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Autore: FreddyOllow    06/10/2021    0 recensioni
Declius non ha mai visto il mondo oltre il suo villaggio natio e vuole dimostrare a suo fratello maggiore che può andare e tornare da Ronterath senza un graffio. Ma eventi inaspettati lo condurranno su strade assai spiacevoli...
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I



Declius era diretto a Ronterath per vendere le armi che aveva raccattato dai banditi morti. Non sapeva chi li avesse uccisi, ma chiunque fosse stato, aveva ripulito da solo l'intero covo. Più che covo, era un singola torre circolare mezza distrutta dallo scorrere del tempo. Solo una facciata si manteneva solida e fiera.
Ne sapeva poco di torri. Anzi, non sapeva nemmeno che era una torre finché non si era avvicinato. Aveva trovato una dozzina di corpi tutt'attorno. Gli era sembrato l'opera di una banda rivale, ma si era ricreduto quando aveva visto allontanarsi una donna in una strana armatura. Non sapeva se fosse effettivamente una donna, ma i lunghi capelli corvino che le cadevano sotto l'elmo e la cadenza femminile lo portarono a pensare ciò. Declius, pero, non sapeva che quella armatura era forgiata in farenea, un metallo simile all'acciaio. Pochi potevano vantarsi di indossarla, in quanto era assai pesante e rara e offriva un'ottima protezione al possessore, soprattutto contro le magie.
Lì per lì non aveva associato la donna al brutale massacro, finché non le aveva visto un martello da guerra farenea legato dietro la spalla. Ovviamente non sapeva che era un'arma dell'OltreTerra. Non ne aveva mai veduta una, come non aveva mai veduto il mondo oltre Numdas, il suo villaggio natio. Più che una città, è un cimitero vivente, diceva. A volte non distingueva i vivi dai morti e reputava il sacerdote di Jantis il più vivo della città.
Si era diretto a Ronterath, spinto da suo fratello maggiore che lo definiva un codardo e ora si era messo in testa che poteva arrivare e tornare dalla città in giornata senza un graffio. Non aveva tenuto conto che poteva essere rapito dai necromanti, divorato da un orso, da un troll di montagna o semplicemente sparire nel nulla come se non fosse mai esistito. Ma non gli importava. Voleva solo dimostrare al fratello di farcela. Così era partito.

Mentre il sole brillava nel cielo di un azzurro accecante, gli parve di sentire qualcosa oltre la strada tortuosa che curvava un poco a destra, fiancheggiata da una fitta boscaglia. Corse verso il rumore, finché si vide dinanzi una scena assai strana. Per lo meno per Declius, cresciuto tra beli e testate dalle capre, sue amiche da sempre. L'unico conflitto a cui aveva assistito e partecipato, ma soprattutto perso.
Tre vampiri coi volti ammantati stavano aggredendo tre custodi di Jantis. Vide un vampiro alzare una mano da cui si sprigionò un bagliore nerastro, che risucchiò a poco a poco l'essenza vitale di un custode. Poi un altro custode gli arrivò alle spalle e gli spaccò la testa con la mazza d'acciaio.
Declius non sapeva cosa fare, a parte prendere un'ascia di ferro dalla borsa che aveva a tracollo. Voleva lanciarsi nella caotica battaglia, aiutare i custodi di Jantis, ma le gambe non avevano intenzioni di muoversi. O forse era lui a non volersi muovere?
E mentre cercava di trovare la forza per fare un passo, una vampira si staccò dalla battaglia e gli andò incontro. Declius le guardò il viso ombrato dal cappuccio in cui scorse un sorriso inquietante e uno sguardo famelico, maligno, coll'iride rosso fuoco che le pulsava intermittente.
La vampira lo afferrò e, quando fece per affondarli i denti nel collo, Declius sollevò l'ascia in preda al panico e la colpì in fronte. La vampira indietreggiò per un attimo, poi crollò a terra col cappuccio che le scese dal capo. Il viso le iniziò a fumare a contatto col sole. Declius non si era minimamente accorto di averla colpita a morte, poiché aveva gli occhi chiusi e non aveva intenzione di aprirli. Continuò a fendere l'aria con l'ascia, finché una mano gli bloccò il polso.
"Lasciatemi andare!" gridò Declius, terrorizzato. "Non voglio diventare un vampiro. Non voglio!"
"Calmati" disse una voce maschile. "Sei al sicuro, ora."
Declius aprì un occhio, timoroso di scoprire chi aveva davanti. Quando comprese che erano i tre custodi di Jantis, si rilassò. "Scusate. Io... io volevo aiutare, ma..."
"Ci hai assistiti in questa cruenta battaglia" rispose il più anziano dei tre. Un uomo dalla barba grigia, calvo, col labbro leporino. Indossava una lunga e semplice tunica grigia legata alla vita da una cordicella. "La misericordia di Jantis guida i tuoi passi. Lo leggo nei tuoi occhi."
Gli altri due custodi concordarono.
Declius si grattò la nuca, perplesso. "Jantis?"
"Jantis è il Dio della misericordia, della semplicità" disse l'anziano. "Egli ci comprende, ci ascolta e prova pietà per le nostre sofferenze mortali."
Declius era più confuso di prima. "Quindi Jantis non è Gianus? Anzi, no, voglio dire, Giarno?"
I tre custodi si guardarono, interdetti. Persino un ottuso gigante si sarebbe grattato la testa. Come poteva un uomo confondere i nomi degli Dèi. Ognuno di essi era legato a un diverso pantheon, ma per Declius erano tutti uguali. Anzi, credeva che tutti gli Dèi fossero un'unica entità.
L'anziano gli posò una mano sulla spalla. "Ragazzo, Janis ha fatto incrociare le nostre strade e altre persone incroceranno il tuo cammino. Lo leggo nel tuo sguardo. Egli nutre grande aspettative in te."
"E da cosa? Io non sento niente. Ah, forse è la cappa che ho in testa che non mi fa udire nulla. Ora me la tolgo, magari riesco a sentire anch'io."
L'anziano scosse la testa, paziente. "Vieni a trovarci nella Dimora dei Custodi. Sarai il benvenuto. Abbiamo bisogno di uomini semplici e valorosi come te."
"Io non sono un valoroso, ma ho una borsa piena di armi valorose, voglio dire, di valore."
Il custode più giovane non capiva se Declius fosse idiota o lo faceva apposta. "Ti aspettiamo. Che Jantis guidi i tuoi passi e ti conduca su strade sicure."
"Sì, grazie. Anche voi state attenti a dove mettete i piedi. È facile finire dentro un buco scavato dai ratti giganti."
Ma i tre custodi si erano ormai incamminati e sentirono la metà delle parole dette da Declius, un overliano che avrebbe fatto imbarazzare persino la sua stessa razza, da sempre bella e superba. Voltandosi, incrociò lo sguardo fumante della vampira distesa a terra, nella cui faccia s'incominciavano a intravedere le ossa e si rese conto di aver ucciso una vampira. Non aveva mai ucciso nessuno fino ad ora. La fissò per un lungo momento, mentre la carne continuava a bruciarle. Come ci sono riuscito? Non ricordo di averla colpita. Ricordo solo quello... quello sguardo malefico.
Alla fine arrivò alla conclusione che l'istinto di conservazione avesse avuto la meglio e lo avesse salvato. L'improvviso attacco di panico, la perdità di controllo sulla mano. Qualunque cosa avesse fatto, era stata una reazione puramente istintiva, o almeno credeva così.
Ho aiutato i custodi di Jantis a difendersi dai vampiri. Forse non li ho proprio aiutati, ma che importa. Non voglio fare la figura del caprone idiota. Comunque se voglio entrare nei Custodi di Jantis, devo dirigermi alla Sala dei Custodi. O forse era la Dimora dei Custodi? Ma chi se ne frega. Cosa cambia, in fondo? Oppure cambia? E poi dov'è?




NOTA: Grazie per aver letto! La storia prosegue nel secondo capitolo.

 
   
 
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