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Autore: DhakiraHijikatasouji    03/10/2021    0 recensioni
Brema, anno 1869. Un bambino viene abbandonato al convento e le suore decidono di adottarlo facendolo crescere come una donna, nascondendo a chiunque la sua identità. Questo bambino si chiama Bill (Yasmin al femminile) ed è pieno di vita, cresce con la voglia di scoprire e di viaggiare per il mondo ma è rinchiuso in quella prigione. L'incontro con Tom, un uomo di 24 anni appartenente alla classe borghese, stravolgerà completamente questo equilibrio mandando all'aria il piano delle donne del convento.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Bill Kaulitz, Georg Listing, Tom Kaulitz
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Mpreg, Triangolo
Capitoli:
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LIB - 1


Bremen, anno 1869

I raggi del sole filtravano tra gli alberi in quella mattina di Giugno inoltrato. Tutti a Brema conoscevano quella foresta, pochi la frequentavano. Essa si estendeva almeno per un chilometro, mediamente, e la città ne restava logicamente fuori. Solamente chi doveva andare al convento o chi doveva percorrerla per forza di cose aveva il coraggio di attraversarla, oltre al permesso. Non che non fosse un posto accogliente, ma era proibito aggirarsi per quelle parti senza una buona motivazione, specialmente se eri un uomo. Il convento di Brema era uno di quelli di clausura per le suore. Per suore costrette, imprigionate e obbligate a seguire una fede che dovevano professare, recitando completa devozione e amore nei confronti di Cristo. Tra loro c'era anche chi aveva scelto quella strada, chi era consapevole di cosa stava facendo e gli andava bene, ma erano eccezioni. Perciò agli uomini non era permesso percorrere la foresta, che poi non c'era nessuno che effettivamente controllasse, stava al loro buon senso e lì, a Brema, tutti stavano alle regole e, dato che si conoscevano più o meno tutti, fare la spia era facile, perciò nessuno si azzardava a disobbedire. Più che una legge, quella pareva una tradizione che andava avanti da anni. Però quel giorno, sotto un sole prematuramente cocente, il pianto di un bambino riecheggiò in quella foresta. Era forte, squillante...così insopportabile che alla fine un gruppo di suore dovette dargli retta. Spalancarono la portoncina di legno, incorniciata in un portone molto più spesso e massiccio, utilizzato generalmente per le carrozze che raramente lasciavano o entravano in quel posto.

- Oh santo cielo- Suor Kora, la più giovane delle tre, si chinò a prendere in braccio quella creatura che se ne stava sul suolo, a disperarsi, avvolta solamente in un panno bianco, maledettamente sporco di terra. Aveva il faccino pallido nonostante la luce del sole avesse battuto sulla sua pelle per tutto quel tempo, gli occhi stretti, lacrimoni che solcavano le sue guance contratte e la bocca priva di denti spalancata. La donna guardò le altre due, che osservavano il neonato con la stessa espressione: tra il preoccupato e lo sbigottito. Nessuno fino a quel momento aveva lasciato un neonato nei pressi del convento di Brema.

- Che sia di una passante?- Domandò suor Wilma, la quale aveva iniziato ad accarezzare il viso del bambino per calmarlo.

- In tal caso sarebbe un problema, noi non possiamo tenerlo-

- Ma...è un maschio?- Suor Delia sollevò con la mano il panno, così da poter controllare.

- Ma certo che è un maschio!- In tutto questo il bambino non aveva accennato a calmarsi e a smettere di sfogare la propria ugolina e i propri polmoni.

- Buongiorno- Una voce piccola si palesò e le tre si voltarono dietro di loro. In piedi, con occhi curiosi, stava una bimba. I suoi inconfondibili capelli mossi, di un biondo glaciale quanto il suo sguardo, e il suo sorrisino birbante, facevano intendere che aveva voglia di sapere che cosa stava succedendo.

- Christel, non dovevi stare con Suor Margaret?- Ella scosse la testa e si avvicinò per controllare. Aveva solo cinque anni, quindi si dovette mettere sulle punte e ugualmente non distinse niente. Così saltellò.

- Voglio vedere! Che cos'è?- Suor Kora la oltrepassò, ignorandola, sperando che in questo modo la smettesse di chiedere e di saltellare a destra e a manca come una scimmietta.

- Dobbiamo andare dalla Suora Madre- Decretò senza tante cerimonie e venne seguita rapidamente dalle altre due che avevano imitato il suo esempio, lasciando perdere la piccola Christel. Anche lei era orfana, di cinque anni. I suoi genitori erano stati uccisi da dei briganti nella foresta di Brema e lei era riuscita a fuggire. Tutto questo era successo giusto pochi mesi fa, e per questo il trauma la induceva sempre a cercare l'amore in chiunque, o perlomeno la considerazione. In realtà i briganti l'avevano risparmiata giusto perché lei era una bambina piccola e comunque non avrebbe potuto fare niente. Con le sue gambette era arrivata al convento e le suore l'avevano subito accolta per istruirla e farla diventare una di loro. A Christel andava bene, purché avesse un posto dove mangiare e dormire. Aveva pianto tanto la morte dei suoi genitori, ma quella novità quel giorno l'aveva resa inspiegabilmente contenta. Voleva assolutamente sapere che cosa stavano nascondendo e lo voleva sapere adesso! Andò dentro il convento e salì le scale a due a due per raggiungere l'ufficio della Suora Madre. Una volta nei pressi, trovò la porta socchiusa e si appostò lì dietro per spiare. Nessuno avrebbe potuto dirle che cosa fare. Lei avrebbe sempre ottenuto tutto ciò che voleva, sempre.

- Certamente questo è un bel problema- Si pronunciò la Suora Madre. - Se fosse stata una bambina come Christel avremmo potuto adottarlo, ma così...sono proprio combattuta- Intanto il bambino si ciucciava il pugnetto. Aveva smesso di piangere da un po' e fissava quella stanza grigia con i suoi occhietti vispi. - Siamo sicuri che i suoi genitori non possano essere rintracciati?-

- Possiamo rivolgerci al commissariato, ma se non fosse possibile...-

- Potremmo darlo in adozione ad un'altra famiglia di Brema, una benestante logicamente. Per esempio il generale Klum ha solo una figlia ed è un uomo dell'esercito, sicuramente saprebbe crescere questo bambino nel migliore dei modi- Provò Wilma, ma vide dalle espressioni delle altre che non erano molto d'accordo con lei.

- Il generale Klum non è un uomo al quale vale la pena dare altre rogne. Conosciamo tutti in paese il suo carattere. Quell'uomo è nato nell'esercito e ci morirà- Le altre convennero con Kora, la quale non poteva staccare gli occhi da quel neonato che la fissava a sua volta. Gli sorrise e il bimbo le afferrò una ciocca di capelli che usciva dal suo copricapo iniziando a tirarla un po'.

- Sorella- La riportò all'ordine la Suora Madre, la quale aveva notato come la donna stava osservando quella creatura. Kora era una ragazza molto giovane, aveva da poco compiuto venti anni. Era minorenne e non avrebbe potuto prendersi cura di un bambino se questo fosse stato riconosciuto dal municipio, ma se nessuno lo avesse fatto presente, se la patria potestà del piccolo fosse andata al convento in generale, nessuno l'avrebbe saputo mai.

- Vi prego di scusarmi- Tuttavia riabbassò gli occhi verso il bambino. Lui ne aveva due scuri, di un marrone che pareva nascondere tanti misteri celati dietro. Era veramente molto ipnotizzante il suo sguardo. La Suora Madre sospirò.

- Non credo che sia necessario avvertire il commissariato-

- Come?- Domandarono le tre all'unisono, con gli occhi sgranati per la sorpresa.

- Ho un'idea migliore, solo che prima voglio che giuriate che nessuno oltre noi sa di questo bambino-

- Ma...la piccola Christel ci ha viste mentre venivamo qui e ha chiesto di lui-

- Non ci voleva...e adesso dov'è?- Prima che le donne potessero contestare la loro ignoranza al riguardo, la bimba fece il proprio ingresso presentandosi davanti alla scrivania della Suora Madre, la quale sospirò sollevata del fatto che non fosse andata a sbandierare tutto ai quattro venti.

- Sono qui-

- Bene. Adesso promettete: nessuno di noi, e ripeto, nessuno dirà che questa bambina in realtà è un bambino- Questa idea lasciò sbigottita perfino Christel, che spalancò la bocca confusa. Come sarebbe stata possibile una cosa del genere?

- Come!? Volete che cresca come una donna? Ma non è possibile...crescendo gli potrebbe spuntare la barba...-

- La raderà-

- E il fisico...-

- Suor Delia controllerà la sua dieta affinché mangi la razione giusta del minimo indispensabile, così che rimanga magro-

- E...i capelli?-

- Non li taglierà mai, solo in caso di doppie punte e se ne occuperà Wilma. Inoltre per il desiderio sessuale, lo educheremo così che non sappia neanche che cosa sia, in modo tale che non provi l'impulso che lo spinge a desiderare il piacere carnale- Le donne rimasero tutte in silenzio, molto probabilmente a meditare su questa decisione, se fosse giusta o se stessero rischiando qualcosa, se non fosse successo niente o stessero per commettere l'errore più imperdonabile. Fino a quanto avrebbero potuto mantenere questo segreto?

- E come lo chiameremo?- Chiese Suor Wilma, l'unica che ebbe l'ardire di pronunciare qualche parola.

- Potrebbe essere Kora a dargli il nome, in fondo sarà anche la sua madrina- La ragazza sgranò gli occhi, non aspettandosi minimamente un simile onore.

- Davvero? Me lo permettete?- La Suora Madre sorrise annuendo e Kora non poté evitare di mostrare tutta la propria felicità per questo. Avrebbe cresciuto lei quel bambino, gli avrebbe insegnato le cose più importanti e tutto questo assurdo, folle, piano dipendeva da lei per la maggior parte. Avrebbe dovuto spiegargli come mai lui possedeva un fisico differente e insegnargli a mantenere il silenzio, le regole e a rispettarle. Non vedeva l'ora.

- Allora io la chiamerò...Yasmin-

- Con l'accento sulla i?- Kora annuì dando un bacetto sulla fronte del bambino come per battezzarlo. A quel pensiero si irrigidì.

- Madre, non sappiamo se è stato battezzato...-

- Organizzerò tutto a tempo debito con il parroco. Intanto ponetegli addosso dei vestiti e diffondete la notizia di Yasmin...-

- Aspettate!- Si pronunciò improvvisamente la piccola Christel che non aveva avuto modo di parlare in tutto quello e aveva qualcosa da dire. - Ma io voglio dargli un nome da maschio!-

- Come mai?-

- Perché sarà mio amico- Rispose lei semplicemente. - E so che è un maschio e voglio chiamarlo con un nome che ho scelto io- Le donne erano un po' preoccupate che la cosa potesse andare a monte, ma in fondo Christel non era una bambina molto vivace o chiacchierona. La Suora Madre si chinò alla sua altezza.

- Va bene, Christel. Sentiamo, che nome vorresti mettergli?-

- Bill!- Esultò lei con un enorme sorriso. Nessuno le chiese il motivo di quel nome, ma semplicemente la presero per buona. 

- Va bene, così sia. Il bambino si chiamerà Bill e la bambina Yasmin, adesso andate e mi raccomando, esigo la massima segretezza. Pena corporale a chiunque di voi disobbedirà o si lascerà scappare una parola di troppo- Tutte uscirono dall'ufficio con i brividi a fior di pelle per quell'avviso e Christel iniziò a saltellare attorno a Kora per dare a tutte la lieta notizia della nuova arrivata.

***

13 anni dopo... (anno 1882)

Tutto andò come previsto. Bill crebbe senza mai sapere delle proprie umili origini, con il sorriso sulle labbra e con un'energia da vendere. Con Christel, che ormai aveva 18 anni, correva in qua e in là, giocavano insieme. La loro differenza d'età non era un ostacolo. Si volevano bene come sorelle e nessun'altra suora a parte Kora, Delia e Wilma sapeva della sua incognita. Bill stava bene lì dentro. Certo, trovava noiosa la messa del mattino, le preghiere durante il giorno, ma trovava invece molto interessante leggere la Bibbia insieme a Christel nel cortile della scuola e commentare le righe. Una volta li aveva beccati la Suora Madre e li aveva rimproverati perché stavano commentando le parole del Signore e a lungo commentare esse possono essere messe in dubbio, cosa ritenuta sacrilega. Bill doveva imparare a tenere a freno la propria testa. Era molto intelligente per la sua età e questo per una donna era ritenuto dono del Diavolo. Christel aveva imparato molto prima a starsene al posto suo e cercava di insegnarlo anche a Bill, visto che Kora era stata recentemente trasferita in un altro convento. A detta della Madre, era stato un trasferimento "necessario". Non aveva aggiunto altro, ma le lacrime di Bill non avevano riparato alla questione. Bill ormai considerava Kora come sua mamma ma adesso si affidava totalmente a Christel per qualsiasi cosa avesse bisogno. Per esempio dormivano nella stessa stanza e non era più Wilma a prendersi cura dei suoi capelli ma lo faceva lei. Il Signore doveva aver ascoltato le preghiere della Suora Madre in quanto Bill stava crescendo con un aspetto sempre più androgino. Aveva le ciglia lunghe, la pelle pallida, i capelli neri e molto lunghi, il corpo magro e sinuoso.

- Yasmin sta crescendo davvero bene, non lo credete anche voi?- Chiese Suor Anabel guardando il diretto interessato che stava giocando a dama con Christel. Bill voleva imparare anche gli scacchi ma era ritenuto gioco di azzardo e perciò non era ammesso tra le mura di quel convento.

- Sta crescendo anche troppo bene- Rispose la Suora Madre molto seria e corrucciata.

- Che intendete dire?-

- E' bella, troppo bella-

- Ma questa è una cosa positiva, no?- Sì, forse si stava preoccupando troppo. La bellezza di Bill era efebica e aveva un sorriso che avrebbe ammaliato qualsiasi uomo e donna. Se da un lato Dio l'aveva ascoltata, dall'altro il Diavolo non aveva inteso a sordo. Ogni giorno che passava, la donna pensava al proprio piano e dubitava sempre di più che la cosa sarebbe andata a finire bene, ma dopo 13 anni, non poteva lasciar perdere, doveva portare a termine la sua opera fino alla fine. 

- Sì...solo che pensavo ad una restrizione-

- Una restrizione?- Annuì. - In che senso?-

- Yasmin non uscirà mai dal convento, non andrà mai al mercato né mai visiterà le strade di Brema. E' un tesoro troppo prezioso per essere lasciato libero- E detto questo, abbandonò il cortile, lasciando Suor Anabel con un sacco di domande, mentre la voce di Bill lo invadeva con la propria risata e felice gridava: "Dama!".

***

- Nel nome del padre, del figlio e dello spirito santo...amen-

- Amen- Risposero tutte in coro prima che il parroco dicesse loro che potevano andare in pace. Il prete era l'unico uomo che poteva essere presente nel convento ed era lì esclusivamente per celebrare le messe. Ogni suora era tenuta ad andarci giustamente, così da ascoltare e professare la parola di Dio. Bill e Christel erano due birbanti incontenibili. Si davano sempre i pizzicotti o si giocavano degli scherzetti tra un sermone e l'altro. Erano stati ripresi più volte dalla Suora Madre ma loro continuavano perché avevano voglia di divertirsi e stare lì dentro li annoiava. Christel però riusciva a sfogarsi quando accompagnava le altre in giro per Brema a fare compere o svolgere commissioni. Bill invece doveva rimanere tra quelle mura e la salutava sull'uscio del portone aspettandola sbuffando fino a quando non rientrava. In quelle orette era sempre triste, non voleva né giocare né parlare con qualcuno. Pareva molto Änne, una ragazza di colore arrivata lì da qualche anno, che se ne stava continuamente sulle sue a disegnare per terra con un bastoncino. Era davvero triste, ma Bill non ci aveva neanche mai parlato. Sapeva di star sbagliando, che avrebbe dovuto cercare di farci amicizia o perlomeno di non farla sentire abbandonata, ma non gli interessava, perciò preferiva restare da solo a sognare di poter lasciare quel posto prima o poi. Aveva studiato, perciò sapeva che fuori da quella prigione non c'era il nulla ma un mondo tutto da scoprire, un mondo che lo aspettava! Tutti lì dentro continuavano a ripetergli quanto fosse sbagliato che avesse quella voglia di conoscere, ma lui non comprendeva perché! Ulisse aveva messo a repentaglio tutto per amore della conoscenza! Seneca era morto per lo stesso motivo! Bill desiderava comprendere il perché di tutto ciò che accadeva! Come quando aveva visto Christel nuda e si era chiesto come mai lei fosse così diversa e aveva dovuto domandare a Kora. Ella le aveva risposto semplicemente che esistono due generi nel mondo: maschi e femmine, che Christel era una donna e in quanto tale le sarebbe cresciuto il petto e tra le gambe non possedeva niente. Poi c'erano i maschi, che non avevano il seno ma possedevano un membro. Bill però non si era fatto bastare quella spiegazione. Voleva sapere di più. Perché uomo e donna erano così diversi? Perché si innamoravano? Come facevano a riprodursi? Tutte domande lecite ma alle quali non riusciva a trovare una risposta. Sapeva solo che era condannato all'eterna solitudine. La Suora Madre aveva imposto senza una ragione di non farlo uscire e quelle mura grigie erano tutto ciò che poteva vedere dalla mattina alla sera. Voleva essere libero e felice. Desiderava provare nuove emozioni e chiedersi perché. Della noia invece conosceva ogni più minimo aspetto. A volte pure con Christel si annoiava ed ella lo sapeva e le dispiaceva perché poteva capire quanto fosse frustrante. Una mattina soleggiata, Christel lo aveva trovato già pronto a sedere sul letto, con il velo leggero per le novizie e non pesante come il suo - dato che lei era già suora - la veste e anche le scarpe. Si rigirava tra le dita una margherita che aveva trovato e che stava lentamente appassendo, come la sua anima.

- Bill...tutto a posto?-

- No- Ed era tremendamente sincero. Non poteva mentire alle persone che amava, quindi sapeva che non avrebbe mai tenuto un segreto con Christel, neanche sul suo stato d'animo.

- E perché?- Ella si alzò dal letto e Bill la osservò. Sì, proprio come gli aveva detto Kora. Il seno le era cresciuto e sotto non aveva niente mentre lui, se si toglieva tutto, aveva un rigonfiamento in mezzo alle gambe che faceva intuire la presenza di qualcosa. Più la osservava e più non comprendeva. Christel era bellissima, aveva i capelli di quel biondo quasi platinato, mossi, che le arrivavano poco più giù delle spalle. Soleva tagliarseli a caschetto quando non li sopportava più. E i suoi occhi di ghiaccio facevano quasi impressione e la sua pelle chiara...pareva venisse dalle nevi.

- Perché sono stanco di rimanere qui dentro. Io voglio uscire, vorrei seguirti quando vai al mercato e avere qualcosa di nuovo da raccontare! Invece odio quando mi chiedono che cosa ho fatto oggi perché risponderei "pregare pregare e pregare"! E loro pensano che io preghi per Dio ma io non lo faccio per lui, io lo faccio per me! Vorrei...vorrei essere libero almeno un po'- Cadde sdraiato. - Io non so perché la Madre abbia tanta paura. Che cosa posso fare io al di fuori di qui che tu non fai? Cosa?- Christel sapeva il motivo ovviamente. Anche lei pensava che Bill fosse davvero affascinante e più volte aveva fatto pensieri che non avrebbe dovuto e si era dovuta andare a confessare. Anche il parroco conosceva tutta la verità ma era obbligato a mantenere il silenzio. La confessione era l'unico momento dove la loro anima era leggera perché potevano dire qualsiasi cosa ed essere sicuri che non sarebbe uscito da quelle mura. 

- Non lo so, Bill, ma se è stato detto così, io non posso trasgredire un ordine- Bill scattò immediatamente in piedi, preso dalla rabbia.

- Ma un ordine che non ha senso può essere trasgredito!-

- Ma se fosse fatto per il tuo bene e tu questo non lo sai!?- Il moro si irrigidì un secondo.

- Se fosse fatto per il mio bene non avrei la sensazione di star morendo ogni giorno che passa...- Christel deglutì ad udire quelle parole, piene di tristezza e rammarico per starsi perdendo ogni prezioso giorno di vita chiuso in quel convento. Non l'aveva deciso lui e Christel poteva ben comprendere che cosa sentisse. Anche lei aveva avuto un periodo di crisi dove piangeva la notte e urlava che pareva una pazza. Stavano per rinchiuderla nelle celle di clausura, posto del sotterraneo dove ci vanno a finire le suore uscite di testa, spesso per amore. - Christel, io c'ero- Lei alzò lo sguardo incontrando i suoi occhi. Aveva compreso a che cosa stava pensando. - Io ero lì, tutte le notti che gridavi...tutte le notti che piangevi...tutte le notti che volevi farla finita e ammazzarti. Ora ti sei come spenta, ma io non voglio essere così, non voglio rinunciare a ciò che sono per assecondare qualcosa che non ha senso!- La ragazza rimase a fissarlo. In quegli occhi marroni pareva esserci l'universo, come se Dio gli avesse fatto questo dono immenso. Sospirò.

- Dobbiamo andare a messa...- Lo oltrepassò ma Bill le afferrò prontamente il polso.

- Christel...!- E lei glielo tolse con la stessa velocità.

- Dobbiamo andare a messa, Bill. Non una parola di più su questo argomento...per piacere- E non lo calcolò più, iniziando a prepararsi in silenzio. Bill la stava odiando in quell'istante. Come poteva non capirlo!? Come poteva ignorare i suoi sentimenti sapendo anche che cosa si provava!? Il moro infatti non l'aspettò neanche ma se ne andò via sbattendo la porta, lasciandola nel silenzio di quella stanza improvvisamente gelida.
Quella fu l'unica volta a messa che le suore furono contente del loro comportamento. Bill non parlò per tutto il tempo e non infastidì in alcun modo Christel, che dentro al suo animo soffriva per quello che era successo. Non aveva mai discusso in quel modo con Bill. Certo, a volte erano arrivati ad urlarsi addosso, ma era perché la pensavano differentemente. Mai era accaduto che uno di loro dovesse proteggere una bugia e per questo mettere a repentaglio il loro legame. Bill leggeva le sacre scritture e cantava sottovoce senza gettarle neanche uno sguardo, nonostante fosse accanto a lui. Quando il prete annunciò la fine della messa, sembrava essere passata un'eternità. Bill si tolse dalle file e se ne andò senza logicamente aspettarla. Per Christel era una punizione più che sufficiente. Non sopportava l'ignoranza delle persone che amava. Lo inseguì fino a fuori e lo fermò per il velo, togliendoglielo dai capelli, liberando la sua distesa corvina. Bill si pose le mani sulla testa, come allarmato, e si voltò immediatamente.

- Ridammelo! Lo sai che non lo posso togliere!- Glielo strappò di mano e se lo rimise con la rabbia che lo faceva tremare. Era ancora molto nervoso.

- Yasmin, ti prego...mi dispiace- Quando c'erano le altre suore attorno non poteva chiamarlo Bill. Dopo 13 anni ancora nessuno aveva scoperto niente e non potevano cedere proprio adesso, sarebbe stato da stupidi.

- Non voglio ascoltarti. Tanto sai solo scusarti, ma non rimedi mai- Si allontanò e Christel lo seguì in silenzio. Arrivarono fino a degli alberi che ombreggiavano piacevolmente il cortile, rinfrescandolo almeno un po' in quelle giornate di inizio estate. - Per quanto hai intenzione di starmi appresso?-

- Non mi interessa se sei arrabbiato con me, va bene? Se non riesci ad ignorarmi vuol dire che ciò che faccio o dico ti fa provare qualcosa- Il moro continuava a fissarla, cercando di intuire cosa l'amica volesse dirgli. Lei invece pensava che non era colpa sua, non era dannatamente colpa sua se era bello più di qualsiasi donna presente lì dentro e più di qualsiasi uomo presente là fuori. Anche adesso che la fissava non poteva ignorare i brividi sulla spina dorsale. - Vieni al portone tra un'ora, e cerca di non dare troppo nell'occhio per piacere- E detto questo, se ne andò via. Bill dopo qualche secondo realizzò e sul suo viso si dipinse un sorriso incredulo e felice. Solo che poi si ricordò che non doveva dare nell'occhio e allora aveva sollevato la Bibbia davanti al viso, così che non avrebbe dovuto sforzarsi a cancellare la propria felicità.

***

- Come ti sembrano?-

- Impeccabili, come sempre- Tom sorrise del suo operato. Aveva imparato questo lavoro da suo padre dato che spesso doveva rimanere in negozio con lui quando era ancora in vita. Tom lo aveva perso quando era molto giovane e la madre non aveva più voluto saperne di vivere a Brema e si era trasferita ad Amburgo. Tom invece aveva continuato quella professione, anche perché guadagnava abbastanza e sarebbe stato da sciocchi farsela scappare. Era un parrucchiere e barbiere, faceva di tutto, sia uomini che donne. Aveva un salone tutto proprio dove faceva sentire bene i clienti, come fossero a casa loro. Ci teneva particolarmente visto che i suoi non erano semplici clienti, ma persone di una classe sociale più elevata della maggior parte della popolazione di Brema. Una di quelle era Heidi, figlia del generale Klum. Avevano entrambi 24 anni e Tom sapeva che Heidi desiderava sposarlo. Non glielo aveva mai detto esplicitamente, ma era sufficiente prestare attenzione ai suoi atteggiamenti.
Ella si alzò dalla sedia ammirando un'ultima volta i propri nuovi capelli. Ogni volta che veniva voleva che fosse Tom ad occuparsi di lei e se ne accertava sempre quando prenotava. Diceva che nessuno aveva delle mani come le sue, che i suoi capelli erano delicati e che dovevano essere trattati da chi davvero ne sapeva qualcosa, sminuendo il resto del personale. Questi si era difatti lamentato con Tom, che non era un datore di lavoro severo, e lui aveva esplicitamente risposto: "Ragazzi, sono messo peggio io di voi. Semplicemente sopportatela. Arriverà un giorno che Dio ripagherà la vostra pazienza"...sì, certo, ma quel giorno stava tardando anni ad arrivare. - Ma come fai ad essere sempre così infallibile?-

- Anni di esperienza suppongo- Rispose iniziando a spazzare per terra i capelli che le aveva tagliato, con il capo chino e la speranza che se ne andasse il prima possibile. Era un disagio tutte le volte.

- Tom-

- Dimmi-

- Mio padre ti avrebbe invitato a cena a casa nostra stasera- Tom alzò gli occhi al cielo senza farsi vedere. Il generale Klum era favorevole a queste nozze che avevano programmato senza chiedere al presunto sposo e cercava di aiutare sua figlia in tutto e per tutto. 

- Sono impegnato a lavoro, non credo che potrò essere presente- Declinò con gentilezza.

- Anche oggi? Ma non è che lavori troppo?- Sbuffò lei contrariata dall'ennesimo rifiuto.

- Lavoro quanto c'è da lavorare, Heidi. Mi piace lavorare- "Contrariamente a te" pensò, senza aggiungerlo. Sperava che così la donna si decidesse a levarsi dalle scatole ma questa invece assunse degli occhi a cuore pazzeschi che fecero rabbrividire anche lui.

- Sei sempre più affascinante ogni giorno che passa, soprattutto quando fai così-

- Ehm...così come?- Si allontanò indietreggiando, però lei si avvicinò pericolosamente sfiorandogli la barba con le dita e cercando di baciarlo, ma Tom si ritrasse. - Heidi, siamo in pubblico, non sta bene- E poi non voleva, diamine! Ma quanto poteva essere ottusa!? Ma non esistevano donne intelligenti in quel contesto sociale!? Tom era quasi stanco di essere circondato sempre dalla stessa gente pettegola e sfacciata, che credeva che tutto le fosse dovuto e le appartenesse solo perché possedeva il dio denaro! Desiderava quel qualcosa di nuovo, che arrivasse quel giorno tanto atteso dove tutto quello avrebbe avuto una fine...ma non succedeva mai.

- Signor Kaulitz!- Tom venne distratto dal grido di un uomo fuori dal suo negozio, il quale aveva aperto la porta affacciandosi soltanto. - Vi ho portato i prodotti che avevate ordinato- Aprì del tutto la porta bloccandola, così da poter scaricare la carrozza con un pensiero in meno.

- Aspettate, vi aiuto!- Tutto pur di scappare dalle grinfie di Heidi, la quale era ancora lì, imbronciata che aspettava le sue attenzioni. Tom fuggì fuori e aspettò che l'uomo gli desse quegli scatoloni, impilandoglieli sulle braccia come se dovesse fare l'acrobata. Riuscì a reggerne tre, poi gli disse di smettere, che il resto lo avrebbe preso dopo. Il tempo di voltarsi e di fare i primi tre passi che sentì le campane della chiesa e qualcuno gridare:

- Stanno suonando mezzogiorno!- Ridendo. Quello fu l'attimo in cui qualcosa accadde. Quel qualcuno si schiantò contro gli scatoloni che stava trasportando e Tom si sbilanciò cadendo a terra con tutti i prodotti sparsi per la piazzola. Dio, che botta. Aveva colpito la ruota della carrozza con la schiena. Ma chi diamine era che non guardava quando camminava!? Che poi camminava!? Sembrava che stesse correndo la maratona di Filippide! - Oddio, mi dispiace tanto! State bene?-

- Sì sì...- Rispose superficialmente prima di schiudere del tutto gli occhi e vedere chi aveva combinato questo disastro. Degli occhi marroni coprirono completamente la sua visuale, inteso che non c'era nient'altro che quelli, quella persona li aveva enormi e lo osservava con circospezione da molto vicino. Tom ne rimase colpito...erano davvero bellissimi. Ma chi era?

- Davvero? Aspettate, vi aiuto a rimettere tutto a posto- Quella che parve essere una novizia, si affannava a prendere i vari prodotti e a rimetterli tutti dentro lo scatolone che si era aperto senza sapere se stava facendo bene oppure no. Tom la osservava un po' confuso. Stava ancora realizzando chi realmente fosse quella persona. Non l'aveva mai vista per le strade di Brema. Si avvicinò bloccandole il suo polso fine e questa si voltò di scatto incontrando il suo sguardo.

- Non è necessario...- In quell'istante Bill non seppe che cosa provò. Una sensazione strana gli stava facendo agitare qualcosa nello stomaco. Chi diamine era quell'uomo? Perché lo teneva così? Perché lo guardava in quel modo? Arrossì senza volerlo e si sentiva terribilmente fuori posto...

- Tom!- Heidi accorse fuori.

- Yasmin!- E pure Christel li raggiunse con le borse tutta affannata. - Che disastro...-

- Certo che avreste potuto stare più attenta!- La rimproverò quella donna con un'aria così spocchiosa e sfacciata che Bill chinò lo sguardo per vergogna. Non era mai stato sgridato da un'estranea e questo lo poneva un po' a disagio. Difatti non stava dicendo più una parola. - Ma dico, non guardate dove mettete i piedi?-

- Vi prego di perdonarla, è un po' maldestra...- Cercò di salvarlo in calcio d'angolo Christel aiutandolo a rialzarsi. Bill continuava a tenere lo sguardo chinato per non incontrare nuovamente gli occhi di quelle due persone. Provava delle brutte sensazioni. O meglio, non era sicuro che quella con l'uomo fosse stata propriamente brutta...ma non si era sentito bene. - Andiamo, Yasmin- Gli sussurrò all'orecchio. - Vi prego di scusarci per l'accaduto. Se qualcosa si è rotto, farò riferimento al convento e vi sarà rimborsato il denaro-

- Non importa, sorella. E' stato solo un incidente, può capitare a tutti- Le sorrise cordialmente Tom cercando Bill con lo sguardo, il quale nel frattempo si stava nascondendo dietro la sua amica, e lei si era accorta di questo e naturalmente lo percepì come una minaccia.

- Bene...vi ringrazio. Allora io e Yasmin ci congediamo, con permesso e che Dio vi benedica- Avvolse le spalle di Bill con un braccio e se la portò via. Era successo sicuramente qualcosa in quell'istante ma Christel non voleva pensarci più di tanto. Non gli era piaciuta affatto quell'atmosfera e quegli sguardi. Sembrava come se...no, sicuramente si era sbagliata. Adesso doveva solamente riportare Bill al convento sperando che la strigliata che si sarebbero beccati non sarebbe stata così brutale. Sperava solo che il moro dimenticasse in fretta quanto successo, che questo non rovinasse la bella giornata spensierata e felice che stava passando al mercato. E forse il disastro al quale si riferiva prima non erano di certo le bottiglie di prodotti per capelli che erano state sparse sulla piazza.

***

Come immaginavano, la punizione fu abbastanza tosta. Per il resto della giornata, Christel e Bill furono chiusi dentro una stanza a ripetere l'intero rosario con solo due pause. Fu qualcosa di così orribile che ad un certo punto Bill iniziò a piangere. Troppe emozioni stavano combattendo nel suo animo e lui odiava quando non riusciva a capirne il motivo! Continuava a pregare con la fronte appoggiata ai gradini dell'altare, le mani congiunte a fatica e le ginocchia che dolevano. Le punizioni non erano solo morali lì dentro ma anche fisiche. Era capitato pure che circolassero voci di frustate e forse Bill doveva ringraziare di non essere incappato in questa decisione, ma la sua vita era uno schifo comunque. Non ce la faceva più a contenere tutto il dolore che provava ogni giorno. Il suo sorriso altro non era che una maschera. Solamente quel giorno al mercato poteva dirsi sincero, prima che quell'incontro con quell'uomo glielo spegnesse nuovamente, senza una ragione. Non sapeva che cosa provare e questo lo stava facendo impazzire. Christel non poteva fermarsi o sennò lo avrebbe consolato, ma se si fossero arrestati avrebbero prolungato la punizione di un'altra ora e perciò lei doveva continuare con il sottofondo del suo migliore amico che si disperava, che aveva il coraggio di tirare fuori tutto, anche se sarebbe stato inutile. Trascorso quel tempo, la porta della stanza di aprì e vi entrò Änne, che, nonostante fosse cresciuta tanto diventando davvero una bella ragazza di 14 anni, non cessava di indossare quello sguardo timido che avvertiva prima del suo "mutismo".

- Potete uscire adesso- Esalò debolmente. Christel sentì un dolore lancinante alle ginocchia quando si mise in piedi e aiutò Bill a fare altrettanto, asciugandogli il viso con le dita. Aveva ancora gli occhi rossi e singhiozzava silenziosamente.

- Questo è il prezzo per la libertà, Bill- Gli sussurrò abbracciandolo e lasciandolo sfogare. Änne stava lì sulla porta e non si azzardava a muoversi. Teneva le mani dietro la schiena, intrecciate, e li fissava. Nessuno avrebbe saputo dire che cosa provasse realmente. - Dai, adesso basta piangere, è tutto finito. Domani parliamo con la Suora Madre e sarà come se tutto questo non fosse mai successo- Christel però non sapeva che Bill non temeva ciò sarebbe potuto rimanere nella memoria degli altri, ma che quella donna avrebbe rinforzato ancora di più le restrizioni chiudendolo nella sua stanza oppure confinandolo nella cella di clausura. Adesso aveva terribilmente paura. Tremava tra le braccia di Christel che si stava maledicendo per averlo accontentato. Se non lo avesse fatto tutto quello non sarebbe accaduto! Ella lo condusse verso la porta e Änne si scostò per farli passare. Christel le sorrise amorevolmente, accarezzandole il viso. - Ti ringrazio, Änne- E la ragazza sorrise, sempre timidamente, senza contestare, e poi se ne andò via. Bill in quel gesto aveva notato qualcosa di strano. I suoi occhi, arrossati dal pianto, si erano fatti d'un tratto confusi. Però inspiegabilmente quella tenerezza gli aveva innescato un moto di contentezza che si era espresso sul volto. - A che cosa pensi?-

- Niente...-

- Bill...-

- Dai, andiamo, voglio sciacquarmi il viso prima di andare a cena-

- Va bene...- Il cuore di Christel stava battendo per la paura adesso. Bill aveva visto. Che idea si stava facendo? Che cosa stava pensando di lei? Perché non gli aveva risposto prima? Era così scabroso che non poteva essere neanche pronunciato? Già, anche lei sentiva di farsi schifo. Forse era bene smetterla prima che fosse troppo tardi.

***

- Conosci Änne?- Le domandò Bill una volta chiusi nella loro stanza, ognuno sdraiato nel proprio letto. Era la domanda che Christel temeva più di qualsiasi altra. Deglutì.

- Sì- Rispose semplicemente.

- Ma non ti ho mai visto parlare con lei...-

- Bill, perché me lo hai chiesto?-

- E perché tu non puoi semplicemente rispondere come se fosse una normale conversazione?- Christel sbuffò e stette per contestare, ma Bill la precedette. - Perché non lo è, vero?- La stava mettendo con le spalle al muro e questo non lo sopportava.

- Che cosa intendi dire?-

- Senti, se andiamo avanti a domande non troveremo mai le risposte!-

- Ma che risposte pensi di trovare? Bill, sono stanca e se non riesci a mettere un freno ai tuoi pensieri non è colpa mia!- Sbottò in autodifesa girandosi dall'altra parte dandogli le spalle. Il moro rimase un secondo a fissarla incredulo. Non aveva mai visto Christel così agitata. Era come se gli stesse nascondendo qualcosa. Insospettito, si alzò dal letto e attraversò la stanza ponendosi in ginocchio accanto al suo materasso e gli punzecchiò la schiena.

- Non hai una nuova migliore amica, vero?- Sussurrò debolmente, quasi con paura di parlare. Christel decide che si era comportata non proprio bene con il suo amico e iniziò a ridere liberando qualche lacrima fuggiasca. Si voltò dalla sua parte e lasciò che Bill le asciugasse il viso. - Diciamo di essere amiche però non parliamo mai di quello che sentiamo...di ciò che davvero vorremmo per noi stessi- La ragazza si chiedeva come faceva Bill, all'età di quasi 14 anni, a fare pensieri così profondi. Che ne voleva sapere della vita adesso? Beh, neanche lei che aveva 18 si sentiva di saperne qualcosa in fondo. Forse non c'era proprio un età per comprendere la vita. Forse la vita non si comprendeva mai davvero, ci si illudeva e basta.

- No, Bill. Non ho una nuova migliore amica. Änne è solo...una ragazza...che ho imparato ad apprezzare con il tempo- Il moro si sentì sollevato a quelle parole e sorrise pieno di gioia, stendendosi accanto all'amica che nel frattempo gli aveva fatto spazio.

- Adesso posso dormire tranquillo- Sentenziò.

- Eri davvero geloso?- Chiese in tono scherzoso.

- Buonanotte, Christel-

- Dai, Bill...sei geloso?-

- Ho detto buonanotte- La giovane finì di ridere e si voltò nuovamente dall'altra parte. Le labbra si inclinarono ben presto verso il basso e quella risata si trasformò in un pianto sommesso. Christel sentiva di non stare bene. Il fatto di avere Bill vicino non la curava, non bastava. C'era qualcosa nel suo animo, qualcosa nella sua mente, che la spingeva verso un indefinito che l'avrebbe accompagnata solamente nella tomba.

***

Il giorno seguente...

Bill se lo sentiva nell'anima che la Suora Madre non avrebbe potuto fare a meno di convocarlo. Stringeva tra le mani il proprio rosario, molto nervosamente, mentre si affrettava per i corridoi del convento rivolgendo dei saluti veloci a destra e a manca. Non era mai buono fare aspettare quella donna, era molto severa e facilmente suscettibile. Appena davanti a quella porta, si ricompose sistemandosi i vestiti e il velo per risultare in ordine. Si schiarì la voce e poi bussò.

- Avanti- Abbassò la maniglia e fece il proprio ingresso in maniera decisa. Qualsiasi cosa le avrebbe detto era pronto ad assumersi le proprie responsabilità. - Vieni, Yasmin...accomodati- Non le aveva mai dato del "voi" e questo faceva ben comprendere che posto occupava Bill lì dentro. Era quella ragazzina che doveva essere tenuta sott'occhio. Lo aveva capito. Ci aveva messo 13 anni ma alla fine ci era arrivato. Dopo la bravata di rinchiuderlo per tutta la vita aveva ottenuto la sua conferma. Non voleva starci e non ci sarebbe mai stato. Piuttosto la morte! - Bene, immagini di già che ti ho chiamato qui per ciò che tu e Christel avete fatto ieri mattina, vero?- Bill annuì semplicemente. Non sapeva se aveva il diritto di parola ancora. - Dimmi, perché hai trasgredito la regola che ti ho imposto?-

- Perché...perché per me non c'è ragione di seguirla, Madre-

- Quante volte ti ho detto di frenare quella mente!? Vuoi finire come Eva che si è rovinata a causa della propria sete di conoscenza, che ha condannato tutti noi per lo stesso motivo!?-

- Anche questo è tutto da vedere...- Sussurrò roteando gli occhi, con un coraggio improvvisamente ritrovato nel cuore. Chiunque lo avrebbe giudicato pazzo ad azzardare così tanto.

- Come!?- Inveì la donna.

- Niente...io...mi dispiace per ciò che ho fatto, ma non mi è sembrato giusto punire Christel. Sono io che l'ho costretta mettendo a serio rischio il nostro rapporto se lei non mi avesse accontentato-

- Suor Christel doveva rivolgersi a me prima di prendere qualsiasi decisione, poi sarei stata io a convocarti e a farti ragionare. Lo farò oggi-

- Volete provare a farmi ragionare? Voi che mi impedite di utilizzare il cervello?-

- Non prenderti gioco di me Yasmin- Ringhiò alzandosi dalla sedia. - Sarà la ribellione adolescenziale ma devi capire quale è il tuo posto. Pretendo rispetto da parte tua-

- Voi pretendete ciò che non date- A quella frase la rabbia che la donna covava nel suo cuore esplose e batté le mani sulla scrivania.

- Un'altra parola di più e ti rinchiuderò nella tua stanza facendoti mangiare pane e acqua per il resto dei tuoi giorni!- I suoi occhi erano delineati dalle vene sanguinolente che denotavano quanto Bill la stesse esasperando con certi commenti. Il moro era rimasto a fissarla senza paura. Non riusciva proprio ad abbassare la testa con persone che non se lo meritavano. Lui aveva penso fiducia nella Suora Madre da quando aveva imposto quell'insulsa regola di tenerlo in convento. La donna si risedette sospirando, tentando di calmarsi. - In ogni caso hai commesso un errore, un grosso errore, ed io non dovrei soprassedere a questo...però prima voglio sapere che cosa è accaduto in quelle ore che tu hai gironzolato per le strade di Brema- Bill non si fece problemi a raccontarlo dato che per lui non aveva fatto niente di male.

- Abbiamo attraversato la foresta e siamo andate al mercato-

- Avete conosciuto delle persone nuove?- Bill fece spallucce ponendosi a braccia conserte.

- Un uomo e una donna...- Il moro si fermò un istante ricordando il moto che quell'uomo aveva scatenato dentro il suo stomaco. Si era sentito come se non avesse avuto più ossigeno improvvisamente, come se gli stesse per prendere un attacco di nausea. Una sensazione che mai aveva sentito nella sua vita prima di quel momento.

- Quanti anni avevano?-

- Non lo so...sulla ventina, presumo-

- Ed erano fidanzati?-

- Immagino...di sì- La Suora Madre a quelle parole tirò un sospiro di sollievo. Se erano fidanzati allora non c'era il pericolo. Certo era che se quell'uomo voleva tradire la sua donna con una suora doveva essere uscito di senno. Pure gli uomini non dovevano tentare le suore o novizie che fossero. Anche per loro c'erano le regole, non solo per le ragazze all'interno della struttura. Ci doveva essere una sorta di barriera, era come se fossero di due mondi diversi che insieme non ci incastravano niente e perciò dovevano rinunciare a qualsiasi sporco proposito. - Madre...-

- Dimmi-

- Io ho visto quelle persone e mi sono chiesto una cosa...-

- Che cosa?- Chiese in tono perentorio. Aveva paura tutte le volte che aveva una domanda perché non sempre poteva fornirgli una risposta.

- Mi sono chiesto che cosa si prova quando si ama qualcuno...-

- A te questo non deve interessare, Yasmin!- Temeva che gli avrebbe risposto in questo modo. - Comunque, visto che non è successo nulla di increscioso, posso prendere in considerazione l'idea di allentare un po' il mio ordine restrittivo. Potrai uscire dalle mura del convento ma non andrai oltre la foresta. Tu non dovrai tornare per le strade di Brema mai più. Quando sei qui dentro è bene che nessuno sappia della tua esistenza, d'accordo?- In un primo istante credeva di aver ottenuto ciò che voleva ma si era illuso. Alla fine non era cambiato niente, ma doveva farselo bastare, sennò non avrebbe fatto altro che passeggiare costeggiando le mura. Invece adesso poteva ammirare la foresta e stare lì in pace.

- Va bene, Madre-

- Puoi congedarti...e vedi di smetterla di fare pensieri sull'amore. L'unico amore che tu devi provare è quello per nostro Signore e per il tuo prossimo, d'accordo?- Il moro annuì mestamente ma quando chiuse la porta alle sue spalle si domandò se quel suo prossimo avesse potuto essere quell'uomo di Brema e arrossì. Che pensieri erano quelli!? Non avrebbe dovuto farli! Non l'avrebbe più rivisto e poi non lo conosceva neanche! Doveva dimenticarlo per sempre. Sospirò osservando il rosario che aveva tra le dita portandoselo al petto. La sua vita non sarebbe cambiata mai.

***

Quello stesso pomeriggio non perse tempo e uscì dalle porte scappando nella foresta. Era arrabbiato perché non avrebbe più rivisto Brema e tutta la sua gente. Era così bello essere liberi e lui aveva avuto modo di sperimentarlo solo qualche ora. Ma quale Dio crudele desiderava questo? Solo perché avevano commesso quel peccato originale dovevano continuamente segnarsi "mea culpa" sulla fronte, sulla bocca e sul cuore senza rendersi conto che quel segno della croce altro non era che un sigillo. Non potevano pensare, né parlare e né amare...e questo Bill non lo sopportava. Che razza di Dio stava venerando!? E perché non lo aveva mai ascoltato tutte le volte che lo aveva pregato di renderlo libero e di farlo fuggire di lì? Inciampò e cadde sull'erba sporcandosi la veste. Scoppiò a piangere artigliando i fili d'erba con le dita, strappandoli poco a poco. Bagnava quella terra con le proprie lacrime. Singhiozzava e sentiva come se stesse per impazzire.

- Qualcuno mi aiuti...vi prego...- Sussurrò con un fil di voce.

- Ehi...tutto a posto?- Quella voce lo fece sussultare e si tirò su sgranando gli occhi. Ad un certo punto percepì una mano sulla sua spalla e sobbalzò allontanandosi. - Tranquilla, non voglio farti del male- Bill si asciugò gli occhi per capire chi fosse e appena il velo delle lacrime smise di appannargli la vista, distinse il viso della persona che si era promesso di dimenticare proprio quella mattina. Sussultò nuovamente, strusciando indietro per allontanarsi di nuovo. Tom sorrise. - Vi faccio davvero così tanta paura?- Nuovamente quelle sensazioni tornarono a mischiarsi nel petto di Bill e non riuscì a non pensare che quel tale avesse davvero un bel sorriso. Arrossì. - Oppure vi sto mettendo in imbarazzo...- Il moro capì che se n'era accorto e si coprì le guance con le mani. - In tal caso vi prego di scusarmi-

- Non...non è necessario che vi scusiate...- Farfugliò sempre con quel fil di voce. Tom, sempre con quel sorriso in volto, mostrò che era molto contento di averlo sentito parlare ancora. Si alzò e gli tese la mano.

- Venite, vi aiuto a mettervi in piedi-

- No, io...-

- Volete rimanere a terra?-

- No-

- Allora alzatevi-

- ...no- Si stava sentendo tremendamente strano e non sapeva se la compagnia di quest'uomo la gradiva o la disprezzava. Perché era qui? Questo si chiedeva. Tom si pose nuovamente in ginocchio. - Vi sporcherete di terra...-

- Se voi non volete alzarvi, io devo rimanere qui a farvi compagnia, sempre che lo vogliate, sia chiaro- Bill non sapeva che cosa rispondere, ma siccome non desiderava farlo attendere oltre, annuì dando fede al proprio istinto, però c'era sempre quella domanda che lo assillava.

- Come mai siete qui? Non potete aggirarvi per la foresta, tanto meno restare accanto a me-

- Sì, questo lo so, ma non stiamo facendo niente di male-

- Questo importa poco alle autorità-

- Già, ma questo è il mio posto che uso per riflettere e per staccarmi da quel mondo fatto di pizzi e merletti. Non mi hanno mai ripreso finora-

- Ah no?-

- No- Tom scosse le spalle con nonchalance. - E poi vi ho vista correre e inciampare per terra. Pensavo che vi foste fatta male- Bill si guardò addosso. Sì, il suo abito era un po' imbrattato, ma niente che non si potesse risolvere. Non si era neanche accorto della botta che aveva preso sinceramente, talmente era preso dai propri dispiaceri. - Quindi niente di rotto, mi sono preoccupato inutilmente- Bill sorrise timidamente, spostandosi il velo nero dietro l'orecchio.

- Siete molto gentile, ma no...sto bene- Tuttavia non si rese conto che lo stava dicendo con gli occhi ancora rossi e il viso umido di lacrime.

- Siete sicura? Non avete per niente una bella cera...è successo qualcosa in convento?-

- Queste non sono cose che siete tenuto a sapere!- Rispose un po' irritato dalla sua sfacciataggine. Non sarebbero neanche dovuti essere lì a parlare loro due!

- Va bene, scusate...certo che avete la capacità di cambiare umore in meno di niente...- In quel frangente Bill si sentì un po' in colpa. Non sapeva perché gli aveva risposto con quel tono. Forse era una tacita richiesta di andarsene perché non aveva il coraggio di dirglielo. Allora perché invece di trattarlo così male non prendeva l'iniziativa di allontanarsi? Perché nonostante sapesse di star commettendo uno degli errori più grandi rischiando tutto continuava a permanere seduto sull'erba insieme a quell'uomo?

- Vi prego di perdonarmi, è che ciò che accade all'interno del convento non può essere di dominio pubblico-

- Capisco...vi va di fare una passeggiata?-

- Una passeggiata? Con voi?-

- E con i moscerini...in questo punto ce ne sono a bizzeffe- Bill ridacchiò ponendosi una mano sulle labbra. Era troppo abituato a nascondersi per mostrarsi così sfacciatamente. - Devo prenderlo per un sì?- Si guardò attorno un'ultima volta per controllare che non ci fosse nessuno nelle sue vicinanze e poi annuì. Una passeggiata non avrebbe fatto del male a nessuno e poi non aveva alcun amico al di fuori di Christel. Tom sarebbe potuto diventarlo. Si alzarono e se ne andarono in giro per la foresta. In alcuni punti l'erba era alta e in altri riuscivi a vedere anche il minimo granello di terra. L'odore di bosco invase le loro narici e l'umidità si attaccò ai loro corpi, ma loro non la sentivano. - Sapete, questa foresta prima era spesso frequentata dai briganti. Quando ero piccolo se ne sentiva parlare spesso e più queste storie circolavano più io desideravo entrarvi un giorno. Poi è stato istituito quell'insulso divieto dal convento...però non me ne è importato niente- Bill si ritrovò a pensare che Tom fosse un tipo coraggioso. La società non scherzava con le punizioni e Dio nemmeno. Se qualcuno trasgrediva meritava il castigo, se qualcuno obbediva invece non sempre aveva il riconoscimento di aver fatto un'azione corretta. Era un'ingiustizia, ma così andava il mondo dopotutto.

- La famiglia della mia migliore amica è stata uccisa dai briganti-

- La suora che vi accompagnava l'altro giorno?- Annuì.

- Per questo lei è in convento, l'hanno adottata-

- E voi perché ci siete finita?-

- Perché mi hanno abbandonata al portone quando ero una neonata. Non ho mai conosciuto i miei genitori, non so da dove vengo...ma adesso ho un posto dove stare-

- ...è quello che volete?-

- Come?-

- Diventare monaca...è quello che desiderate?- Quella domanda non gliel'aveva mai posta anima viva, poiché a nessuno importava ciò che provava realmente. I suoi desideri non erano in cima alla lista di nessuno, non lo erano mai stati. - Con questo silenzio devo dedurre che non sia così?- Ma non era bene che una novizia intraprendesse certi discorsi.

- Mi state mettendo a disagio con queste domande, sappiatelo!- Rispose di nuovo spinosamente.

- Non siete l'unica. La maggior parte delle donne che sono rinchiuse là dentro non desiderano dedicare la propria vita a Dio, quindi potete tranquillamente ammetterlo- Il panico lo assalì repentinamente e solo in quell'istante si accorse che praticamente si stava fidando di un completo sconosciuto che voleva sapere sempre più cose sulla sua vita.

- E una volta che l'ho ammesso? Che intenzioni avete!? Io non vi conosco!- Iniziò ad arrabbiarsi sul serio.

- Neanche io conosco voi...era solo un incentivo per iniziare una conversazione...-

- Vi avevo detto di smetterla! E comunque Io non devo parlare con voi e voi non siete tenuto a rivolgermi la parola! Andatevene immediatamente!- A quel punto pure Tom iniziò ad irritarsi e si avvicinò a lui, tanto che Bill dovette sollevare lo sguardo per poterlo fissare negli occhi.

- Siete voi che state invadendo un territorio non vostro! Siete uscita dalle mura dove vi hanno rinchiusa e con questo temperamento scontroso non so dire se hanno fatto bene!- Gli occhi marroni di entrambi rimasero a fissarsi accigliati per qualche secondo. Bill non si sentiva per niente intimidito, voleva tenergli testa.

- Allora questa donna se ne torna dove l'hanno rinchiusa se dite che hanno fatto bene!- Sibilò girando successivamente i tacchi e incamminandosi per tornarsene al convento con i nervi a fior di pelle, imprecando sottovoce su quanto quell'uomo fosse sfacciato e bifolco. Tom rimase a fissarlo fino a che non scomparve dietro un albero. Poi sorrise scuotendo la testa pensando che fosse terribilmente adorabile. Sbuffò per poi voltare anche lui le spalle e tornarsene a Brema contento del pomeriggio appena trascorso. Finalmente quel qualcosa di diverso che lo aveva fatto sentire vivo almeno per un istante.

***

Bill rietrò con i nervi a fior di pelle, però solo quando chiuse la porta alle sue spalle si accorse che quello che stava provando non era più tristezza, malinconia e sconforto. Riconobbe che, anche se era nervoso, stava sentendo comunque un'emozione che stava scuotendo il suo animo senza avvilirlo. Si guardò un istante indietro, poi rivolse lo sguardo verso l'alto. E se...e se Dio in un certo senso lo avesse ascoltato? Se era Tom la salvezza della sua anima e tutto ciò che il Signore poteva dargli per farlo stare meglio? Ma perché gli stava dando una cosa che non poteva avere? Scosse la testa sospirando. No, Dio non era così buono...aveva perso la fiducia in lui da un pezzo. E poi non era il momento degli interrogativi, quel Tom non gli piaceva neanche! Doveva cercare Christel per raccontarglielo! A proposito...dov'era Christel? Nella loro stanza non c'era. Un silenzio regnava lì dentro e sinceramente a Bill non sembrava molto normale. Forse era nella cappella a pregare, però strano, non ci andava a quell'ora. Tuttavia non gli costava niente andare a controllare. Stette per uscire nuovamente quando udì il rumore di qualcosa che cadeva e sussultò.

- Christel!- Niente...silenzio. No, lui era convinto di aver sentito qualcosa, non era stata solo la sua immaginazione. Si diresse verso la porticina che portava al bagno e abbassò la maniglia senza bussare, e, per quello che vide, non seppe se aveva fatto bene o no. Rimase senza parole. Davanti a lui, seduta sulla pietra fredda, c'era la sua amica Christel. In mano aveva un coltello e il pavimento attorno a lei era pieno di sangue. - Christel...ma che cosa stai...?- La ragazza si era voltata di scatto e Bill era sobbalzato. Non aveva mai visto il suo viso così rosso e gonfio per le lacrime che stavano solcando il suo viso e parevano volergli bruciare la pelle. Bill deglutì. - Christel...- Sussurrò tentando di avvicinarsi piano per non spaventarla e per far sì che lo distinguesse nel velo che le lacrime avevano creato sui suoi occhi.

- Bill...?-

- Sì, Christel, sono io- Guardò meglio che cosa aveva combinato e non poteva crederci. Le sue braccia erano piene di tagli e alcuni di essi erano molto profondi. Cadde in ginocchio afferrandole un arto. - Oh Signore, ma perché lo stai facendo?- Chiese con un nodo alla gola sul punto di piangere.

- Bill...non capiresti- Il moro si guardò attorno cercando di vedere se poteva trovare delle bende o qualcosa per fermare l'emorragia. Non vedendo nulla alla sua portata, si tolse il velo dai capelli e lo avvolse attorno al braccio sinistro di Christel, che era quello messo peggio. Lo legò ben stretto. - Bill, lasciami in pace-

- Zitta, ti prego- Si alzò e andò a prendere una tinozza che andò a riempire con dell'acqua dal pozzo. Con quella le lavò il sangue e visualizzò bene la gravità della cosa. - Io chiamo un dottore, Christel...-

- No, Bill...ti prego, non lo fare-

- Ti sei tagliata troppo profondamente!-

- Bill!- Il moro fermò la propria frenesia. - Vai in stanza, nel mio cassetto c'è dell'ago e del filo...ho bisogno che tu mi cuci le ferite- A quella richiesta, il ragazzo impallidì.

- Cosa...?-

- Sì...ti prego...non voglio che qualcun altro lo sappia...aiutami- Bill esitò un istante ma capiva che non rimaneva molto tempo. Doveva aiutare Christel prima che potesse rimetterci lei stessa la pelle. Il sangue stava fluendo e non aveva niente per poterlo far scorrere più lentamente e così dargli modo di coagularsi. Corse dove l'amica gli aveva detto e prese l'ago e il filo, mise quest'ultimo nel piccolo foro ma le mani continuavano a tremargli. - Bill, va tutto bene...d'accordo? Stai tranquillo...-

- Mi auguro che tu dopo mi spieghi!- Infilò l'ago nel braccio, agli estremi della prima ferita e fece scorrere il filo sotto pelle per poi fare lo stesso nella parte parallela. Introdusse il filo a slalom, senza che Christel emettesse un suono di dolore. Ormai ci era abituata. Poi tirò e i lembi di pelle si unirono chiudendo la grossa ferita. Bill non lo aveva mai fatto prima e la cosa lo stava facendo a dir poco inorridire, ma avrebbe fatto di tutto per Christel. Fece la stessa cosa con gli altri tagli importanti e si occupò delle ferite più piccole utilizzando la cera delle candele, la quale le avrebbe aiutate a cicatrizzarsi presto. - Fatto...adesso me lo vuoi dire perché? Perché volevi ammazzarti?-

- Bill, ti ho detto che non avresti capito-

- Non mi dare dello stupido, qui non sono io quello che si è messo a tagliarsi le braccia-

- Ah tu mi reputi una stupida quindi?- Chiese debolmente lasciando che altre lacrime rigassero le sue guance. Bill non seppe che contestarle. Si sentiva impotente davanti a quelle lacrime. Alla fine ogni sua parola poteva potenzialmente rovinare Christel e la sua mente turbata. Così la abbracciò lasciando che sfogasse il proprio pianto senza più trattenersi e così l'amica fece, singhiozzando pesantemente sulla sua spalla mentre Bill le accarezzava la schiena. Christel aveva sempre avuto queste tendenze suicide proprio per la vita alla quale era stata condannata. Non poteva rischiare con la sua boccaccia di staccare quel sottile filo che ancora la teneva appesa ad essa, appesa a lui.

***

Si recarono a cena insieme alle altre compagne. Ognuna di loro aveva la sua razione predefinita di cibo. Era un limite che non potevano superare anche se Bill sapeva che in un certo senso, anche sotto quel punto di vista, era trattato in maniera "speciale". Lui doveva mangiare meno delle altre, così da far restringere lo stomaco e restare magro, scarno, pelle e ossa. Erano ordini della Suora Madre e perciò Suor Delia gli dava una razione minore. L'aveva pregata diverse volte di dargli di più perché aveva fame, ma lei era irremovibile davanti a quelle insulse restrizioni. Bill infatti cresceva più indebolito e non era raro che delle volte avesse dei mancamenti, anche perché non gli era permesso dormire delle ore in più rispetto alle sue compagne. Christel era accanto a lui e ogni tanto cercava di allungargli qualche pezzo di pane in più da sotto il tavolo, ma una sentinella passava insistentemente attorno al tavolo e controllava che mangiassero tutte in silenzio, che pregassero per bene prima di consumare il pasto e soprattutto che non si prestassero niente, men che meno a Bill, il quale notava delle occhiate di compassione da parte di alcune delle sue compagne che vedevano queste regole come insulse e dannose per la sua salute. Tuttavia, dopo un'ultima preghiera serale, Bill e Christel si ritirarono nella propria stanza. Il moro si sedette sulla sedia, davanti allo specchio, e si mise a pettinare la propria distesa corvina con calma, districando bene i nodi e pulendola così da quella giornata. Christel invece si era addormentata quasi subito, non accennando neanche una parola. Bill era enormemente preoccupato e si sentiva inutile. Era il suo migliore amico e non era in grado di farla stare bene abbastanza per vivere meglio. Appoggiò la spazzola sul ripiano e se ne andò a letto, spegnendo il fuoco della lampadina ad olio. Si pose un braccio sugli occhi tentando di trovare il sonno il prima possibile. Provò a pensare a qualcosa di bello...ed improvvisamente gli venne in mente il viso di quell'uomo, di quel Tom. Lo aveva fatto arrabbiare parecchio, asserendo che una con il suo carattere avrebbe dovuto rimanere davvero rinchiusa dentro quel convento e poi...aveva osato chiederle se era ciò che desiderava veramente mettendo in dubbio tutta la sua vita! Ridacchiò ripensandoci. La sua mente era così confusa ma quel battibecco era stato capace di farlo sentire vivo una volta nella sua vita, di farlo sentire normale e libero. Era da tempo che non discuteva con nessuno in quel modo...aveva percepito come se fosse ancora piccolo, bambino. La rabbia ormai era scemata via da un pezzo, adesso aveva il cuore molto più leggero. Con questo pensiero, scivolò in una sorta di dormiveglia. La stanchezza si stava impadronendo piano del suo corpo, come una coperta che lo copriva dai piedi alla testa lentamente, ma una sensazione tutto d'un tratto impedì a Morfeo di prenderlo completamente. Qualcosa di caldo, morbido e umido che premeva sulla sua bocca, un sentire nuovo, strano, inusuale e...sbagliato. Sussultò e scattò in piedi. Davanti a lui, il viso di Christel. Accese immediatamente la lampada ad olio con il respiro ansimante e subito dopo si sfiorò le labbra con la punta delle dita mentre guardava la sua migliore amica con occhi spaventati. Cos'era quello? Lo aveva appena...?

- Bill, tranquillo...-

- Tu...tu mi hai...mentre dormivo!- Christel al contrario suo pareva tranquilla, come se fosse sotto uno strano incantesimo. I suoi occhi di ghiaccio erano vitrei, inquietanti e il rosso delle sue occhiaie...pareva che non avesse dormito da giorni o che avesse pianto per ore.

- Mi dispiace...è che tu...- Allungò una mano sfiorandogli delicatamente una ciocca nera. Bill si ritrasse leggermente, ancora turbato. - ...sei così...femminile- Gli poggiò il palmo sul viso accarezzando la sua pelle morbida, bianca e fredda. - Ed io...credevo che mi sarei sentita meno in colpa a baciarti...sapendo che tu in realtà...non sei una donna- Il moro assottigliò gli occhi, confuso. Che diamine stava dicendo? Era impazzita, forse? Il suicidio le aveva bruciato il cervello? Aveva tagliato le sue braccia così in profondità che il sangue non le arrivava alla testa?

- Cosa..?- Chiese con un fil di voce, rubata dal turbamento.

- Quello era un bacio, Bill...ed io...sono attratta dalle donne- Il moro sgranò gli occhi a quella frase. La bionda era consapevole di avergli aperto un nuovo mondo confessandogli e soprattutto facendogli una cosa del genere. Bill non aveva mai conosciuto niente che riguardasse la sessualità e un bacio sulle labbra lo aveva catapultato in una nuova dimensione di domande senza risposta. Inoltre si chiedeva se potesse essere possibile che a Christel, una ragazza, potessero piacere altre donne. Gli stava scoppiando la testa.

- Dalle...dalle donne?- La conferma arrivò quando la vide annuire. - E...e come fai a saperlo? Voglio dire...perché?-

- Non c'è un motivo, solo...è da tempo che lo so e...so che è sbagliato, profondamente. Non sono riuscita neanche a confessarlo al parroco, talmente mi vergogno di questo mio peccato. Penso alle donne, penso...alla loro bellezza, alla loro nudità, al fatto che...che vorrei poter amarne una per tutta la mia vita- Dal turbamento, Bill stava provando una sorta di compassione, la quale cresceva sempre di più ad ogni parola di Christel. Lei invece teneva lo sguardo basso, vergognosa, come se fosse nuda davanti a lui. Il moro non se la sentiva di giudicarla perché anche lui sentiva di avere il suo peccato, di non poter scagliare la propria pietra su di lei. Non lo avrebbe fatto per niente al mondo, perché Christel era la sua migliore amica e, anche se le avesse confessato un omicidio, non l'avrebbe mai tradita. Credeva che lei fosse una brava persona e che si meritasse di essere ascoltata.

- Quindi...è per questo che stai così male?- Christel assentì nuovamente.

- Ma non solo...io...credo...di essermi innamorata- Bill si mise in ginocchio sul materasso, improvvisamente preso dalla questione. Sorrise e le sue guance divennero rosse. Era così eccitato quando si parlava d'amore, visto e considerato che gli era stato proibito pure quello. Adesso voleva sapere che cosa si provava quando si era innamorati.

- Chi è?-

- Cosa?- Lei invece era profondamente stupita dal fatto che l'amico non l'avesse ancora cacciata via dalla stanza.

- Lei...chi è lei?- Le appoggiò una mano sulla spalla, come segno di supporto e comprensione. Christel non doveva avere timore di parlare con lui, mai. Poteva dirgli tutto, qualsiasi cosa le passasse per la mente. Voleva essere la sua libertà.

- Ecco...lei...è Änne- Bill spalancò la bocca, non aspettandoselo minimamente, ma quell'espressione di sorpresa si trasformò presto in un sorriso sincero. - Lei è bellissima. E' l'unica diversa qui tra noi a causa della sua carnagione, poi non parla mai...sta sempre sulle sue, ma tutte le volte che la vedo...vorrei solamente andare lì, prenderla e baciarla, ma...-

- Ma sai che verreste punite e chiuse nelle celle...sì, molto probabilmente-

- Esatto, e perciò non vorrei metterla in pericolo. Ciò che provo per lei potrebbe farle del male...ed io non voglio che lei soffra più di quanto non abbia già sofferto-

- Che le è successo? Tu lo sai?- Christel annuì.

- Änne...era la concubina di un uomo quando era bambina, un omaccio che trafficava con le donne e le bambine. Erano tutte prigioniere della guerra russo-turca...e lei...successivamente è stata venduta ad un uomo, ma questo la violentava...tutte le notti- Bill sgranò gli occhi...ma...cosa?

- Dio...- Aveva appena infranto il secondo comandamento, ma non ci aveva neanche pensato.

- E' perfino rimasta incinta che aveva solo 11 anni...e quando lo scoprì tentò in tutti i modi di fuggire...arrivò ad una stazione...era disperata. Prese un treno saltandoci dentro e quando il capotreno se ne accorse, la spinse giù con una forza inaudita...in quella caduta perse il bambino...- Era una storia orribile. Bill sentiva i brividi scorrergli per la schiena e il senso di colpa montargli su per il petto. Non aveva mai degnato Änne di una parola, credendo che non avesse niente da dire, ma invece aveva un passato dietro sul quale avrebbe potuto scriverci un libro. Lo avrebbe letto volentieri. - Dopodiché, si mise a chiedere l'elemosina nascondendosi da quell'uomo che la cercava in lungo e in largo...racimolò abbastanza per permettersi un biglietto del treno e arrivò a Brema dopo giorni e giorni di lungo viaggio. Trovò rifugio in questo convento...io avevo già 15 anni...e tu...ne avevi 11 come lei, se ricordi. Quando la guardo...provo dentro di me il desiderio di proteggerla, di starle accanto e farla sentire al sicuro, perché io vedo ancora la paura nei suoi occhi...-

- Ed io la vedo nei tuoi- Christel alzò gli occhi su di lui, lentamente. Bill sospirò accarezzandole una guancia. - Ti perdono per avermi baciato a tradimento...e prometto che farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarti a dimenticare questo dolore- Sì, quella era la parola adatta, "dimenticare". Dimenticare perché Christel non poteva permettersi questo amore, così come Bill non poteva permettersi di provare alcun tipo di sentimento per nessuno, neanche e soprattutto per quell'uomo che quel giorno lo aveva fatto tanto arrabbiare.

***

Bill aveva creduto giusto lasciare un po' di tempo a Christel da sola, siccome era stata lei a chiederglielo, dopo avergli giurato milioni di volte che non aveva motivo di preoccuparsi, che non si sarebbe messa a giocare nuovamente con le lame. Perciò aveva preso il suo libro preferito ed era uscito dal convento, così da poterlo andare a leggere vicino al fiume. Era sempre super rilassante la lettura, anche se gli era proibito esagerare in quanto gli apriva la mente. Forse era proprio grazie a qualche sera fa era stata in grado di comprendere al meglio Christel, senza rifiutarla, né lei né i suoi sentimenti nei confronti di Änne. A proposito di lei, aveva cominciato a parlarle di più e non aveva potuto immaginare che fosse così gentile e disposta. Certo, un po' timida, ma alla fin fine intrattenere un dialogo con lei non si era rivelato nulla di strano o imbarazzante. Bill la guardava sempre con un sorriso dipinto sul volto perché sapeva che Änne era l'oggetto del desiderio di una persona fantastica, della sua Christel, e non si rendeva conto di quanto fosse fortunata. Si era pure complimentato con lei per i suoi capelli ricci. Erano bellissimi e rari. Nessuna in convento li aveva come lei, era convinto che Tom sarebbe impazzito se li avesse visti. Aspetta...ma come mai stava pensando a lui?

- Buongiorno- Sussultò e alzò lo sguardo dalle pagine. In piedi, stava esattamente Tom, che lo osservava con un sorrisino di scherno e cercava di sbirciare tra quelle lettere per comprendere che cosa stava leggendo, ma Bill chiuse subito il libro stringendolo al petto con riservatezza.

- Di nuovo voi?-

- Di nuovo io...posso?- Bill voltò lo sguardo senza accennare una risposta. In fondo ce l'aveva ancora un po' con lui per quello che gli aveva detto. - Va bene, devo dedurre che non sono una presenza gradita-

- No, non lo siete! Credete per caso che mi sia dimenticata di come mi avete trattata l'altro giorno? Siete stato a dir poco irrispettoso, dovreste vergognarvi- Tom ridacchiò sotto i baffi di quel modo di atteggiarsi, come se fosse un pezzo di cristallo che nessuno doveva avere l'ardire di toccare. In effetti...non era un cristallo, ma proprio un diamante. Tom pensava che il suo viso possedesse una bellezza fuori dal comune, davvero, e quando si indispettiva era...irresistibile. - Che cosa avete da ridere?-

- Vi prego di perdonarmi, ma non sono il tipo che si vergogna...-

- Lo avevo capito...-

- ...al contrario di voi- Prima che Bill potesse ribattere, si accorse che forse era meglio smetterla di battibeccare perché Tom non diceva altro che la verità. Lui era una persona che si vergognava facilmente e se ne accorse perché ancora, nonostante tutto, aveva quel dannato libro appiccicato al petto. - Che cosa state leggendo?-

- E' il mio libro preferito- Glielo passò senza neanche guardarlo negli occhi. Tom lo prese e si sedette accanto a lui, così da studiarlo con calma.

- "Der scharlachrote Buchstabe"...sì, l'ho sentito nominare. Ma libri del genere non dovrebbero essere proibiti dentro un convento? In fondo...è una storia d'amore, un adulterio se non erro-

- Ma infatti lo tengo nascosto sotto il cuscino. Christel me lo ha comprato un giorno in libreria...e comunque l'adulterio non è stato punito neanche da Gesù-

- Sì, conosco quel passo: "chi non ha peccato, scagli la prima pietra". Cosa ne pensate?- Quella domanda lo sorprese parecchio visto che nessuno gli aveva mai chiesto di interpretare le Sacre Scritture, siccome erano dogmi, che così erano e così dovevano essere presi. Non era permesso esprimere un proprio pensiero al riguardo, soprattutto se questo era per metterle in dubbio.

- Io...che cosa ne penso io?- Tom sorrise.

- Sì, sto parlando con voi- E Bill pensò che non aveva mai visto un sorriso più bello, esattamente come la seconda volta che si erano rivisti. Arrossì parecchio e, appena se ne rese conto, chinò lo sguardo in modo che il velo nero gli coprisse un po' di viso.

- Io...penso che...tutti noi siamo esseri umani e possiamo commettere degli errori. Punire quella donna con la lapidazione era esagerato, però credo anche che costringere un uomo ad uccidere il proprio figlio per provare la propria esistenza lo sia- Si stava riferendo naturalmente all'episodio della Genesi dove Dio chiedeva ad Abramo di sacrificare il proprio figlio Isacco per mettere alla prova la sua fede. - Solo che se lo dicessi in convento, nessuno mi starebbe ad ascoltare o mi beccherei una bella ramanzina. Lì dentro non è permesso dire niente- E il suo sguardo si perse nel vuoto, come un Leopardi con il suo Infinito. Si stava chiedendo cosa c'era al di là della siepe, se c'era veramente qualcuno disposto ad ascoltarlo. Poi però si accorse che gli bastava voltare lo sguardo e capire che sì, era la persona seduta accanto a lui.

- Io penso che abbiate ragione, invece-

- Lo credete davvero?-

- Sì...è un peccato che non possiate esprimervi come meglio credete. Sareste capace di cambiare il futuro di una nazione, o chissà, del Mondo- Bill scattò subito a quella frase.

- Voi pensate!?- Chiese improvvisamente eccitato. Tom rimase un secondo immobile ad ammirare quelle perle che aveva al posto dei denti, le pieghe del suo viso quando sorrideva e i suoi occhi prendere finalmente un colore brillante. Wow...

- Sì, però...intanto potete mangiare questi- Da dietro di sé afferrò una scatola che gli porse. - Ci vuole energia per cambiare il Mondo. Sono dei dolcetti. Li avevo portati nella speranza di incontrarvi e di poterveli offrire come segno di pace e di scuse per le parole dell'altro giorno- La pancia di Bill brontolò proprio in quel momento alla parola "dolcetti" e Tom se ne accorse, tanto che ridacchiò. Bill invece divenne rosso come un pomodoro. Non era colpa sua se non gli davano mai niente da mangiare! E proprio perché si ricordava di quella regola ferrea decise di dover declinare l'offerta.

- Non posso accettare-

- Come mai?-

- Perché...noi suore abbiamo una razione rigida di cibo al giorno da rispettare, il che significa che non mi posso permettere neanche un boccone in più...posso solo rinunciare- Tom poteva vedere la tristezza nei suoi occhi e sentire che il suo stomaco continuava a fare rumore, occultato in vano dalle mani di Bill che vi premevano sopra convinte di farlo tacere.

- Ma se ne mangiate uno non farete del male a nessuno, anzi, farete un piacere a me- Bill lo guardava ancora titubante. - E poi...non importa che lo raccontiate-

- Voi mi state tentando...vi potrebbero punire per questo-

- Che sia- Rispose fissandolo dritto negli occhi, senza paura e questo fece venire un tuffo al cuore di Bill, che d'un tratto avvertiva delle caldane assurde. Che cosa stava succedendo? Perché si sentiva così strano?

- Va bene...però solamente uno- Aprì il pacco e vide che c'era un assortimento. Non avendo mai mangiato niente di così elaborato, non sapeva quale scegliere e perciò ne prese uno a caso, quello che gli sembrava più adorabile. Lo pigiò un po' tra due dita constatando che era morbido e leggermente appiccicaticcio per via dello zucchero sciolto. Lo morse piano sotto lo sguardo di Tom, che stava solamente aspettando un verdetto. Era un bignè alla crema e Bill stava per svenire letteralmente dalla bontà. Non poté non contenere un gemito di apprezzamento, il quale gli venne spontaneo senza che neanche se ne accorgesse. Era un paradiso. - E' la cosa più buona che abbia mai mangiato-

- Beh, allora prendeteli. Sono tutti vostri-

- No, avevo detto solo uno!-

- Dai...avete fame, dovete mangiare- Inutile dire che Bill cedette dopo neanche due secondi di sguardi, convinto che il mangiare avrebbe occultato il rossore alle guance. Quei bignè erano di gusti diversi: c'erano quelli al cioccolato, al pistacchio e panna. Ne rimase poi uno e quando lo prese tra le dita, alzò gli occhi verso Tom, che nel frattempo stava leggendo il suo libro in silenzio senza disturbarlo.

- Ehm...ne volete uno?- Glielo passò. Tom si distrasse dalla lettura e gli sorrise.

- No, li ho portati per voi. Io posso mangiarne quanti ne voglio quando voglio. E' un regalo-

- Allora...io vi posso regalare il mio libro, in fondo so la storia a memoria-

- Cosa!? No, è troppo...è l'unica cosa che potete utilizzare per intrattenervi...-

- No! Non è vero, io...io gioco anche a dama!-

- Davvero? Sapete come si fa?- Bill annuì energicamente, sembrando così piccolo agli occhi di Tom. Si emozionava per così poco ed era veramente una boccata di aria fresca per lui. - Comunque non posso. I miei dolcetti non sono comparabili al vostro libro-

- Invece sì. Credetemi. Se vi piace...potete tenerlo-

- Siete sicura?- Il moro assentì con un calmo sorriso sul volto. - Allora...allora vi ringrazio- Rimasero per qualche secondo in silenzio, con le guance rosse senza sapere che dirsi. In fondo si erano appena scambiati dei regali a vicenda e non avevano iniziato a discutere. Questa poteva essere una cosa positiva, no? Allora perché Bill non riusciva a percepire altro che disagio?

- Ehm...come va il vostro salone?-

- Va. I clienti vengono sempre-

- E...con la vostra fidanzata?- Tom alzò un sopracciglio.

- Fidanzata?-

- Sì...Heidi...- Il ragazzo buttò una risatina.

- No, lei non è la mia fidanzata. E' una donna che...beh, se te lo dico non lo raccontare in giro- Bill dette la propria parola. - Lei è figlia del generale Klum, il quale ovviamente vuole il meglio per lei. E' innamorata di me e tenta di convincermi a sposarla solo che io...io non sono innamorato di lei, non ricambio i suoi sentimenti. Lei sembra non capirlo e continua a venire al salone pretendendo un mio sì-

- Ma...a voi converrebbe sposarla-

- E' vero e lo farei...se l'amassi- Bill ci rimase di quelle risposte. Pensava che le persone del grado sociale di Tom e non fossero disposte a sacrificare la propria vita coniugale per migliorare la propria condizione e posizione. Invece gli stava dicendo che si sarebbe sposato solo per amore. - Alla fine conosco più i suoi capelli che lei...però non conosco i vostri. Voi come li avete?- Non poteva vederglieli a causa del velo, in quanto pure il capello di una donna poteva essere facilmente sessualizzato da parte di un uomo. I capelli lunghi rendevano una ragazza più attraente a detta della società.

- E' una domanda da parrucchiere?- Chiese ridendo.

- No, è una domanda da uomo. Mi piacerebbe saperlo- Quella risposta lo destabilizzò e il sorriso gli si cancellò lentamente dal volto. Una domanda da uomo. Che cosa avrebbe dovuto rispondere ad un uomo? Non avrebbe neanche dovuto parlare con un uomo! Fortunatamente il suono della campana lo salvò appena in tempo. Balzò immediatamente in piedi. - Ehi, dove andate?-

- Io...devo tornare! Vi ringrazio enormemente per i dolci, sono stati buonissimi, tenete il libro e fatemi sapere se vi è piaciuto!- E detto questo, se ne scappò via. Con quelle ultime parole aveva fatto intendere a Tom che non sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti. Ci teneva davvero a sapere il suo parere su quel libro e su quella proibita storia d'amore. Glielo avrebbe fatto sapere molto presto.

*** 

Quella notte sembrava tutto tranquillo. Christel però non riusciva a dormire. C'era questo pensiero che l'attanagliava. Si sentiva calda, eccitata...aveva una voglia incredibile di...delle cose proibite che sapeva di non poter fare. Ma c'era qualcosa di più...il desiderio di rischiare, poiché sentiva che non aveva più niente da perdere.

- Christel, che ci fai qui?- Änne era veramente adorabile, come sempre, con quella vocina dolce e delicata, timida e nascosta.

- Ho bisogno di parlarti- Mormorò fissandola dritta negli occhi. Änne si affacciò un poco guardandosi attorno. No, non c'era nessuno. La fece sgattaiolare dentro. Fortunatamente dormiva da sola perché se avesse avuto una compagna sarebbe stata costretta a cacciarla via. Chiuse in fretta la porta.

- Che cosa devi dirmi? Christel, è notte fon...- Non ci fu tempo per reagire. Le labbra della ragazza si posarono subito sulle sue spingendola con la schiena al muro. Änne chiuse gli occhi lasciando un sospirò quasi appagato uscire dalle sue narici. Tuttavia sapeva di star sbagliando...che Christel non era il suo rifugio, non poteva esserlo. Aveva subito le peggiori violenze e aggrapparsi a lei era deleterio per entrambe. Quel bacio era la conferma del suo errore. - Christel...no- La staccò piano da sé. - Ti prego, esci immediatamente...se ci sentissero...- La mano candida della bionda si posò sulla sua guancia creando un piacevole contrasto con la sua pelle.

- Non devi avere paura...non voglio che tu debba soffrire come in passato- Appoggiò la fronte alla sua e i loro respiri si mischiarono. - Io ti prego invece di darmi un'occasione-

- Sarebbe troppo rischioso, Christel...!- La bionda iniziò a farsi capire quando gli dette il primo bacio sul collo, qualcosa che fece rabbrividire Änne di un insolito piacere. - Per favore...esci...- Ma lei non smise perché sentiva che in fondo quelle erano le parole che la sua testa gli dettava, ma il cuore e il suo corpo la pensavano totalmente in maniera diversa. Christel passò una mano sul bottone della sua vestaglia e lo sganciò in meno di un secondo, e lo stesso fece con gli altri, fino a che non introdusse una mano sfiorando un seno di Änne, la quale sussultò. - Chris...tel...- Gemette, gettandosi alla ricerca della sua bocca. Desiderava le sue labbra, adesso! La bionda non attese a dargliele mentre anche lei si spogliava frettolosamente, respirando affannosamente sulle sue labbra. Caddero ormai completamente nude sul letto, una attaccata al corpo dell'altra, sfregandosi nei movimenti, gemendo e non staccando mai le labbra. Christel allungò una mano sciogliendo i capelli di Änne, i quali gli ricaddero vaporosi e scombinati sulle spalle.

- Sei bellissima- Sussurrò ammirandola in tutto e per tutto, accarezzandole il viso con le nocche, passandole poi un dito sulle labbra carnose. - Dimmi che mi vuoi-

- Ti voglio- Sorrisero riprendendo a baciarsi delicatamente, esplorando reciprocamente i loro corpi con le mani. Christel ad un certo punto si staccò e iniziò a scendere sempre di più fino a che non scomparì sotto le coperte. Poco dopo, Änne avvertì un enorme sensazione di piacere alle sue parti intime e non poté trattenere un gemito, che represse con una mano. Il suo respiro divenne ansimante e con una mano artigliò le coperte, con l'altra il cuscino. Si prese il labbro tra i denti, imponendosi di trattenere i prossimi versi. Se qualcuno le avesse sentite, sarebbero state bruciate al rogo. Eppure adesso Änne si sentiva bruciare in un altro senso e il suo cuore batteva all'impazzata. Nessuno l'aveva mai presa in quel modo, con quella possessione e dolcezza mischiati insieme. Nessuno le aveva mai detto che non desiderava la sua sofferenza...nessuno le aveva mai detto di ammettere espressamente quel "lo voglio". Christel...la sua Christel.

- Ti piace?- La sentì sussurrare e annuì, sperando che la vedesse perché non riusciva a parlare. Quando riprese, solo pochi secondi mancavano all'orgasmo. Änne venne nel giro di poco prendendo la testa di Christel tra le mani e inarcando la schiena. La bionda le lasciò un ultimo bacio, succhiando leggermente, approfittando quindi della sua super sensibilità, prima di uscire dalle coperte.

- Anche io ti voglio- Ansimò con le labbra umide dei suoi umori. Änne annuì, come se avesse recepito il messaggio e fece scendere una mano alle parti intime di Christel, iniziando a stimolarle piano con le dita. Solo in quel momento Christel sentì di aver completamente dimenticato il proprio dolore e la propria depressione. Desiderava che qualcuno potesse aiutarla a sfogarsi e Änne era la persona perfetta. Non voleva approfittarsi di lei, no...non avrebbe mai potuto farlo perché lei l'amava sinceramente. Voleva prendersi cura della sua piccola anima. Anche lei venne mentre la baciava, senza pensarci, senza accorgersene. Semplicemente era accaduto e, guardandosi negli occhi, sapevano entrambe che non sarebbe stata l'ultima volta.

***

- E insomma...questo è quello che ho fatto oggi- Finì di raccontare, sempre a sedere su quel prato morbido e accogliente. Tom lo aveva ascoltato pazientemente, come sempre. Si era interessato della sua giornata e si erano raccontati un bel po' di cose sulle loro vite per conoscersi meglio. Bill adorava parlare con Tom. Sentiva che era l'unica persona con la quale potesse sentirsi totalmente libero di esprimersi come più gli piaceva. Tuttavia non poteva prendere con lui la confidenza che voleva visto che non gli era permesso di chiedergli di dargli del "tu", ma dovevano mantenere quel "voi" di cortesia, giusto per precisare ogni volta che tra loro due c'era un muro immaginario che in qualsiasi modo li teneva lontani.

- Siete così oppressa...-

- Già. D'altronde faccio sempre le solite cose da che ho memoria. Prego, leggo, mangio e dormo. La mia vita è questa, non ho doveri importanti o qualcosa per cui dare tutta me stessa...capite? Delle volte vorrei avere un obiettivo che mi faccia sentire orgogliosa della persona che sono- Erano delle parole importanti per una ragazzina di 14 anni, pensò Tom, che comunque vedeva lei come una donna ormai, nonostante la sua giovane età. E poi tra loro due c'era una bella differenza, 10 anni, però questo non sembrava essere un problema quando stavano insieme.

- Dovreste divertirvi di più-

- Sì...può darsi-

- Venite con me- Si alzò e gli tese una mano.

- Dove?- Chiese afferrandogliela e ponendosi in piedi. Tom non rispose e indietreggiò conducendolo nell'acqua gelida. Bill mise dentro le scarpe senza esitazione ma stava per scivolare e si tenne ancora più stretto a Tom.

- State attenta! C'è il muschio sulle rocce perciò fate bene attenzione a dove mettete i piedi-

- Ma...che genere di divertimento sarebbe questo?- Domandò ridendo.

- Non lo so...ma la vostra risata mi fa credere di aver trovato qualcosa di buono- Si addentrarono ancora di più nell'acqua, che comunque non era molto alta, arrivava alle loro ginocchia.

- E'...gelida!- Ma questo non era importante. L'acqua che lo accarezzava era una sensazione unica. - Mi ammazzeranno quando tornerò in convento così- E continuava a ridere. Questa era la cosa che contava davvero. Tom rimase ipnotizzato dal suono della sua risata...era ciò che sperava di provocare tutte le volte. Tuttavia una schizzata improvvisa lo svegliò da certi scabrosi pensieri.

- Ehi!- E Bill scoppiò a ridere ancora più forte, sentendosi libero, completamente. Tom ricambiò la schizzata, mezzandogli il velo. Cominciò da lì una battaglia di schizzi e risate. Stavano giocando come due bambini e non sentivano per niente freddo. Bill volle spingerlo nell'acqua in un impeto di felicità e scherzo, ma quando ci riuscì, il muschio sulle rocce gli giocò un altro tiro mancino. Gli cadde addosso e finirono entrambi nell'acqua.

- Oh cielo...perdonatemi- Ma appena alzò gli occhi sui suoi si bloccò. Nessuno lo aveva mai guardato così intensamente. Il respiro gli divenne corto e la gola si seccò improvvisamente. - ...perdonatemi- Sentiva un dolore allo stomaco, della nausea, la quale aumentò quando la mano grande di Tom gli si poggiò sul viso, accarezzandoglielo piano con il pollice. Il dito poi giunse alle sue labbra, sfiorandole. Bill non riusciva a reagire. Chiuse semplicemente gli occhi lasciandosi andare, godendosi quel tocco gentile. Sospirò non appena percepì qualcosa di morbido sulle sue labbra e la barba di Tom pungere un po' il suo viso. Il suo respiro caldo e le sue braccia che lo avvolgevano regalandogli una sicurezza e un calore che mai aveva provato. Il cuore si era arrestato per poi riprendere a battere più veloce. Ma non appena percepì la sua mano tirare piano il suo velo sfilandoglielo leggermente, il campanello di allarme si azionò nella sua mente e realizzò cosa stava succedendo. Si tirò indietro cadendo nell'acqua. Si gettò fuori dal fiume, inciampando a terra nell'intento di fuggire. Le sue labbra...avevano appena toccato quelle di un uomo! Lui...lo aveva baciato.   

   
 
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