Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Ricorda la storia  |      
Autore: ArwenDurin    03/10/2021    0 recensioni
La mia OC e Thorin in una scena a ponte Lago Lugo (può leggerla chiunque, anche chi non conosce lei😊)
"«Thorin.»
Lo chiamò con delicatezza, e il suo cuore sussultò mentre aggiunse.
«Allora sei tu, sei sempre stato tu.»
«Sapevo che l’avresti capito, prima o poi.»
Non si voltò, ma la fata conosceva quel tono e poté supporre che stesse sorridendo, quel piccolo sorriso che spesso aveva rivolto ai suoi nipoti, o a Bilbo."
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bilbo, Gandalf, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Aprì lentamente gli occhi, e il solito riflesso viola si accese nelle sue pupille scure, era ancora buio e soltanto piccole luci di candele ancora superstiti per illuminavano il luogo. Un sospiro sorpreso fuoriuscì dalle sue labbra quando vide a chi apparteneva la figura che le lasciò quelle preziose erbe a pochi piedi dal suo volto.
Attese che si allontanasse e poi Mychelliaudì si alzò a sedere sul giaciglio, prendendo le erbe tra le sue mani, esaminandole, e annusandone l’odore dolce e speziato che producevano, prendendosi del tempo per pensare.
Quelle stesse, le erano servite poco fa per preparare un tè calmante per la compagnia, era stata ben contenta di trovarle, i suoi occhi si erano illuminati mentre si abbassava verso il Lago Lungo per raccoglierle. Ne prese quante poté, poiché poco dopo Bard interruppe ogni movimento tra loro, con un viso truce e un arco alla mano.
Poggiò le erbe sul letto degli ospiti nella casa del governatore, e uscì a Ponte Lago Lungo, alla ricerca della figura che tanto dolcemente aveva poggiato le erbe per lei. Non fu la prima volta che accadde…la fata si trovò doni nel suo giaciglio piuttosto spesso, e nessuno di loro avvenne per caso, uno dei primi che capitò fu a Rivendell, dove crescevano varie specie di fiori e alberi, e il suo grande sguardo inondato dal riflesso viola, aveva accarezzato molti di loro. Si era soffermato su un bellissimo campo di fiori di luna adagiati vicino a una grande quercia, il suo profumo soave e i petali dal colore d’argento, l’avevano particolarmente attirata poiché erano diversi anni che non li vedeva.
Sennonché la mattina alle prime luci dell’alba, ne trovò uno accanto al suo giaciglio, bello e puro che la guardava in silenzio, e la svegliò con il suo profumo.  Mychelliaudì si sarebbe adirata e intristita, poiché non era sua abitudine strappare i fiori dal loro luogo di appartenenza, per non privare la natura di tale meraviglia, ma visto che ve ne erano tanti, ed era alquanto raro che qualcuno ne prendesse, lo accettò come il dono che era, non placando la sua mente di chiedersi chi fosse l’autore che continuava a porle quei doni.
La fata lo posizionò tra i suoi capelli alla cena in cui Elrond li aveva invitati, e prestò attenzione se qualcuno della compagnia reagisse in maniera particolare, ma nulla accadde se non il leggero sorriso sotto i baffi, che Gandalf fece accanto a lei.
“Tu sai dei doni, e chi  me li porta, non è vero?”
Lo stregone si limitò ad osservarla con profondi occhi grigi, prima di risponderle.
“Se il mittente vuole rimanere anonimo, non sarò certo io a svelare chi sia.”
“Dunque, lo sai.”
Gandalf mormorò qualcosa, sorseggiò del vino, e poi le sorrise.
“Ha buon gusto, ed occhi attenti, quel fiore adorna la tua chioma scura.”
 Mychelliaudì sapeva che le parole dello stregone contenevano più di quello che disse, così lo ringraziò non chiedendo altro, meditando sul loro significato nascosto.
Una delle altre volte successe nella dimora di Beorn, dove dopo che l’uomo orso aveva narrato le sue storie, beando la compagnia, attese che la fata lo affascinasse con le sue dal regno fatato, e fu lì che ella aveva assaggiato il miele più buono che il suo palato avesse mai toccato.
Più volte, in effetti, aveva complimento il grande uomo e si era ritrovata ad osservare il barattolo di vetro vuoto che rimase sul tavolo, prima di stendersi nel suo giaciglio improvvisato.
Ma non fu lì che trovò il dono, bensì la sera quando si riposarono al limitare della foresta oscura, poiché alle prime luci dell’alba, dovevano essere pronti ad attraversarla; l’aria era greve e poco la compagnia parlò quella sera, e la fata volle addormentarsi il prima possibile. Al risveglio era trovò il dono, una piccola confezione di miele di fianco ad ella, si alzò sorpresa e prese la confezione tra le mani, guardandosi attorno. Di certo non era stata rubata, quei regali avevano un significato nobile dunque chiunque egli fosse, l’aveva di certo ottenuto con onore da Beorn. Guardò ogni membro della compagnia, soffermando lo sguardo su ognuno di loro, e in cuor suo desiderando provenissero da uno di loro, ma zittendo i suoi sospetti immediatamente non avendo alcuna prova al riguardo.
Mise il miele nella sacca e alzando lo sguardo, trovando Bilbo ad osservarla con un sorriso.
“Sei davvero fortunata! Questo sì che è un regalo”
“Allora, anche tu lo sai…”
“Chi non lo fa?” Lo hobbit sorrise, “Ne siamo a conoscenza io, Balin, Bofur, Gandalf…”
“Sì sì, ho compreso.” Lo interruppe la fata scuotendo il capo con un sorriso, Bilbo le sorrise e si allontanò per prepararsi alla missione, ed ella alzando lo sguardo incontrò la luna in cielo. Era crescente e splendidamente grande lo riempiva, per quanto il sole ostinatamente pretendeva il suo posto nell’alba.
Mychelliaudì chiuse gli occhi, chiedendo aiuto alla Madre Luna d’essere vigile, la prossima volta che un dono del genere sarebbe capitato, poiché non voleva usare la magia per un capriccio del genere, ma questo poteva farlo.
 
Fu così che uscendo nella notte, incontrò la stessa luna che la fata ringraziò silenziosamente con un sorriso e chinando il capo, prima di dirigersi a pochi passi dalla figura davanti a lei, era di spalle voltato verso la Montagna Solitaria.
«Thorin.»
Lo chiamò con delicatezza, e il suo cuore sussultò mentre aggiunse.
«Allora sei tu, sei sempre stato tu.»
«Sapevo che l’avresti capito, prima o poi.»
Non si voltò, ma la fata conosceva quel tono e poté supporre che stesse sorridendo, quel piccolo sorriso che spesso aveva rivolto ai suoi nipoti, o a Bilbo.
Sentì del calore invadere il suo corpo, sino alle sue gote.
«Ma perché?»
Thorin si voltò, il riflesso argenteo della luna brillava alle sue spalle, lo sguardo immerso nella profondità.
«Pensavo che avessi intuito anche questo.»
I suoi occhi blu si tinsero d’affetto, e la fata sbatté le palpebre non riuscendo a rispondere, era da qualche tempo che non vedeva quello sguardo nei suoi riguardi.
Thorin ed ella ne avevano passate di avventure, insieme alla sua compagnia, e questo subbuglio aveva raggiunto anche il loro rapporto: dapprima caratterizzato dalla diffidenza solita del nano, poi dalla profonda conoscenza l’uno dell’altra erano divenuti amici finché dell’altro accadde. Negli ultimi tempi si erano allontanati, Thorin era divenuto più freddo nei suoi confronti, ma ella non si era offesa o risentita, sapeva l’importanza della missione che condivideva, e conosceva il peso sulle spalle del re dei nani.
Eppure, la punta del dolore l’aveva colta poiché quella distanza la toccò più di quanto si aspettava…ne fu stupefatta come quando si rese conto che ogni emozione del nano, fosse così importante per ella da influenzare le proprie.
Quell’improvviso distacco ebbe l’effetto di rendere il suo umore instabile, ma quella sera per quell’istante, tutto era svanito in quello sguardo d’affetto che le stava rivolgendo.
Il nano portò le mani dietro la schiena, iniziando a raccontare con tono basso e pieno.
«Mudùmel das Lukhudel
Thorin la guardò e la fata per quanto conoscesse il Khuzdul grazie alla sua metà nanica, non sapeva tutte le parole e non ci fu bisogno esternasse la confusione, poiché egli la capì dal suo volto.
«Significa una sensazione di conforto e serenità, sentirsi a casa con qualcuno,»
Allorchè, Mychelliaudì ricordò che fosse una leggenda, di qualche tempo addietro, ma che sua madre poco le aveva narrato.
«Mia sorella Dìs spesso mi raccontò di questa leggenda, piuttosto lunga dunque non mi soffermerò sui dettagli, potrà raccontartela un giorno, anzi sono sicuro che lo farà. Ella insisteva a chiamarla verità e mi disse, sarebbe capitato anche a me. Io sorridevo, scuotevo il capo e le ricordavo che avevo altri doveri e un popolo da guidare piuttosto che perdermi in queste fantasticherie, ma continuò a crederci. Lo fece persino quando finimmo nelle Montagne Azzurre, con ogni nostra ricchezza che c’era stata portata via…non capivo allora.»
I suoi occhi blu si accesero di una luce sconosciuta alla fata, ma piacevole, come una carezza che attraversava il suo corpo che era immobile alla rivelazione del nano, incapace di produrre alcun suono a ciò che egli le stava dicendo.
«Ho zittito ciò che sentivo, non potevo permetterlo, ma ora siamo così vicini,»
Thorin rivolse il suo sguardo alla montagna.
«Lo comprendo, sai che lo faccio.»
Egli annuì e trasse un sospiro, e di nuovo quel lampo d’affetto colpì i suoi occhi quando la guardò.
«Ma ora ho compreso cosa intendesse mia sorella, e adesso voglio parlarti con sincerità: Erebor è la mia casa, il nostro obiettivo ed anche il tuo, ma tu…tu sei luce, la mia luce di conforto. Se tu lo vorrai, se ricambierai quello che provo per te, ti chiedo di rimanere al mio fianco, ad Erebor, con me. Rimani, Mychelliaudì, sii la luce per me.»
Aveva un tono incerto la sua ultima affermazione e nel suo sguardo che tornò su di ella vi si leggeva appieno, la fata sentì il suo cuore mancare un battito, e rammentò come quand’era ancora all’oscuro di chi fosse l’autore dei doni, aveva indugiato lo sguardo proprio su di lui, sospirando all’idea. O di come in ogni sguardo che si scambiavano, si parlassero senza parole, oppure di quanto fosse importante per ella che fosse felice.
Mychelliaudì teneva alla compagnia, ad ognuno di loro, ma Thorin…andava oltre, e lo capì quando sopra il pendio dove le aquile li portarono, si soffermò sulla gioia del nano nel rivedere la sua casa a così pochi passi da loro.
Una gioia che non solo condivideva per le sue mezze origini naniche, ma anche perché i suoi occhi blu erano accesi di felicità, e il volto di Thorin abbagliante di luce.
Mychelliaudì capì in quell’istante cosa provava per lui.
Eppure esitò, non soltanto perché avrebbe dovuto lasciare il suo regno fatato, i portali si aprivano piuttosto di rado verso la Terra di Mezzo, ma era a conoscenza del fatto che avrebbe potuto tornare in quel luogo magico ad ogni apertura e festività; oltretutto spiritualmente poteva sempre avvertirli con sé.
Ciò per cui esitò nel profondo di essa, fu perché le pareva possibile che il re dei nani ricambiasse i suoi sentimenti.
«Tu…» Lo guardò senza riuscire a proferire altra parola, in quella insicurezza che soltanto in sua presenza si manifestava, probabilmente perché la sua parte nanica lo considerava il suo re, avvolto dalla più immensa stima nei suoi riguardi.
Il nano allora crucciò le sopracciglia, un panico senza nome nel suo volto, ma continuò ad osservarla portando il capo di lato, e solo allora la sua espressione mutò, e decise di avvicinarsi ad ella.
Si scambiarono parole con lo sguardo, prima che egli le prendesse le mani, quel tocco oltre che scaldare il suo cuore, illuminò la sua ragione.
«Sei sincero.»
Thorin annuì, un sorriso in volto, una luce folgorante nei suoi occhi blu, a cui Mychelliaudì sorrise di rimando.
«Io non avrei mai pensato, nemmeno nei miei sogni reconditi, che tu proprio tu, potessi ricambiare quello che sento,»
Sospirò, ascoltando il suo cuore.
«Sì mille volte sì! Voglio essere al tuo fianco, condividere ogni cosa.»
Egli le baciò le mani, felice come quando il suo sguardo si era posato sulla Montagna Solitaria, e Mychelliaudì la sentì avvolgere ogni parte del suo essere.
E poi i loro corpi si avvicinarono, racchiudendo il riflesso della benevola Madre Luna attorno a loro, e le loro labbra si incontrarono in un delicato bacio nel silenzio vigile della notte.
Gli occhi di Thorin, brillarono incontrando si suoi, si abbracciarono per qualche istante e poi egli poggiò la fronte sulla sua.
«Permettimi di darti un altro dono.»
E fu allora che il re dei nani si tolse l’anello con il simbolo della casata nanica dei Durin, per porlo tra le sue mani.
«Come promessa.»
Era piuttosto grande per le sue mani, un anello runico di cui la fata capì il significato: era legato ad un’altra promessa, una che il re dei nani stava già seguendo e raggiungendo.
Sorrise leggermente, e strinse l’anello nel suo palmo destro, ben conscia che sarebbe stata trasformata in un gioiello, l’unica collana che avrebbe indossato.
Lo guardò negli occhi, e si prese del tempo prima di parlare.
«Lo accetto e sigillo la mia promessa, la nostra promessa.»
Una dolcezza infinita raggiunge il volto di Thorin, che con un sorriso, la prese tra le braccia, ed entrambi accoccolati sotto la benevola luna, guardarono la Montagna Solitaria dominare sul paesaggio dinnanzi a loro.



Angolo Autrice: Ciao a tutt* 
😊 ogni tanto è inevitabile che mi torna la voglia di scrivere di questi due, che per me sono l'amore puro e vero 💗💗
Riguardo a Mychelliaudì alcuni appunti, l'ho scritto in modo che possiate leggerlo tutti, e lei è come scritto, metà nanica da parte di madre, ed è una fata ma non immaginatevi un piccolo essere super buono, ma piuttosto le fate del folklore da cui ho preso spunto, e su cui ho creato proprio un regno XD nel mondo già magnifico del Professore, ma qui vi basti sapere lei ha questa doppia natura dentro di sé.
La parola in Khuzdul, ho preso due frasi che si avvicinavano al signifcato del termine originale danese da cui ho preso spunto, per creare questo racconto che ho trovato tenerissimo 
💗

Grazie a chiunque leggerà e/o commenterà 😊

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: ArwenDurin