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Autore: time_wings    30/09/2021    2 recensioni
[In revisione]
Da… un capitolo:
“Ci siamo trovati sotto un cielo – certo, era simulato, ma questo conta poco – e ti avrei raccontato la storia più bella del mondo, quella che nessuno si prende mai la briga di raccontare perché la tranquillità e la pace forse non fanno la fama. Peccato che, al crescere della gioia, cresceva la più complessa e particolare delle emozioni: la fiducia.
Questa storia è tragica e il mio più grande rimpianto resta quello di averci creduto.
Forse, semplicemente, per noi non c’era speranza."

Questa storia, come molte altre, parla di una grande amicizia, di un amore nascosto, di un fratello abbandonato, di difficili addii. Certe cose nascono alla stazione di un treno, altre finiscono nello stesso posto. Dove ci porteranno? Be', avanti.
O… la storia di come “alla fiera dell'angst per due soldi un malandrino mio padre comprò”.
Genere: Angst, Comico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Marlene McKinnon, Regulus Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Malandrini/I guerra magica, Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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34. Mappa

 






Aprile, 2001

Harry Potter aggrotta la fronte e scosta la polvere dalla pila di libri che non ha mai notato. Occuparsi delle cose dei morti è un compito che spetta a chi è cosciente di non star violando alcun divieto.
Con un sospiro si siede a terra e soffia via altra polvere dal primo volume.
Poi ne esamina uno dopo l’altro, lentamente, dividendoli in tre sezioni: quelli troppo rovinati per essere letti, quelli da tenere per sé, quelli da dare a Teddy.
Afferra quella che potrebbe essere una copia di ‘le notti bianche’ di Dostoevskij. È difficile dirlo, perché il titolo è praticamente illeggibile, consumato da dita e tempo. Lo lancia nella pila di quelli da buttare, ma l’occhio gli cade su un angolo di pergamena, stretto e dimenticato tra le pagine. Sfoglia il libro per liberarlo e incontra parole stampate che si mischiano inaspettatamente a inchiostro e commenti sciolti e sbiaditi da macchie di caffè, acqua, forse lacrime. Alla fine, Harry si trova tra le mani l’involucro intatto di una lettera. La carta sembra essere molto più giovane del libro che la ospita.
Voltandola, sgrana gli occhi e registra distrattamente la sua bocca spalancarsi:

A Harry James Potter, ovunque tu sia.

Senza pensarci due volte – e perché dovrebbe? La lettera è sua – Harry rompe il sigillo e si ritrova in mano due pezzi di carta piegati più volte. Afferra quello che recita: Leggimi e apre la prima lettera con mani tremanti.
 
La morte sa di sale.
A dire il vero non lo so per esperienza diretta, ma mi ci sono avvicinato spesso e so con certezza che ha quel sapore. Me lo aspetto, lo vedo arrivare. Credevo fosse colpa delle lacrime, ma non ho sentito la morte ogni volta che ne ho versate, è un sapore più aspro, non saprei spiegarlo.
Qualcuno dice che la morte puzzi di gomma.
Non mi è mai capitato di sentirne l’odore, a essere sinceri, però forse puzza più di pioggia, di panni bagnati intrisi di fango. Forse ho solo visitato troppe bare.
Che sotto le mani sembri sabbia è praticamente una certezza. Hai presente quella sensazione infinita di soddisfazione, quando hai corso tanto verso una meta precisa e finalmente afferri il tuo trofeo? La morte sa di quella decadenza amara, della vittoria che ti si scioglie così, tra le mani. Che come sabbia ti passa tra le dita e ti ritrovi all’improvviso con niente in mano dopo un’immensa fatica. Non so se sia ironico, in un certo senso, ma è proprio dopo aver vinto che, tempo qualche attimo, e ho conosciuto quella sabbia. La morte ha certamente questa consistenza fuggevole. Ci metterei la mano sul fuoco.
Che la morte abbia l’aspetto di una signora con la falce non direi affatto. Forse un uomo, alto ma incurvato, forse solo il volto del tuo carnefice, forse una luce o una nube di gas, forse è solo un velo. Di una cosa sono certo: la vedi senza dubbio arrivare.
Se c’è una percezione che proprio non le sono riuscito a dare direi che è il suo suono, sarebbe bello se cantasse, non c’è dubbio, ma renderebbe tutto più nostalgico, aumenterebbe il nodo che ho in petto. E poi non spiegherebbe la serenità sui volti di chi muore. Forse urla e basta, forse ti fa arrabbiare perché tu non ti accorga che sta succedendo, forse ha il suono di un incantesimo, forse di uno sparo.
So che vorresti non pensare a tutto questo, te lo dovresti lasciare alle spalle, ma ci sono tante cose che non sai e che nessuno ha mai conosciuto così a fondo per poterne parlare.
Questa è una bella storia, una bella storia che è finita male.
Una sola cosa, però, mi sento di dirti:
Io non ho rimpianti.
Spero che quando leggerai queste parole sarà tutto finito. Spero che riuscirai a provare sollievo, in qualche modo, lo spero per te, dico davvero. 
Perché certe cose, anche se ti spezzano l’anima, finiscono in qualche modo per avere una loro funzionalità.
Sono sicuro che avrai appreso i più importanti valori che un essere umano possa seguire e rispettare. C’è chi li comprende solo in punto di morte, ma, vedi, sono pochi quelli che ci riescono in tempo per farsi cambiare.
Io provo un enorme rispetto per quelle persone, lo so perché ho avuto la possibilità di conoscerne qualcuna e mi sono reso conto solo nel punto di morte di un altro che c’era qualcosa di più, oltre alla vista oltre il mio naso.
Spero che lo capirò anch’io quando arriverà il momento, perché non ci sono riuscito quando ero in tempo per cambiare.
Spero con tutto me stesso che, quando leggerai queste parole, ti potrai rendere conto che hai in mano un tesoro, anche se sei circondato da vetri rotti.
Ti chiedo espressamente di non mollare, anche se sei stanco, perché mi fido ciecamente di te e ne ho conosciuto solo un altro col tuo fegato. Altri due, a dire il vero. Mi è sembrato assurdo vedere che c’era rimasto ancora qualcuno con certe qualità, ma loro erano lì, davanti a me, a dimostrarmelo sempre. 
Spero soprattutto che tu non ne abbia già pianti troppi.
E prego, anche dalla terra, che tu non abbia rimpianti.
È una storia strana, perché ci siamo sempre spalleggiati, noi, e io non ho mai saputo perché il mondo sia stato tanto aspro da darmi in mano quel regalo così grande, solo per il gusto di strapparmelo.
Ci ho pensato spesso e sai che ti dico?
Non ci ho mai trovato alcun disegno, neanche una linea tratteggiata a indicarmi dove cercare.
Ti ho detto che non ho rimpianti, ma credo di averti mentito come il più furbo dei bugiardi. Chi si metterebbe mai a discutere la parola di un morto? Per forza mi avresti creduto, ma mi rendo conto di non voler morire da bugiardo.
Non ho abbastanza dita per contare i miei rimpianti. È questa la verità.
Ci siamo trovati sotto un cielo – certo, era simulato, ma questo conta poco – e ti avrei raccontato la storia più bella del mondo, quella che nessuno si prende mai la briga di raccontare perché la tranquillità e la pace forse non fanno la fama. Peccato che al crescere della gioia cresceva la più complessa e particolare delle emozioni: la fiducia.
Questa storia è tragica e il mio più grande rimpianto resta quello di averci creduto.
È un mondo crudele, credo tu sia stato il primo ad averlo capito ed è per questa ragione che spero, con tutto il cuore, che tu della tragedia ne abbia avuto abbastanza.
Forse, semplicemente, per noi non c’era speranza.
Un’altra cosa che spero con tutto me stesso di poterti ancora insegnare è proprio a non aspettare troppo.
Tempi infiniti colmi di trepidazione, che si allungano a dismisura, mentre rovisti negli scomparti più interni del tuo petto, in cerca di una scintilla, una sola, che sappia darti il fegato di buttarti a capofitto proprio quando tutto, attorno a te, ti grida di lasciar perdere, che è un salto troppo lungo per uno come te.
Spero vivamente che tu sappia distinguere se a bloccarti sia la logica o la più irrazionale delle paure: quella di fallire.
Avessi avuto un anno in più, uno solo, sparso tra gli altri sette su scala così vasta da darmi solo dieci minuti al giorno, l’avrei usato per non aspettare. L’avrei usato per meditare e rendermi conto che l’imbarazzo di un attimo non pesa addosso quanto il rimpianto di una vita. E forse due anni fa avrei agito.
È che quando si ha il tempo ci si sente invincibili, addirittura inattaccabili, duri come roccia e inamovibili.
È allora che basta un soffio di vento, anche impercettibile, per rompere ogni equilibrio e vedere le sconfitte, gli attacchi e ciò che si può perdere.
Ti scrivo questa lettera perché voglio ringraziarti. Perché ho avuto la fortuna di conoscerti e di vederti cresciuto, ma anche perché ho ricordato a tutti, spesso, di non scambiarti per tuo padre ed è ironico che alla fine sia stato tu a rimproverarmi e a chiedermi di non scappare, facendomi assaggiare un’altra fetta di felicità.
Ho sempre disprezzato i cliché e le storie prevedibili, eppure eccomi a dirti che, se stai leggendo queste parole, è perché sono morto. Ho sempre trovato che fosse un frase un po’ macabra e non così affascinante, ma in questo caso è così che stanno le cose.
Nel mio periodo a Hogwarts ho conosciuto tre ragazzi che mi hanno cresciuto e con cui ho condiviso tutto. Questa storia d’altronde non ti è nuova. Mi piace pensare che ci sia un posto, fuori dalla logica e i calcoli, in cui quei momenti sono congelati o si verificano in continuazione. Un posto in cui non sono ancora stati elaborati piani meschini ed equivoci e dissapori. Mi piace pensare che, se stai leggendo queste parole, è perché adesso io sono in quel posto.
Per questo, se qualcuno fosse corso ad avvertirmi, quando a undici anni ho incrociato i loro sguardi, credimi, oggi sarei comunque qui, a contare gli stessi errori.
Quello che nessuno sa, Harry, è che Lunastorta, Codaliscia, Felpato e Ramoso sono morti tutti la stessa notte, il 31 ottobre del 1981, ammazzati da un mondo che non era pronto a lasciarsi rovesciare dalle loro mani arroganti, un mondo che aveva morso prima che potessero farlo loro. Quello che rimane è storia, frammenti, respiri rubati alla morte.
Ma io sono grato, Harry, oltre ogni misura, per aver preso quei frammenti e averne fatto un uomo, un marito e poi un padre. So che chiedo troppo, ma dai un occhio a mio figlio per me, che non si metta nei guai.
Non ho molto da lasciarti, se non un ultimo insegnamento:
C’è tanto oltre quello che conosci, un mondo che hai il tempo di esplorare, perché so che leggerai queste parole, perché so che vincerai questa guerra.
Nella vita ho fatto poche cose buone, ma la prima è stata una mappa. Te ne propongo un’altra adesso. Non quella della scuola, una un po’ più grande. La troverai nella busta, assieme a questa lettera. Ho cerchiato con un pennarello rosso dieci zone sulla Terra. Sono un sogno, avventure quiescenti dei due peggiori criminali che Hogwarts abbia mai ospitato (e sai bene che il Signore Oscuro in persona ha varcato quelle soglie). Era il loro scherzo più scenografico: quello che non hanno mai fatto.
Mi scuso per quelle dal clima così rigido, ma non ero lì a supervisionarli, la notte in cui li scelsero. Cerchiane altre, esplora il mondo.
Noi saremo con te, in ogni passo.
Hai passato abbastanza guai per una vita intera.
E c’è molto di più.
 
Lunastorta
1 maggio, 1998



 
FINE




 

Note di El: Come si inizia a finire? Questa è la storia più lunga e complessa che abbia mai scritto nella mia vita. Generalmente a metà di una long mi scoccio, perdo interesse e la finisco solo perché non voglio sentirmi in colpa ogni volta che la vedo. Ho avuto paura mille volte di trovarmi nella stessa situazione con questa e invece siamo rimaste amiche fino all’ultima parola. Ho scritto gli ultimi capitoli gustandomeli, perché sapevo che avrei potuto riempirmi la testa plottando seguiti folli, capitoli speciali e storie parallele, ma questa stava finendo ed era un punto (che non ho messo ahah) che sarebbe stato definitivo.
Ho iniziato a scrivere i primi capitoli tra marzo e aprile del 2020, che penso sia stato il momento produttivo della maggior parte di quei folli pazzi malati che prendono un computer (o un quaderno, se sono ancora più folli pazzi) e pensano bene di passare ore a delirare parole. Venivo da un momento complicato della mia vita e quel congelamento mondiale completo mi ha fatto dimenticare anche gli strumenti per riconoscere di stare male. Non voglio dire che questa storia mi ha salvata, perché è un tipo di sentimentalismo che non mi appartiene e che non sono neanche sicura di poter usare in questo caso. MA era effettivamente l’unica cosa che avessi la forza di fare. E avere la forza di fare qualcosa implica anche la voglia di fare qualcosa. Quindi questa storia non mi ha salvata, ma alla brutta domanda: “provi ancora interesse per qualcosa?” mi ha impedito di rispondere no.
OK DETTO QUESTO:
Se state per cercare disperatamente i capitoli in cui avete letto i pezzi di lettera vi aiuto io e sono 1, mura, 5, percorsi e 12, catena di eventi.
Questo coso doveva essere una mini-long di 10 capitoli brevi. Bene. I contaparole di Nocturne Alley e ao3 non mi aiutano, ma avete letto tra le 220.000 e le 230.000 parole, non so neanche visivamente a quante pagine di libro corrispondano ma so che sono tantissime. Per questa ragione, un grazie enorme a Ran, che più di un anno fa ha condiviso con me lo sclero fuori misura per gli sconfitti della saga e mi disse “VAI SCRIVILA” e a Kodama_ per avermi iniziato a dire che non stava nella pelle prima ancora che decidessi quando iniziare a postarla e che è rimasta davvero fino alla fine, ascoltandomi quando mi stressavo per questioni che non ricordo neanche più e consigliandomi quando non sapevo cosa fare. Un grazie immenso anche a tutti quelli che nel tempo hanno lasciato un commento, un’aggiunta in una lista (VI VEDOH) e un grazie ancora più grande anche a chi sta leggendo questo pippone allucinante ed è arrivato alla fine senza mai farsi vedere/sentire. Non “vi vedoh” ma “vi immaginoh” e non mi dovete niente neanche ora, spero solo che vi siate divertiti <3
Va bene bbbbelli (LA VOCE DELLA TARTARUGA DI NEMO, RAGAZZI) veramente grazie, non sto piangendo perchè altrimenti non vedo cosa scrivo però grazie a tutti, per saluti e chiacchiere ho un profilo facebook (Elena Wander, è linkato su quello di efp, sopra la bio)
Grazie a tutti e a presto (dico davvero)!

El.

AH ASPETTATE QUA, DIMENTICAVO, quando mi andrà revisionerò i primi capitoli. In un anno il mio stile non ha subito nessun cambiamento radicale, ma ci sono delle piccole differenze che mi disturbano un sacco. Quindi prima o poi potrebbe spuntare un fatto nell’introduzione tipo “REVISIONATA”. In generale, penso che non sarà cambiato proprio niente di visibile.

   
 
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