Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: PerseoeAndromeda    02/10/2021    0 recensioni
Levi ha perso il proprio tesoro più prezioso. Eren ha ancora il proprio e il capitano spera che saprà averne cura: ma cupe ombre si affacciano minacciose
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Armin Arlart, Eren Jaeger, Hanji Zoe, Levi Ackerman, Mikasa Ackerman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Fanfic scritta per la challenge Wriptember del gruppo Hurt/Comfort Italia –
Fanfiction and fanart - GRUPPO NUOVO
 
Fandom: Attack on titan
Autore: Perseo e Andromeda, Heather-chan
Titolo: Abbine cura
Prompt: Una decisione difficile – “Te lo scordi!” – X ha perso Y – I personaggi coinvolti nella vicenda H/C sono più di 3 (Day 18)
Personaggi: Levi, Armin, Eren, Hanji, Mikasa.
Ship: Implicite Eruri, Eremin, cenni Mobuhan
Generi: angst, introspettivo, hurt/comfort
Rating: giallo
Note: SPOILER PER CHI NON È HA VISTO IL FINALE DELLA TERZA STAGIONE DELL’ANIME. IN POCHI CREDO, MA NON SI SA MAI.
Missing moment ambientato da qualche parte tra la fine della terza stagione e la scoperta del mare.
 
 
ABBINE CURA
 
L'aveva perso.
Era inutile fermarsi a pensare, farsi domande, torcersi il cuore e l'anima nella disperazione, quella era l'unica realtà con la quale avrebbe dovuto fare i conti.
L’aveva perso perché lui stesso aveva deciso di perderlo ed era inutile anche continuare a chiedersi se avesse obbedito solo alla propria volontà o ad un ultimo, estremo ordine dell’uomo cui, da anni, aveva consacrato la propria esistenza.
Nessun rimpianto.
Era stato il credo che aveva mosso i suoi passi quando aveva deciso che avrebbe seguito Erwin Smith anche all’inferno e quel credo aveva guidato, giorno dopo giorno, gesti, pensieri, decisioni…
Fino a quella ultima, quella più dura che, da ogni punto di vista, qualunque fosse stata, lo avrebbe moralmente distrutto.
E, fino all’ultimo istante, era stato sul punto di prenderne una diversa.
Erwin aveva deciso, infine, al suo posto?
O era stato lui, proprio lui, a condannarlo… o a salvarlo?
Questo si era ripetuto, ogni singolo istante, dal momento in cui aveva iniettato il siero nel corpo quasi del tutto carbonizzato di Armin Arlert.
Erwin meritava di dare un taglio netto al proprio dolore, meritava di interrompere la sua discesa nel baratro.
Se l’era ripetuto e continuava a ripeterselo: Erwin doveva riposare, finalmente. Era quello che voleva e, se avesse sacrificato Arlert per riavere lui, per puro egoismo, per non rimanere da solo, il comandante non glielo avrebbe mai perdonato.
Lui stesso non se lo sarebbe mai perdonato, non sarebbe più riuscito a guardare Erwin in faccia, perché sarebbe stato consapevole di averlo deluso.
Allora perché non riusciva a perdonarsi lo stesso?
Da quando erano tornati a Trost, non aveva parlato con nessuno della questione, un po’ perché le incombenze non lo avevano concesso, ma soprattutto perché lui faceva di tutto per sottrarsi ad ogni relazione umana che non fosse strettamente necessaria. Era consapevole che Hanji, da giorni, tentava approcci che lui non era intenzionato a concedere, non solo perché mettere l’anima a nudo con qualcuno che non fosse Erwin, per lui, era impensabile, fosse anche la seconda persona con la quale aveva instaurato il più profondo legame.
Ma soprattutto perché Hanji non meritava il sovraccarico dei suoi pesi morali.
Lei aveva perso quanto lui e forse di più: un amico come Erwin… e qualcuno che era più di un amico.
Il fedele Moblit era stato carbonizzato davanti a lei nell’intento di salvarla.
Hanji aveva perso tutto: un occhio, l’amicizia… l’amore.
“Io ho perso solo l’amore” pensò, con un ghigno amaro. “Cosa volete che sia? Non sarò il primo, né l’ultimo”.
Tutti avevano perso qualcosa.
Il piccolo Arlert aveva perso se stesso.
“E sono stato io” rifletté ancora, i piedi che frusciavano tra i ciottoli e l’erba, mentre camminava tra gli alberi, senza meta. “Chi ho condannato? Chi ho salvato? Erwin… avresti voluto che lo iniettassi al ragazzino il siero, lo so. Ma sei consapevole anche tu che non ha significato salvarlo, vero?”.
Una cosa era certa: lui era condannato, ad un’esistenza di dubbi, di rimorsi…
Di rimpianti?
Non lo sapeva, a quello non poteva rispondere.
 
“Te lo scordi!”.
“Dammi retta, Armin. Devi riposare adesso, se ti consumi per la fatica non servirà a nulla!”.
Levi fermò i propri passi e il suo sguardo cupo si sollevò.
Aveva riconosciuto quelle voci, quindi non si stupì di quel che vide davanti a sé.
Era giunto, per caso o mosso da chissà quale astrusa volontà, sul luogo che Hanji aveva scelto per condurre gli esperimenti su Arlert e il colossale ereditato da Berthold.
Il nuovo Armin Arlert…
Con il peso immenso che gli era caduto addosso e i sensi di colpa con i quali avrebbe fatto i conti per tutta la vita…
Anche se colpa non ne aveva.
Adesso era a terra, che cercava di respingere il sostegno di Eren.
Hanji e Mikasa si trovavano in piedi, poco distanti, ad osservare la scena.
Con fatica, Armin riuscì ad alzarsi e si sottrasse alla stretta di Eren, ma barcollava a tal punto che il compagno, un’espressione ansiosa negli occhi, continuava a tenere le braccia tese, pronto ad intervenire.
“Hanji, possiamo continuare”.
La voce di Armin era sofferente, gli occhi di Levi caddero sui rivoli di sangue che gli rigavano il mento e le mani: probabilmente si trattava delle ferite che si era auto-inferto per controllare la propria trasformazione.
Hanji fece un passo verso il ragazzo:
“Sei sicuro? Non posso dare torto ad Eren, non hai un bell’aspetto”.
“Non… non devi preoccuparti” la risposta risuonò incerta.
 Levi previde cosa stava per accadere e si fece avanti.
Hanji e Mikasa furono le prime a notarlo quando palesò la propria presenza.
I due ragazzi se ne avvidero solo nel momento in cui giunse alle spalle di Armin, un attimo prima che questi perdesse l’equilibrio.
Levi prevenne ogni mossa di Eren, lo accolse contro il proprio petto e lo accompagnò gentilmente a terra, rimanendo in ginocchio e avvolgendolo nel proprio abbraccio.
“Ca… capitano…” mormorò debolmente il ragazzo, gli occhi lucidi e il viso arrossato.
Eren fu subito al loro fianco, la sua mano accarezzò la guancia di Armin, ma rivolse ad Hanji un’occhiata piena d’angoscia:
“Ti prego… ora basta…”.
“Eren… non...” fece per dire il ragazzo, ma l’estrema debolezza lo sconfisse e reclinò il capo, privo di sensi.
“Armin!”.
Il richiamo di Eren era incrinato dal pianto.
Levi non riuscì a reprimere un sospiro e levò lo sguardo su Hanji che, intanto, si era accostata e osservava il piccolo svenuto con aria pensierosa.
“Non sta facendo molti progressi”.
Il viso di Eren scattò nella sua direzione: nei suoi lineamenti si leggeva una tale, disperata rabbia, che Levi credette le sarebbe saltato addosso.
D’istinto gli posò una mano sul polso, congelando ogni ulteriore reazione.
Poi parlò ad Hanji, con la velata, complice ironia che li contraddistingueva e che solo loro due capivano:
“Sotto le tue grinfie non farebbe progressi nessuno, terrorizzeresti anche il colossale…”.
“Cioè lui” borbottò Hanji accennando ad Armin, abbandonato tra le braccia del capitano.
“Già, appunto” sospirò questi, scrutando il volto inerme del ragazzino. “Dagli tregua, quattrocchi. La volontà non gli manca”.
“Di quella non possiamo lamentarci” assentì il nuovo comandante. “Va bene. Portalo a nanna, Eren. Più tardi verrò a controllarlo”.
Il giovane Arlert passò così dalle braccia di Levi a quelle di Eren, che lo strinse come se gli fosse stato restituito il più prezioso dei tesori ed affondò il viso nei suoi capelli, oro puro ora incrostato di sudore, polvere e sangue.
Levi avrebbe voluto evitarlo, ma non poté fare a meno di tenere, per qualche istante, lo sguardo fisso su di loro.
Gli occhi pizzicarono in maniera fastidiosa…
Il tesoro più prezioso…
Lui lo aveva perso…
Subito dopo vide il volto di Hanji. Anche lei guardava i due ragazzi stretti l’uno all’altro.
Nell’espressione di colei che era il suo nuovo superiore, Levi riconobbe il proprio dolore.
Anche lei aveva perso il proprio tesoro più prezioso.
Il capitano si rimise in piedi ed Eren lo imitò, con Armin tra le braccia.
Mikasa si fece avanti:
“Lascia che lo porti io, Eren, anche tu sei stanco”.
“No!”.
La risposta di Eren, il suo stringere Armin con ancora più forza, l’appoggiarsi delle loro fronti, non lasciavano spazio a nessun tentativo di insistere. Infatti Mikasa si arrese subito e si limitò a sospirare, mettendosi in cammino al fianco dei due amici.
Hanji e Levi li guardarono allontanarsi per qualche istante, poi il capitano li richiamò:
“Eren!”.
Il ragazzo arrestò i propri passi, senza voltarsi.
“Abbine cura”.
Sentì il bisogno di dirglielo.
“Abbi cura di quelli che sono i tuoi tesori” avrebbe aggiunto perché, in quel momento, quei tesori Eren li aveva entrambi intorno. Ma Levi aveva la sensazione che il loro equilibrio si stesse facendo, giorno dopo giorno, sempre più precario.
Tuttavia non lo aggiunse, non era sua abitudine parlare tanto.
Eppure, qualcosa nell’atteggiamento di Eren, il suo rintanare la testa tra le spalle con aria affranta, il tono della sua voce mentre sussurrava “agli ordini, capitano”, gli suggerirono che il ragazzo aveva capito.
E che sapeva cosa passasse nella sua mente, forse perché Eren stesso ne intuiva la minacciosa realtà.
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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