Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: Dhialya    06/10/2021    1 recensioni
Il legame profondo tra una ragazza divenuta Regina e una guerriera dallo sguardo dolce e le frecce dalle piume bianche.
Un passato di cui pochissimi sono a conoscenza, risalente a prima dell'arrivo di Jadis e dei cento anni d'inverno.
Il compito di una lupa dagli occhi di ghiaccio ed un destriero dal manto nero come la notte.
Cosa si cela realmente dietro la Grande Magia e il cui potere è conosciuto solo dal grande Aslan?
C'erano regole che erano state rotte, accordi strappati e segreti che non potevano più essere taciuti, legami che andavano ripristinati e compiti da svolgere. E tutto ciò sarebbe venuto a galla, presto. E non osava - o non voleva - immaginare le conseguenze che tutto ciò avrebbe comportato.
Sulle persone coinvolte e sull'equilibrio di Narnia stessa.

Sullo sfondo della guerra contro Telmar un segreto, tenuto nascosto per più di milletrecento anni, sta per essere rivelato.
[Revisione totale programmata alla sua conclusione.]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Caspian, Edmund Pevensie, Famiglia Pevensie
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Spirits Within - The Just and the Sly special moments.'
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Narnia's Spirits
Occhi che parlano.













Susan uscì dalla Casa di Aslan giusto in tempo per osservare i Narniani che formavano le fila del loro esercito iniziare a radunarsi nella prateria di fronte al rifugio, trepidanti di agitazione per l'imminente arrivo dei Telmarini.

Erano così tanto impegnati a sistemare le loro cose e dare direttive ai più piccoli che avrebbero dovuto inoltrarsi nella foresta insieme agli anziani – i primi troppo giovani per combattere e l'ultima speranza che le loro specie non scomparissero del tutto, i secondi troppo deboli per poter partecipare e portatori di esperienza –, che a lei nemmeno fecero caso, mentre vi passeggiava in mezzo osservandoli iniziare a lavorare come formiche impazzite sotto le direttive dei comandanti.

Sospirò, la Pevensie, scuotendo la testa rassegnata e pensando che quella era proprio la reazione che lei e i suoi fratelli avrebbero voluto evitare.

A nulla era valso il tentativo suo e di Peter di tenerli il più possibile all'oscuro per cercare di prendere tempo e iniziare ad ideare un piano da esporre, sicuri che prima o poi sarebbero sorte delle domande su come avrebbero dovuto agire; i mormorii sommessi, le occhiate angosciate che si scambiavano le madri e il continuo osservare con spasmodica attenzione i confini della foresta da parte delle sentinelle erano i segni inequivocabili che la notizia che l'esercito di Telmar sarebbe arrivato – sarebbe arrivato davvero, quel giorno – era diventata di pubblico dominio, e i Narniani avevano già iniziato a mettere in pratica ciò che da tempo era stato deciso: salvare chi non poteva effettivamente combattere, iniziare ad impugnare le armi ed indossare le armature per essere pronti ad ogni evenienza.

Sue si umettò le labbra, socchiudendo gli occhi per la luce del sole ed appoggiandosi a peso morto sopra una delle tante rocce che formavano il rifugio. Non poté impedire al proprio sguardo di soffermarsi nel punto in cui sapeva che erano andati Caspian e Lucy, seguendo esattamente la direzione che Evelyn aveva preso giorni addietro.

Percepì le le gambe molli per l'ansia che le era tornata ad attanagliare le viscere a quel ricordo e non riuscì a fermare il tremore continuo a cui erano sottoposte le sue dita.

Come avrebbe fatto a combattere con l'arco se non fosse più riuscita a tenerle ferme?

Susan fece un respiro profondo, dardeggiando con lo sguardo assottigliato ed in attenzione per la radura illuminata dal sole da non più di una manciata di ore ed aspettandosi di vedere comparire da un momento all'altro le divise dei soldati di Telmar.

Ancora le ricordava bene dalla notte in cui avevano provato a prendere possesso del castello di Miraz. La sensazione di impotenza ed annullamento che i soldati le avevano provocato quando erano stati circondati dagli arcieri sulle mura era stato il suo incubo per giorni.

Percependo l'ansia comprimerle il petto per l'aspettativa che cresceva attorno a lei in modo palpabile, realizzò di non potersi assolutamente concedere di dubitare di se stessa in un momento così critico.

Non poteva permettersi di crollare, di mollare proprio in quel momento, andando ad alimentare il desiderio di ritornare alla tranquilla vita di Londra che ogni tanto era venuto a farle visita in quelle notti insonni, solo perché si ritrovava con il peso di una realtà che non riusciva a gestire e sentiva scivolarle via dalle mani mano a mano che il tempo scorreva.

Mancava così poco, ormai, per sapere quale sarebbe stato il suo destino... il destino di tutti.

L'arco era parte di lei, le frecce che scagliava il prolungamento delle sue braccia, l'arma a cui il suo corpo e la sua mente si erano plasmati crescendo in simbiosi per quindici lunghi anni e che le aveva sempre permesso di proteggere da lontano i suoi fratelli ed il loro esercito.

Non aveva mai fallito e non avrebbe di certo iniziato quel giorno.

Cullandosi in quei pensieri, Susan sentì la tensione allentarsi leggermente, permettendole di tornare a respirare l'aria frizzante del mattino e riuscendo, per un solo breve attimo, a ritrovare la sensazione di essere nuovamente nella Narnia che aveva amato, con le fronde degli alberi danzanti e i suoni dei flauti a rallegrare il bosco.

L'illusione di essere nuovamente a casa le sbocciò nel petto e non poté impedirsi di godere di quell'emozione che, si rese conto, le mancava come l'aria.

Si stava abituando a Londra, ma mai la sensazione di appartenenza che quel mondo le aveva sempre donato avrebbe potuto venire eguagliata da qualsiasi altro posto. Ora che l'aveva lì, che la percepiva addosso come se facesse parte di lei, desiderava non perderla più.

Avrebbe pagato oro pur di poter tornare alla vita vissuta nella Narnia di milletrecento anni prima.

Occhieggiò nuovamente i dintorni, soffermandosi in particolare sullo stesso punto di poco prima, quello da dove aveva visto sparire sua sorella e il Principe di Telmar.

Doveva essere fiduciosa.

Anche se la prospettiva di rivedere Eve la metteva a disagio, facendole assorbire l'indignazione di Peter per ciò che aveva visto e che lei poteva solo immaginare come una spugna, avevano bisogno di tutto l'aiuto possibile: ed Evelyn in battaglia era brava – forse non possedeva il carisma di Peter o l'acume di Edmund – ma nessuno poteva negare che fosse un aiuto prezioso, un alleato che avrebbe fatto il possibile per coprirti le spalle.

E, dopotutto – Susan si arrese a quel pensiero sospirando rassegnata tutta la frustrazione che le circolava in corpo – per lei rimaneva pur sempre sua sorella.


***
 

-L'esercito di Telmar sta arrivando.-

Lucy si scambiò un'occhiata allarmata con Edmund, mentre nel giro di un paio di falcate Caspian e Peter avevano già raggiunto i nuovi arrivati appena entrati nella sala della tavola di pietra.

Per qualche secondo sembrò che l'atmosfera si fosse come congelata nel tempo, facendo calare un velo di freddezza nonostante i fuochi che eterni ardevano lungo il perimetro donando quella particolare sensazione di trovarsi in un ambiente intimo.

-Davvero?- mormorò infine Edmund, incredulo, sentendo il battito accelerare per l'agitazione. Non c'era più tempo da perdere.

Trumpkin si limitò ad annuire tirando le labbra, serio, lanciandogli uno sguardo che fece pentire il Pevensie per aver fatto quella domanda, anche se non vi era accusa nella sua espressione. Era ovvio che fosse vero, non avrebbero mai scherzato su una cosa simile.

-Quando?- volle sapere Peter, pratico, facendo distogliere l'attenzione dei fauni e del nano dal fratello e catalizzandola su di sé: se non avevano terminato il ponte da troppe ore, forse avevano ancora un po' tempo per prepararsi prima che tutto l'esercito attraversasse il fiume.

-Questa mattina presto, Mio Signore. Le prime truppe sono già sulle nostre sponde.-

Il Pevensie, come tutti i presenti, spostò la propria attenzione su Glenstorm, arrivato pochi secondi prima ed ancora sulla soglia.

Aveva mandato delle sentinelle ad osservare a che punto fosse la costruzione, ma quelle erano tornate prima del solito, facendogli capire che qualcosa non andava – e non si era sbagliato. I Telmarini si stavano già preparando per entrare nella foresta e per evitare di essere scoperte le sentinelle erano dovute tornare subito al campo. Sospettava, inoltre, che presto alcuni soldati sarebbero arrivati al limitare del bosco, mandati in avanscoperta per raccogliere informazioni sulla loro situazione.

Il suo intervento colpì i Re come un dardo scoccato con feroce maestria, adombrandogli i visi in un'espressione cupa.

Peter cercò automaticamente lo sguardo di Caspian a quelle parole, trovandolo già intento a fissarlo come se si aspettasse quel gesto: gli indicò la porta con un cenno del capo, lanciando una veloce occhiata a Lucy, che gli si era affiancata.

-Andate.- si limitò a dire, distogliendo lo sguardo e sospirando rassegnato. Non gli piaceva ancora, quell'idea, ma non c'era più tempo ed era consapevole che se ne sarebbe dovuto fare una ragione, che fosse d'accordo o meno.

I due si limitarono ad annuire senza perdersi in chiacchiere, ma quando gli passarono accanto Peter fermò la sorella prendendola per un polso, ottenendo solo una stretta di mano ed un cenno di sorriso prima che si divincolasse dalla presa per raggiungere il Principe di Telmar.

Temeva l'eventualità che incontrassero l'esercito mentre erano nel bosco da soli. Non avrebbero avuto scampo.

-Aspettate!- Susan osservò la scena senza capire, seguendo con gli occhi le figure dei due immettersi nel corridoio senza darle ascolto. Caspian la guardò dispiaciuto mentre Lucy li salutò lasciandosi alle spalle la promessa che sarebbero tornati presto.

Sue sentì una punta di nervoso risalirle il corpo per non essere ascoltata. Con un unico movimento si voltò verso il fratello maggiore, gli occhi che mandavano lampi di rimprovero.

-Andate? Andate dove?- domandò, con voce strozzata, indicando con un dito l'uscita. Il volto le si contorse lievemente, dando vita ad un'espressione angosciata che rese ancora più pallido il viso già trasudante di stanchezza. Non capiva cosa stava succedendo ed intuì che la cosa aveva a che fare con il fatto di averli trovati tutti insieme a confabulare.

Si sentì offesa per non essere stata resa partecipe di qualsiasi cosa stessero decidendo senza di lei.

-È pericoloso, Peter! Ci sono i Telmarini! Peter? Mi stai ascoltando?!- rincarò, come un martello contro il ferro caldo, sbattendo le mani sulla pietra per dare enfasi alle sue parole affinché la guardasse. Cosa avevano in mente? Non avrebbe accettato l'idea che altre persone che amava si mettessero in pericolo, come già Eve era persa chissà dove e non sapeva se avrebbero avuto tempo per cercarla.

I Narniani restarono perplessi per la sorpresa nel vederla perdere la compostezza che si ostinava sempre a mantenere, tuttavia Edmund non fu sorpreso della reazione. La sorella era terribile, se perdeva seriamente la calma.

-Dannazione Sue, lo so!- sbottò il Pevensie, stanco della pressione che Susan gli stava mettendo addosso impedendogli di concentrarsi su un piano per non cadere vittime della guerra.

Perché? Perché non capiva che avevano altro a cui pensare, in quel momento?

La Pevensie sussultò per quella rabbia improvvisa che vide gonfiargli le vene del collo e arrossargli le guance, rimanendo con la bocca spalancata per vari attimi, incapace di formulare una frase e continuando a osservare il modo cagnesco con cui il fratello stava ricambiando il suo sguardo carico di sgomento.

Si riprese, accigliandosi per quei modi bruschi ed arricciando il naso, in quei gesti particolari che precedevano sempre l'inizio di una discussione che avrebbe portato quasi sicuramente ad una litigata. Non avrebbe accettato di essere ancora messa da parte. Non si sarebbe accontentata di stare a sentire.

Voleva sapere.

Fece il giro della pietra spezzata per fronteggiare meglio Peter, e gli occhi ridotti a due fessure sembrarono essersi oscurati di colpo, prendendo il colore plumbeo del cielo che li aveva sovrastati i giorni precedenti. Susan risucchiò l'aria pretendendo da se stessa di non perdere completamente la pazienza, fumante di una collera che così poco si adattava alla sua persona sempre controllata.

Era stufa, stufa che decidesse sempre per tutti.

Se erano finiti in quella situazione era anche colpa sua, che aveva taciuto convincendoli a stare zitti – per poi essere il primo a pretendere di sapere sempre tutto ciò che accadeva.

Susan odiò Peter per un breve attimo, ritenendolo incoerente e percependo la rabbia per ciò che la sua impulsività aveva causato farle tremare le mani dalla voglia di tirargli uno schiaffo pur di sfogare tutto il tormento a cui era stata sottoposta in quei giorni. Afferrò i lembi della gonna per trattenersi.

-Stanno andando a cercare Eve.- Edmund le si avvicinò di qualche passo, entrando nel suo campo visivo e facendo in modo, così, che la sorella arrestasse il passo, come se avesse schiacciato un pulsante di spegnimento. La vide lanciare uno sguardo al biondo, occhiata a cui il maggiore rispose alzando le sopracciglia come se ciò che aveva sentito fosse tutta la spiegazione di cui necessitava per calmarsi, per nulla turbato dalle reazioni della Regina a cui ormai era abituato.

Susan scoccò la lingua contro il palato, per nulla soddisfatta, rivolgendo la propria attenzione verso Edmund, sopprimendo la perplessità che le dava il fatto che le avesse rivolto la parola per primo, addirittura facendo in modo che non litigasse con Peter. Le poche volte che l'aveva incrociato aveva fatto sempre in modo di evitarla, dettaglio che non le era sfuggito e che l'aveva mortificata, ma di cui non riusciva a fargliene una colpa.

-Cosa hai detto?- domandò, e fu chiaro che pretendeva delle risposte un po' più articolate di cinque parole mormorate con indecisione.

Edmund sussultò per l'imbarazzo, sentendo le guance imporporarsi al pensiero che anche Sue sapeva ed odiando se stesso per non riuscire a controllare quelle reazioni. Non era proprio il momento di vergognarsi...

Susan continuò a fissarlo, mordicchiandosi un labbro per il disagio che sentiva provenire dalla figura del Giusto e che le stava facendo tendere i nervi, percependo l'atmosfera farsi pesante. Occhieggiò Peter, trovandolo preso a parlare con i Narniani, totalmente dimentico della sua presenza e non si stupì della cosa: dopotutto era pur sempre il Re e l'esercito necessitava di iniziare a prepararsi, senza contare che se credeva di avere ragione era sordo a qualsiasi contestazione.

La Pevensie ripuntò l'attenzione verso Edmund, dopo aver scosso lievemente la testa, decidendo di cogliere l'occasione per parlarci.

Lo vide sussultare per quel gesto improvviso che non si aspettava e abbassare lo sguardo, e Sue sentì una fitta di senso di colpa attanagliarle le viscere, dandole la sgradevole sensazione di aver fatto qualcosa di sbagliato. Le diede l'impressione di un animale messo in gabbia che cerca in ogni modo di scappare.

Povero Ed...

Gli si avvicinò, cauta, guardandolo per esortarlo a parlare cercando di addolcire lo sguardo più che poté.

-Caspian e Lucy sono andati a cercare Eve.- le spiegò, calmo, grattandosi la nuca ed osservandosi intorno per evitare di dover sostenere il suo sguardo. Sapeva che lei non gli stava domandando nulla di quello che era successo, ma Edmund non riusciva comunque a sentirsi in pace con se stesso, percependo l'agitazione pungolarlo poco sotto il petto.

Il Pevensie socchiuse gli occhi e rilasciò un grosso sospiro di frustrazione, raccogliendo il coraggio di guardare in faccia sua sorella almeno per vedere con quale espressione lo stesse osservando. Contro ogni sua peggiore prospettiva, vi lesse un sollievo genuino raddolcirle i lineamenti.

-Sanno dove si trova? Per questo eravate qui?- Susan sembrò rianimata per quelle parole, e gli occhi le luccicarono per l'aspettativa di rivedere sua sorella e il conforto nel sapere che non era dispersa come aveva sempre immaginato nei suoi peggiori incubi. Edmund annuì, mordendosi un labbro.

-Ho provato... ho provato a parlarci, ma mi ha cacciato via.- mormorò, ricordando la sensazione di fallimento che l'aveva investito quando era stato costretto a tornare al rifugio senza aver potuto concludere nulla come se gli fosse stata incisa addosso.

La consapevolezza di non essere stato in grado di poter risolvere la situazione che aveva creato l'aveva tediato vivo per parecchie ore ed accettare il fatto che Evelyn ce l'avesse a morte anche con lui era stato un boccone amato con cui imparare a convivere.

-Oh...- Sue si portò una mano alla bocca, schermando le labbra schiuse per la sorpresa. Non sapeva che Ed avesse provato a raggiungere Eve... era stata troppo intenta a piangersi addosso. Ancora una volta, non era stata in grado di capire ciò che le succedeva intorno.

Stupida, stupida Susan...

Ingoiò il groppo di rimorso che le bruciava in gola e si avvicinò al fratello ancora di più, cercando di scacciare ciò che le aveva detto Peter e percependo il dolore e la solitudine sprigionati dalla sua figura come se fossero propri: Edmund era bianco come un cadavere, con la voce roca di chi non riesce a parlare senza rischiare di spezzarsi sotto il peso delle proprie parole e lo sguardo spiritato di chi sembra aver visto il proprio peggior nemico.

A Susan ricordava i volti dei bambini sconvolti dalla paura a causa dei bombardamenti notturni e le si strinse il cuore per la tristezza nel riportare a galla quei tormenti subiti.

Cercò di scacciare tutte le sensazioni sgradevoli che aveva coltivato fino a quel momento.

-Sono certa che non avrebbe ascoltato nessuno di noi. È una testona, lo sai.- provò a rassicurarlo, cercando di infondergli un po' di sollievo esattamente come Caspian aveva fatto con lei. In fondo, non credeva nemmeno lei a ciò che diceva: Eve era sì una testona impulsiva, ma ciò non cambiava il fatto che fossero loro ad essere in torto nei suoi confronti ed avesse tutte le ragioni del mondo per voler prendere le distanze.

Edmund sospirò, stanco, percependo le palpebre pesanti per la stanchezza. Mugugnò un assenso, stropicciandosi gli occhi, facendo poi dardeggiare lo sguardo su Peter ancora impegnato a dare le prime direttive ai Comandanti. Non si sforzò di capire cosa gli stesse comunicando, troppo impegnato a rimuginare.

-Spero solo che Lu e Caspian facciano in fretta e che accetti di tornare.- commentò poco dopo, catalizzando l'attenzione di Susan nuovamente su di sé e sondando la sua espressione con un'occhiata in tralice.

La sorella rimase in silenzio qualche attimo, torturandosi le dita delle mani e picchiettando un piede a terra, nervosa, riflettendo sulle sue parole e percependo il disagio e l'ansia che Edmund emanava con ogni fibra del suo corpo, il dispiacere inchiodato in fondo allo sguardo che le dava una fitta al cuore ogni volta che ne percepiva la presenza.

Avrebbe voluto dirgli che non ce l'aveva con lui per ciò che era successo, che l'importante era solo che fossero felici e tornassero uniti come prima, ma non ci riuscì e preferì tacere, sentendo ancora acerbo il seme dell'accettazione totale.

-Già...-



***


Susan si riscosse da quel ricordo percependo una mano sulla spalla. Sussultò per la sorpresa, sbattendo la palpebre varie volte e mettendo a fuoco la figura che le si era affiancata, riconoscendolo non senza una certa fatica dovuta alla poca attenzione che stava riservando a ciò che la circondava.

-Sue... ?- la chiamò Edmund, accorgendosi dello sguardo spaesato che gli stava rivolgendo e ritraendo la mano, come scottato dal suo stesso gesto.

-Si?- domandò quella, non capendo il motivo di quell'intromissione. Era convinta che fosse con Peter per vedere a che punto fossero con la costruzione di armi, per essere sicuro ce ne fossero abbastanza per tutti, e che non si sarebbe liberato tanto presto dal compito di assicurarsi che le prime direttive del Re Supremo venissero eseguite.

Peter aveva deciso con Glenstorm di far conteggiare armi e armature, i viveri rimanenti in caso di un eventuale assedio, le scorte di erbe medicinali per i feriti che ci sarebbero sicuramente stati... e da quelle poche richieste i Narniani avevano capito che c'era nell'aria qualcosa di diverso.

Susan sospirò. Non che avrebbero potuto tenerglielo nascosto per molto...

-Peter chiede se puoi andare da lui per discutere degli arcieri.- le disse, seguendo con lo sguardo due minotauri sorpassarlo e raggiungere un gruppo di nani per dar loro alcune asce. L'aria del mattino gli schiaffeggiò il viso, dandogli la spiacevole sensazione della pelle tirata per la troppa secchezza.

Edmund si grattò una guancia, tornando a guardare Susan, che non aveva ancora parlato.

-Sue?- riprovò, notando come non desse cenni di volersi spostare. La Pevensie sussultò sul posto, alzandosi di scatto dal masso su cui stava seduta come punta da uno scorpione.

-Ah si, si... ora vado.- mormorò, ravvivandosi i capelli ma lanciando, tuttavia, un ultimo sguardo alla prateria.

-Stavo controllando... per vedere se tornavano Lucy e Caspian...- si giustificò, accorgendosi dell'apprensione che adombrava i lineamenti del volto di Edmund. Il moro annuì, comprendendo la sua agitazione, cullandosi nella certezza che non fosse l'unico a nutrire la speranza di vederli ricomparire seguiti dalla figura di Evelyn.

Si perse ad osservare il cielo azzurro, le chiome degli alberi smosse dal lieve vento autunnale che davano vita al sibilo inconfondibile dell'aria che faceva frusciare le foglie tra loro. In un'altra circostanza, quella sarebbe stata una bella giornata di cui godere, approfittando dell'ultimo calore estivo sprigionato dal mondo che ancora tentava di resistere all'arrivo dell'inverno.

-Sai, Ed...- lo richiamò Susan, rompendo la sua bolla di pensieri e catalizzando tutta la sua attenzione in una manciata di attimi. La vice mordersi un labbro e distogliere lo sguardo un paio di volte, in un chiaro gesto di indecisione.

-Mi dispiace non aver capito che qualcosa non andava.- borbottò sua sorella, mantenendo un filo di voce basso per non farsi sentire da orecchie indiscrete e abbassando lo sguardo sui suoi piedi. Edmund ci mise qualche attimo a recepire il senso di quelle parole.

-Non che abbia accettato l'idea, o sia d'accordo... la penso come Peter. Però mi spiace non esservi stata d'aiuto e che le cose si siano scoperte in questo modo.- tentò di spiegarsi, senza capire il motivo che l'aveva spinta a tirare fuori quell'accozzaglia di giustificazioni e scuse che suonò contorta perfino per lei.

Si malediva per non essere stata in grado di recepire che qualcosa non andasse, proprio davanti ai suoi occhi, e si malediva ancora di più per non essere stata in grado di prendere la decisione di tirare fuori tutta la verità non appena se ne presentava l'occasione, preferendo cullarsi nella sua bolla di paradiso ignorando volutamente l'inferno che avrebbe potuto scatenarsi al di fuori.

Finché con i suoi fratelli era sempre andato tutto bene il resto non le era mai importato. Ed era stato un errore enorme.

Era stata superficiale.

-Non fa nulla. Non credo sarebbe cambiato molto, almeno per me, e conoscendo Eve sono certo che pensi le stesse cose.- le disse il moro, avvicinandosi leggermente per poter continuare a mantenere la voce bassa. Susan corrugò la fronte, non capendo quella risposta.

-Ero convinta che tu e___- iniziò, ma Edmund la interruppe, reprimendo un sorriso di ilarità prima di scoppiare a riderle in faccia. Davvero Susan pensava che avessero mentito a tutti loro volutamente?

-Io ed Evelyn non ci siamo mai avvicinati prima dell'altra sera. Non avreste mai potuto sapere nulla perché nemmeno noi sapevamo di essere ricambiati nei nostri sentimenti. È stata una sorpresa.- le spiegò, e sperò che capisse che, se avevano taciuto, era perché fortemente consapevoli delle brutte conseguenze che confessare quel segreto avrebbe comportato. Non volevano rovinare il rapporto tra tutti loro, non volevano rischiare di perderli per una cosa così intima che per molto tempo avevano sempre cercato di confinare in un cassetto. Se aveva imparato a conoscere Evelyn  bene come credeva, era sicuro che anche lei aveva avuto quei tipi di pensieri.

Edmund ebbe una fitta al cuore immaginando quanto tormento doveva aver sopportato, se come aveva intuito provava qualcosa che fosse anche solo un pizzico del suo sentimento per lei.

Evelyn...


-Io... non so cosa dire, Ed.- confessò Sue, socchiudendo gli occhi e percependo una grande desolazione annientare tutto ciò che aveva covato fino a quel momento. Si era lasciata trasportare troppo dalla rabbia di Peter, senza nemmeno dare la possibilità ai due di spiegarsi. Rimaneva sempre un concetto di difficile digestione, qualcosa a cui la sua mente rispondeva mandando tutto in cortocircuito quando vi ripensava, ma aveva la sensazione di riuscire ad intuire la motivazione che li aveva spinti alla segretezza, al perché erano giunti al momento dello scoppio.

Se trattieni troppo qualcosa, alla fine esplodi. E loro erano esplosi, attirati inesorabilmente come calamite. Era stata solo questione di tempo.

Quanto? Quanto tempo in cui lei avrebbe potuto mostrarsi più attenta nei loro confronti, in cui avrebbe potuto fungere da appoggio per confidarsi?


Susan sospirò, non capendo da che parte pendesse il suo giudizio, arrovellandosi la mente per cercare di rimanere salda sulle convinzioni a cui si era aggrappata fino a quel momento e che le avevano tolto il sonno e annebbiato la mente. La convinzione che non sarebbe mai riuscita ad accettare quella situazione. La convinzione che se fosse stata sincera fin da subito Evelyn non ce l'avrebbe avuta con loro – e forse anche quella storia dell'essere innamorati avrebbe avuto una sfumatura diversa agli occhi di tutti.

La Pevensie si prese la testa tra le mani, tirandosi alcune ciocche di capelli per la frustrazione. Edmund le posò entrambe le mani sulle spalle, obbligandola in quel modo a guardarlo negli occhi.

-Tranquilla, Sue. Non è colpa tua.- la rassicurò, notando gli occhi lucidi che tentava di nascondere dietro le palpebre e le guance arrossate. La sorella sospirò lievemente, lottando contro la vocina nella sua testa che le gridava di allontanarsi. Abbracciò Edmund in uno slancio di dispiacere, cercando un appiglio per sfogare la tristezza che la stava nuovamente investendo come un treno in corsa e senza capire se quel gesto fosse più per lei o per il fratello.

-Mi dispiace, mi dispiace...- mormorò, sconnessa, travolta da tutta la marea di emozioni che stava provando. La tensione aggiuntasi per la guerra imminente non aiutava.

Aveva paura, una paura terribile che sarebbero morti senza riuscire a perdonarsi a vicenda. Non voleva passare gli ultimi istanti della propria vita con il rimorso di non aver fatto il possibile per provare a sistemare le cose e con l'angosciante sensazione della rabbia che le gorgogliava nello stomaco, incapace di provare a trasformarla in un sentimento più pacifico. Non che improvvisamente fosse tutto cancellato, ma non voleva nemmeno vivere con la certezza che avrebbe potuto impegnarsi per provare a reagire in modo differente a tutto quello.

Tra l'eventualità di dover scegliere tra rischiare di perdere i suoi fratelli e dover accettare in futuro che magari si sarebbero amati, era sicura che la prima le avrebbe portato più dolore. Voleva loro troppo bene per sopportare l'idea di non vederli più.

Edmund le picchiettò la mano sulla schiena, cullandosi suo malgrado in quell'abbraccio che sapeva di casa e sentendosi nuovamente in colpa per ciò che il suo gesto avventato aveva causato. Non pensava che Susan sarebbe tornata a parlargli in così poco tempo.

Sorrise tristemente, nascondendo il viso contro la sua spalla e lasciandosi andare alle carezze sui capelli ed i mormorii di scuse che Susan gli sussurrava all'orecchio.

-Andrà tutto bene.-


***


Peter uscì dalla casa di Aslan non seppe bene dopo quanto tempo aver ricevuto la notizia che i Telmarini stavano arrivando, ma rivedere la luce del sole e l'azzurro del cielo dopo quella che gli era sembrata un'eternità di tempo passata al buio con la compagnia dei fuochi, sforzando la vista per colpa della penombra, gli diede l'impressione di aver ricevuto un secchio di acqua gelida in pieno viso.

Grazie all'aria fresca e pulita sentì immediatamente le palpebre perdere il torpore a cui si stavano abbandonando ed i sensi tornare in allerta, attenti ad ogni particolare di ciò che gli succedeva attorno.

Si passò una mano tra i capelli arruffati e bevve avidamente dell'acqua dalla borraccia che portava in vita, percependo immediatamente il sollievo che gli diede la bevanda scorrere lungo la gola secca. Gli sembrò di essere un disperso nel deserto che trova da bere dopo giorni di digiuno.

Percepì in viso i raggi del sole scaldargli la pelle e chiuse gli occhi, prendendosi dei secondi per fare in modo che la tensione che sentiva circolargli in corpo allentasse la sua morsa: non si era ancora fermato un attimo ed aveva la sensazione di essere stato sballottato in giro come una trottola, complice l'adrenalina che aveva iniziato a scorrergli nelle vene rendendolo incapace di fermarsi. Aveva sempre trovato qualcosa da fare, qualche cosa da controllare o di cui accertarsi... non voleva tralasciare nulla.

I Narniani erano arrivati ad un momento di stasi, dopo essersi dati da fare per sistemare le ultime cose, ed il gruppo di coloro che non avrebbero combattuto aveva già eseguito l'ordine di mettersi al sicuro.

Peter aveva convenuto con Edmund e Glenstorm che sfruttassero ogni minuto disponibile per mettere distanza tra loro ed i nemici, non senza qualche remora da parte di quelli più inclini a voler restare: era riuscito a convincerli a partire affidandogli il compito di proteggere il resto del gruppo – anche se, contro un esercito, non avrebbero avuto scampo.

Sospirò, occhieggiando i propri piedi e smuovendo la terra con i calzari, incapace di stare fermo nonostante la pausa che si era concesso prima di rischiare di crollare da un momento all'altro: ora non gli rimaneva che aspettare che Caspian tornasse, in modo da ideare un piano con gli altri.

Aveva anche già vagliato l'ipotesi che Lucy e il Telmarino potessero non tornare in tempo, motivo per cui la sua mente aveva iniziato a ragionare sulle possibili tattiche con cui avrebbero potuto affrontare la guerra, ma era un'ipotesi a cui non aveva concesso di prendere troppo spazio nella sua mente.

Dal momento che Caspian sicuramente conosceva meglio di tutti loro i Telmarini grazie alla posizione sociale che aveva ricoperto fino a pochi mesi prima, sicuramente era a conoscenza anche delle tattiche utilizzate in guerra – magari non aveva mai combattuto seriamente prima di allora, ma di sicuro aveva studiato le strategie in vista di un futuro da condottiero e si era allenato per anni.

Non pensava che sarebbe mai arrivato a formulare un pensiero simile, Peter, ma dovette ammettere a se stesso che quel ragazzo era la risorsa più importante che avevano in quel momento così delicato per non lasciarsi cogliere impreparati.

Non voleva ripetere l'errore fatto quando aveva deciso di attaccare il castello.

Non si era ancora perdonato per quell'eccesso di orgoglio che gli aveva annebbiato i giudizi, facendolo entrare a gamba tesa in un mondo ormai completamente diverso da come l'aveva lasciato, andando così incontro ad una strage che, forse, poteva essere evitata. Il Pevensie sentiva ancora sulle spalle il peso di tutte quelle vite spezzate e il ricordo dei pianti dei sopravvissuti era risuonato nelle sue orecchie per giorni.

Narnia si era evoluta, a suo modo, e con lei i suoi abitanti e coloro al di fuori dei confini, ed era giunto alla conclusione che avrebbe dovuto imparare a riscoprire quel mondo esattamente come aveva fatto milletrecento anni prima, sotto la guida pacifica di Tumnus e dei Castori.

Peter fissò lo sguardo al cielo, osservando le nuvole scorrere placide nell'infinita distesa azzurra, ignare del caos che di lì a poche ore si sarebbe consumato sotto di loro.

Con un ultimo respiro particolarmente profondo decise di tornare all'interno del rifugio in modo da continuare ciò che aveva lasciato a metà, ma un movimento a lato della radura lo bloccò dal dare completamente le spalle al bosco che lo circondava, attirando completamente il suo sguardo.

Il Pevensie rimase immobile sulla soglia di pietra, strizzando gli occhi per osservare meglio, riconoscendo all'istante le figure che si stavano avvicinando nonostante la luce del sole che gli puntava dritta in faccia.

Caspian e Lucy.


Non poté impedire alla propria bocca di farsi secca per l'agitazione nel momento in cui, alle loro spalle, il suo sguardo dardeggiò febbrilmente, carico di aspettativa, incontrando nel giro di qualche attimo le sagome di Lia e Dhemetrya, seguite da quelle che automaticamente capì fossero Antares con Eve.

Evelyn.


Peter percepì il sollievo prendere il posto dell'ansia, donandogli la sensazione di una pace statica che in quei giorni gli era profondamente mancata: la consapevolezza che Eve fosse tornata, che avesse accettato di rivederli, sapere di averla nuovamente lì, dove poteva proteggerla in caso di pericoli, gli fece sfarfallare lo stomaco di una felicità che non si sarebbe aspettato di provare in modo così viscerale.

Deglutì a vuoto, incapace di fare qualsiasi cosa di diverso dall'aspettare che il gruppo lo raggiungesse, consapevole di non riuscire a staccargli gli occhi di dosso e non rendendosi conto di essere stato raggiunto da Edmund e Susan fino a quando la sorella non gli mise una mano sulla spalla, invitandolo con un cenno del capo a seguirli per andare ad accoglierli.

Peter si grattò la nuca, sentendosi spaesato come un bambino che perde la mamma e non capendo la motivazione dietro quell'improvviso macigno che sentiva attanagliargli lo stomaco in una morsa sempre più ferrea.

Aveva paura. Temeva ciò che a mente fredda avrebbe potuto dire Evelyn, perché sapeva di avere sbagliato a mentirle.

-Peter?- lo richiamò Edmund, a un paio di metri di distanza, riuscendo a controllare a stento la voglia di correre incontro ai nuovi arrivati sfogando la tensione mordendosi il labbro. Il maggiore dei Pevensie lo osservò in viso, notando le guance leggermente imporporate per l'agitazione e frenando l'istinto di dirgli qualcosa a riguardo quando intercettò l'occhiata truce con cui Susan lo stava studiando.

Sue lo conosceva abbastanza profondamente da avere intuito il cambio di emozioni solo dal modo in cui l'aveva visto tendere il collo e dilatare le narici. Ma non avrebbe accettato che Peter facesse altre scenate, non in un momento così delicato.

Fu la prima a dargli le spalle, raccogliendo il coraggio e la lucidità necessari per compiere quel gesto, iniziando ad avanzare nella radura. Ingoiò il groppo che sentiva pesarle in gola e si occhieggiò alle spalle, percependo i fratelli raggiungerla nel giro di pochi secondi, avidi nel voler sapere come avessero fatto Lucy e Caspian per farsi ascoltare da Eve e non sapendo cosa la ragazza provasse nei loro confronti.

Era ancora arrabbiata? O c'era la minima possibilità che la sua presenza significasse che era pronta a perdonarli?

Non sapeva cosa aspettarsi, Susan, e nello spazio sempre più ristretto che la separava dalla sorella s'immaginò cosa avrebbe potuto dirle in centinaia di modi diversi, facendo vagare la mente in scenari di ogni tipo.

Sentì Edmund bloccarsi di colpo, trattenendo il respiro e mugugnando un verso strozzato in gola per la sorpresa. Sbatté le palpebre varie volte, perplessa, non capendo il motivo di quella reazione e preoccupandosi della possiblità che si fosse fatto male contro qualche roccia sporgente.

Si voltò in cerca del viso del fratello con una muta domanda negli occhi. Lo trovò intento a fissare davanti a sé, la fronte crucciata e un'ombra ad oscurargli il viso che fino a pochi istanti prima aveva ripreso un aspetto più vitale. Susan strabuzzò gli occhi sentendosi colpita come da un macigno, ed ebbe all'istante la brutta sensazione che qualcosa non andasse.

Con il corpo teso come se fosse stato punto da tanti spilli per l'improvvisa sensazione di pericolo che le aveva fatto venire i brividi, seguì la direzione dello sguardo di Edmund, ritrovando a specchiarsi nientemeno che direttamente negli occhi di Eve.

Susan aprì la bocca per parlare, accorgendosi di avere la gola secca e il fiato corto per l'ansia che le strinse il cuore in una morsa.

Evelyn, ancora in groppa ad Antares, gli stava dedicando una delle espressioni più truci che le avesse mai visto in viso in tutti gli anni passati assieme. La collera che provava sembrava venire sprigionata da ogni poro, posandosi tra loro come una patina appiccicosa e impossibile da mandare via.

Una folata di vento passò tra gli alberi e il fruscio tra le foglie che ne scaturì andò a riempire il silenzio con un suono che risultò particolarmente inquietante.

Come se avesse ricevuto una coltellata Sue si rese conto che in quel lasso di tempo passato lontano dal campo la Pevensie aveva solo covato ancora più risentimento nei loro confronti.

Chissà quali pensieri le erano girati in testa senza che potessero fare qualcosa per farglieli cambiare.

La Regina chiuse la mani a pugno, conficcandosi le unghie fin dentro la carne per sfogare la delusione a cui era andata a sbattere contro, rendendosi conto che, probabilmente, avevano sottovalutato la situazione. Quanto si erano sbagliati, a pensare che avrebbero finalmente avuto la possibilità di potersi spiegare...

-Ho saputo che sta per scoppiare la guerra.- Evelyn fece passare lo sguardo sui visi dei fratelli, soffermandosi volutamente meno tempo su Edmund e decidendo, infine, di fronteggiare Peter con la nuova consapevolezza di non essere solo lei quella in difetto.

Aveva ascoltato Caspian e Lucy senza potersi impedire che l'ansia per ciò che sarebbe successo di lì a poco la mangiasse viva, tuttavia durante il tragitto verso il rifugio aveva cercato di raccattare ogni fibra di freddezza che sapeva di possedere per non lasciarsi troppo andare ai sentimentalismi, ricordandosi che era ancora arrabbiata, e che se aveva deciso di rispondere a quella chiamata era solo per il senso del dovere radicato a fondo nella sua anima a causa dell'amore che nutriva per quella terra.

Avrebbe fatto di tutto per non lasciare Narnia in mano ai Telmarini.

Evelyn sentiva di essere ancora pericolosamente in bilico tra l'irritazione e la preoccupazione, e cercava in tutti i modi di conservare la lucidità necessaria per affrontare quella battaglia a cui aveva, alla fine, deciso di partecipare nonostante tutto il resto, cercando di ignorare la disarmante sensazione di sentirsi spezzata a metà proprio all'altezza del cuore, in un punto profondo dell'anima che non ne voleva sapere di sanarsi nemmeno un po'.

Lucy l'aveva pregata di tornare con le lacrime agli occhi, cercando di scusarsi in ogni modo per ciò che era successo e finendo per riuscire a farle aprire un minimo quella porta che aveva chiuso senza possibilità di appello, esortandola a bere un po' della bevanda che si portava sempre dietro per cercare di guarire le ferite che ancora le davano dolore.

Aveva sempre avuto un debole, per Lu, e gli occhioni affranti che non le staccava di dosso e la sincerità con cui le parlava offrendole il cuore le avevano smosso qualcosa nel profondo, una fiamma di affetto che non credeva si sarebbe mai riaccesa. Forse era per quel motivo, sapendo bene quanto le sue difese fossero nulle nei suoi confronti, che i suoi fratelli l'avevano mandata a cercarla per cercare di rabbonirla.

Con non poca dubbiosità su come si sarebbe comportata davanti al resto della famiglia, alla fine Eve aveva accettato, percependo immediatamente il dolore alla caviglia e il torpore alle dita passare mentre si alzava in piedi per montare su Antares.

Si ripeteva da tutto il tempo che aveva deciso di farlo solo per Narnia, incapace di accettare il pensiero che in certi momenti la rabbia che animava i suoi pensieri veniva completamente assorbita dall'amore che ancora provava per i Pevensie e la voglia di tornare alla serenità di tutti i giorni. Non le era mai piaciuto avere conti aperti con qualcuno per troppo tempo.

-I Telmarini hanno terminato il ponte. Dobbiamo prepararci e pensare ad un piano.- confermò Peter, pratico, lanciando uno sguardo anche agli altri tre Narniani che avevano fatto compagnia alla sorella in quei giorni. Il maggiore dei Pevensie decise che non era tempo per perdersi in chiacchiere. Per quanto sapeva che a mente fredda avrebbero dovuto sviscerare per bene la cosa, la cosa più importante in quel momento era uscire vivi dalla guerra. Altrimenti non avrebbero più potuto parlare di nulla.

Dhemetrya lo guardò con angoscia, portandosi una mano al petto, terrorizzata al pensiero di dover risentire, per l'ennesima volta, la propria terra ed i suoi abitanti soffrire per il dolore. Sapeva che sarebbe arrivato quel momento, prima o poi, che il tempo scorreva inclemente e avrebbe dovuto scendere a patti con il proprio tormento anche quella volta, ma sentirlo dire a voce era stato come ricevere una doccia ghiacciata.

Si morse un labbro, cercando il conforto di Lia tramite un'occhiata veloce al suo fianco.

Evelyn scoccò la lingua contro il palato, tirando le labbra in un'espressione particolarmente cupa che fece congelare i fratelli e incitando Antares ad avanzare verso la Casa di Aslan.

Dava l'impressione di comportarsi come una persona che con loro non aveva mai avuto nulla a che fare prima di quel momento. Fu chiaro che non volesse perdere tempo parlando con i Pevensie più del necessario.

-Allora direi che non c'è tempo da perdere.-


***


-No, no e ancora no.-

Lucy posò una mano sulla spalla di Trumpkin, cercando, con quel gesto, di confortarlo e farlo ragionare.

-Non mi succederà niente.- tentò di convincerlo, ma lo vide corrugare la fronte e guardarla con un'espressione implorante che mai avrebbe pensato di vedergli in viso. Il nano era sempre stato piuttosto distaccato, fin da quanto lo avevano salvato, eppure in quelle settimane si era affezionato a loro più di quanto pensava. Non avrebbe accettato che colei che gli aveva ridato la vita la rischiasse a sua volta in una missione praticamente suicida.

-Non abbiamo già perso troppo?- mormorò, e i Pevensie capirono che si riferiva a Nicabrik, a cui era stato costretto a togliere la vita perché vittima di una speranza ormai morta e lasciatosi influenzare dalla magia nera, all'esercito dimezzato nel castello di Miraz, alla manciata di sopravvissuti che ancora provavano a resistere alle persecuzioni perpetrate nei secoli.

Un mormorio serpeggiò tra i presenti in sala, rompendo il silenzio che era calato pesante come il calore sprigionato dai fuochi. L'atmosfera si fece tesa, i dubbi s'insinuarono tra i Narniani, in ansia tanto quanto i Sovrani.

-È l'unica speranza che abbiamo per vincere.- s'intromise Peter, scambiandosi uno sguardo con la sorella minore, il volto rischiarato dalle fiamme dei fuochi che trasudava una compostezza che cercava di convincersi di provare ad ogni costo. Come tutte le volte in cui si trattava di Lucy, non gli piaceva per niente l'idea di lasciarla andare da sola incontro a possibili pericoli, ma sapeva di non avere altra scelta.

Lu era l'unica a cui Aslan si era mostrato, la sua diletta, colei che mai aveva dubitato della sua presenza adorandolo quasi al pari di una divinità. Se c'era qualcuno che poteva trovarlo, facendolo tornare per salvare Narnia, era solo lei.

Lucy Pevensie portava sulle spalle il peso della speranza di un mondo intero.

-Se posso permettermi, ci sarebbe un modo per prendere tempo.-

Nella sala della tavola di pietra calò nuovamente il silenzio.

Trumpkin, ancora di fronte alla piccola ragazzina per cercare di farla desistere con ogni mezzo dall'idea di andare nella foresta per trovare il leone, si voltò. Il suo sguardo angosciato si piantò sulla figura di Caspian, trovandolo in piedi vicino a Peter.

-Cioè?- domandò Edmund, esortandolo a continuare. Lanciò istintivamente un'occhiata in un angolo della sala, cercando tra i Narniani presenti la figura di Eve, seduta su un sasso accanto a Dhem, sondando l'eventuale reazione che il suo commento avrebbe potuto provocare. La Pevensie non aveva ancora fiatato, rimanendo ad ascoltare pazientemente tutto ciò di cui avevano discusso: del modo in cui avrebbero organizzato l'attacco, l'eventuale ritirata, la disposizione degli arcieri... fino al fatto che Lucy sarebbe andata a cercare Aslan.

Edmund era convinto che avrebbe obiettato, Eve, consapevole di quanto fosse unita alla sorella e di come si preoccupasse per lei. Invece era rimasta zitta, impassibile e con gli occhi fissi sulla figura di Peter esattamente come aveva fatto fin quegli ultimi istanti. Si accorse che la Pevensie ricambiò il suo sguardo e il moro si affrettò a distoglierlo, sentendosi troppo imbarazzato ed in colpa per riuscire a sostenerlo.

Si morse un labbro, a disagio.

Da quando era tornata non avevano ancora parlato. Edmund moriva dalla voglia di sapere cosa avesse significato per lei il loro bacio, voleva capire se avesse intuito giusto, ma sapeva benissimo che quello non era il momento adatto e si ritrovò a pregare che dopo la guerra avrebbero avuto tutto il tempo per confrontarsi.

Ingoiò il groppone che gli bloccava il fiato, cercando di non fare caso al cuore che aveva iniziato a battere impazzito ed obbligando se stesso a concentrarsi sul presente, accorgendosi di essersi perso nei propri pensieri.

-Un combattimento con Miraz?- sussurrò Susan, attirando su di sé lo sguardo di Caspian, che annuì per confermare le proprie parole.

-Se Peter è d'accordo, ovviamente.- tentennò, guardando il Pevensie per cercare la minima traccia di dubbio nella sua espressione. Non voleva che si sentisse obbligato a rischiare la vita a causa di una sua idea. Visto come erano andate le cose l'ultima volta, preferiva di gran lunga che fossero tutti d'accordo su come agire. Era già abbastanza critica la situazione tra i vecchi Sovrani, che a malapena riuscivano a parlare tra loro, non aveva intenzione di far peggiorare la situazione.

-Lo farò.- rispose subito il biondo, stringendo un pugno, e alle sue parole s'innalzarono altri mormorii per la sala. Alcuni erano preoccupati dell'eventualità di perdere la figura del Re Supremo, altri concordarono che era l'unica soluzione papabile per provare ad evitare spargimenti di sangue inutili.

-Come Re non può rifiutare, giusto?- continuò, serrando la mascella e guardando il moro con un sopracciglio sollevato. Caspian abbassò il capo, in una muta affermazione, cercando poi lo sguardo di Cornelius come sostegno prima di continuare. Era stato confrontandosi con il Precettore nei giorni precedenti che si era ricordato di alcune tradizioni tramandate tra i Sovrani di Telmar.

-Come Re deve rispettare ciò che il popolo si aspetta da lui.-

Lucy non poté impedirsi di lanciare al fratello un'occhiata angosciata, preoccupata che si facesse male durante lo scontro, ma il Pevensie non sembrò curarsi dell'eventualità di poter perdere la vita. Avrebbe fatto il possibile per limitare le perdite e chiudere il prima possibile quella guerra e, se ciò significava che avrebbe dovuto sacrificarsi, sarebbe stato lieto di accogliere il fato che era stato scelto per lui ad occhi chiusi.

Lui e soltanto lui.

Non avrebbe permesso che toccassero la sua famiglia.

Serrò le labbra in un'espressione decisa e si voltò verso Dhemetrya, ignorando volutamente di soffermarsi a guardare come avessero preso quella decisione i suoi fratelli.

-Puoi accompagnare Lucy e Susan?- le chiese, e la ragazza sussultò per quella richiesta inaspettata. Sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di formulare una frase, percependo gli occhi dei Narniani fissi sulla sua persona. Non voleva lasciare Evelyn da sola durante la battaglia... Lanciò alla Pevensie un'occhiata di sottecchi, cercando di non far trapelare i propri pensieri.

-Anche io mi sentirei più tranquilla se andassi con loro.- le mormorò il soggetto dei propri turbamenti, cogliendola di sorpresa.

Eve si girò a guardarla, celando in fondo agli occhi la supplica di andare con le sorelle perché, dopotutto, ci teneva al fatto che fossero al sicuro da eventuali pericoli, anche se in quelle circostanze non avrebbe mai accettato di dare voce a quel pensiero.

Dhem conosceva la foresta a memoria, aveva vissuto giorno per giorno il cambiamento che avevano fatto i boschi, era agile e silenziosa come uno spettro e si sapeva difendere: Peter ci aveva visto lungo domandandole di accompagnare le Regine ed Evelyn non poté che ritrovarsi d'accordo con le conclusioni a cui era arrivato. Non potevano fare altro che fidarsi.

-Si... si, certo.- accettò la Narniana, ricevendo un sorriso di gratitudine da parte di Lucy. Non sapeva se era la persona più adatta per accompagnarle a cercare Aslan, ma se serviva per tenere tranquilla Evelyn lo avrebbe fatto, in ricordo di un legame che a lei era stato negato secoli addietro.

Decise che si sarebbe fatta accompagnare da Antares, mentre Lia sarebbe rimasta accanto a Evelyn, decisamente più utile in guerra rispetto alla Guida relegata in forma equina.

Si alzò, sistemandosi meglio l'arco in spalla e avvicinandosi al centro della sala con passo leggero e ispirando profondamente l'aria tiepida che riscaldava l'ambiente di un tepore casalingo.

Non sapevano se Miraz avrebbe accettato effettivamente l'incontro, c'era la possibilità che rifiutasse di scendere a una trattativa con quelli che considerava degli scherzi della natura da eliminare ad ogni costo. Ogni secondo era prezioso.

Si rivolse direttamente a Susan e Lucy, prendendo in mano le redini di quella piccola missione che le era stata affidata come un fiore prezioso da proteggere ad ogni costo.

Tutto dipendeva da loro.

-Sarà meglio partire subito.-






























































































Ciao a tutti e ben ritrovati! :)
Capitolo all'apparenza molto semplice e lineare ma in realtà piuttosto complicato da scrivere: stare dietro alla coerenza delle reazioni di tutti, dargli il giusto spazio perché non sembri che abbiano risolto a tarallucci e vino e far proseguire anche la trama non è così facile come sembra.
Spero di tirare le fila di tutto il discorso in modo abbastanza decoroso senza dimenticare dettagli e che sia tutto abbastanza chiaro delle dinamiche che si stanno svolgendo tra i protagonisti. Essendo un po' tanti sto cercando di farli confrontare tra loro un po' alla volta, vagliando il punto di vista ed i pensieri di ognuno in base agli eventi che succedono. Ho provato anche a non perdere troppo tempo su ciò che già si sa, insomma, lo sappiamo tutti quale piano creano Peter e gli altri, quindi mi sembrava superfluo soffermarcisi più del dovuto.
Ringrazio chi continua a leggere, seguire, ricordare, preferire e commentare, mi fa sempre immensamente piacere!
Spero di portarvi presto un altro capitolo.
Love, D. <3

   
 
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