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Autore: babastrell    01/10/2021    0 recensioni
«Il ragazzo con i piercing e la striscia di capelli bianchi che viene bullizzato è il super cattivo, questo sì che è scontato».
Dovrei offendermi. Non mi offendo.
«E il beniamino di tutti è il supereroe. Non sono l’unico scontato».
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Prompt: Enemies To Lovers
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario, Sovrannaturale
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Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it
Prompt: Enemies To Lovers (pumpFIC)
No. parole: 1839

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IL BRUTTO VIZIO DEGLI EROI

Non è successo realmente.

Non può essere successo realmente.

L’ho sognato.

No, non l’ho sognato. Vorrei averlo sognato. Ogni volta che torno di sotto mi ricordo che sta succedendo realmente, e che la realtà è più assurda di quello che avrei mai potuto pensare.

Ora che ci penso, dovrei tornare a controllarlo, è quasi passata mezz’ora.

«Vado in bagno» annuncio alzandomi dal divano.

I miei coinquilini grugniscono e si muovono per farmi passare.

«Di nuovo?». Alec allunga una gamba per farmi lo sgambetto.

Io la scavalco e allargo le braccia. «Che ci vuoi fare, avrò preso freddo alla pancia».

Roger mi tira l’involucro della merendina. «Mettiamo in pausa?»

«Nah, questo film l’ho già visto».

Li lascio alla serata cinema, afferrando una manciata di popcorn mentre esco dal salotto.

Non vado in bagno, ovviamente. Passo oltre e mi rintano nella mia stanza, chiudendo la porta a chiave a doppia mandata. Se qualcuno venisse a cercarmi e trovasse la porta chiusa, potrò raccontare che mi sono sentito male e volevo stare da solo.

Il passaggio è nel mio armadio a muro, in cui ho installato la leva che aziona la piattaforma mobile. È un cliché, ma era il luogo più facile dove nascondere l’ingresso. Il passaggio l’ho scoperto qualche anno fa, si è formato quando una parte del vecchio edificio è collassata dall’interno, e porta a una cantina che è stata murata quando hanno restaurato. Nessun altro sa di essa.

La piattaforma raggiunge la cantina con un suono simile a uno sbuffo, come se gli ingranaggi faticassero.

Appena metto il piede a terra, la luce si accende. Una sfera metallica scende dal soffitto e spara un laser dritto nei miei occhi.

 

> Scansione retina completata. Identità riconosciuta. Bentornato, signore.

 

«’Sera, Shift» replico attraversando la stanza. «Si è svegliato?»

 

> Negativo. L’unità Hopewing è tuttora in stato di sonno. I suoi parametri vitali sembrano nella norma.

 

«Dorme».

Prima di avvicinarmi a Hopewing afferro il mio auricolare e la pistola a raggi dal tavolo di lavoro —non si sa mai. Sistemo l’auricolare all’orecchio e mi avvicino al tavolo su cui ho messo insieme un giaciglio di fortuna. Ho dovuto improvvisare, mi è svenuto davanti a casa.

Hopewing ha scoperto la mia identità due settimane fa. Avevo vinto, l’avevo messo al tappeto, stavo per dargli il colpo di grazia e vedere la luce abbandonare gli occhi del simbolo della giustizia. Un momento catartico, che avrebbe dato inizio a una catena di successi; senza l’eroe tra i piedi avrei avuto la città nel palmo della mano.

E invece lui ha dovuto rovinare tutto. Maledizione. Gli eroi hanno questa pessima abitudine di non capire quando hanno perso. Hopewing ha preso un tubo di metallo e me l’ha sbattuto in piena faccia. Volgare, a mio parere, e privo di classe.

Non mi ha fatto male, ma ha danneggiato lo schermo olografico del mio casco, e lui mi ha visto. Non credevo mi conoscesse, ma ha mormorato il mio nome. Sentirglielo dire mi ha gelato il sangue. Gli ho strappato la maschera. Certo che mi conosce, siamo seduti vicini al corso di semantica!

Non lo vedo da allora, quando ho dovuto rinunciare alla vittoria e battere in ritirata. Non si è presentato all’università per due settimane.

E poi questa mattina ho sentito bussare alla porta dell’appartamento, debolmente. Ero da solo, pensavo che fosse Roger che tornava strafatto dal rave e non riusciva a coordinare i movimenti. Invece, quando ho aperto, ho visto proprio l’ultima persona che mi aspettavo di vedere: Brad Li, il mio compagno di corso. Quello a cui avevo prestato gli appunti in classe per permettergli di passare l’esame e che in cambio aveva convinto Ryan a smettere di infilarmi mozziconi di sigarette nel cappuccio della felpa. E che, a quanto pareva, passava i pomeriggi a cercare di arrestarmi.

Sembrava essere stato coinvolto in una rissa, il sangue gli impregnava i vestiti e gocciolava sullo zerbino.

«Scusami» aveva gracidato. «Non sapevo dove andare».

Aveva tossito, e sputato altro sangue. Poi si era accasciato a terra.

Avrei dovuto lasciarlo morire e liberarmi del cadavere. Perché l’ho portato di sotto? Perché gli ho medicato le ferite?

Voglio sapere come si è ridotto così, immagino. Sono un genio, dopotutto, siamo tipi curiosi.

Mi avvicino alla sua figura addormentata sul mio tavolo. Si muove appena. D’istinto mi porto una mano all’auricolare e premo il pulsante, attivando lo schermo olografico.

Brad socchiude gli occhi. «Eugene Parker» mormora.

Mi rendo conto di quanto sembro stupido, lui conosce la mia identità. Premo di nuovo il pulsante.

Quando lo schermo si dissolve i capelli troppo lunghi mi piovono sugli occhi, la ciocca bianca che ho dalla nascita mi copre la vista come una tenda. La sposto dietro l’orecchio.

Lui mi osserva. Un sorriso appena accennato gli piega l’angolo della bocca. «Eri davvero tu, allora». Gli sfugge una risatina, che muore subito in un attacco di tosse e un’espressione sofferente. «Sai, se avessi dovuto indovinare chi c’era dietro quel casco non avrei mai detto te». Si issa sui gomiti e si mette a sedere.

Alzo un sopracciglio e stringo nella mano sudata il calcio della pistola. «E perché, se posso chiedere?».

Brad controlla la fasciatura che gli stringe l’addome. La ferita allo stomaco non era molto profonda una volta pulita, non avevo neanche dovuto mettergli dei punti. «Avrei detto che era troppo ovvio» risponde. Il fatto che questa conversazione sembri divertirlo un mondo mi fa incazzare. «Il ragazzo con i piercing e la striscia di capelli bianchi che viene bullizzato è il super cattivo, questo sì che è scontato».

Dovrei offendermi. Non mi offendo.

«E il beniamino di tutti è il supereroe. Non sono l’unico scontato».

Ride di nuovo. Questa volta non tossisce. La capacità di rigenerazione di Hopewing è sorprendente, anche se odio ammetterlo.

«Grazie» dice dopo qualche secondo. «Temevo che mi avresti lasciato a morire sul tuo zerbino»

«I miei vicini non sanno farsi i fatti loro, non avrei potuto farlo». Scrollo le spalle. «E comunque voglio sapere chi ha cercato di sventrarti».

La sua espressione si rabbuia. «Non lo so con certezza. Ho passato due settimane a cacciare informazioni su una banda criminale che sta prendendo piede in città, ma quando ho trovato la pista giusta sono stato aggredito».

Quindi non ero io la ragione per cui non era tornato all’università. Ecco, ora sono un po’ offeso. «Hanno fatto un lavoro terribile. Neanche una persona normale morirebbe per quelle ferite. Principianti». È una bugia, ma ho la sensazione di dover difendere il mio onore.

La mia replica gli strappa un’altra risata. Questo qui ride troppo. «Tu avresti fatto di meglio?» mi provoca.

«Altroché». Mi avvicino al tavolo e punto due dita sulla sua gola. «Io ti avrei aperto da qui fino alla pancia, e mi sarei assicurato di fare una ferita bella profonda, con un coltello affilato. Se anche fossi riuscito a rigenerare gli organi, probabilmente saresti comunque morto dissanguato prima di rimetterti insieme. Oppure ti avrei attaccato alla testa. Un coltello o un proiettile nel cervello non ti darebbe nemmeno il tempo di iniziare la rigenerazione. Sei fortunato che non mi piacciano le barbarie».

Questa volta non ride. Dalla sua espressione direi di averlo inquietato. Bene.

Brad allontana la mia mano con uno schiaffo e si alza in piedi. «Tu li conosci?» cambia argomento.

«No, io lavoro da solo. E comunque non te lo direi»

«Non mi aspettavo che lo facessi».

Si toglie le bende dalla pancia. Il taglio si è rimarginato, lasciandosi dietro una lunga cicatrice rosa. «Eugene»

«Che vuoi?».

Lui mi guarda dritto negli occhi. «Lavora con me».

Per la sorpresa quasi mi cade la pistola di mano. «Cosa?!»

«Aiutami a trovare il capo della banda»

«Assolutamente no!». Mi volto e mi avvio verso l’uscita. «Io non mi alleo con quelli come te».

Brad mi segue a ruota. «Mi serve qualcuno che sappia parlare con i criminali»

«Chiama un profiler. Chi ti dice che non ti tradirò e non ti consegnerò al loro capo se lo troviamo? Shift, facci uscire»

 

> Subito, signore.

 

La piattaforma scende dal soffitto.

«Non ci credo! Hai un'intelligenza artificiale?». Brad si guarda intorno, forse per capire da dove viene la voce di Shift.

 

> Buonasera, unità Hopewing.

 

Brad ha la stessa espressione che hanno i bambini quando vedono un uomo vestito Babbo Natale nei centri commerciali. «Sai chi sono?!»

 

> Affermativo. Io ho il compito di analizzare i suoi parametri e individuare i suoi punti deboli.

 

La piattaforma raggiunge terra con il suo sbuffo affaticato.

«Andiamo, ti porto fuori di qui» dico.

 

> Passate una buona serata, signore. Unità Hopewing, spero di non rivederla.

 

Risaliamo verso la mia camera. La piattaforma è un po’ troppo stretta per due persone, e quando imbocca il passaggio ci troviamo troppo vicini.

Brad ora mi guarda in modo diverso. «Tu sei un genio».

Questo lo so. «Suppongo di sì»

«Allora devi aiutarmi! Con un cervello come il tuo potremmo soffocare l’insorgere della banda prima che diventi realmente pericolosa». Mi afferra per le spalle. «Se è perché mi hanno aggredito, ti proteggerò io! Non ti accadrà niente!»

«Mettiamo una cosa in chiaro». Gli premo la pistola contro lo stomaco. «Io me ne strafrego di quella banda. Non ho paura di niente e non mi serve la tua protezione, fatti pure trafiggere come un kebab se ci tieni. Come ho già detto, io non lavoro con quelli come te. E ora lasciami andare».

Obbedisce, le sue braccia ricadono lungo i fianchi proprio quando la porta segreta del mio armadio a muro si apre. Però lui non esce.

«Non sparerai» dice. Si sporge sulla mia pistola, sfidandomi.

«Chi te lo dice?»

«Tu me l’hai detto. Quando mi hai salvato. Quando non mi hai ucciso là sotto, nonostante ne avessi la possibilità». Esce dall’armadio senza smettere di guardarmi fisso negli occhi. «Anche quando abbiamo combattuto due settimane fa. Tu non uccidi».

Dovrei premere il grilletto.

Non lo faccio.

Brad sorride. Non è un sorriso beffardo, è aperto e comprensivo. «Lavora con me»

«No».

Il suo sorriso non vacilla. Quando il suo viso si avvicina al mio, abbasso l’arma. Dannazione.

«Non rivelerò la tua identità, e non ti arresterò» mormora. «Per ringraziarti».

Non so cosa rispondergli. «Grazie?».

Lui si allontana da me e apre la finestra. «Ci vediamo a scuola. Ti chiederò ancora di aiutarmi»

«Ti risponderò ancora di no»

«E io te lo richiederò». Brad sale sul davanzale. «Dovresti saperlo che io non mi arrendo mai».

Senza lasciarmi rispondere, salta e vola via.

Mi siedo sul letto, stanco morto. Maledizione. Gli eroi davvero non capiscono quando hanno perso.

Torno in salotto meccanicamente. Il film è quasi finito.

«Ah, sei ancora vivo!». Alec tende una mano verso Roger. «Sgancia, non si è suicidato nel bagno».

Mi siedo al mio posto sul divano, stringendomi il ponte del naso tra le dita.

Quanto potrò reggere? Quante volte gli dirò che non voglio lavorare con lui? Io non mi faccio coinvolgere da quelli come lui.

Ma da lui?

Sospiro pesantemente.

Temo che da lui mi farò coinvolgere

  
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