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Autore: purpleblow    01/10/2021    0 recensioni
Erano passati ormai diversi giorni da quando Aerith si era spenta, ma la mente di Cloud non riusciva a discostarsi da quel momento. [Fanfiction partecipante a Clocktober di Lande di Fandom col prompt "Per sempre".]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cloud Strife
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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But I won’t let this build up inside of me


 

Erano passati ormai diversi giorni da quando Aerith si era spenta, ma la mente di Cloud non riusciva a discostarsi da quel momento: ancora e ancora riviveva l’attimo in cui i suoi occhi verdi si erano spalancati per la sorpresa e il dolore, dopodiché le sue labbra si erano distese rivolgendogli un ultimo e dispiaciuto sorriso prima che il corpo si abbandonasse a se stesso senza più vita.

Faceva male. Si sentiva tremendamente in colpa per non essere riuscito a salvarla, per non essere riuscito a opporsi alla violenza psicologica con cui Sephiroth lo aveva manovrato più e più volte, convinto che se fosse stato lucido avrebbe potuto impedire l’irreparabile.

Come si viveva in un mondo senza Aerith? Cloud questo non lo sapeva e gli pareva persino assurdo credere che quella ragazza gli fosse entrata così sotto pelle in così poco tempo — proprio lui che generalmente tendeva a tenere il prossimo a distanza di sicurezza, ma lei… lei era diversa, lei aveva saputo immediatamente comprenderlo ed entrare in sintonia con lui, lasciando che le si affezionasse in modi che mai avrebbe creduto possibile.

Sapeva di doversi riprendere, era conscio che doveva portare a termine ciò che la Cetra aveva cominciato da sola e sopratutto sentiva dentro di sé il desiderio di vendicarla, ma il limbo in cui era caduto era talmente profondo che quasi non riusciva più a vedere nient’altro, soffocando inesorabilmente in quella sensazione di dolore causato dalla perdita di lei.

Come se non bastasse si era ritrovato a fare i conti con un sentimento che dapprima non aveva compreso ma che ora, col senno di poi, era divenuto estremamente evidente: lui l’amava. L’aveva amata dal primo istante in cui si erano incontrati nelle Slums e nemmeno se n’era reso conto.

Allora, quando lei gli aveva regalato quel fiore, mai avrebbe sospettato potesse diventare una persona tanto importante ed essenziale, figurarsi se poteva immaginare che un giorno le sarebbe morta fra le braccia.

Era stato davvero orribile vederla smettere di respirare per sempre… e dire che il per sempre che intendeva condividere con lei era totalmente diverso; non erano previste lacrime, né dolore o disperazione ma solamente la possibilità di godersi ogni giorno quei sorrisi capaci di illuminarle tutto il volto, donandogli una gioia che forse mai aveva provato con nessun altro.

Con orrore e rancore verso se stesso si era reso conto che l’aveva data per scontata, credendo ingenuamente che avrebbero avuto tutto il tempo del mondo per conoscersi meglio, per viversi e probabilmente era questa la cosa per cui, più di tutto, non si sarebbe mai perdonato.

Se chiudeva gli occhi riusciva ad immaginare un futuro che non credeva potesse appartenere ai suoi desideri: lui, che in fin dei conti una famiglia non l’aveva mai veramente avuta, covava un sogno che si era infranto ancor prima di capire di desiderarlo e chissà se anche Aerith aveva pensato la stessa cosa, chissà se pure lei aveva viaggiato con la fantasia pensando a un futuro che lo comprendeva.

Chissà. Chissà. 

Ma dopotutto, aveva importanza saperlo adesso? Sì, ne aveva, anche se conoscere quella risposta lo avrebbe fatto soffrire tremendamente di più.

A quei pensieri Cloud poteva sentire quasi come se delle mani lo stessero strangolando, ma non doveva lasciarsi andare del tutto, non doveva arrendersi perché sapeva che questo avrebbe resa vana la morte della ragazza. Doveva imparare a trasformare tutto quel dolore in rabbia e utilizzarlo come sprono per andare avanti e porre fine alla follia che Sephiroth stava mettendo in atto.

Pian piano, con i propri tempi, doveva ingoiare il boccone velenoso e tirarsi sulle proprie gambe: lo doveva ad Aerith, lo doveva al Pianeta che lei stessa aveva cercato di proteggere con tutte le sue forze e al quale avrebbe donato quel per sempre che non aveva potuto regalare a lei.

Riuscire in quell’intento sarebbe stato l’unico modo dunque per avvicinarsi al perdono, o quantomeno, per sentirsi leggermente in pace con se stesso. 

Un giorno, forse, avrebbe fatto meno male.

   
 
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