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Autore: Rinalamisteriosa    07/10/2021    1 recensioni
Se c’era una cosa che Cheka Kingscholar sapeva far bene, e anche piuttosto insistentemente, era abbracciare qualcuno.
Non ricordava di aver preteso tanti abbracci ai tempi in cui anche lui, Leona, era un bambino, eppure il suo nipotino era diverso.

[Abbracciare - 388 parole]
{Flashfic partecipante al Writober2021, pumpblanck list, indetto da fanwriter.it}
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cheka, Jack Howl, Leona Kingscholar, Ruggie Bucchi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Writober 2021 ~ pumpBLANCK list ~ 7 ottobre, prompt: Abbracciare

 

 

 

Un suo abbraccio ammorbidisce il cuore

 

 

 

 

Se c’era una cosa che Cheka Kingscholar sapeva far bene, e anche piuttosto insistentemente, era abbracciare qualcuno.

Non ricordava di aver preteso tanti abbracci ai tempi in cui anche lui, Leona, era un bambino, eppure il suo nipotino era diverso.

Forse era questione di indole, forse era stato troppo viziato dal padre Farena, ma quando faceva l’appiccicoso non sempre lo sopportava: preferiva di gran lunga vedere il leoncino addormentato – niente abbracci improvvisi né ‘zio Leona’ esclamato con vocina acuta e assillante.

Poi era bastato che venisse a fargli visita al Night Raven College e facesse conoscenza con Ruggie e con Jack per sentirsi tanto in confidenza da abbracciare anche loro.

Ci aveva anche provato a dirlo, di non dargli fastidio con questo comportamento da moccioso, ma Ruggie aveva riso dicendo «suvvia, non fa nulla, shishishi» e aveva persino offerto a Cheka una ciambella, mentre Jack aveva replicato che gli ricordava la sua sorellina, perché la lupetta dispensava abbracci affettuosi allo stesso modo.

 

 

 

«Leona-san, lo stai abbracciando», ribadì l’ovvio Ruggie, sedendosi al fianco del Capo dormitorio di Savanaclaw dopo aver addentato una delle adorate ciambelle.

«Solo perché si è addormentato e preferisco non svegliarlo», mormorò piano Leona alla iena, accigliato.

«Vuole la tua compagnia perché poi tornerà a casa e gli mancherai. Mi sembra giusto», aggiunse Jack, seduto al fianco opposto, un lieve sorriso sul suo volto.

I loro occhi si fissarono sul piccolo leone: nel sonno Cheka aveva afferrato una treccia senza tirarla, teneva l’altro braccino adagiato a quello più grande dello zio che lo reggeva mentre le gambe erano avvinghiate dolcemente sullo stomaco. Un orecchio peloso stava sul mento di Leona e invece la sua coda era attorcigliata sulla mano guantata, sempre quella che lo sosteneva.

Mostrava le palpebre giustamente abbassate e la bocca schiusa per respirare mentre dormiva.

Sarebbe stato davvero un peccato far destare Cheka, ma non solo perché al momento appariva innocente e adorabile, come pensavano i suoi compagni.

Alla mente di Leona passò un unico pensiero, ma si sarebbe tagliato la lingua piuttosto che esprimerlo a voce: il calore dell’abbraccio del nipotino sapeva così tanto di casa e di famiglia, ed era quel calore, non tanto il gesto di abbracciare in sé, ciò che preferiva di Cheka.

Sperò che non la perdesse mai, quella capacità di ammorbidire il cuore di chiunque lo conosceva.

 

 

  
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