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Autore: aki_penn    29/09/2021    7 recensioni
“Non mi prendere in giro, le conosco le tue facce incazzate, quella che hai ultimamente non è la solita. Non è né quella ‘abbiamo perso la partita’, né quella ‘ho preso un brutto voto in inglese’, neanche quella ‘è finito lo yogurt nel distributore’ e neppure ‘Tsukishima mi prende in giro ma non so cosa rispondere’!”
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Miwa Kageyama, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ed eccomi dopo una vita a scrivere qualcosa che non contenga una scena di sesso, incredibile!
La storia è ambientata al terzo anno di Hinata e Kageyama e ci sono alcune informazioni che potrebbero essere spoiler se non avete finito di leggere l’arco narrativo dei nazionali.
In ogni modo, è una storia senza pretese e senza una gran trama, solo un po’ di fluff.
Come ultima cosa, a un certo punto descrivo un’azione come “un rapido movimento di indice e pollice, come se avesse dovuto lanciare una biglia”, ma intendo descrivere una schicchera o un cricco. Non sono riuscita a capire se ci sia un termine specifico per questo movimento della mano. Spero che nella narrazione sia chiaro cosa intendo.
Se vi fosse capitato di aver già visto in giro questa fic, non avete avuto le traveggole, non preoccupatevi. L’avevo caricata una settimana fa, ma poi mi ero resa conto di quanto non mi piacesse il finale, quindi l’avevo cancellata. In questa versione è rimasto tutto uguale tranne l’ultimo dialogo.
Grazie per aver dato una possibilità a questa storia!
 
Angry Faces
 
 
 
Hinata aprì un occhio e alzò un poco la testa per riuscire ad aprire anche l'altro, che era schiacciato sul cuscino. Fissò l'oggetto blu e bianco che aveva davanti abbastanza a lungo per iniziare a distinguerne il contorno rettangolare con gli angoli arrotondati. Una sveglia. Una sveglia che segnava le cinque e mezza. Di notte? No, c'era troppa luce perché fosse notte, doveva essere pomeriggio.
Si sentiva braccia e gambe fatte di gelatina. Qual era il problema con i pisolini? Quando si svegliava gli sembrava sempre che qualcuno gli avesse rubato l'energia aspirandogliela dalle ossa con una cannuccia.
Riappoggiò la testa al guanciale e chiuse gli occhi, poi dopo qualche secondo durante il quale aveva rischiato di riaddormentarsi sussurrò "Kageyama?"
Hinata sentì la testa dell'altro, posata tra le proprie scapole, spostarsi un poco, come se Kageyama stesse cercando una posizione più confortevole sulla sua schiena.
Seguì quello che sembrò un grugnito che probabilmente significava che fosse quasi sveglio e fosse disponibile ad ascoltare, ma non a parlare.
"Sono le cinque e mezza, quando tornano i tuoi?" domandò con una vocina flebile e la morte nel cuore. Non aveva la forza di alzarsi e nemmeno di parlare più forte.
"Alle otto" biascicò, cambiando di nuovo posizione. Hinata esalò un sospiro di sollievo e si sentì come se le membra fossero diventate ancora più molli.
Kageyama emise un altro grugnito e poi farfugliò "Però Miwa torna prima, non possiamo rimanere troppo a letto".
Hinata distese la schiena come poteva, dato che il peso morto di Kageyama poggiava su tutto il suo corpo.
"Ancora cinque minuti" piagnucolò affondando la testa nel cuscino.
"Ancora cinque minuti" concordò Kageyama con la lentezza di chi si sta addormentando. "Non sbavarmi addosso". La voce di Hinata uscì ovattata dal guanciale.
"Sei tu quello che sbava, non io". Fece giusto in tempo a finire la frase prima che il suo respiro si trasformasse in quello lento e regolare del sonno.
Cinque minuti dopo Hinata riaprì un occhio e cercò la sveglia. La lancetta più lunga aveva sorpassato di poco il cinque mentre quella più corta e tozza indicava con certezza il numero sei.
Ci mise più del dovuto per capire cosa significasse. I cinque minuti erano durati un’ora.
"È tardissimo!" Fece forza sulle braccia e si tirò su, alzando con sé anche Kageyama che gli dormiva addosso e che si svegliò di soprassalto.
"Ma sei scemo?" urlò l'altro, boccheggiando come se stesse per affogare.
"Sono le sei e mezza!"
Hinata sgambettò cercando di liberarsi dal peso di Kageyama e posò i piedi per terra. Kageyama poggiò la schiena al muro stropicciandosi gli occhi e sbadigliando disse "Miwa arriva tra mezz'ora. Dobbiamo farci la doccia e sistemare il casino che hai fatto".
"Ehi, non ho fatto tutto da solo!" Aggrottò le sopracciglia rossicce e si alzò in piedi, sovrastando Kageyama almeno finché l'altro era sdraiato.
Lui si grattò la guancia, aveva ancora gli occhi semichiusi ed era chiaro che a differenza di Hinata non era ancora del tutto sveglio.
"Vado a prenderti un asciugamano e questa volta non buttare il preservativo nel bidone della cucina, mio padre lo stava per vedere l'ultima volta." Sbadigliò ancora e con un colpo di reni si mise in piedi.
Hinata, con le mani sui fianchi e un cipiglio inquisitore lo osservò mentre si dirigeva alla porta. L’occhiata doveva essere stata particolarmente penetrante perché lui si voltò e la ricambiò.
"Che vuoi?" Il tono di Kageyama era infastidito e lo sguardo era scuro, sotto la frangetta.
"Che hai?"
"Fretta, stupido! Dobbiamo farci la doccia e pulire. L’ultima volta con il detersivo per i piatti le macchie sono venute via bene, ma ci vuole un po’” disse osservando accigliato le lenzuola azzurre decorate, proprio nel centro da una macchia inesorabilmente più scura.
Hinata scrollò le spalle e Kageyama sbuffò, prima di voltarsi e uscire dalla stanza borbottando qualcosa contro le lenzuola azzurre che fanno risaltare un sacco le macchie.
Hinata si morsicò il labbro e lo seguì camminando a piedi nudi sul pavimento del corridoio.
Due anni prima non avrebbe mai detto che si sarebbe mai sentito così a proprio agio a girare completamente nudo in una casa non sua. Men che meno a casa di quel dispotico Kageyama.
Doveva ammettere che Kageyama non era proprio sempre dispotico. Da quando si erano baciati al ritorno dai campionati nazionali del primo anno aveva scoperto che, seppur con evidente disagio, riusciva ad essere gentile a suo modo, anche se non sempre. Durante gli allenamenti finivano comunque a picchiarsi e a insultarsi. Hinata era abituato alla dualità di quel rapporto e probabilmente non ne avrebbe voluto uno differente.
Di certo però nell'ultimo mese il suo lato gentile aveva avuto la peggio e la sua personalità da Re del Campo era tornata a farsi sentire. Dentro e fuori dal campo. Sembrava perfino peggio di quando l'aveva incontrato alle medie. Insopportabile, scorbutico e addirittura più silenzioso del solito.
Aprì la porta del bagno con un piede ed entrò con la stessa famigliarità che avrebbe avuto a casa propria. Buttò il preservativo nel water e tirò l'acqua.
Fu allora che Kageyama arrivò con due asciugamani sulla spalla, tirandosi dietro la porta.
“L’hai buttato nel water?” Le sopracciglia erano di nuovo incredibilmente aggrottate. Hinata scrollò le spalle “Mi hai detto di non buttarlo nel bidone della cucina.”
“Ma sei scemo? Intendevo che dovevi buttarlo nel cassonetto di fronte a casa dopo essere uscito! Se si è intasato il gabinetto ti meno!” Mollò i due asciugamani sul lavandino e in tre falcate fu davanti al water. Hinata si scostò per farlo passare.
“Non credo che si intasi per così poco.” Incrociò le braccia e lo osservò mentre si chinava a studiare la situazione, anche se non sembrava ci fosse granché da studiare. L’acqua si era portata via tutto.
“Una volta Miwa ci ha buttato un assorbente, abbiamo dovuto chiamare l’idraulico e abbiamo speso un sacco di soldi. Hai idea di quanti yen costi un intervento del genere?”
“No, quanti?”
Kageyama batté le palpebre un paio di volte, rendendosi conto di non sapere nemmeno lui quanto costasse un intervento del genere. “Molti!” si limitò a rispondere, sperando che l’entusiasmo bastasse a sopperire la mancanza di informazioni serie.
Rimasero per qualche secondo a fissare l’acqua ferma dentro al gabinetto, finché Hinata non si schiarì la voce. “Non credo che per questa volta ci sarà bisogno dell’idraulico”.
Kageyama grugnì, ma non poteva non dargli ragione. “Allora sbrigati a entrare nella doccia, che siamo in ritardo per colpa tua!”
“Come fa a essere colpa mia? Hai dormito pure tu!”
Kageyama allungò la mano per rifilargli uno scappellotto, ma l’altro lo scansò e lo precedette con balzo dentro la doccia. Appena ebbero chiuso il box alle loro spalle, Hinata aprì il rubinetto dell’acqua ed entrambi indietreggiarono per non essere colpiti dal getto ancora freddo.
Rimasero in silenzio mentre Kageyama allungava la mano per saggiare la temperatura dell’acqua e decretare quando fosse stata abbastanza calda per lavarsi.
“Che cos’hai?” chiese di nuovo Hinata. Kageyama gli lanciò un’altra occhiataccia. “Che cosa vuoi? Non ho niente.”
“Non mi prendere in giro, le conosco le tue facce incazzate, quella che hai ultimamente non è la solita. Non è né quella ‘abbiamo perso la partita’, né quella ‘ho preso un brutto voto in inglese’, neanche quella ‘è finito lo yogurt nel distributore’ e neppure ‘Tsukishima mi prende in giro ma non so cosa rispondere’!” e con una mano lo schizzò con l’acqua ancora fredda.
Kageyama strizzò gli occhi e indietreggiò fino a poggiare la schiena contro al vetro della doccia. “Che cosa stai dicendo? Io non faccio le facce per queste cose. E so sempre cosa rispondere a Tsukishima!”
Hinata, per tutta risposta, lo schizzò di nuovo. “Sì che le fai!”
“E piantala!” e schiaffeggiò il getto facendogli arrivare addosso una manata d’acqua che gli bagnò il petto. Ormai era quasi tiepida.
“E allora, che hai?”
“Non ho niente!” ripeté l’altro, sempre più esasperato.
Toccò a Hinata fare il broncio a quel punto, completamente sopraffatto dal muro di Kageyama. I muri a pallavolo erano un conto, ma Kageyama che gli nascondeva le cose era tutt’altro ostacolo da superare. Forse Hinata non sapeva saltare davvero così in alto.
“Vuoi che ti faccia un…” iniziò a dire, facendo un passo avanti e finendo sotto lo scroscio della doccia. Kegeyama lo colpì in fronte con un rapido movimento di indice e pollice, come se avesse dovuto lanciare una biglia. Il contatto con la testa di Hinata risultò in una sorta di tonfo sordo.
 “Ahia!” Hinata si coprì la fronte con la mano, mentre l’acqua iniziava a scorrergli tra i capelli e sulle spalle.
“Sei un animale! Cosa ti è venuto in mente?”
“Non lo so, quando c’è qualcosa che non va lo risolviamo sempre con il sesso o con la pallavolo e qui di certo non possiamo metterci a palleggiare.”
Ci fu un secondo di silenzio durante il quale entrambi rifletterono più approfonditamente sulla possibilità di poter fare dei palleggi dentro la doccia.
“No, non possiamo fare due palleggi qui dentro” decretarono all’unisono alla fine.
“Ok, quindi…” fece Hinata piegando un poco le ginocchia.
“Ho detto di no!” sbottò l’altro acchiappandolo per le ascelle e costringendolo a tornare in posizione eretta.
“Non mi hai detto di no, mi hai detto che sono un ‘animale’ e spesso non equivale a un no!” incrociò le braccia e lo guardò torvo.
“Questa volta è un no invece!”
A quel punto erano imbronciati entrambi. Kageyama sbuffò, afferrò lo shampoo e spemette una generosa quantità di liquido sulla testa di Hinata, stringendo il barattolo con una mano sola, con evidente stizza.
“Adesso stai zitto e lavati!” e un secondo dopo aveva infilato le dita di entrambe le mani tra i capelli bagnati dell’altro.
Hinata strizzò gli occhi e abbassò un po’ la testa mentre Tobio iniziava a massaggiare il suo cuoio capelluto con tale forza da fargli quasi male.
“Ti devi tagliare questi capelli” brontolò mentre con le mani insaponate si dilettava a modellare una cresta di capelli rossicci sulla testa dell’altro.
“Ti ho detto che ci vado dopo il diploma.” Era un po’ infastidito, ma lo lasciò fare.
“Il diploma è tra due settimane!”
“E allora vuol dire che me li taglierò tra due settimane, prima di partire per Rio!”
Kageyama emise un basso grugnito ma si zittì e lasciò che Hinata prendesse il sapone e iniziasse a lavarlo a propria volta.
Negli ultimi due anni era cresciuto ancora e per quanto Hinata avesse fatto lo stesso era rimasto stabilmente sotto la sua altezza di almeno quindici centimetri. Kageyama lo superava con tutta la testa.
Era proprio bello, con quel petto largo e quelle braccia muscolose. Non che non fosse stato bello anche quando aveva quindici anni, ma a quasi diciotto finiva per lasciare sempre Hinata a bocca aperta, non importava che si vedessero tutti i giorni, era sempre una meraviglia.
Per quanto agli inizi l’avesse invidiato e avesse desiderato con tutto se stesso avere quel corpo, la continua vicinanza l’aveva convinto che non fosse male nemmeno poterlo guardare da fuori e accarezzarlo. E la cosa più buffa era che Kageyama non sembrava nemmeno rendersi davvero conto di che effetto facesse su Hinata.
Alla fine dei conti il corpo di Hinata andava benissimo per saltare e fare tutto ciò che era necessario in campo e poi poteva godersi la vista di Kageyama nella doccia.
Le dita dell’altro si erano fatte un po’ meno invadenti e Hinata smise di sentirsi come se stesse cercando di strappargli tutti i capelli dalla radice. Era un po’ brusco perfino quando era di buon umore, figurarsi come poteva esserlo mentre era incazzato.
“Non mi hai ancora detto cosa non va”.
“Non c’è niente che non va”. La risposta arrivò sottovoce, ma un po’ esasperata.
“Ti sei rabbuiato quando ho parlato del diploma. Hai paura di non diplomarti?”
“Certo che no. Cioè, non vado molto bene, ma non faccio così schifo”.
“Sì che fai schifo”
“Tu fai schifo!” urlò e allungò una gamba per pestare il piede di Hinata, che con un balzo che lo fece rovinare contro il muro si scansò appena in tempo.
“Facciamo entrambi schifo, ma allora cos’è? Hai paura della tua nuova squadra professionale?” continuò imperturbabile. Kageyama gli mise una mano dietro la testa, lo riportò sotto il getto d’acqua e si mise a risciacquare lo shampoo con inaspettata delicatezza.
“No, non ho paura. Mi piace giocare a pallavolo. Non ho paura di giocare come professionista.”
“E allora cosa c’è?” domandò per un’ultima volta esasperato.
Kageyama si girò dall’altra parte e disse qualcosa che Hinata non riuscì a capire. “Cosa?”
Kageyama gli lanciò uno sguardo astioso “Non voglio che tu te ne vada a Rio.”
Hinata sgranò gli occhi e lo fissò con l’espressione di un cervo abbagliato dai fari in tangenziale. Kageyama arricciò il naso, infastidito da quella reazione.
“Perché? Tu vai a giocare per una squadra vera, farai un sacco di viaggi e giocherai con atleti incredibili! Hai vinto tu di nuovo.”
Kageyama scrollò le spalle, nessuno dei due stava toccando l’altro e l’addome di Tobio era ancora parzialmente insaponato.
“Beh, sì” fece un sorrisetto, beandosi della sua nuova convocazione, per poi accigliarsi e tornare al fulcro della conversazione “Sì, ma Rio è a trenta ore di volo dal Giappone!”
Hinata scrollò le spalle “Beh, è un viaggio che dovrò fare due volte, non credo che tornerò prima di due…”
“Appunto, idiota!” Hinata gelò sul posto.
“Non posso farmi trenta ore di volo per venirti a trovare se sono impegnato con la squadra!”
Lo guardò battendo le ciglia imperlate di goccioline d’acqua. “Stavi pensando di venire a trovarmi?”
Kageyama incrociò le braccia e fece una delle smorfie che faceva quando una battuta gli era venuta male.
“Non ti posso venire a trovare, non me ne hai nemmeno parlato prima andare da Kenma e comprare il biglietto aereo.”
Hinata abbassò lo sguardo e si strinse nelle spalle “Mi sembrava che tu ti stessi impegnando e che fosse normale che lo facessi anche io.”
“Non è che non voglia che tu vada in Brasile, ma non voglio che tu vada in Brasile”
“Hai appena detto il contrario di quello che avevi detto prima” disse Hinata, serafico.
“Hai capito cosa volevo dire!” urlò l’altro e gli pestò un piede con particolare violenza. Questa volta Hinata non fece in tempo a spostarsi e guaì come un cane al quale avessero pestato la coda.
“E quindi cosa dovrei fare?”
“Non lo so!”
Hinata gli lanciò uno sguardo di fuoco, poi gli mise una mano sulla spalla e lo costrinse a piegarsi in avanti “Stai giù, che ti insapono la testa”
Rimasero in silenzio per qualche secondo, mentre Hinata massaggiava lo shampoo tra i capelli scuri.
“Non pensavo che per te fosse un così gran problema. Potrai giocare con un sacco di gente fighissima.”
 “Tu fai schifo a giocare, non è per quello che non voglio che tu vada.”
“Ehi!” gli tirò un po’ i capelli, per vendicarsi dell’offesa, ma Kageyama non si mosse e rimase nella sua posizione di semi-inchino a farsi lavare.
Hinata sospirò e passò l’acqua per risciacquare lo shampoo, prima di dargli un colpetto sulla spalla “Ho finito”.
Quando Kageyama rialzò la testa distolse subito lo sguardo per non fissarlo negli occhi dell’altro.
“Mi puoi venire a trovare quando ci saranno le Olimpiadi, nel 2016 le faranno a Rio.”
Kageyama fece una smorfia “Non mi hanno ancora convocato per le Olimpiadi”.
Le mani di Hinata planarono con un gran rumore di schiaffo su entrambe le guance di Kageyama, che sobbalzò preso alla sprovvista.
“E allora impegnati a farti convocare per venirmi a trovare!”
“Guarda che avevo intenzione di impegnarmi al massimo a prescindere da te!”
Hinata, ancora con entrambe le mani sul suo viso gli fece un gran sorriso e gli occhi di Kageyama diventarono d’un tratto più lucidi.
“Stai per piangere?” Hinata lo guardò dal basso, accigliato.
“Mi è andato lo shampoo negli occhi” rispose l’altro con una voce un po’ più nasale del solito.
“Ma c’è scritto che è uno shampoo anti-lacrime!”
“Allora è uno shampoo anti-lacrime di merda!”
Hinata si morsicò il labbro inferiore per non ridere, ma poi non ci riuscì e dalla gola gli sgorgò la più luminosa risata che avesse fatto nell’ultimo mese. “Cos’hai da ridere?”
“Vuoi che ti abbracci?”
“No!”
“Lo faccio lo stesso!”
Kageyama lo lasciò fare, facendosi stringere da Hinata e poggiando il capo sulla testa dell’altro, mentre i loro corpi bagnati aderivano, ancora sferzati dal getto d’acqua calda della doccia. Alla fine anche le braccia di Kageyama lo circondarono e lo strinsero più forte.
Era una bella sensazione stare abbracciati in quel modo. Non era qualcosa che facessero spesso e Hinata pensò che starsi così vicini non facesse bene solo a Kageyama, ma anche a lui. Forse anche ad Hinata sarebbe venuto da piangere se in lontananza non si fosse sentito lo scattare di una chiave.
Kageyama si staccò da lui con una tale rapidità da far pensare che si fosse scottato.
“Miwa!”
In un attimo chiuse l’acqua della doccia e si lanciò fuori dal box. Afferrò un asciugamano, se lo legò attorno alla vita e sgusciò fuori facendo sbattere la porta.
“Ah, Tobio! C’è Hinata in bagno con te?” chiese la voce allegra di Miwa in lontananza.
“No! Sì! Forse…” blaterò lui, preso alla sprovvista.
“Guarda che le ho viste le sue scarpe all’ingresso. Sono troppo piccole per te”
Kageyama rispose qualcosa che Hinata dal bagno non riuscì a sentire.
“Guarda che non mi freghi, le conosco tutte le tue facce finto-innocenti. Questa non è né quella ‘ho preso un brutto voto e non voglio che mamma lo sappia’, né quella ‘ho bruciato il pranzo e per nasconderlo l’ho buttato nel water e ho intasato la tubazione’, è decisamente quella ‘stavo facendo la doccia con Hinata, ma non voglio che Miwa lo sappia’!”
Fu allora che Hinata riuscì a sentire di nuovo la voce di Kageyama che urlava esasperato “Io non faccio queste facce! E non ho mai buttato il pranzo nel water!”
 
   
 
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