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Autore: GReina    02/10/2021    1 recensioni
Questa è la seconda ed ultima delle raccolte di ONE SHOT legate alla long "Hogwarts' Stories". Comprende sei storie, tutte ambientate a dopo Hogwarts.
Indice:
1. Daisuga – I sogni si possono avverare
2. Kuroken – Una storia che non racconteremo mai
3. Iwaoi - Tra amore e lavoro
4. Bokuaka - Un'indimenticabile addio al celibato...
5. Bokuaka - ...e le sue conseguenze
6. Sakuatsu – La sua più grande paura
Genere: Comico, Fluff, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aoba Johsai, Atsumu Miya, Karasuno Volleyball Club, Koutaro Bokuto, Nekoma
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Hogwarts' Series'
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n.a.
Eccoci qui! L’ultima storia ambientata in questo AU… non mi sembra vero, non so se esserne felice o triste (sono triste). Dico “ultima storia” ma in realtà, dopo la long, è stata la primissima che ho scritto! Postarla per ultima è stato un caso dettato dal fatto che ho scelto l’ordine cronologico, ma trovo comunque la cosa abbastanza poetica. Ecco il cerchio che si chiude… vorrà dire che la loro fine darà spazio alle OS delle long medieval AU. Grazie per avermi seguita fino a qui! Come al solito mio finiamo in bellezza con la sakuatsu che tanto mi contraddistingue! Buona lettura!

[per chi non avesse letto la longfic: ad Hogwarts Atsumu era Serpeverde mentre Kiyoomi Corvonero. Si sono messi insieme nel corso del loro sesto anno di scuola.]

La sua più grande paura

Nessuno avrebbe mai scommesso su di loro. Atsumu riusciva ancora a ricordare con chiarezza i volti dei loro amici e compagni quando – piano piano – tutta la scuola aveva scoperto che Atsumu Miya e Kiyoomi Sakusa stavano ufficialmente insieme. Il serpeverde aveva trascorso il suo settimo anno ad Hogwarts perseguitato da risatine e sguardi scettici. Non faticava ad immaginare scommesse alle sue spalle su quanto Sakusa avrebbe resistito prima di lasciarlo. E adesso, a otto anni di distanza, quelle risate e quegli sguardi erano solo un ricordo.
“Io continuo a dire che non resisterai più di due ore!!” disse forse per la decima volta Atsumu mentre afferrava le valige che Kiyoomi gli porgeva per metterle nel bagagliaio dell’auto. L’altro rispose con il suo solito sguardo truce e – Atsumu lo sapeva nonostante la mascherina – una smorfia arrabbiata.
“Vorrà dire che ci faremo una bella gita in macchina!” continuò quindi il biondo con fare divertito.
In realtà, Kiyoomi aveva fatto moltissimi progressi con la sua misofobia e ad Atsumu piaceva credere che fosse in parte anche merito suo. Quando l’ex-corvonero aveva proposto di passare le vacanze in campagna nella casa di famiglia, quindi, Atsumu ne era rimasto stupito, ma non più di tanto.
La casa, era ovvio, sarebbe stata sporca ed infestata da ogni genere di creatura, e ancora più ovvio era il fatto che sarebbe stato Atsumu a dover svolgere la maggior parte delle pulizie. Due settimane di totale tranquillità con Sakusa nella sua baita di famiglia, tuttavia, valeva ogni fatica.
Dovettero guidare tutto il giorno per arrivare a destinazione. Il sole stava quasi per tramontare, ma Atsumu sapeva bene che Sakusa non sarebbe mai riuscito a dormire se prima non avessero pulito almeno una stanza, quindi si mise subito a lavoro. Quella notte dormirono insieme, scomodi e incastrati, sul divano del salotto, dopodiché le vere pulizie ebbero inizio.
Atsumu ci mise due giorni e mezzo per rendere il posto accettabile. Stanco e sudato, aveva infine raggiunto Sakusa vicino al camino per informarlo che il grosso del lavoro era stato fatto. Con il suo aiuto – e grazie al suo enorme repertorio di incantesimi di pulizia – ci misero meno di un’ora per rendere definitivamente la casa perfetta.
“Manca solo un molliccio al piano di sopra.” osservò Miya “È nell’ultimo cassetto della scrivania dello studio di tuo padre. Ci penso io.”
“No.” lo fermò però l’altro “Tu hai già fatto tanto. Faccio io.” Atsumu sorrise e lo lasciò fare, tuttavia non resistette e lo seguì al piano di sopra.
“Sono proprio curioso di scoprire di cosa hai paura, Omi.” pensò con un ghigno sulle labbra.
Sakusa aprì la porta dello studio e poi il cassetto della scrivania usando la magia. L’aria intorno ad essa si fece scura fin quando non iniziò a prendere la forma di un uomo. Quando finalmente la figura apparve chiara, Atsumu quasi si strozzò con la propria saliva. Trattene una risata:
“Davvero il tuo più grande incubo sono io??” stava giusto per chiedere, poi il molliccio parlò e lui rimase paralizzato:
“Faccio io.” il mostro aveva fatto chiaramente il verso di ciò che Sakusa gli aveva detto al piano di sotto “Mi fai sgobbare per due giorni e poi credi che tutto possa sistemarsi occupandoti di un piccolo molliccio?” l’espressione del falso-Atsumu era contorta e nauseante. Il biondo si chiese se fosse davvero così quando insultava qualcuno e sperò con tutto sé stesso di no, perché era assolutamente terrificante.
“Otto anni!” continuò quello come se non potesse ancora crederci “Come ho fatto, mi chiedo, a resistere tanto a lungo!!?” Atsumu continuò a guardare sé stesso con occhi increduli e confusi, incapace di reagire. “Non toccare questo, non toccare quello,” la creatura continuava a fare ben poco lusinghiere imitazioni di Sakusa “lavati le mani, non baciarmi senza prima esserti sciacquato la bocca!” poi rise; rise nel modo più cattivo e derisorio che potesse esistere; rise e la stanza parve gelare.
“Credevi davvero che potessi amarti in questo modo? No… mi sono solo divertito alle tue spalle. CHE SPASSO! vederti entrare nel panico per la più piccola delle macchie sul tuo vestito.” Atsumu era paralizzato. “E tutte quelle cose che non mi lasci fare a letto, poi? Credevi davvero che non avrei trovato qualcun altro con cui farle?” rise ancora cattivo e prese ad avanzare verso Kiyoomi.
“Ma tu l’hai sempre saputo, vero? Che tutto questo non sarebbe mai durato.” si fermò a pochi passi da lui: “Otto anni! Mi hai tenuto intrappolato per otto anni. Ora basta. Mi fai schifo. Mi fai pena. Sei sempre stato la mia zavorra, ma ora non più.” fu solo a quel punto che Atsumu, il vero-Atsumu, si riscosse:
“Come fa Omi a credere che potrei davvero pensare cose del genere?” si voltò verso di lui e lo trovò pallido e sudato; tremava e sembrava incapace di muoversi, poi le ginocchia gli cedettero e finì a terra. Fu a quel punto che Atsumu si diede dello stupido: era stato troppo scioccato per intervenire prima e adesso Kiyoomi era in pieno attacco di panico. Scattò e si frappose tra lui e il molliccio. La creatura cambiò forma, ma Atsumu neanche lo notò perché la sua paura maggiore – in quel momento – era proprio che Omi lo pensasse capace di abbandonarlo; che lo pensasse capace di smettere di amarlo o di tradirlo.
“Riddikulus!” urlò, poi si voltò verso il suo compagno; si inginocchiò accanto a lui e gli afferrò il volto con le mani.
“Omi! Omi, ti prego guardami, respira!” in otto anni, Atsumu aveva avuto modo di diventare un esperto in materia di attacchi di panico; conosceva ogni singola reazione del corpo di Kiyoomi ed anche ogni suo singolo stadio. I suoi occhi erano opachi, sembrava non vederlo e forse era proprio così; respirava affannosamente, credeva di non avere ossigeno quando in realtà era esattamente l’opposto.
“Respira, respira!” per quanto allenamento avesse, il biondo continuava a essere sempre impreparato a vedere l’amore della sua vita in quello stato. Poggiò la fronte sulla sua e iniziò a parlargli con un sussurro.
“Omi,” lo chiamò con quanta più dolcezza la sua voce consentisse “io ti amo. Ti amo.
“Ti prego, credimi.” pensò.
“Non riuscirai a liberarti di me, capito? Non ho intenzione di andarmene, non avrò mai intenzione di andarmene. Per me esisti solo tu.” le spalle di Sakusa sembrarono rilassarsi e Atsumu sospirò. La situazione era ancora critica, ma l’ex-serpeverde conosceva bene le reazioni – per quanto impercettibili – di Kiyoomi e adesso, perlomeno, Atsumu sapeva che il suo ragazzo riusciva a sentirlo.
“Ti amo.” ripeté ancora e ancora. “E voglio che tu guarisca dalla tua misofobia solo per te, non per me. Ti amerei anche se non potessi toccarti come sto facendo adesso.” gli accarezzò il volto, gli scostò il ciuffo dalla fronte sudata, poi lo baciò piano sulle labbra. Il respiro dell’altro iniziò a calmarsi, quindi ripeté il bacio e stavolta lo prolungò. Atsumu sapeva che il problema dell’iperventilazione erano i respiri troppo corti: troppo ossigeno veniva inalato e l’anidride carbonica iniziava a diminuire; il sistema respiratorio entrava in tilt e si convinceva di non avere più aria entrando in un circolo vizioso. Baciandolo, fece in modo che Sakusa respirasse solo dal naso e il suo respiro iniziò a stabilizzarsi.
“Un’ottima cura per gli attacchi di panico, non trovi?” sorrise non appena si staccò da lui, Kiyoomi non riuscì a ricambiare, quindi di nuovo Atsumu lo accarezzò con dolcezza “Lo farò per tutta la vita, Omi.” lo rassicurò “Quindi preparati, perché dovrai sopportarmi fino alla morte, hai capito?? E a proposito, non provare a morire prima di me, perché senza di te io non posso vivere.” finalmente, l’iperventilazione finì del tutto e Sakusa buttò fuori un ampio e liberatorio sospiro.
“Sempre il solito melodrammatico.” sussurrò tremulo e roco. Atsumu sorrise di cuore.
“Il tuo melodrammatico.” lo corresse, poi affondò una mano tra i suoi riccioli scuri, appoggiò la fronte alla sua ancora una volta e chiuse gli occhi: “Ti prego, non pensare mai più che io possa abbandonarti o tradirti. Non lo farò mai.” sebbene ancora ad occhi chiusi, il biondo percepì il movimento di Sakusa che annuiva, quindi sospirò.
“Aa-ah!” buttò fuori un urlo tremante mentre si alzava “È stato un molliccio tremendo. Mi sono fatto paura da solo.” porse la mano a Kiyoomi che subito l’afferrò e la usò per tirarsi su.
“Visto?” gli disse Atsumu fissando le proprie mani intrecciate senza aggiungere altro. Entrambi sorrisero.
“E ora andiamo a fare la doccia. Insieme.” aggiunse ancora Miya “Ti ho mai detto quanto mi piacciono le nostre docce?” gli chiese mentre si dirigevano verso il bagno immacolato.
“In quei frangenti non hai bisogno di parole, Atsumu.” lui rise del tutto concorde, poi si fermò solo per baciarlo ancora.
“Allora non pensare mai più che non mi piaccia stare con te, d’accordo?” fissò i propri occhi dorati nei pozzi neri dell’altro e continuò a guardarlo con intensità fin quando non scorse la sincera risposta in quelle pupille scure ancor prima di sentirla a parole:
“D’accordo.” disse, dopodiché si godettero quella fantastica casa di campagna della famiglia Sakusa che – chissà – magari un giorno sarebbe stata ufficialmente anche la sua.
   
 
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