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Autore: Indaco_    07/10/2021    0 recensioni
Mobius era una tavolozza di colori, specie, caratteri, culture, cibi e via dicendo. Pulsante di vita, la città datata secoli era un variegato multi gusto. La sua crescita economica e sociale era intessuta da persone particolari, da eventi dimenticati e poco conosciuti e da tanti, tanti soldi.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sonic the Hedgehog
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La voce della superiora si alzò senza sforzo dalla porta ben chiusa.
< Avanti > esclamò come se non aspettasse altro.
Viola abbassò la maniglia ed entrò nella stanza. Le pareti rettangolari ospitavano una quantità smisurata di immagini sacre e religiose, foto ed altri oggetti riconducibili alla ferrea fede delle monache. Per Viola la stanza sembrava adatta più ad un film horror che ad una camera in cui vivere. Le mensole cariche di libri e statuette erano arricchite anche di candele che emanavano un odore dolciastro molto simile all’incenso.
La porta appena aperta lasciò uscire delle striature di fumo profumato che andarono a disperdersi lungo il corridoio. All’interno della stanza, una grande scrivania di legno chiaro ospitava la signora vestita di nero e bianco. La superiora altro non era che una libellula. Il viso magro e i capelli azzurri ben fasciati sotto il velo la rendevano davvero inquietante.
Viola da tempo non notava più lo stridente accostamento tra la magrezza eccessiva e quei capelli ed entrando nella saletta scostò gli occhi indifferenti dal viso della suora.
< Buona sera Badessa > esclamò salutandola con un cenno elegante della testa. L’espressione solenne della libellula mutò in stupore
< buona sera a lei signora Viola, non mi aspettavo la sua visita a dir la verità. Ma sono contenta di vederla, ho pensato a lei recentemente. Qual buon vento la porta qui? >
< liquidità per voi. So bene che avete un sacco di ospiti e so anche quanti soldi siano necessari al loro quotidiano > rispose con semplicità passandole una piccola trousse di pelle nera. La libellula sentì la pelle d’oca salirgli dal braccio.
Erano tanti, tantissimi soldi (o almeno per lei) e sapendo che non venivano da fonti, per così dire, “cristalline” li sentiva quasi impuri. Di certo però non sarebbe stata così stupida da rifiutarli: sporchi o puliti che fossero erano quelli che facevano girare la baracca e il loro potere d’acquisto era pari a qualsiasi altro ring.
< Non so davvero come ringraziarla, tra pasti, scuola,vestiario e le giuste piccole gitarelle i nostri miseri stipendi, se così possiamo chiamarli, vengono completamente dilapidati. I suoi generosi aiuti sosteranno i nostri piccoli per molti mesi. Non so davvero come ringraziarla per tutto ciò. > esclamò con tono serio facendo sparire l’oggetto all’interno di un cassetto.
Viola fece un piccolo sorriso e poi ritornò seria rilassando i tratti del volto.
< Ho capito bene o prima mi aveva accennato al fatto che aveva pensato a me in questi giorni? > esclamò
sedendosi rigida sulla sedia imbottita. La libellula sollevò di poco le sopracciglia e sorrise leggermente tirata.
< Sì, anche se non credo di portarle qualche novità, inoltre non è nulla di importante >.
Viola si spostò sulla sedia e si avvicinò di più alla scrivania. L’espressione della direttrice diceva chiaramente il contrario, inoltre, il fatto che spingeva a far morire il discorso era tutt’altro che un buon, piccolo, segnale.
Il compenso di tutta quella generosità erano semplici e svariati favori: informazioni riguardo i suoi colleghi, qualche stanza dove riporre merce quando serviva e aiuto in caso di necessità. Viola non era l’unica che faceva regali (anche se i suoi, ne era sicura, superavano di gran lunga gli altri) e ad ogni visita la maggior parte dei solerti benefattori svuotava la sacca di monete e segretucci.
< Insisto, a volte dei piccoli segnali preannunciano una crisi apocalittica > esagerò la riccia con tono fintamente preoccupato ed una risatina divertita. La libellula aggrottò le sopracciglia e un piccolo movimento degli occhi fece trapelare un po’ di ansia.
< Va bene. Cercherò di essere breve. Tutto è nato perché, qualche mese fa, ci è stata fatta una grossa offerta riguardo alla struttura. Questi … signori, che non specifico per privacy, volevano comprare l’intero edificio per farne una specie di hotel lussuoso con piscina e tutte quelle modernaggini. Immaginatevi che colpo è stato per me. La cifra avrebbe permesso di acquistare una struttura più modesta, di garantire il futuro a tutti i nostri ospiti e di aiutare ancor di più! Ma poi si è presentato un grosso problema >. Viola, sgranando gli occhi per quella novità, cercò di non mostrare troppo stupore.
< Che cosa? > approfondì la riccia chiedendosi cosa centrasse lei in tutto questo. Gli occhi enormi dell’insetto si posarono su quelli azzurri della riccia mantenendo il discorso in sospeso per qualche attimo.
< Il proprietario dell’edificio non sono io e non lo è nemmeno la nostra comunità. Pertanto non posso vendere qualcosa che non è possiedo >. Viola tacque mentre un pensiero lontanissimo iniziava  a maturare in lei facendole aggrottare le sopracciglia. No, si stava sicuramente sbagliando.
< Non si logori la testa Viola, le farò chiarezza io: questo edificio appartiene agli eredi del signor Alvy the Hedgehog, il nome le risulta familiare? >. La riccia si irrigidì sulla sedia tanto da non toccarne lo schienale. Le dita iniziarono a rigirarsi le perle della lunga collana per togliersi di dosso quella sensazione di panico. Il cuore iniziò a battere più forte sotto le costole.
< Certo, il nome del mio trisavolo è più che familiare per me, ovviamente. Chi è venuto al corrente della cosa? > replicò con tono traballante tra il deciso ed il preoccupato.
< Al momento questa notizia la sappiamo solo io e lei. A quei ragazzi è bastata la promessa di una ricerca accurata per risalire al proprietario, ma dubito che queste indicazioni, come dire, compaiano qui. Il suo segreto è al sicuro. > Viola portò una mano al petto e un profondo sospiro le riportò una parvenza di pace.
Alzandosi in piedi riuscì quasi a gustarsi il fatto che un edificio del genere fosse suo ma era presto per cantar vittoria: non voleva crogiolarsi mentre si trovava così vicino ad una catastrofe.
< Non so davvero come ringraziarla, non ha idea di quanto queste cose mi preoccupino. Nel corso del tempo ci siamo eclissati da tutto ma il passato è ancora troppo vicino per sentirci sicuri. Ci sono davvero troppe persone che potrebbero minacciare la nostra tranquillità. > A sua volta la badessa si sollevò senza fatica dalla sedia ed annuì comprensiva.
< Conosco bene la vostra famiglia e so quanto questo possa rappresentare un problema ma non temere, sono stati tutti liquidati >. Viola accennò un sorriso e strinse la borsa tra le mani cercando qualche frase per chiudere quella velocissima visita. Le due signore si avvicinarono alla porta riflettendo ciascuna su cose diverse.
< Oh bhe, la nostra amicizia è lunga da secoli, se penso da quanti anni ci conosciamo impallidisco > cinguettò con finta spensieratezza la riccia cobalto. Dentro di sé iniziava ad agitarsi un tumultuoso temporale, quella notizia era davvero terribile. Doveva avvisare il prima possibile suo nipote e gli altri.
< Hai ragione Viola, ci conosciamo davvero da molto tempo. Quindi, perdonami la franchezza, ma devo assolutamente chiederti cos’hai intenzione di fare ora che questo palazzo è praticamente tuo. >.
Si girò sbigottita per l’assurda domanda.
< Assolutamente niente Matilda. L’associazione vive qui da secoli e continuerà per la durata della stessa. Non penserai davvero che  possa buttarvi fuori? > replicò incredula. La libellula si affrettò a scuotere la testa coperta dal velo nero.
< Era solo per essere sicuri. Non volevo assolutamente offenderti, anzi, mi scuso se le mie parole ti hanno offesa > concluse sorridendo per la prima volta da quando la riccia era entrata. La blu si calmò e sorrise a sua volta.
< Non preoccuparti, nessuna offesa. Dovevi dirmi solo questo quando hai detto di avermi pensato, non è vero? > le domandò assicurandosi che le brutte notizie fossero finite per almeno quel giorno.
La libellula dai capelli turchini si strinse le mani e sorrise più forzata di prima.
< Sì. Solo questo >.
< Ottimo. La ringrazio ancora per il tempo che mi ha dedicato e mi scuso davvero per il ritardo di questo regalo. Auguro a lei e ai suoi piccoli una buona continuazione. Buona giornata > concluse definitivamente salutando con un cenno della testa. La libellula l’imitò piegando il mento e sorridendo forzata.


Sonic e Silver rincasarono solo quando il buio più totale prese il posto della luce. Ad aprire loro le porte fu Blaze che, a vedere le facce da funerale, sospirò dispiaciuta.
< Nulla eh? >
< Nulla. Un deserto è meno tetro > replicò Silver sollevando gli occhi al soffitto. Sonic non replicò ulteriormente: la giornata era stata terribile e per i giorni seguenti non  vedeva schiarite. Una porta ai piani superiori cigolò e la voce di Viola ad un tratto riempì corridoi e salone
< Sonic! Silver! Finalmente! Allora? L’avete trovato? > cinguettò scendendo le scale il più velocemente possibile. Messa al corrente dalla gatta lilla era rimasta completamente basita. Le sparizioni di quel genere erano davvero poco frequenti e il fatto che fosse accaduta nella loro ristretta cerchia era un campanello d’allarme. Inutile dire che non si era data pace per i suoi ragazzi là fuori, dimenticando quasi tutto il resto.
< No, domani mattina proverò a dare un’occhiata nella zona del boschetto, anche se non credo che a quest’ora Julius possa essere ancora … cosciente > esclamò il blu portando le mani tra gli aculei e agitandoli un poco. Era davvero stanco, il poco sonno e la preoccupazione l’avevano logorato ed ora si sentiva uno straccio. Cercando di nasconderlo però, trattenne uno sbadiglio a stento e raddrizzò le spalle.
< Mio Dio! Cosa mai avrà fatto per sparire in questo modo? > replicò angosciata la riccia azzurra portando una mano alla collana. Blaze incrociò le braccia al petto
< Borel potrebbe non aver detto la verità. Forse non faceva una “consegna”, forse era stato inviato a controllare qualche cosa. Non mi stupirebbe d’altronde: non è la prima volta che cerca di farsi gli affari degli altri > replicò schietta portando la mano sul fianco.
< A che pro mentirmi se vuole trovare Julius? Sarebbe controproducente.  Si è persino degnato di venir qui > rispose il ragazzo blu cercando di pensare lucidamente al discorso che era intercorso tra di loro. La gatta si strinse nella felpa.
< Non lo so, ma non lo escludo visto che, appunto, è venuto qui avanzando richieste ridicole >. Silver si riavviò il ciuffo spettinato.
< Non credi di essere un pochino eccessiva Blaze? Erano … sono come fratelli quei due > intervenne incredulo.
< Su, su, ora basta tarmarvi. E’ da questo pomeriggio che mancate e sarete affamati. Ella vi sta preparando la cena. Ne parleremo domani con calma > concluse Viola riferendosi ad entrambi i ragazzi. 
< A proposito, dove sei stata oggi? > domandò con un’occhiataccia il blu. Per buona parte del pomeriggio era rimasto sulle spine non sapendo dove la nonna si fosse cacciata. Proprio dopo l’imminente sparizione di Julius doveva sparire dal nulla anche lei?
< Oh sì! Che sbadata! Mi sono dimenticata di avvisarvi! > esclamò in modo tragico battendosi la mano sulla fronte. Sonic sospirò sciogliendo l’occhiata malevole: se fosse accaduto il contrario non sarebbe rimasta così calma.
< Siete tornati finalmente! >
Dall’entrata della cucina apparve l’unica umana ospitata in quell’angolo di paradiso: la cuoca Ella. L’umana di mezza età, un po’ grassottella e con una ricciuta chioma viveva lì da una vita. Una cuoca eccellente ed uno spirito buono faceva di lei una delle persone più care nella cerchia del riccio. In servizio da quando Sonic non aveva più di quattro anni, la donna si era dimostrata affidabile, seria e bravissima.
I suoi manicaretti siglavano accordi e contratti nelle più svariate occasioni, le sue cioccolate scaldavano le mani e i cuori nelle giornate invernali e in quelle più tristi. Non esisteva torta, timballo, pasticcio, pralina, arrosto, stufato o qualsiasi altra ricetta che non conoscesse. Uno scrigno di sapere culinario ed una gentilezza fuori dal comune.
< Ella! > esclamarono in coro i due ragazzi vedendola avanzare con un piatto coperto da un coperchio argentato. Con sé portò anche uno squisito profumo di torta che si diffuse attorno a lei come una nuvola.
< I miei cari ragazzi! Venite a mangiare poveri! Allora avete trovato qualcosa? > esclamò speranzosa guardando prima l’uno poi l’altro. Il sospiro di uno e la testa scossa dell’altro risposero negativamente alla domanda.
 Il viso della cuoca diventò pallido e dispose i piatti sulla superficie piana del mobile. Gli occhi scuri dell’umana cercarono quelli di Viola in cerca di pareri.
< Non sarà davvero morto? > mormorò a fil di voce. La riccia interrogata si guardò le scarpe e intrecciò le braccia al petto. L’espressione si indurì decidendo cosa rispondere a quella domanda.
< Mi auguro di no ma è inutile illudersi. Non sto dicendo che sia morto ma non sarebbe il primo a sparire dal nulla. Inoltre sono passati due giorni, se fosse ferito e disperso sarebbe già in gravi condizioni a quest’ora. >  Ella sospirò ancor più preoccupata e guardò i ragazzi di fronte sé. Al posto di Julius poteva esserci uno di quei tre e la cosa le risultava insopportabile solamente a pensarci.
Sonic trattenne uno sbadiglio a stento.
< Domani mattina concluderò la zona più periferica, dove nasce il fiume principale. Nel caso non trovi nulla entrerò al porto e proverò a tastare il terreno. >
< Verrò anch’io stavolta > esclamò Blaze con fare autoritario. Ritta in piedi accanto alla blu, lanciò un’occhiata al padrone di casa in cerca di conferma.
< Perfetto, così in tre controlleremo meglio > decretò il riccio costringendosi a sorridere fiducioso. Peccato che la speranza si stava man mano spegnendo nel suo cuore.


Amy si pulì le scarpe sul tappeto sottile e bussò alla porta color burro. Specchiandosi sulla piccola decorazione in vetro riuscì a sistemarsi appena i capelli. La porta si aprì con uno schiocco secco.
< Entra pure > mormorò la voce che sembrava venire dalla cucina. La riccia non se lo fece ripetere due volte ed una volta dentro richiuse la porta alle sue spalle. La casa di Gage era super sofisticata, l’ammobilio moderno e minimal racchiudevano fantastici elettrodomestici. Nel salotto rettangolare un grande divano bianco capeggiava la stanza mentre la tv gigantesca copriva un bel pezzo di parete. Qualche quadro e i colori chiari dell’ambiente regalavano pace agli occhi in ogni stanza.
Togliendosi il foulard che le legava il collo salutò allegramente il compagno cercandolo con lo sguardo. Il litigio del giorno precedente era decaduto, o almeno così sembrava alla riccia. Dopo una giornata di messaggi con frasi strascicate e mozziconi di parole, il ragazzo l’aveva invitata a casa sua per quella sera.
Amy aveva immediatamente confermato e, dopo il turno pomeridiano, si era fiondata a casa sua con le birre e una mezza torta confezionata. Conosceva il ragazzo e sapeva che il riavvicinamento sarebbe stato più veloce con quegli omaggi. E poi era sempre una buona idea portare qualcosa all’ospite di casa.
< Buonasera tesoro. Sono arrivata il prima possibile! > cinguettò cristallina avanzando in sala. La torta  a destra  e le birre alla sinistra mandavano in crisi il suo equilibrio e per un attimo temette di spalmare il tutto sul pavimento.
< Vieni pure, sto preparando la cena > esclamò asciutto con tono impercettibilmente stanco.  La riccia trovò il dingo in cucina con la tavola apparecchiata e un buon profumino che alleggiava nell’aria. Tutto fantastico se non fosse che Amy si stupì nel vederlo ancora in abiti da ufficio, non era da lui restarsene in casa infilato in qualcosa di poco comodo.  Di schiena, intento a spadellare qualcosa, si voltò nella sua direzione per guardarla e salutarla adeguatamente.
Gli occhi grigi le si posarono insistentemente addosso, in particolar modo sull’orlo del vestito che aveva indossato. Anche quello valeva come riappacificante.
< Ciao Amy, quanto sei bella > esclamò lui non riuscendo a trattenere un sorriso e lo sguardo da lei. La riccia, contenta di aver fatto centro, arrossì leggermente ed andò a sbirciare il contenuto delle stoviglie per abbandonare il rossore.
< Idiota. Che cucini di buono? > domandò lei approfittando della domanda per avvicinarsi e avvolgergli la vita con un braccio. Il dingo gli strappò un bacio e poi giocherellò con i lunghi capelli intrecciandoli tra le dita.
< Hamburger. Come è andata oggi? >
< Tutto bene a parte la noia, i tre si sono rinchiusi nel loro ufficio e non mi hanno calcolata. Ma era prevedibile. Tu invece? Come mai sei ancora vestito così? > domandò la ragazza guardandolo da cima a fondo. La camicia azzurra presentava solo qualche pieghetta e la stessa sorte aveva toccato anche i pantaloni.
L’espressione del dingo si indurì e persino la postura divenne più rigida, tanto che la rosa staccò il braccio per prestare tutta l’attenzione possibile al fidanzato. La gaiezza con cui l’aveva salutata si dissolse come la nebbia al sole.
< Sono appena rientrato a dir la verità. Abbiamo avuto un confronto in ufficio. >  Amy rimase in silenzio per intimarlo a parlare.
< Ti ricordi il progetto dell’hotel di giovedì no? Bhè oggi abbiamo posticipato la data > esclamò ruotando gli hamburger nella padella con rabbia. Notando il gesto stizzito, con dolcezza la rosa si impadronì della cucina.
< E tutto perché i due cretini che non collaborano mai, stavolta hanno ideato davvero un piano … lasciamo perdere > continuò stancamente passandosi una mano sui bei riccioli biondi. Amy, incuriosita dalla faccenda, non si accontentò.
< Che idea? Meglio della tua? > lo stuzzicò lei con un sorriso che puntava a punzecchiarlo per vederlo sorridere. Il dingo, stando al gioco iniziò a cambiarsi andando a prendere di qua e di là una vecchia maglia e una vecchia tuta.
< Ovvio che no! L’idea è a dir poco imbarazzante per quel che mi riguarda. E aspetta di sentirla. Vogliono comprare il tuo vecchio orfanotrofio >. Amy immobilizzò la mano a mezz’aria assieme al cucchiaio per un attimo. La sua testa fu invasa da un singolo pensiero: la sua casa rischiava di diventare una piscina termale. Spense il fuoco e liberò le mani al volo.
< Cosa? >
< Hai capito alla perfezione tesoro. Il fascino dell’antichità, quella stella di pietra a far da benvenuto, cantine enormi e stanze a non finire, pace e tranquillità della campagna. Cosa si vuole di più? > decantò con irritazione cercando di controllare il tono di voce.
< È… è fattibile? Possono farlo? > domandò la rosa incrociando le braccia al petto e sperando in un no. Gage sospirò piano anche se quello che sentiva erano un mucchio di parolacce verso gli idioti.
< A livello strutturale sì, anzi, la cosa peggiore è che si risparmierebbe un sacco di soldi per la costruzione. A livello burocratico invece è davvero una sciocchezza. Come si può pensare di allontanare suore e orfani? È il solo luogo che può ospitare tutti loro! Sarebbe davvero egoistico! >.
La riccia sentì salire i brividi freddi lungo la schiena. La sua famiglia, le mura che sentiva come proprie, tutti gli altri bambini che ospitava e che avrebbe ospitato, quel dispensario di pace e amore si sarebbe trasformato in un altro lussuosissimo hotel. Ai residenti non restava altro che sloggiare se l’idea fosse stata accettata.
Rabbrividì una seconda volta sentendosi  completamente inutile. Neppure nelle vesti di poliziotta poteva combattere questa ingiustizia.
< Quando verrà presa la decisione ora? > continuò con uno spiacevole peso sul petto. Gage si appoggiò al tavolo e sovra pensiero si ripassò nuovamente le dita tra i grappoli di ricci.  
< Sabato. Spero solo che  ragionino sulle conseguenze >. La riccia emise un sospiro così pesante che il dingo si preoccupò.
Poteva solo immaginare che stress doveva provocarle la notizia. D’altronde la riccia era ovviamente affezionatissima alla sua casa, alle sue salvatrici e al luogo in cui era cresciuta fino alla maggiore età. Strappargli, per scopi commerciali, il porto sicuro non doveva essere affatto piacevole.
Il ragazzo l’attirò a sè cercando di sdrammatizzare. < Su su, farò qualsiasi cosa per mettergli il bastone tra le ruote. Non preoccuparti tesoro > esclamò portando le mani sui fianchi della ragazza. La promessa del fidanzato la rincuorò riuscendo a distrarsi dal pensiero oppressivo.
Di certo il suo prestigiosissimo ufficio non poteva permettersi una figuraccia di questa portata, avrebbero perso molti punti a favore e con le recensioni a cinque stelle non era il caso di fare sciocchezze. Strinse le palpebre e allontanò il pensiero a fatica, chissà se la madre superiora era già a conoscenza di quella notizia.
 A distrarla davvero dopo pochi secondi fu la mano del ragazzo che iniziò a scivolare verso il sedere con nonchalance invidiabile. La riccia non riuscì  a trattenere la risata onesta che le scivolò fuori di bocca.
Baciò il sorriso del compagno il quale strinse la presa prima di spingerla in direzione del divano.
 
Spazio autrice: Buongiorno a tutti, scusate l'assenza infinita. Spero comunque che il capitolo vi possa piacere.
Segnalate cortesemente qualsiasi errore, grazie!
Baci.
Indaco
  
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