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Autore: ChrisAndreini    04/10/2021    2 recensioni
Leonardo non è mai stato un tipo molto ambizioso. Certo, ha i suoi sogni e le sue speranze e le sue passioni, ma di certo non ha mai pensato che un giorno sarebbe finito in un universo parallelo a lottare per salvarsi la vita in mezzo a principi, cavalieri, spie di città nemiche e disapprovazione dei nobili e paesani.
Ma oh, uno deve sopravvivere come può, e se diventare il cuoco reale potrà allungargli la vita di qualche giorno, vale la pena ricevere occhiatacce.
Dopotutto, la via più veloce per il cuore di qualcuno passa per il suo stomaco, giusto?
Non che Leonardo, dichiaratamente omosessuale, abbia intenzione di fare stragi di cuore, sia mai!
Genere: Fantasy, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Sono traumatizzato a vita!!

Erano passati alcuni giorni da quando Leo aveva cucinato i Rainbow Cookies, e il principe era scappato al tempio.

Grazie al cielo quando era tornato non l’aveva fatto uccidere o imprigionare, quindi, anche se Leo non aveva la più pallida idea di cosa fosse successo, lo considerava un buon risultato, e la sua vita a palazzo era continuata immutata.

…beh, non proprio immutata.

Perché le cose iniziavano ad andare decisamente meglio. Con le cuoche i rapporti andavano sempre più alla grande, e stava imparando un sacco. Lionel aveva iniziato a lasciarlo in pace da quando Alex era la sua guardia personale, e le lezioni di Persian cominciavano a dare i loro frutti, rendendo Leo anche più apprezzato dalla famiglia reale.

Apprezzato era anche stato quando aveva colto l’occasione per cucinare la pasta fresca italiana, e la regina l’aveva davvero apprezzata e aveva ordinato di tenere lezioni private con tutte le cuoche così che potessero replicarla e renderla un’abitudine.

Leo non vedeva l’ora di perfezionare la ricetta degli gnocchi per introdurre il giovedì gnocchi a palazzo reale.

Sarebbe stato esilarante!

Insomma, la vita a palazzo, dopo le iniziali difficoltà, iniziava ad andare piuttosto bene, nonostante la mancanza di sua madre e sua sorella iniziasse a farsi sentire. Ma non poteva cambiare la sua situazione, quindi era meglio abituarsi e accettare i miglioramenti che giungevano nella sua direzione.

E un enorme, incredibile miglioramento giunse quella mattina, appena svegliato nel suo giaciglio fatto con una sola coperta al quale iniziava ad abituarsi.

Perché neanche il tempo di finire di vestirsi, che la porta del dormitorio si aprì, facendo entrare Chevel.

Non lo vedeva da un po’, dato che ora era Alex a scortarlo sempre in giro, e francamente avrebbe preferito non vederlo ancora a lungo.

-Ispezione delle camerate a sorpresa!- annunciò il capo dei cavalieri. Lionel, Alex e Prankit si misero immediatamente sull’attenti, davanti ai letti, come in un campo militare.

Leo fu molto più lento. Dopotutto non era un cavaliere, ma un cuoco. Probabilmente quell’ispezione aveva poco a che fare con lui.

Chevel cominciò da Alex, e Leo le fece un discreto cenno di incoraggiamento, che lei colse e a cui rispose con un leggerissimo sorriso quasi impercettibile.

Il rapporto tra i due era migliorato parecchio da quando avevano iniziato a passare ogni momento insieme.

-Letto impeccabile, comodino ordinato, vestiti a posto… fai vedere la spada- Chevel incoraggiò la ragazza a mostrare l’arma in dotazione, e Alex eseguì con movimenti molto precisi.

-Bene, perfettamente affilata. Ottimo punteggio- Chevel le fece un cenno di approvazione, e lei rispose con un inchino medio.

Poi Chevel passò a Lionel, che stava lanciando a Leo occhiate affilate, come se quella visita a sorpresa potesse essere colpa sua.

Ma Leo non si era lamentato con nessuno. E poi Alex gli aveva detto che già altre camerate erano state visitate, negli ultimi giorni. Non erano certo un caso isolato.

-Armatura e spada sono a posto, il letto è fatto malissimo! Rifallo immediatamente- Chevel indicò l’ammasso di coperte sopra i due materassi, ma non disse molte parole, prima di passare a Prankit.

-Non ci siamo! Sembra che ti sia appena svegliato! Corri immediatamente a prepararti meglio, rifai il letto, e leva tutta quella roba in giro!- Chevel iniziò a rimproverare Prankit, con tono autoritario e una certa veemenza.

Leo era sempre più convinto che con lui fosse quasi gentile, perché era davvero minaccioso quando riprendeva i suoi sottoposti.

Ma dato che Prankit se lo meritava, Leo sogghignò sotto i baffi, soddisfatto dalla strigliata.

Ma aveva riso troppo presto.

-Passando al cuoco…- infatti Chevel aveva deciso di includerlo nell’ispezione nonostante non fosse un cavaliere, e francamente Leo non credeva che sarebbe passato, dato che gli mancava la materia prima per fare un letto.

Era vestito bene, almeno.

-Il vestiario di un cuoco non è di mia competenza ma spero che…- Chevel si interruppe non appena notò il letto alle spalle di Leo.

-È uno scherzo, per caso?- chiese irritato al ragazzo davanti a lui, come se gli stesse facendo perdere tempo di proposito.

-Cosa?- Leo piegò la testa, confuso -Ho rifatto il letto al meglio che potevo- provò a giustificarsi, dubitando fortemente che Chevel avrebbe commentato l’assenza di materia prima.

Sicuramente avrebbe gongolato non poco a vederlo così in difficoltà.

Rimase stupito quando Chevel si girò verso i suoi cavalieri.

-Qualcuno vorrebbe gentilmente spiegarmi…- iniziò a chiedere, con voce fredda e minacciosa -…perché, in nome di Jahlee, il cuoco non ha né un materasso né un cuscino?!- concluse poi, indicando il letto, e notando il doppio materasso in quello di Lionel.

Lionel sobbalzò parecchio in difficoltà… per un momento.

Si fece subito rilassato, e alzò le mani come se non lo sapesse neanche lui.

-Il primo giorno il mio caro amico Leo ha sentito che avevo problemi alla schiena e mi ha offerto il materasso. Ho provato ad insistere per lasciarglielo, ma era così deciso. Non mi sono potuto rifiutare- mentì, così spudoratamente che Leo dovette far fronte a tutti il suo scarsissimo autocontrollo per non mettersi a ridere. Era la storia più assurda che potesse inventarsi, e vedendolo così piccolo e a disagio davanti al possente Chevel, Leo si chiese come fosse possibile trovare Lionel così spaventoso.

…certo, togliendo Chevel dall’equazione, e mettendo Lionel in relazione con Leo, Leo era praticamente una formica davanti a un leone, ma dettagli!

-Mi meraviglio di te, sir Vinterberg, un cavaliere della guardia reale, appartenente alla tua famiglia, che accetta un materasso in più da un cuoco di Lumai perché ha dolori alla schiena? Dove credi di essere, recluta?! Nel tuo castello, servito e riverito dai domestici?! Qui al palazzo reale non c’è spazio per i mal di schiena. E se devi togliere un materasso ad una persona per dormire, allora non sei abbastanza per questa guardia reale! Quando ero recluta io dall’alba al tramonto facevo esercizi per tonificare i muscoli, senza fermarmi un secondo. E tu prendi il materasso di un cuoco perché hai mal di schiena?! E tu, Prankit? Prendi il cuscino perché soffri di cervicale? Ma che siete, voi? Come pensate di affrontare gli antimonarchici o gli eserciti dei regni vicini?! Eh?- Chevel fece la sfuriata più sfuriata della storia delle sfuriate, e mai, neanche per un istante, a Leo e al resto della stanza sembrò che prendesse le parti del cuoco.

Il problema non era il bullismo, ma la loro condotta come cavalieri.

Se Leo non avesse avuto la totale certezza che Chevel chiaramente se ne fregava altamente di lui, sarebbe quasi rimasto ammirato da come il capo delle guardie reali aveva agito, difendendolo senza far capire che lo stesse difendendo e quindi non rischiando di renderlo maggiormente bersaglio dei bulli.

Ma comunque, suo malgrado, era ammirato. Perché Leo non aveva mai visto Lionel abbozzare così, e godeva sadicamente nel vederlo a testa bassa senza che potesse obiettare o lamentarsi.

…probabilmente ci sarebbero state comunque conseguenze contro di lui che l’avrebbero reso maggiormente bersaglio dei bulli, ma era il caso di goderselo finché poteva. E poi dalla sua parte aveva Alex, che era rimasta impassibile ma tradiva un sorrisino appena accennato.

-Se siete dei veri cavalieri adesso prendete il materasso, il cuscino, e rifate immediatamente il letto al cuoco!- ordinò Chevel in tono che non ammetteva repliche.

Prankit e Lionel iniziarono ad eseguire senza obiettare, ma a Leo non sfuggì che Lionel gli lanciò per un attimo un’occhiata che annunciava la morte certa.

Si segnò mentalmente di restare appiccicato ad Alex per un po’.

-E riguardo a te!- quando Chevel si rivolse a Leo, il ragazzo sobbalzò vistosamente, e mise immediatamente le mani in alto, manco il cavaliere gli stesse tenendo una spada puntata contro.

-Non provare mai più a dare pezzi del tuo letto ai miei cavalieri! A meno che non fosse tutto un piano della spia per rammollirli!- Chevel lo accusò, e lo guardò dall’alto in basso.

…cioè, aveva davvero creduto alla storia di Lionel? Ma quale persona sana di mente di priva del materasso e del cuscino?!

-Lo prometto!- finse però di stare al gioco perché prendersi una sfuriata l’avrebbe tenuto meno vicino al mirino di Lionel.

Anche se probabilmente Chevel non lo stava facendo per questo… giusto?

-Prometto che non darò più pezzi del mio letto… anche se è chiaramente colpa mia. Adoro dare materassi, e cuscini… ho anche provato a dare la coperta ad Alex, ma l…ui non si è fatto comprare. Si stringe amicizia donando il proprio letto… e non serve di certo per dormire. Dormire? È per i deboli! Si lavora meglio quando non si…- Leo iniziò a parlare a caso, intimidito da Chevel e Lionel entrambi troppo vicini a lui e troppo minacciosi per i suoi gusti. Sperò di non essere risultato troppo sarcastico, e si interruppe in tempo quando vide che Alex, alle spalle di Chevel, gli stava facendo cenno di smettere di parlare.

-Non lo farò più…- concluse, abbassando la testa in segno di rispetto e facendo un inchino medio, per mostrare ancora più partecipazione.

Iniziava ad essere piuttosto bravo negli inchini.

Anche se continuava a farlo a Prankit nonostante egli non fosse nobile.

-Bene! Alex, accompagna Lionel e Prankit al campo di allenamento e premurati che facciano dieci chilometri di corsa e cinquecento addominali e flessioni- Chevel smise di scrivere, dopo aver segnato un ultimo appunto, e diede nuovi ordini.

-Capitano, dovrei accompagnare il cuoco in cucina- gli fece notare Alex, con un cenno rispettoso del capo.

-Lo accompagno io oggi il cuoco in cucina, lo raggiungerai poi a pranzo. Non vorrei farlo, ma devo comunque andare in cucina per altre faccende, quindi…- Chevel surclassò la questione, e fece cenno a Leo di seguirlo fuori dalla stanza.

“Non è che mi piaci, baka”

Per qualche motivo, il comportamento del cavaliere gli fece venire in mente a Leo quella frase, ma scosse la testa per abbandonare il pensiero.

Era oltremodo impossibile che Chevel avesse fatto tutto quel teatrino solo per aiutarlo.

Chevel non lo sopportava!

E Leo non sopportava Chevel.

…oh, no! Che cliché!

-Arrivo!- Leo comunque lo seguì fuori dalla stanza tenendo la testa bassa per evitare di notare qualsiasi espressione di morte di Lionel, o di pena di Alex, e seguì il cavaliere fuori dalla stanza.

Come volevasi dimostrare, Chevel non lo degnò neanche di un’occhiata, e i due camminarono in silenzio per parecchi metri.

-Se ti tolgono nuovamente materasso e cuscino fallo presente a me. Non voglio dei cavalieri che si approfittano del prossimo. Non è per te!-

“Non lo faccio mica per te, baka!” 

A Leo tornò in mente quel pensiero.

Ma soprattutto…

-Non pensi sia stato io ad aver dato il mio materasso e il cuscino?- Leo era sorpreso. Era convinto che Chevel avesse abboccato. Non aveva l’aria di un super genio, dopotutto. E si sa, chi ha tanti muscoli spesso ha poco cervello.

Ma era anche vero che quelli tutti muscoli e niente cervello di solito si rivelavano degli himbo dolcissimi e Chevel tutto era fuorché gentile, quindi ci stava fosse anche più sveglio di quanto apparisse.

-Ci sono due possibilità: o pensi che sia un idiota che crede a delle scuse palesemente finte; o l’idiota sei tu per aver dato il tuo letto ad altre persone quando è chiaro che non dormi bene la notte- Chevel scosse la testa, e allungò il passo.

…si era accorto che Leo non dormiva la notte?! O qualcun altro se n’era accorto e gliel’aveva detto. Mildred? O la principessa? Oppure Persian? No, Persian no, avevano un pessimo rapporto. E il principe Daryan non poteva essere dato che difficilmente si sarebbe accorto che Leo aveva passato giorni difficili.

In ogni caso… quella visita era stata probabilmente apposta per lui, quindi Chevel aveva indagato per capire cosa stesse succedendo. Magari l’aveva fatto per conto di qualcuno, ma l’aveva fatto.

E aveva agito in modo perfetto per evitare che gli dessero la colpa per i provvedimenti, prendendosela anche con lui.

-Wow, sei sveglio…- commentò Leo, stupito.

Chevel si girò verso di lui, e gli lanciò un’occhiataccia.

-Perché questo tono sorpreso?!- chiese, offeso.

-Non ero sorpreso!- mentì Leo, che era rimasto molto molto sorpreso -…solo… grazie!- cercò di ingraziarselo, cambiando argomento e facendogli un grande sorriso.

Chevel distolse immediatamente lo sguardo, continuando a camminare verso le cucine.

-Non l’ho fatto per te!- “Baka!” -L’ho fatto perché il principe Daryan mi ha chiesto di controllare che sia tutto in ordine. E il cuoco responsabile del banchetto della principessa deve dormire bene, non voglio che fai ulteriori danni!- insistette.

…oh per tutti i sette dei!

Chevel era uno tsundere!

Awwwww!

Palesissimo tsundere!

Quindi ci teneva un po’ a Leo, in fondo in fondo.

-Beh… grazie, tsunderello- si lasciò sfuggire Leo, sottovoce.

-Come, scusa?- Chevel lo guardò storto, confuso.

-Ho detto “Grazie, è molto bello!”- si corresse Leo, alzando la voce.

-Bello?- Chevel era ancora più confuso.

-Bello che tu tenga tanto al banchetto per il compleanno della principessa. Giuro che farò un ottimo lavoro!- Leo continuò a cercare di salvare il suo scivolone di lingua, con un sorrisetto che non prevedeva nulla di buono.

-Mmmmm, lasciamo stare- Chevel lasciò perdere, era troppo esasperato per poter pensare ad ogni parola del cuoco sospetto, anche se probabilmente avrebbe dovuto.

Solo che era davvero difficile stargli appresso con tutte le strane parole che utilizzava, e i ragionamenti senza logica.

-Comunque non verrò mai da te a dire i miei problemi- aggiunse Leo, dopo qualche metro di silenzio, facendo fermare Chevel di scatto.

Leo ci finì addosso, ma il cavaliere non ci fece caso.

-Cosa hai detto?- chiese, girandosi verso il cuoco e guardandolo dall’alto in basso.

Leo tenne il suo sguardo senza troppi problemi. Voleva mettere le cose in chiaro. Perché sì, Chevel aveva risolto bene la situazione, quella volta, ma Leo non voleva rischiare che Lionel se la prendesse comunque con lui dandogli la colpa per ciò che era accaduto, e considerando quanto illogici fossero i bulli, era ovvio che qualche conseguenza ci sarebbe stata. Conseguenza che Leo non aveva intenzione di ripetere.

-Apprezzo l’aiuto, non lo voglio in futuro. Me la cavo da solo, Sir Podbart- Leo si inchinò, e usò il tono più rispettoso del suo repertorio.

Chevel, però, stava fumando di rabbia.

-Certo, perché funzioni davvero bene da solo- lo insultò, sarcastico.

-Sì… ho riottenuto la coperta tutto da solo! E io e Alex siamo migliori amici- Leo superò Chevel e si avviò tranquillamente verso la cucina, mostrando una sicurezza che non gli apparteneva.

Ma di certo non poteva dire a Chevel che, sebbene apprezzasse gli tsundere, non si fidava di lui, perché li considerava anche un po’ tossici.

E poi se la stava davvero cavando da solo, anche se più lentamente.

E non voleva avere debiti nei confronti di nessuno, in quel mondo.

-Continuo a non capire se sei coraggioso o solo molto, molto stupido- Chevel scosse la testa, e procedette dietro di lui.

Poco prima di raggiungere le cucine, Leo si voltò a guardarlo.

-Forse entrambe le cose- ammise, alzando le spalle -Stupidità e coraggio spesso vanno a braccetto- disse come ultima cosa, prima di entrare in cucina, lasciando lì Chevel, convinto di avergli fatto un’impressione ad effetto.

-Propendo molto di più sulla stupidità- borbottò Chevel, per niente impressionato, almeno esteriormente, prima di andarsene.

Nonostante avesse detto di avere affari da svolgere in cucina, in realtà non ne aveva alcuno. Aveva deciso di accompagnare Leo solo ed esclusivamente per assicurarsi che stesse bene.

…non per lui, sia chiaro! Era solo un favore che stava facendo a Daryan!

Baka!

 

Leo sapeva che fosse una pessima idea.

Non era mai stato un tipo particolarmente attento, e il suo talento principale, anche più della cucina, era scavarsi la fossa da solo. 

Quindi, se persino lui aveva capito che quella era una pessima idea, significava che era proprio tanto una pessima idea.

Ma qual era questa fantomatica idea pessima? 

Semplice. 

Quel pomeriggio, la principessa Opal l’aveva convinto, approfittando di una distrazione di Persian, a scappare durante l’ora del tè e farsi una passeggiata in giardino.

E poteva anche essere un’avventura simpatica. Classiche fughe giovanili. Leo ne aveva compiute a bizzeffe, di avventure giovanili, quando aveva avuto l’età della principessa. 

E onestamente le aveva compiute fino a poco prima di finire in quel mondo.

Il problema era che a compierle insieme a lui, al momento, era una principessa! Una vera principessa! E Leo era ancora sospetto, quindi sparire con lei lasciando Persian e Alex da soli senza neanche avvertire lo avrebbe messo in guai molto più grossi di un semplice coprifuoco mancato, o lo scrocco di un passaggio sul retro di un furgone, o una settimana ad Amsterdam fingendo di stare da suo padre (sua madre si era imbestialita non poco per quella ragazzata).

Ma Opal aveva insistito un sacco, gli aveva giurato che non sarebbe stato pericoloso, e che si sarebbe presa ogni responsabilità.

Così Leo aveva ceduto, dato che comunque era la principessa e non le si poteva dire di no troppe volte.

E al momento erano nel giardino sul retro del palazzo, sopra una casa sull’albero che Opal aveva giurato fosse segretissima ma che aveva volentieri mostrato al sospetto Leo, che si sentiva sempre più a disagio ogni momento che passava, dato che non riusciva proprio a capire da dove le venisse tutta quella fiducia.

-Su, prendi un biscotto e rilassati! Tra un po’ ritorniamo in biblioteca, ma dobbiamo goderci un po’ di tempo per noi, non pensi?- Opal gli porse un biscotto fatto da Leo, che lo prese molto titubante, ma non lo mangiò.

-Crede davvero che sia stata una buona idea venire qui con me e mostrarmi il suo luogo segreto? Sono ancora sospettato di essere una spia nemica- le fece notare. Se era così aperta con Leo, avrebbe potuto aprirsi anche con vere spie nemiche, e Leo ormai si stava affezionando molto a quella ragazzina. Era completamente diversa, di aspetto e anche personalità, a sua sorella, ma avevano la stessa energia gioiosa e aperta alla vita.

E a Leo, sua sorella Isabella, mancava davvero davvero tantissimo.

Era stato lontano da lei per periodi anche più lunghi, in realtà, ma almeno in quei periodi si erano sentiti per telefono. Adesso erano lontani, e Leo non sapeva neanche se l’avrebbe mai rivista.

…no, non era il momento di pensare a sua sorella, o alla sua famiglia, o ai suoi amici!

Doveva pensare a non morire.

Ed essere beccato da solo con la principessa sembrava una condanna certa alla morte.

Ma chi gliel’aveva fatto fare di accettare?!

Chevel aveva ragione, era proprio molto stupido!

-Tranquillo! Non ti faranno niente! E poi non è che sei l’unico che ho portato qui. Anche Anna, Mary e Jane sanno di questo posto, e Sara. Mildred no, però. Mildred lo direbbe subito a mio fratello, e non mi va di farglielo sapere. Tu non lo dirai a mio fratello, vero?- Opal lo guardò con occhi da cucciolo.

-No, certo che no, principessa- promise.

Ovvio che non l’avrebbe detto al principe Daryan. Se avesse sollevato l’argomento sarebbe potuta andare a finire solo in un modo: 

“We, bella, principino! Sai che tua sorella ha una casa sull’albero segreta in giardino? Lo so perché mi ci ha portato, eravamo soli”

“TU COSA?! A MORTE DOPO MESI DI TORTURA CON LA CULLA DI GIUDA!!”

Leo preferiva evitarlo.

-Lo sapevo di potermi fidare di te- Opal gli fece pat pat sulla testa, e riprese il biscotto dalle sue mani, che mangiò con gusto.

Meglio che sprecarlo, dopotutto. E sembrava che Leo non l’avrebbe mangiato.

-Posso chiederle per quale motivo si fida di me a tal punto?- chiese Leo, guardandosi intorno. C’erano tanti oggetti di tutti i tipi. Vestiti eleganti, qualche gioiello, parecchie briciole e anche oggetti comuni che forse aveva ricevuto dalle cameriere o trovato in giro.

Sembrava una piccola sala del tesoro, come quella di Ariel della Sirenetta. O la casa di Wall-e. Oggetti di tutti i tipi a formare una collezione di ciarpame. Affascinante.

Ed erano molto affascinanti anche le pietre preziose che si trovavano in giro come se fossero biglie.

Essere la famiglia reale del regno patrocinato dal dio delle pietre preziose sicuramente dava parecchia ricchezza.

-Beh, intanto non hai ancora cercato di rubare nulla. E da come osservi le pietre, sembra più che tu ne sia affascinato per la loro bellezza, che attratto per il loro valore- Opal cominciò a rispondere alla sua domanda, guardandolo con attenzione.

Leo sobbalzò. Non si era neanche accorto di averle fissate più del necessario, né che la principessa sembrava studiarlo. E poi non aveva riflettuto neanche per un istante sul rubarne qualcuna. Non era un ladro!

Poteva essere un cialtrone, un bugiardo, un idiota, un deboluccio, un ladro, ma non era una pornostar… no, aspetta, si stava confondendo con i meme.

Il punto era che non era un ladro. Preferiva guadagnarsele le cose.

O al massimo prenderle in prestito, come nel caso del libro su Lumai.

-Non mi sognerei mai di rubare alla principessa di Jediah- borbottò, imbarazzato dalla situazione.

-Nah, non ruberesti neanche a mio fratello, o a chiunque altro. Poi sei davvero troppo bravo a cucinare. Quindi non puoi essere stato mandato come spia, il talento ce l’hai, non è una copertura- Opal continuò ad illustrare i motivi per cui si fidava di lui.

-Non è detto. Potrebbero aver scelto me perché sono bravo a cucinare. E quindi sapevano di potermi infiltrare- Leo obiettò, cercando di scavarsi la fossa come era suo solito fare.

-Nah, un cuoco così bravo non se lo sarebbero mai fatti scappare. Anzi, speriamo che il principe Victor non venga al mio compleanno, perché altrimenti cercherà sicuramente di rapirti per portarti a Valkrest- Opal era molto sicura di sé.

-Speriamo di no!- Leo si stava ambientando, ormai, non voleva essere sballottato da qualche altra parte.

-E comunque, mi fido di te perché piaci a Dary. E mi fido molto del giudizio di mio fratello. Sè né lui né mamma ti hanno cacciato da palazzo, sei sicuramente una brava persona- Opal gli accarezzò il braccio, affettuosa.

Leo voleva ritirarsi, ma apprezzò il gesto di conforto.

E allo stesso tempo rimase profondamente sorpreso dal commento della principessa.

-Il principe Daryan… piaccio al principe Daryan?- chiese, incredulo. Il suo cuore lo tradì iniziando a battere più velocemente nel petto, anche se non era proprio il caso di farlo muovere troppo.

Soprattutto perché era palese che Daryan non lo sopportava. Lo guardava sempre storto ogni volta che lo vedeva.

-Certo! Non vuole ammetterlo, ma gli piaci. Gli sei simpatico! E comunque, anche se non gli piacessi, io mi fido di te, perché so che non mi faresti mai del male. E sei troppo onesto per essere una buona spia. Devo essere io a convincerti di essere affidabile, e non il contrario- la principessa ridacchiò, e non aveva tutti i torti.

-Beh, potrebbe essere tutta una tecnica per abbassare la guardia, e convincenti ad autoconvincerti a fidarti di me, così penseresti che è una tua idea quando in realtà ti ho manipolata dall’inizio- obiettò Leo, dandosi dell’idiota per essere così kamikaze.

La principessa però rise molto più forte.

-Ecco, appunto- lo indicò, estremamente divertita.

Sì, Leo era molto stupido, Chevel aveva proprio ragione.

Ma era felice di star facendo ridere la principessa.

Quella ristata era contagiosa.

In men che non si dica, iniziò a sghignazzare anche lui. L’atmosfera si distese.

E ovviamente, pochi secondi dopo, suonò un allarme.

Leo non l’aveva ancora mai sentito, ma Alex gli aveva spiegato il significato degli allarmi.

Di solito significava che il palazzo era sotto attacco.

Il cuore di Leo perse un battito. Perché proprio adesso che era solo con la principessa, nascosti a tutti?! CHE SFIGA!

-Oh… antimonarchici!- commentò la principessa, impallidendo.

…oh dei!

Il protocollo prevedeva di andare nei bunker sotterranei e lasciare che i cavalieri se ne occupassero.

Ma Leo non aveva idea di dove fossero i bunker sotterranei, né dove fossero.

Ed era… era l’unica persona a sapere dove fosse la principessa e a poterla proteggere.

Se fosse uscito vivo da quella situazione, il principe lo avrebbe senz’altro ammazzato.

Ma perché proprio adesso?!

Leo sapeva che scappare era una pessima idea, ma non credeva fino a quel punto!

-Leo, che facciamo?!- la voce spaventata della principessa, che si aggrappò al suo braccio come fosse un’ancora vitale, lo fece tornare in sé.

Doveva proteggere Isabella… no, Opal! Doveva proteggere Opal, a tutti i costi.

-Okay, c’è un bunker sotterraneo qui vicino?- chiese alla ragazza.

-Il bunker della famiglia reale è dall’altra parte del castello, ma c’è un’entrata ai sotterranei da quella parte- spiegò la ragazza, tremante.

-Okay… okay… controllo l’esterno e vediamo se…- Leo diede un’occhiata fuori dalla finestra della casa sull’albero, ma ritirò immediatamente la testa quando notò un gruppo di uomini con abiti che gridavano “siamo ribelli rivoluzionari antimonarchici!” da ogni lembo di tessuto.

E a notare bene, c’era proprio scritto “ribelli antimonarchici” sul retro del mantello.

-Okay… okay…- Leo abbassò la voce così tanto che non si sentiva neanche lui, mentre rifletteva su cosa fare. Si avvicinò alla principessa stando basso e cercando di fare meno rumore possibile. Per fortuna essere piccolo, basso e leggero questa volta sembrava aiutare.

-Leo… che facciamo?- la principessa aveva le lacrime agli occhi, e il modo in cui guardava Leo, come se fosse l’unico a poterla salvare, gli spezzò il cuore. Perché lui non aveva la più pallida idea di cosa fare. Lui non era un guerriero, né un esperto in sopravvivenza. Non aveva mai vissuto una situazione del genere ed era terrorizzato.

Ma doveva salvare Opal, doveva proteggerla a tutti i costi.

-Nessuno sa di questo posto, giusto? È molto ben nascosto. Restiamo qui, senza fare alcun rumore, e non ci troveranno- provò a proporre, prendendole le spalle e guardandola negli occhi in un goffo tentativo di calmarla e di farle presente che era lì per lei.

Nonostante l’ansia, lei sembrò leggermente più sicura, e annuì, senza fare un rumore.

Purtroppo quello non era il giorno fortunato di Leo.

-Principessa, scenda immediatamente, sappiamo che è lì!- arrivò infatti una voce bassa e possente, che sembrò venire proprio da sotto l’albero.

Alla faccia del luogo segreto!

-Come hanno…?!- la principessa iniziò a dire, in tono acuto, ma Leo le mise una mano sulla bocca per interromperla e non dare a vedere che erano effettivamente lì. Potevano anche bluffare, dopotutto, come quando pensi nella tua testa “So che stai sentendo il mio pensiero” pur sapendo nella tua mente che non è vero che qualcuno sta ascoltando tutto.

O quando sei solo in casa e per sfizio dici con sicurezza e ad alta voce “so che mi stai spiando” solo per far prendere un colpo al tuo agente dell’FBI, che però ti conosce abbastanza bene da sapere che stai bluffando, quindi di colpi non se ne prende più molti.

Ma basta tergiversare. 

Leo cercò di calmare Opal e iniziò a guardarsi intorno in cerca di un buon nascondiglio, ma nonostante tutti gli oggetti, non c’era molto spazio per celarsi alla vista in modo non palese.

-Le daremo il tempo fino al tre, poi saliremo noi- annunciò la voce sotto l’albero, mostrando che forse no, non stava bluffando.

Leo prese la principessa per mano e la trascinò al limite della stanza.

-Leo, cosa…?- chiese lei sottovoce, lui le fece cenno di stare in silenzio.

-Nasconditi, ci penso io a loro- le promise, facendola sedere a terra in un angolo dietro una toeletta.

-Uno…-

Prese dei vestiti a caso e glieli mise addosso, per nasconderla.

-Due…-

Prese poi uno specchio e lo posò nell’angolo come se fosse buttato lì nel disordine.

-Tre…- 

Infine si mise una parrucca bionda in testa e prese dei biscotti, sedendosi a terra come se stesse mangiando di nascosto.

Sentì i passi pesanti sulle scalette della casa sull’albero, e neanche il tempo di pentirsi del suo piano, che tre uomini entrarono nella casetta, facendolo sobbalzare.

Erano grossi e possenti, e con delle maschere da banditi.

Palesemente dei cattivi.

Anche se la casetta era troppo bassa per loro, quindi dovevano stare gobbi per evitare di sbattere la testa, cosa che contribuiva ad eliminare parecchio l’atmosfera inquietante che li circondava.

-Salve… wow! Non credevo che foste davvero dei banditi. Pensavo fosse uno scherzo! Non ho sentito l’allarme!- mentì Leo, fingendosi molto sorpreso.

Il capo dei ribelli antimonarchici lo guardò inarcando le sopracciglia, ma non si fece fregare.

-Non ho tempo per i giochetti, dimmi dov’è la principessa, e forse avrai salva la vita- gli puntò un pugnale contro, e Leo alzò le mani in segno di resa.

-Aspetta, non è che è lei la principessa?- chiese il tipo alla sua sinistra, l’unico abbastanza basso da non doversi piegare del tutto.

-Lei? Ma perché è vestita da maggiordomo?- obiettò il terzo brutto ceffo, che invece era piuttosto massiccio.

-Per imbrogliarci. Ma ci sta che sia lei, hai visto i capelli biondi?- ribatté il basso.

Il massiccio osservò Leo iniziando a convincersi.

-È un uomo, cretini! Quella è una parrucca!- il capo li zittì, togliendo la parrucca dalla testa di Leo, che sobbalzò, e alzò le mani con più convinzione.

-Sì, beccato. Sono un cuoco. Ma non so dov’è la principessa. Sono qui da solo!- Leo mentì, ormai era diventato piuttosto bravo a farlo, e non diede segno neanche per un istante che la vera principessa potesse essere dietro di lui, nascosta da abiti e specchi.

-Dimmi dov’è la principessa!- insistette il capo, puntandogli l’arma al collo e rischiando di ferirlo.

-Okay, okay, ve lo dico!- Leo cedette immediatamente, affatto desideroso di morire -È in biblioteca! A quest’ora è sempre in biblioteca, prende il tè sul balcone, e poi torna a studiare!- rivelò, come se gli costasse tanto ammetterlo, mostrando chiaramente la sua paura all’idea di essere fatto a fettine e fingendo di tradire la fiducia della famiglia reale.

L’interpretazione fu davvero magistrale, ma il capo era ancora dubbioso. Forse era paranoico, forse era imparentato con Chevel in qualche modo.

-Abbiamo già cercato la biblioteca e il balcone. Fonti certe affermano che questo sia il luogo segreto della principessa, l’unico dove può essere. Tu cosa ci fai qui?- indagò, senza ritirare il coltello.

-Okay… lo confesso…- Leo alla fine cedette del tutto.

…e offrì i biscotti che teneva nel piatto.

-Mi sono nascosto per mangiare i biscotti della principessa. So che non dovrei mangiare il cibo destinato ai reali, ma sono così buoni! E non lo dico perché li ho fatti io. Tenete, assaggiate. Prendeteli tutti ma vi prego, lasciatemi vivere! Non voglio guai per questo atto di insubordinazione!- provò a corromperli, consapevole che, principessa o no, rischiava comunque la vita stando lì con un coltello alla gola.

-Ah, beh, un biscotto non ha mai fatto male a nessuno…- commentò il basso, prendendone uno.

-Davvero ti lasci corrompere così?- chiese il massiccio, prendendone un altro -Io li prendo solo per controllare che siano a posto per il capo- ci tenne a sottolineare, senza che nessuno gli credesse.

Entrambi, dopo aver assaggiato, per poco non si sciolsero per il gusto.

-Sono… buonissimi!- esclamò il basso.

-Ti prego, dacci la ricetta!- gli diede man forte il massiccio.

-Macché ricetta! Rapiamolo e portiamolo con noi! Abbiamo bisogno di un cuoco!- obiettò il basso.

-Sono circondato da un branco di idioti!- si lamentò il capo, facendo facepalm.

-Ah, il re leone!- Leo colse la citazione, ma nessuno gli diede peso.

-No, capo, devi assaggiare, sono davvero ottimi!- insistette il massiccio.

-Sì! Ti prego, rapiamolo e portiamolo all’accampamento! Ti troverai bene con noi, ti permetteremo di mangiare un po’ del cibo che cucinerai!- il basso cercò di comprarselo.

Con la coda dell’occhio, Leo vide il cumulo di vestiti fremere.

Sperò che nessuno l’avesse notato.

-BASTA!- il capo interruppe la missione diplomatica per acquisire un cuoco, e lanciò ai sottoposti un’occhiataccia.

-Prendete questi biscotti e scendete da qui, prima che uccida anche voi- ordinò, dando prova di essere effettivamente interessato ai dolci.

Senza farselo ripetere due volte, i due si litigarono il piatto e scesero in tutta fretta.

-Siamo a posto?- chiese Leo, sperando di essere riuscito a comprarseli.

-Come ti chiami, cuoco?- chiese il tipo, per niente comprato.

-Leonardo- rispose lui, senza mentire. Era facile far credere alle proprie bugie se abbellite da un pizzico di verità. E poi non era granché a inventarsi alias. Già doveva ricordare la backstory tragica che aveva propinato al principe, non se ne poteva inventare un’altra.

-Leonardo il cuoco. Non sei presente nella Storia, almeno non in quello che ho letto io…- borbottò il tipo tra sé.

Leo sentì un groppo formarsi nello stomaco.

-La… storia?- chiese. Che quel tipo fosse un esterno come lui? Magari veniva dal suo mondo. Sembrava molto ambientato lì, ma…

-E dimmi, caro Leo il cuoco, se sei solo qui… non ti da fastidio che dia un’occhiata in giro, vero?- ogni singolo pensiero che avrebbe reso il capo un possibile alleato venne messo da parte quando iniziò a guardarsi intorno nella casa, avvicinandosi pericolosamente al nascondiglio della principessa.

Leo non lo guardò neanche per sbaglio, e annuì con sicurezza.

-Non vedo dove sia il problema. Ho notato qualche pietra preziosa in giro, se vuoi ti aiuto a cercarne. Dubito che la principessa ne noterebbe la mancanza in mezzo a tutta questa spazzatura- cercò di fare l’indifferente, e gli uscì particolarmente bene. Sperò che la principessa non ci credesse e non si arrabbiasse. Non considerava affatto quegli oggetti spazzatura. Ma doveva adattarsi.

-Non ho interesse a miseri beni terreni, il mio intento è molto più nobile. Cambiare la Storia, eludere gli dei, e rovesciare la società!- esclamò lui, ignorando le pietre preziose, e tirando fuori il coltello.

-We live in a society- citò Leo, pensando al meme di Joker.

Il capo lo guardò strano.

-Capisco alla grande. Sono qui da poche settimane e mi stanno trattando a pesci in faccia! Mi hanno catturato, ferito, trattato come spia e schiavo, e bullizzato ai limiti della follia. Se potessi vendicarmi lo farei. E se sapessi dov’è la principessa te lo direi- Leo mentì con estrema convinzione, cercando di sedurlo… platonicamente, e convincerlo della sua buona fede.

Il capo smise di guardarsi intorno e andò verso di lui, guardandolo interamente.

-Sei un tipo interessante, Leonardo il cuoco…- ammise, con un sorrisino -…peccato che tu sia un gran bugiardo, o saremmo potuti diventare alleati- disse poi, lanciando il coltello dritto verso il cumulo di vestiti.

-No!- Leo esclamò, alzandosi spaventato e tradendo la presenza di qualcuno al suo interno.

Purtroppo era appena caduto nel tranello del capo, che infatti non aveva colpito i vestiti, ma il muro pochi centimetri sopra di essi, e aveva semplicemente cercato di captare la reazione di Leo.

-Cosa c’è in mezzo a quei vestiti?- chiese, in tono da presa in giro, tirando fuori un altro coltello, e mirando, questa volta dritto contro il nascondiglio della principessa.

-È un peccato rovinare dei vestiti così belli, sono un appassionato, mi avete visto con quella parrucca, sì, sono un mezzo deviato, è per i vestiti che…- il tentativo di salvarsi di Leo venne sventato quando notò che il capo era in procinto di tirare il coltello -…OKAY! Okay… c’è qualcuno nascosto lì!- ammise, prendendogli il polso per evitare che lanciasse prima che Leo potesse finire di parlare.

-Bene, vieni fuori, principessa, alla fine nonostante i suoi sforzi, il tuo fedele suddito ti ha tradito!- commentò il capo, ad alta voce, incoraggiando la principessa ad uscire ma continuando a fissare Leo.

-Ti darò tempo fino a tre, poi lancerò il coltello, e non mi assumo la responsabilità di eventuali tagli, ferite profonde, o mortali. Uno…- il capo si liberò il polso.

Questa volta Leo non voleva rischiare il countdown.

-Vieni fuori…- incoraggiò la principessa ad uscire.

Lentamente, i vestiti si mossero, e la faccia preoccupata e in lacrime della principessa uscì, guardando Leo come se fosse la sua ultima speranza.

Il capo sorrise, maleficamente.

-Finalmente, la principessa è…- cominciò un monologo da cattivo, ma Leo lo interruppe.

-Tranquilla, Isa… ci penso io!- si avvicinò alla ragazza, e le si mise davanti per proteggerla

-Isa…?- commentò il capo, confuso.

-Senta… so che suona male, ma lei non è la principessa!- Leo provò un’ultima manovra di salvataggio, anche se era completamente nel panico.

Ma da quando era lì seguiva una regola: bluffare, bluffare fino alla morte.

Ed era quello che avrebbe fatto anche in quella situazione.

-E perché dovrei crederti adesso, cuoco bugiardo?!- il capo scosse la testa. Sollevò la mano, e il coltello lanciato sul muro gli ritornò indietro, sfiorando la principessa, che sobbalzò e si nascose dietro Leo.

-Lo so, lo so, sono inaffidabile, ma sto dicendo la verità. Ho mentito perché sapevo che avreste creduto che fosse la principessa! Ma è mia sorella, Isabella. È cameriera qui, siamo venuti insieme a mangiare i biscotti, e da quando abbiamo scoperto questo posto, veniamo sempre quando sappiamo che la principessa è impegnata. Isa le somiglia un po’, anche se è più bella di lei, diciamolo, e le piace travestirsi. Fingiamo di essere il principe e la principessa. Per questo indossavo una parrucca, prima- in effetti, Leo l’aveva indossata proprio per poter fingere di stare giocando, o travestendosi, nell’eventualità che scoprissero la principessa in un modo o nell’altro.

Il capo lo guardò con un sopracciglio inarcato.

-La prego, la prego… ci lasci andare, non vogliamo guai- Leo lo supplicò con le lacrime agli occhi, cercando di canalizzare il terrore che provava per dare l’interpretazione più realistica della sua non carriera di attore.

-Sai… sei il bugiardo più convincente che io abbia mai incontrato. E credo seriamente che quello che hai raccontato possa essere reale- ammise il capo. C’era un ma, Leo lo percepiva nell’aria, quel pericolosissimo “ma”.

-Ma…- ecco, appunto, che sfiga! Perché le cose non potevano essere semplici?!

-… mi sono seriamente stancato di questa farsa. Magari è davvero una cameriera, ma credo che la rapirò comunque per sicurezza- infatti alzò le spalle, e si mosse per afferrarla.

-No!- Leo si mise in mezzo.

-Levati, se vuoi vivere!- lo incoraggiò il capo, scansandolo via e facendolo cadere a terra.

Se Leo avesse voluto salvarsi la vita, doveva restare a terra.

Aveva fatto tutto il possibile per salvare la principessa, e non era granché a sopportare il dolore.

Poteva fingere di essere svenuto a terra per quando Chevel o Alex lo avessero trovato. Era bravo a mentire e bluffare, e in ogni caso ce l’aveva messa davvero tutta, e non era un cavaliere.

Oppure poteva semplicemente scappare via, lontano dal palazzo, mandare a monte tutto e integrarsi alle persone normali. Dopotutto restare in un palazzo che rischiava di essere attaccato da antimonarchici e spie non era l’ideale in ogni caso.

-Leo!- la richiesta disperata della principessa, afferrata con ben poca eleganza, e che ancora si aggrappava a lui come una sorella, come la sua Isabella, tolse dalla mente di Leo qualsiasi dubbio.

-Sopravvaluti il mio istinto di sopravvivenza!- Leo si alzò di scatto, prese una sedia (non c’era altro da usare) e la lanciò dritta contro il capo, che la scansò in fretta ma si distrasse abbastanza da permettere alla principessa di liberarsi e rimettersi dietro Leo, che cercò altre armi, ma trovò solo qualche forchetta e coltello da pranzo.

-Sai che ti dico?! Mi hai davvero, davvero, rotto!- alla fine il capo perse completamente la pazienza, e prima che Leo potesse anche solo pensare di usare le forchette come arma, il capo prese il coltello con il quale aveva minacciato la principessa, e glielo infilò dritto sull’addome.

Leo non era mai stato accoltellato prima, grazie al cielo, e sentì distintamente la lama trapassargli la carne, in un acuto dolore indescrivibile.

Fu questione di un secondo.

La principessa urlò, Leo non ebbe il tempo neanche di dire una qualche battuta intelligente, o lamentarsi, o urlare a sua volta, che, con un lampo di luce viola, il capo venne sbalzato furiosamente via, coltello e tutto, fuori dalla casetta sull’albero tramite la porta e dritto per terra.

Se Leo non fosse stato troppo occupato a sentire dolore e avere paura, avrebbe quasi trovato la scena comica. Ma era stato appena accoltellato.

Si accasciò a terra, dritto tra le braccia di una piangente Opal.

-Leo, Leo!! Stai bene? Mi dispiace tantissimo! È tutta colpa mia!- stava dicendo tra i singhiozzi.

-Mi ha accoltellato! Morirò! Non voglio morire!- Leo sentiva ancora il dolore. Si prese lo stomaco per cercare di fermare l’emorragia che… non c’era?

Ma sia lui che Opal erano troppo nel panico per riflettere sul fatto che l’assenza di sangue era strana.

-Cuoco! Principessa! Siete qui?!- l’inconfondibile voce di Chevel fece voltare i due verso la porta della casetta.

Sotto si sentiva il suono di spade e qualche imprecazione.

-Leo! Principessa! State bene?- chiese Alex. La sua voce maschile tradiva parecchia ansia.

-Chevel! Leo è stato ferito!- urlò la principessa, in una richiesta d’aiuto.

Leo sentì qualcuno imprecare, ma non seppe dire se fosse stato Alex o Chevel. Suppose Alex, dato che dei due era lei con cui aveva stretto un maggiore rapporto.

-Mi hanno accoltellato!- si lamentò, ancora sconvolto dalla cosa, e sollevato di non essere ancora morto. 

…per quanto sollevato potesse essere qualcuno destinato a morire presto per una ferita all’addome.

Sentì i passi di qualcuno che saliva, e si ritrovò faccia a faccia con Alex, sudato e in armatura, che si precipitò a vedere le sue condizioni.

-Cosa è successo?- chiese, sedendosi a terra e prendendo delle garze.

-Mi volevano rapire, Leo mi ha difeso, e lo hanno accoltellato, è tutta colpa mia! Se avessimo aspettato qualche altro minuto mi avreste… come mi avete trovato?- il panico della principessa venne distratto dalla consapevolezza che il suo rifugio segreto non era poi così segreto.

-Il principe Daryan ci ha indicato la casa sull’albero- spiegò Alex.

-Dary lo sa?- la principessa era quasi offesa, anche se la maggiore preoccupazione era ancora per Leo, non è che è così superficiale. È più una battuta la mia.

-Dove ti hanno colpito?- Alex si concentrò sul ragazzo morente, che si teneva lo stomaco e si lamentava a gran voce.

-Mi ha colpito qui! Ho sentito un dolore fortissimo! Non ero mai stato accoltellato prima, è orribile!- spiegò il cuoco, sollevando la camicia ma non osando guardare.

Seguì qualche secondo di totale silenzio da parte delle due ragazze.

-Che c’è? È tanto grave? Morirò?- chiese Leo, sempre più nel panico, lanciando un’occhiata brevissima al suo stomaco… e poi guardandolo meglio.

Perché non c’era ferita alcuna, non usciva sangue, sembrava non essere mai stato colpito.

-Sicuro di essere stato colpito?- chiese Alex, confusa.

-Sì! Ho sentito il dolore, e poi una luce viola ha sbalzato via il tipo… grazie dell’aiuto, comunque, principessa- ora che non sembrava in procinto di morire, Leo si rivolse alla sicura fonte della luce viola. Era una principessa, dopotutto, e la luce viole era capitata quando aveva urlato. Sicuramente era stata lei a sbalzare via il tipo. Sicuramente aveva un qualche potere magico divino.

-Io non… io non ho fatto niente- commentò Opal, pallida e confusa.

-Una luce… viola?- chiese Alex, portandosi una mano alla bocca, sorpresa.

-Sì? Perché?- Leo guardò entrambe le ragazze, confuso. Controllò meglio la zona colpita, ma il dolore iniziava a sparire, e non c’era nessuna ferita, neanche superficiale, sul suo stomaco.

Calò un silenzio carico di domande, e prima che Leo potesse chiedere ulteriori chiarimenti, Chevel salì nella casa sull’albero, e si rivolse immediatamente alla principessa.

-Dobbiamo portarvi immediatamente al sicuro. Abbiamo neutralizzato quasi tutti gli intrusi ma è meglio controllare meglio il castello. Il cuoco come sta?- fece cenno ad Opal di avvicinarsi a lui, e poi si rivolse a Leo, e lo osservò interamente.

-Lo sapevo che stava esagerando con la faccenda dell’accoltellamento- osservò, tirando suo malgrado un sospiro di sollievo.

-Mi hanno accoltellato, solo che per qualche motivo non ha funzionato!- si irritò Leo.

…perché non aveva funzionato? Cosa significava quella luce viola? C’era una possibilità, un’informazione che aveva origliato il primo giorno di lavoro, ma era impossibile che fosse quella la risposta.

-Principessa Opal, può confermare la versione di Leonardo?- Alex si sbloccò, e si rivolse alla principessa, che annuì.

-L’ho visto anche io… il coltello è entrato, e c’è stato un lampo di luce, ma non ho fatto due più due. Quel coltello era sicuramente un artefatto divino, ma non era di Jahlee, era di Noella. Brillava di arancione. Il lampo di Leo… è di Leo e basta- spiegò, con voce tremante.

-Lampo di luce? Un momento, non starete mica parlando di…- Chevel scosse la testa, incredulo.

-Sì, capitano. Il nostro cuoco… ha ricevuto una benedizione divina, da Jahlee- rispose Alex, guardando Leo come se fosse un dio sceso in terra.

Mentre la consapevolezza finale di non essere ferito, non in procinto di morte, e probabilmente neanche di poter morire in generale, si faceva strada nella mente di Leo, fu un pensiero ad avere la precedenza su tutti gli altri.

“Wow, forse posso evitarmi il bullismo di Lionel stasera”

Sì, forse non era la priorità che avrebbe dovuto avere una persona che aveva appena rischiato di morire, aveva salvato una principessa, e ricevuto una benedizione da una divinità in cui neanche credeva, ma ormai conoscete Leo.

Aveva le priorità decisamente sballate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Wooo, PLOT! Nel sondaggio che ho fatto qualche capitolo fa è stato votato come futuro personaggio da far apparire qualche nemico serio, ed eccoti accontentata, amante dell’angst ^^’

Comunque nonostante il nemico sia piuttosto letale, e un po’ inquietante, non sono riuscita a renderlo completamente angst, perché Leo rende demenziale qualsiasi situazione con il suo carattere espansivo, un po’ idiota, e anche piuttosto leale.

La scena dove cerca di cappottare il capo, il basso e il massiccio mi è piaciuta tantissimo da scrivere, spero sia piaciuta anche a voi.

Nel prossimo capitolo si affronteranno le conseguenza di una benedizione divina sul cuoco. 

E poi c’è anche un accenno alla macrotrama. Chissà cos’è questa Storia citata dal capo, e come mai lui sembra conoscerla. Che sia anche lui un isekaizzato come Leo? 

Perché sì, sebbene la trama principale sia solo Leo che prova a sopravvivere e fa innamorare mezzo mondo di lui, c’è anche una macrotrama di fondo sul mondo dei sette regni, e spero che vi piacerà.

Grazie di essere arrivati fin qui, un bacione e alla prossima, che non so quando sarà ma spero il prima possibile :-*

 

   
 
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