che possedeva il Vuoto per garantirsi un completo corso di studi all’Accademia di Numalia, questo malgrado le doti personali che lo studente poteva possedere.
– Goditi la strada, Domar. Saremo agli Uffici in un attimo.
Osservai gli edifici scorrere uno dopo l’altro dal finestrino. Era un poderoso complesso. Dietro i dormitori vidi alcune strutture, dovevano essere campi per attività sportive. C’erano anche dei padiglioni molto grandi, ma non capivo per cosa venissero utilizzati. Mi chiesi debolmente in cosa consistessero le lezioni di Vuoto e come avrei fatto a recuperare undici anni di assenze.
Così come Carrian disse ci vollero solo alcuni minuti per giungere all’Ufficio Generale dell’Accademia. Una volta lì il Numerato parcheggiò in alcuni posti all’esterno e mi disse di scendere. Io afferrai lo zaino e ubbidii. Entrammo.
Carrian andò dritto verso un lungo bancone all’ingresso. Doveva essere la portineria. Estrasse un cartellino e scambiò due parole con una donna, poi tornò da me. – Vieni, dobbiamo andare al terzo piano. – Ci infilammo in un ascensore e prendemmo a salire. – Ora ti daranno il numero di Matricola. È una serie di dieci numeri. Con il tempo è meglio lo impari. Insieme ti diranno in quale classe dovrai andare e ti consegneranno l’orario delle lezioni con le aule. – Si aprirono le porte e scendemmo. – Vieni, ufficio 3068. – Ripeté e prese ad esaminare i numeri sulle pareti.
Percorremmo un tratto del corridoio al galoppo e poi trovammo l’ufficio a cui ci avevano mandati. Carrian bussò e una voce femminile concesse di entrare. – Buongiorno. Avel Domar, la attendevo. – Disse una donna di mezza età con tondi occhiali tartarugati, magra come un gambo di sedano. Sedeva dietro una scrivania sommersa da fascicoli e fogli.
– Sì, signora, sono Avel Domar.
– Molto bene. Iada Firlan, mi occupo della sua carriera scolastica e sono la sua referente burocratica. Le assegnerò il numero di Matricola e da oggi farà riferimento a me per tutte le situazioni in cui saranno previste una serie di scartoffie. – Aveva una parlata veloce tanto che, se avessi provato a tenere quel ritmo, mi si sarebbe annodata la lingua. – Si sieda, non resti in piedi. Il Numerato la attenderà fuori.
Carrian uscì ed io presi posto sulla sedia davanti alla scrivania della Firlan. – Ecco a lei, signor Domar. Lei sarà la Matricola 7784355313, le consiglio di memorizzare i numeri. – Aprii la giacca, tolsi il taccuino e infilai la tessera nera opaca con il mio numero inciso sopra nell’apposito vano per contenerla. – Negli esami e negli atti ufficiali non verrà più usato il suo nome, ma il suo numero di Matricola. Dovrà usarlo per identificarsi in qualsivoglia ambito dell’Accademia. Dopo il diploma e il periodo di apprendistato presso il suo futuro Mentore, le verrà assegnato un codice alfanumerico nel caso in cui lei voglia diventare un Tesserato o un nuovo numero nel caso desideri prendere servizio tra le fila del Cerchio. Quel nuovo identificativo verrà associato al suo numero di Matricola e sarà così anche se dovesse essere promosso o altro. Tutto chiaro?
– Sì, signora. Ma un periodo di apprendistato? Di cosa si tratta?
– Gliene parleranno meglio i suoi docenti, ma è bene inizi a sapere che, dopo il diploma, coloro che superano una delle tre Separazioni, vengono assegnati ad un altro Padrone del Vuoto. Il Mentore ha il ruolo di introdurre la Matricola nella Società di Ultar. Non si deve preoccupare di riflettere su questo, è il Mentore a scegliere la propria Matricola.
– Ho capito.
– Molto bene, un ragazzo sveglio una volta tanto. – Commentò sistemandosi con il mignolo gli occhiali sul naso. – Lei ha superato il Test solo all’Ultima Separazione, dunque non passerà molto tempo in Accademia. Seguirà le poche lezioni che mancano al completamento dell’anno scolastico insieme alla classe N02. – Mi porse un altro foglio. – Qui c’è l’orario. Questa mattina avrà lezione con la Professoressa Tenna Movan, la fortuna purtroppo non l’ha assistita. L’aula è la A5-88. A l’ala dell’edificio, 5 il piano e 88 la classe. Abbastanza semplice. Comunque l’accompagnerà il Numerato qui fuori. – Si sistemò ancora gli occhialini. – Lei è un tipo di poche parole, signor Domar, mi piace.
– Mi scusi, sto cercando di ricordare il più possibile. – Risposi.
– Allora continui così, ho ancora qualche informazione. – Proseguì senza sosta. – Mi sono stati comunicati i suoi risultati scolastici dal Liceo Est. I suoi punteggi sono molto alti e non credo avrà grandi difficoltà ad adattarsi alle lezioni teoriche, le pratiche, invece, potrebbero essere un problema. So che probabilmente è ansioso di mettere alla prova il suo inatteso potere, ma le dirò questo: cerchi di lasciarsi del tempo. I voti che prenderà agli esami di diploma sono estremamente importanti per la sua carriera futura ed è saggio lei si concentri su questo. Se è d’accordo farò in modo che la sua Valutazione venga spostata tra un mese e mezzo invece che tra due settimane come in programma.
– La mia Valutazione?
– Certo, signor Domar. Il suo potere andrà valutato. – Allungò gli occhi sull’orario delle mie lezioni. – Il Professor Umavel sarà il suo docente di Vuoto. Lo vedrà nel pomeriggio e sono sicura le spiegherà meglio tutta la faccenda. Comunque, credo sia meglio procedere con lo spostamento della Valutazione. Se si fida faccio richiesta.
– Se possibile, signora Firlan, non vorrei creare incomodi appena arrivato. Preferirei non spostasse la mia Valutazione. La sosterrò il giorno che è già stato stabilito. – Risposi.
– Come vuole, signor Domar, non farò richiesta. – Mi sorrise tendendo le sue labbra piene di rughe. – Dall’orario sembra che il Professor Umavel la riceverà nel suo ufficio. Gli uffici dei professori si trovano nell’ala F. Immagino sosterrà delle lezioni speciali all’inizio. Questo succede perché lei è un’Anomalia e non ha alcuna base sulla conoscenza del Vuoto. Con il tempo poi potrà inserirsi nelle lezioni dei più piccoli. Ma anche di questo non si deve impensierire, sarà Arot Umavel a decidere. È un docente severo, non si lasci intimidire.
– Farò del mio meglio. – Replicai. – Ho altre lezioni straordinarie oltre a queste?
– No, nessuna. Dopo la Valutazione potrà cominciare ad allenare seriamente il suo potere, ma, fino ad allora, lo studierà solo in maniera teorica, al più con qualche semplice esercizio. – Mi sorrise nuovamente. – Terrò conto dei suoi risultati e ci rivedremo il giorno della Valutazione. Per oggi abbiamo finito.
Mi alzai dalla sedia. – La ringrazio, signora Firlan. – Salutai.
– È stato più semplice di quello che avrei creduto. Per qualsiasi cosa non esiti a contattarmi. – Mi rassicurò.
Uscii dall’ufficio ricolmo di carte di Iada Firlan. Avevo la sensazione mi fosse piovuta addosso un’intera enciclopedia. Ci avrei messo giorni a processare tutte le informazioni.
– Tutto a posto? – Domandò Carrian. Probabilmente avevo uno sguardo confuso.
– Sì, tutto bene.
– Andiamo in Accademia allora. – Tagliò corto. Scendemmo al piano inferiore e riprendemmo la macchina. Carrian mi portò indietro verso l’immenso edificio con mille vetri.


___
Avel Domar è arrivato in Accademia. Ora deve cominciare a scoprire la "nuova" Società in cui si ritrova. Come andranno le lezioni? Cosa succederà durante la sua Valutazione?
Grazie per aver letto fino a qui! A presto per la prossima parte! 
Iwon Lyme
   
 
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