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Autore: ChiiCat92    05/10/2021    0 recensioni
"Riesco a mettermi seduto, prendendo grandi bocconi d’aria, la più pulita e sterile che abbia mai aspirato, lascia un retrogusto asettico sul fondo della lingua.
I ricordi dei miei ultimi momenti di vita scorrono placidi, scoloriti, dietro le palpebre semichiuse.
Sangue, una lama, il suono sgradevole del guqin, disperazione, urla. Il mio errore. Dolore."
Questa storia partecipa al Writober indetto da FanWriter, lista pumpWORD, prompt "Metensomatosis"
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Xiao XingChen, Xue Yang
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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03/10/2021


Apro gli occhi nel buio. È come tornare in superficie dopo un’eternità in apnea. Il corpo è pesante, molle, in silenzio tra un respiro e l’altro sento il fluire del sangue nelle orecchie e il battere angosciante del cuore nel petto. 

Sono vivo. 

Mi porta le mani al viso per toccarlo, capire se lo riconosco, se mi riconosco. 

Automaticamente mi volto da un lato per far scattare l’interruttore della luce. Quando la lampadina sul comodino comincia a gettare ombre sulla mia stanza quasi sento una pressa schiacciarmi i polmoni. 

Nel mio tempo, nel mio mondo forse, non c’era la corrente elettrica. Provo un leggero senso di asincronia che provoca le vertigini mentre la mia coscienza si sintonizza con i ricordi e le conoscenze di questo corpo.

Quanto tempo è passato, cos’è successo, dove mi trovo? 

Riesco a mettermi seduto, prendendo grandi bocconi d’aria, la più pulita e sterile che abbia mai aspirato, lascia un retrogusto asettico sul fondo della lingua. 

I ricordi dei miei ultimi momenti di vita scorrono placidi, scoloriti, dietro le palpebre semichiuse. 

Sangue, una lama, il suono sgradevole del guqin, disperazione, urla. Il mio errore. Dolore. 

Stringo i pugni, cerco di calmare il furore del cuore, ma sento che perde un colpo quando mi rendo conto di avere tutte le dita.

Sollevo i palmi all’altezza del volto per controllare. 

Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove. Dieci.

Mi viene da ridere, ma per qualche ragione sento lacrime pungermi gli occhi. Le ricaccio indietro, non me lo posso permettere adesso. 

Mi alzo, le gambe sono stabili anche se mi sento ondeggiare. Non mi sembra di essere più alto di quando ero…

Cos’ero? Morto? Io? 

Scuoto la testa. So dove trovare uno specchio nella stanza: dentro una delle ante dell’armadio. 

Tutti i vestiti stipati nelle mensole sono i miei ma al contempo non lo sono. Li riconosco, mi piacciono, ma non sono i miei. Il fastidio di non sentirmi completamente me mi fa sentire coperto di scintille, come se mi scorressero nelle vene.

Devo solo abituarmi all’idea di essere vivo di nuovo. Evidentemente è questo che succede dopo la morte: saltiamo in un altro corpo e ne prendiamo la coscienza. O forse è quello che è successo a me. 

Neanche il Diavolo vuole la mia anima. 

Lo specchio rimanda l’immagine di un ragazzo sulla ventina (ventuno, puntualizzano con una frazione di secondo di ritardo i miei nuovi ricordi), in salute, anche se sono più basso di quanto non lo fossi prima. Mi tocco i capelli scuri, tagliati corti e spettinati: almeno il colore è lo stesso, più o meno. 

Il corpo sotto il pigiama è magro, sottile, non un muscolo e non una capacità atletica (non una che riesco a sentire per lo meno). Credo che se dovessi cominciare a correre avrei il fiatone in due minuti. In salute ma fuori forma, di certo in queste condizioni non potrei combattere.

Anche se non è un tempo in cui c’è bisogno di combattere, adesso c’è bisogno di studiare. Il bisogno di farlo è un grosso sasso caldo appoggiato sul retro del collo. Ci sono libri aperti sulla scrivania, dove sono stati lasciati ieri sera. Di certo chi l’ha fatto non si aspettava che al mattino non sarebbe esistito più. Puff, cancellato dall’esistenza per lasciarmi spazio. 

Sorrido. 

So che in casa c’è una madre, questo sarà un divertente cambiamento rispetto alla mia vita passata. 

Prima di lasciare la stanza cerco abiti che mi stiano più comodi, che piacciano solamente a me e non a questo corpo, e mi cambio. 

La sensazione di essere due persone contemporaneamente svanirà man mano che mi abituerò a questa nuova forma, poi tutti gli stimoli e i bisogni che non mi appartengono svaniranno e mi sentirò meglio. Per il momento mi limito a seguirli, così che possano guidarmi e orientarmi in questa vita. 

Così imparo che mi trovo a Pechino, che è il 2021, e che sono molto lontano da dove mi trovavo prima. Sono passati millenni, ma per me è come se fossi morto ieri. 

La mia anima si è fatta strada attraverso i secoli e ha trovato questo corpo come unico involucro.

Non posso fare a meno di chiedermi perché abbia scelto proprio questo tempo e questo luogo, se sia una casualità o se significhi qualcosa.

C’è un tarlo dentro di me che ha già scavato una fossa nella carne. Lui dov’è? 

« Xué Lǐ, buongiorno. » 

Un nodo mi stringe lo stomaco. Non è il mio nome ma al contempo lo è. 

Alzo lo sguardo su una donna di mezz’età che mi accoglie con un sorriso. Riesco ad ignorare il calore dell’affetto che mi riempie solo guardandola, ma costa tutta la mia concentrazione separarmi dai ricordi che ho di lei.

È la madre di Xué Lǐ. L’ha cresciuto da sola, ha mantenuto i suoi studi, non gli ha mai fatto mancare niente. L’ha amato molto.

Vorrei dirle che adesso è morto, e che al suo posto ci sono io, ma credo che lo capirà da sola molto presto.

Mi siedo a tavola e lascio che lei mi tocchi il viso a mo’ di saluto. Le brillano gli occhi, ogni mattina è per lei come vedere il sole che sorge. È molto fiera di suo figlio, e lui non le ha mai dato motivo di ritrattare quel sentimento. Si è impegnato, ha studiato, si è realizzato, ha una vita ricca proprio come lei aveva sperato. 

Un bel quadretto.

Se questa è l’idea dell’Universo di punirmi ha sbagliato di grosso. 

Perché la mia anima è trasmigrata in questo corpo? 

Mangio in silenzio, concentrato su altri pensieri, altri ricordi, così quelli di Xué Lǐ prendono il sopravvento. Tra qualche giorno c’è un esame importante, quello per cui sto studiando notte e giorno; oggi devo passare tutto il giorno all’università, studiare con alcuni compagni, costruire il mio futuro.

È irritante. 

« Faccio tardi. » dico solo, senza riconoscere la mia voce. 

La madre di Xué Lǐ annuisce, greve, sapendo benissimo quanto si impegna ogni giorno, e mi lascia andare. 


L’università è un’esperienza nuova per me, anche se in qualche modo mi ricorda la cerimoniosità del clan Jin. C’è una sorta di danza tra gli studenti più giovani, i più vecchi e gli insegnanti, danzano intorno ad usi e costumi che vengono dal mio tempo e che hanno assimilato con il passare dei secoli.

Non mi stupirei di veder camminare tra loro Jin GuangYao, con la stessa disgustosa pomposità.

Sono operosi come le api, consapevoli del loro ruolo nella società. Certe cose, immagino, non cambiano mai. 

Sento sulla lingua il sapore della delusione, per cui lascio che i piedi mi guidino verso i distributori.

Sovrappensiero lascio scivolare le monete nella fessura, e guardo il pacchetto di caramelle che viene spinto giù. 

Adesso ho i soldi per comprarmi da solo i dolciumi. Mi chiedo se il sapore è lo stesso di quello che ricordo. 

È proprio mentre apro il pacchetto che qualcuno mi urta il braccio, facendo cadere a terra tutti i confetti colorati. Trattengo il fiato, lo sguardo scatta dall’alto verso il basso.

« Ho ucciso per molto meno. » commento, ad alta voce, stupendo persino me stesso.

« Scusami! » il cuore si ferma, il respiro cessa, sotto ai piedi sento sabbie mobili che mi trascinano verso il basso. Il ragazzo si abbassa per raccogliere i confetti caduti, anche se ormai sono da buttare. 

Con l’eleganza di una farfalla e con la stessa delicatezza ne prende una manciata, che guarda come se fosse il corpo di un uccellino morente.

« Non ti avevo visto, ero di fretta, mi dispiace tanto. Lascia che te le ricompri. » 

Non ho voce per rispondere, lo guardo mentre getta le caramelle nel bidone di fianco al distributore e infila le monete per comprarne delle altre.

Mi mette tra le mani il pacchetto, sorridendo con quel suo sorriso abbagliante, puro e bianco come neve appena caduta. 

I suoi occhi possono vedere, possono vedermi, ma allo stesso tempo è cieco a chi sono davvero.

Xiao Xingchen si inchina profondamente, mi chiede ancora scusa per avermi urtato, mi augura una buona giornata, riprende il suo zaino e corre verso la classe.

Lui è qui.

Stavolta lascio che le lacrime mi scivolino sul viso.

È vivo. 

Siamo tornati insieme.

Questa è la nostra seconda possibilità.

Stavolta non lo lascerò scappare.

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The Corner 

All'inizio pensavo di scrivere qualcosa su Wei Wuxian, d'altronde è lui che si è "reincarnato" e il prompt parlava proprio di quello, migrazione di un'anima da un corpo ad un altro. Poi ho avuto un flash per Xue Yang e...niente, eccoci qui. 
Chissà se Xiao Xingchen sarà cosciente come lui? O sarà del tutto ignaro di chi "è stato"?
Chi lo sa.

Chii
   
 
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