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Autore: Lila May    08/10/2021    2 recensioni
Quando una nuova minaccia bussa alla porta della Kaiba Corporation, Seto, che non accetta di stare all'ombra di nessuno, non esita a prendere provvedimenti per schiacciare l'avversario. Decide dunque di inviare il suo adorabile fratellino Mokuba in una missione un po' "speciale": intrufolarsi in una villa privata e, senza farsi beccare dalle guardie che la sorvegliano, recuperare l'unica prova che può salvare la loro azienda dal passare alla mercé del nemico. Che cosa succederà ai due fratelli? Le abilità di Mokuba e Seto saranno abbastanza per salvare la K.C?
Genere: Azione, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mokuba Kaiba, Seto Kaiba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mission completed


Mi ricevi, Mokuba?
-Forte e chiaro, Seto.
Con un indice posato sulla pulce nascosta nell’orecchio, Mokuba Kaiba portò gli occhi indaco sull’enorme edificio serragliato dinanzi a sé. Non era lì per caso, e quello che aveva davanti a sé adesso non era un palazzo sorto per caso. Tch, magari lo fosse stato. Si trattava della villeggiatura di un imprenditore che era riuscito a fare fortuna a Domino City marciando sull’attività sua e di suo fratello e riuscendoci con un capitale che non si era sudato come tanto andava falsando in giro, ma che, stando a quanto gli aveva raccontato Seto una mattina a colazione, l’uomo aveva risucchiato da organizzazioni dalla discutibile condotta morale. Non che l’onestà fosse un’opzione plausibile quando si diveniva CEO assoluto di una grande compagnia come quella di Seto. Ma c’era un limite a tutto.
E questo, col tempo, lo avevano compreso persino i Kaiba.
Cosa ci faceva dunque Mokuba, l’innocente, puro Mokuba vestito in borghese ad osservare l’area dal finestrino della sua auto?
Molto semplice.
Seto intendeva affondare la compagnia dell’uomo, anche a scapito di dover far perdere il posto di lavoro a tantissime persone. Per farlo, però, necessitava di prove che accertassero la veridicità dei fatti. Non si sarebbe mai potuto presentare in tribunale con, nella mano, solo le sue convinzioni. Seto non era uno che mentiva, e questo lo sapevano bene un po’ tutti, a Domino City; ma davanti alla corte suprema, per legge, era impossibile cavarsela a parole e basta. Per questo qualche mese fa era risalito – non chiedete a Mokuba come, voleva tenersene fuori il più possibile – all’esistenza certa di documenti e contratti che facevano proprio al caso suo. Capaci di dimostrare, una volta per tutte, che la nuova multinazionale faceva comunella con la criminalità. Non quella che ti spaccia droga nei vicoli ciechi.
Quella con la C grande.
Di prendere questi documenti e nasconderli sotto l’ala del doppiopetto lilla si sarebbe occupato, udite udite, Mokuba.
Era stato scelto da Seto in persona, e non per motivi futili: era consapevole del fatto che suo fratello minore fosse un mago ad intrufolarsi in case non sue e a rubare oggetti con la stessa maestria di una gazzaladra. Sì, è vero, siamo onesti, Mokuba non aveva proprio una bella fedina pulita, e nel corso della sua vita non aveva esitato a macchiarsela in più di svariate occasioni. Ma sarebbe sempre stata più lustra di quella di Seto, senza dubbio. Infatti, fino a quel dì, il giovane vice CEO della K.C si era sporcato le mani di furti perlopiù innocenti, come qualche vestito, o gioielli – la sua ultima ragazza, ad esempio, lo aveva lasciato quando aveva scoperto di portare all’anulare un anello sfilato dalle mani di una ricca signora addormentata sulla panchina di un parco. E aveva fatto bene, a rompere con lui.
Mokuba glielo aveva vivamente consigliato col cuore.
La Kaiba Corporation – a.k.a Seto, tradotto “suo fratello” – aveva sempre pagato profumatamente per far prevalere il silenzio assoluto sulla condotta del minore dei due Kaiba, e con un bel mazzo di soldi lasciati sul bancone la questione “furto” era sempre stata dimenticata e presa per marachella. Finiva sempre allo stesso modo. A Mokuba, il bel ragazzo dai guanciotti rossi, veniva lasciato tutto ciò di cui si appropriava.
 
L’accesso era limitato da un cancello altissimo circondato di guardie alte almeno mezzo metro più di lui, in occhiali da sole e microchip al petto. Il problema, tuttavia, sempre ammesso si potesse definire così un banale raduno di uomini in giacca e cravatta, si estendeva anche oltrepassata la ringhiera d’oro che delimitava l’ingresso; lungo il selciato che lo precedeva erano presenti ulteriori uomini in divisa, circa dieci per lato. Non solo. Erano disposti anche sui giardini pensili presenti sui vari piani della struttura, e sul tetto. Armati di fucile, protetti da un giubbotto antiproiettile, non avevano un aspetto proprio amichevole.
Mokuba spostò la caramella che aveva in bocca dall’altra parte del palato, divertito. Non che avesse intenzione di stringere loro la mano, eh.
La morte era preferibile, piuttosto che un’alleanza falsa e subdola con un tizio che aveva tentato di sabotare la carriera di suo fratello già tre volte in un mese, facendosi aiutare dalla mafia, rapendo scienziati della K.C e tutte cose non proprio belle da ricordare.
-Allora Seto… la situazione è complicata, all’ingresso.- sussurrò alla pulce.
Ma a noi non interessa dell’ingresso Mokuba. E nemmeno di quello anteriore.”
-Mi andava di fare un po’ di dramma. Per aumentare la tensione, ehehe.
Procedi come ti ho indicato. Io ti guiderò quando sarai dentro.”
E sia.
Uscì dalla macchina, cacciò le mani nelle tasche del giaccone e iniziò a camminare analitico lungo il marciapiede che abbracciava la struttura quadrata.
Fermo qui.”
Si fermò quando ricevette l’ordine stentoreo di suo fratello. Poi si adagiò a terra con le ginocchia, e aprendo una cascata d’edera che pioveva su un muretto rivelò l’accesso alle canalizzazioni areauliche. Tirò fuori un cacciavite dalla tasca, e con precisione infallibile, la stessa che tirava fuori nel montaggio dei dueling disks, infilò la punta d’acciaio nelle viti che tenevano bloccato il condotto dell’aria. Lo aprì, e vi si introdusse con tutto il corpo prima di richiuderselo alle spalle.
Non rimase al buio. Accovacciato su se stesso, dalla tasca afferrò una torcia e la accese. Poi se la mise in bocca e si posizionò a carponi, poiché lo spazio era eccessivamente ridotto e procedere senza l’utilizzo delle mani sarebbe stata impresa ardua anche per un ragazzo di stazza fine come lui.
Non lo avesse mai fatto.
-EW SETO!!- gridò all’improvviso, sollevando le mani.
Seto gli sospirò nell’orecchio. “Che c’è, Mokuba.”
-Non sono disinfettati i condotti!!
Muoviti.”
-Ma io…
­“MOKUBA.”
-Ma che schifo, Seto!! Ah, merda. Potevi avvertirmi, mi sarei preparato a dovere almeno.
Seto rimase zitto, tradendo una forte impazienza nel mutismo infastidito in cui si era barricato.
Mokuba avrebbe voluto piangere, ma capì che le esigenze adesso erano tutt’altro che le sue paranoie, e dunque non perse ulteriore tempo, per non irritare più del dovuto i nervi tesi del fratello maggiore; strisciò i palmi lungo il tessuto dei jeans, e dopo essersi infilato dei guanti di pelle nera proseguì con l’esplorazione del tunnel, attento a non fare rumore con i mocassini di cuoio che strisciavano lungo di esso. Sembrava ricoperto di stalattiti e stalagmiti bianche, era orribile.
-Quanto dista l’archivio da qui… se non hai buone notizie, preferisco che stai zitto.
A cinquanta metri ci sarà un bivio: svolta a destra.”
-Non ti ho chiesto questo… ah, va beh.
Avevi detto che non volevi brutte notizie.”
-Speravo in qualcosa di meglio.
Quando torni festeggiamo.”
-Oh, grazie. Consolatorio. Prima posso fare un salto in lavanderia? Mi butto dentro la lavatrice anche io, cazzo.
Concentrati.”
A cinquanta metri svoltò a destra, attento a qualsiasi tipo di mutamento di paesaggio. Il condotto era più largo, seppur ugualmente sporco, ma se non altro gli permise di scrollare un po’ le spalle e stiracchiare il collo che fino a prima aveva tenuto rattrappito contro le clavicole dallo schifo.
A trenta metri prosegui dritto.”
Andò dritto.
Per un quarto d’ora andò sempre dritto, in silenzio.
Resisti, non sono molti chilometri.”
-Chilometri??
Volevo dire metri, scusa.”
-Ah………. ah.
GIRA A SINISTRA.”
-L’ho passato…
L’ho detto prima, che dovevi girare a sinistra.”
-Prima quando…? Cazzo Seto… ora devo fare retromarcia…
Sì, la devi fare. Oh, sei tu che mi hai detto che ti piaceva infilarti nei condotti.”
-CONDOTTI PULITI.
Mi stai dicendo che i condotti dell’orfanotrofio erano puliti?”
-Sai quante cose si scoprono quando si è piccoli come me, Seto…? Non immagini neanche.
Hai girato a sinistra?”
-Sì. Ti comporti esattamente come quando devo guidare il tuo jet a forma di Drago Bianco– che tra l'altro è mega imbarazzante... ok sì figo quando sei piccolo ma poi

Non insultare il mio Blue eyes white Dragon Jet, Mokuba.
-Seto.
"Mokuba, ci tengo a che tu faccia ogni cosa in maniera perfetta, come me
.”
-No, ci tieni a farmi venire l’ansia.
Silenzio.
Sei più bravo con la macchina, comunque, fattelo dire.
-Lo dici tu, questo, Seto.
Dopo un tempo che a Mokuba parve infinito, e che non osò domandare a Seto per fini di trama, il suo sguardo purpureo da volpe incontrò una grata dalla quale emergeva della luce artificiale gialla. Era aperta su una stanza, infatti, e si sentiva prepotente il ticchettio di un pendolo d’orologio addossato al muro.
Spense la torcia, la rimise nella tasca e si avvicinò per perlustrare l’area, ingoiando di botto la caramella per evitare di fare casino con la saliva.
E’ questo. Fermati qui. Vedi qualcuno sotto, Mokuba…?
Difficile a dirsi, da quelle sbarre così strette. Si chinò, schiantando la testa contro le nocche delle mani, assottigliò le iridi fino a ridurle a due spiragli blu. Niente di sospetto, da quell’angolazione. Ma riusciva a vedere solo un tappeto rosso, degli scaffali, una scrivania con un pc, per cui non era prudente scendere come se nulla fosse. -Non mi sembra. Non sento voci di nessun tipo tranne il rimbombo della mia.- sussurrò.
Sicuramente ci deve essere una telecamera da qualche parte.”
-Sì… sto aspettando te, infatti. Riesci a trovarla e disattivarla?
Seto smanettò un po’ al pc, lasciando Mokuba col fiato sospeso per qualche minuto.
Si era introdotto nel sistema di sicurezza del palazzo, e si stava assicurando che il fratello minore non lasciasse prova della sua presenza nemmeno per sbaglio.
-Dunque, Seto?
Fatto. Ce ne erano due. Una persino puntata contro la finestra, tsk. Stai attento, per cortesia. Ti ho già salvato il culo troppe volte, mi è passata la voglia di correrti dietro.
Mokuba sospirò dinanzi alla durezza emotiva del fratello, ma non disse nulla in risposta. Ormai lo conosceva bene, per cui prendersela e mettere il muso era inutile. Piuttosto, accolse quella frase pronunciata fredda come un invito amorevole a non mettersi in pericolo, e sorrise sapendo che era l’interpretazione giusta con cui andava sviscerata e riassemblata. Seto diceva così per non andare in agitazione, ma dimenticava una cosa: ormai i tempi erano cambiati. Mokuba era cresciuto, aveva ventun’anni adesso. Non era più un bambino, non occorreva più fare come una volta, corrergli dietro, proteggerlo, mettere a rischio la propria vita in cambio della sua.
Ora sapeva difendersi.
Aveva smesso di essere un peso, per suo fratello, ed era una delle cose di cui andava più fiero. Aveva smesso di essere il ragazzino debole e timido di cui tutti si dimenticano l’esistenza.
-Scendo.- smontò la grata e scese, saltando sul pavimento e reggendosi in equilibrio con l’ausilio di una mano. Poi, però, l’orecchio captò passi oltre la porta. -Seto…- mugugnò a bassa voce. -sta arrivando qualcuno.
Nasconditi dietro uno scaffale e aspetta se ne vada.”
Lo fece, un secondo prima che la porta venisse aperta da una guardia e una domestica, per controllare fosse tutto al proprio ordine. Nessuno dei due si sarebbe accorto del terzo incomodo se il cellulare di Mokuba, lasciato su vibrazione invece che silenzioso, non si fosse messo a vibrare all’impazzata per colpa di una notifica.
Mokuba. Il tuo telefono, cazzo.
-C’è qualcuno!!- gridò l’agente.
Mokuba uscì allo scoperto ridacchiando. I due non ci misero troppo a riconoscerlo come il fratello minore di Seto, e per questo motivo la guardia tirò fuori la pistola puntandogliela alla testa.
Il piccolo Kaiba non si lasciò impressionare dalla situazione. Prima che l’uomo potesse spararlo, estrasse la sua, di pistola, mostrando alla vista dei due nemici una cintura di armi nascosta sotto le ali del giaccone. Poi, velocissimo e freddo, gli piantò un sedativo al centro del petto. La cameriera fu sul punto di urlare nel vedere il corpo mastodontico dell’uomo cadere all’indietro, ma il ragazzo glielo impedì; la prese per la mano, le fece fare una piroetta elegante tra le braccia e la congedò con un dolce “milady, mi dispiace, devo farlo.”. Le depositò un bacino sulla guancia, poi le strinse il naso in un panno pregno di una sostanza stordente con cui aveva imbevuto alcune fasce nascoste nella tasca del doppiopetto.
La adagiò con assoluta riverenza a terra non appena la percepì abbandonarsi mollemente a lui. Dopodiché, rimessa la pistola al suo posto, controllò il cellulare per vedere chi avesse osato disturbarlo durante un tentativo di rapina di documenti top secret.
“Ciao Mokuba,” digitava la scritta. Mokuba non riconobbe il numero. Non salvava mai il numero delle persone di cui non gli interessava niente. “questa sera sei libero? Pensavamo di fare un party, ovviamente sei invitato. Ho alcune amiche che vorrebbero conoscerti.”
Ti dai una mossa?”
Mise via il cellulare. -Rispondevo al messaggio.
Potevi rispondere anche dopo. Adesso abbiamo altre priorità. Sbrigati!
Vero.
Iniziò a rovistare in giro, e fece leva contro le maniglie di alcuni cassetti, cercando di capire se fossero chiusi o aperti in modo da andare per deduzioni. Dove potevano essere nascosti i file che cercava? Se era vero che erano documenti top secret, allora sicuramente dovevano essere stati sigillati dentro un qualcosa di chiuso ed inaccessibile.
Ma tutti i cassetti erano aperti, e così anche le ante degli scaffali.
Per precauzione controllò anche tra i libri e nel pc. Ma era spento, e freddo, segno che non veniva usato da un po’. Non avrebbe trovato nulla di utile così.
-Seto sei sicuro sia la stanza giusta?
Sì. E’ nel muro.
-Nel muro?
E’ una cassaforte nel muro, dietro la libreria grande. Scusami, ci ho messo un po’ a trovarla. Ammetto che hanno un buon sistema di sicurezza. Ma noi siamo più bravi.
-Seto- Mokuba alzò la testa come se Seto lo stesse spiando dall’alto. -quindi? Non posso mettermi a fracassare di pugni il muro finché non va giù. Mi sentirebbero tutti. In più, ti ricordo che non sono solo, ma con due persone che mi danno un vantaggio di un quarto d’ora soltanto. Se si dovessero svegliare–
Li atterrerai come hai fatto prima
-Vorrei evitare, Seto.
Silenzio. Mokuba sapeva che Seto odiava la sua titubanza in questione, soprattutto quando si trattava di fare del male agli altri. Ma lui era fatto così. Ne avevano parlato tante volte, e il suo sentimento era rimasto immutato: non se la sarebbe mai sentita di puntare un’arma ad un’altra persona, con la consapevolezza che era carica di proiettili e che avrebbero potuto ucciderla sotto suo strenuo comando. Se c’era da mettere fuori gioco il nemico, preferiva usare altri escamotage o, eventualmente, due pugni e una testata. La combo perfetta. -Posso spostarti la libreria… intanto. Ma poi?- mormorò, cambiando discorso.
Al poi pensa Seto Kaiba. Tu sposta la libreria.”
Fece come richiesto. Agguantò la libreria con entrambe le mani e iniziò a muoverla lentamente verso destra. Si assicurò che nessun libro o ammeniccolo esotico cadesse al suolo, con lo spostamento, poiché il tonfo contro la moquette avrebbe rischiato di attirare nella stanza altri occhi indiscreti, complicando la missione.
Dopodiché, attese che Seto gli desse qualche buona notizia.
Ad un certo punto, qualcosa rimestò un po’ dell’aria pesante che si era raccolta nei suoi polmoni bloccati d’ansia: un pezzo di muro perfettamente tagliato a tondo cadde a pochi centimetri di distanza dai suoi piedi, obbligandolo ad arretrare. Oltre il buco, una cassaforte splendente incastrata tra le tubature brillava argentea. -Come hai fatto, Seto?
Ho deviato il sistema di laser che si occupavano di proteggere la cassaforte puntandolo contro il muro.
-Sei un genio, Seto.
Molto più di me.”
Sì. Lo so. Me lo dicono in tanti.”
-Sembra protetta da una password… una combinazione piuttosto lunga, insolito. Ah diamine chi mai dovrebbe aprire un muro??? Chi. Non bastava quello, come protezione?
Mokuba, prova con 336798403183433478018321117203847494003
-SETO, PIANO!! C-come hai fatto a scoprirla?
Io sono Seto Kaiba.
-Ok. Ok. Non farò ulteriori domande. So che è una formula che funziona sempre.
Seto grugnì, tronfio d'orgoglio come un tacchino ripieno.
-Ffffuh. Vai piano però. Piaaano.
3.3.6.7…
Intanto che Mister Kaiba 1.0 dettava lentamente i numeri, Mister Kaiba 2.0 iniziò a girare la manopola, seguendo le precise indicazioni del maggiore.
Alla fine dell’operazione ottennero il risultato sperato. La cassaforte si aprì, per fortuna, lasciando dentro il petto di entrambi un forte senso di compiacimento.
-Ah, sì…- Mokuba si voltò indietro a controllare che i due esseri umani stesi a terra fossero ancora dormienti prima di intrufolare la mano guantata e raccogliere il plico di contratti. Scattò loro una foto e la mandò al fratello, prima di cancellarla dalla memoria del telefono. -Sono questi? Guarda.
 “…sì.”
Perfetto. Arrotolò delicatamente il plico e lo infilò nella tasca interna del giacchetto, all’altezza dei pettorali. -Ho finito, qui.
Bene, per uscire...”
-Cosa faccio col buco nel muro, Seto…?
Che ti importa del buco nel muro, scusa.
-Allora… cosa faccio con la domestica e la guardia? Se si sveglieranno… parleranno.
Mokuba, non preoccuparti di questo. Punto uno,
Ecco che Seto partiva con gli elenchi.
A noi interessa aver preso i documenti, non delle conseguenze. Punto due, quando dimostreremo che l’azienza di questo tale si fonda sulla cartapesta a nessuno importerà di come abbiamo ottenuto le suddette prove che ora tu hai arrotolato nel giacchetto,
-Come lo sai, ehi, basta spiarmi ho finito il mio lavoro–
Poiché le useremo a fin di bene, ovvero, a dimostrazione di una questione che interessa tutto il paese. Punto tre… ora sbrigati e ritorna in macchina, Mokuba.
Mokuba annuì. Non gli rimaneva che fare un’ultima cosa: fidarsi di suo fratello, come aveva sempre fatto.
Dopo aver gettato i pezzi di intonaco caduto dentro il buco del muro rimise la libreria al suo posto, e nascose la polvere bianca di ciò che restava dell’impresa sotto il tappeto d’ornamento. Dalla cintura partì una cordicella; Mokuba la arpionò al condotto prima di ritornarvi dentro con la stessa facilità con cui era saltato giù. Da lì fu tutto in discesa; Seto lo guidò anche nel tornare indietro, ma il suo adorabile fratellino ricordava a memoria i passi fatti in precedenza, e senza ascoltarlo più di tanto trovò facilmente la via d’uscita.
All’aria aperta, richiuse il condotto e con la stessa faccia imperturbabile di prima, si avviò lentamente verso l’auto lasciata parcheggiata.
Peccato che qualcuno a palazzo si fosse già reso conto dell’accaduto, e avesse già obbligato le guardie a bloccargli la strada in direzione della macchina.
Mokuba sorrise al panorama splendido di uomini pronti a massacrarlo di botte.
Lo trovò quasi divertente, lì per lì.
Poi ci rifletté meglio, e capì, intravedendo anche la polizia, che era nella merda. Fino al collo. -Fantastico.- ringhiò tra i denti, retrocedendo a ritmo di batticuore. -Seto… hanno reagito prima del previsto. Forse non sono così stupidi come li abbiamo pensati nel nostro immaginario.
Seminali. Ti mando un elicottero prima di subito, vattene via da lì e nasconditi. ROLAND!! UN ELICOTTERO, VELOCE, PRIMA DI SUBITO
-Non strillarmi nelle orecchie Seto… odio quando lo fai.
Detto ciò, Mokuba tornò a rivolgersi audacemente – impanicato duro – alle guardie. -CIAO A TUTTI, E’ STATO BELLO E MI SONO DIVERTITO TANTO!- urlò poi, a squarciagola.
E dopo aver lanciato loro dei gas fumogeni per eludere la sua presenza, iniziò a scappare verso… non ne aveva idea nemmeno lui. Verso nord…? Così indicava la bussola nel cellulare.
-SETO- gridò alla pulce nell’orecchio. Aveva fatto pochi metri ma era già sfinito.
In più, lentissimo.
Ce li aveva praticamente tutti alle calcagna.
-Seto se io faccio un solo passo mi esplode la milza…
CORRI E BASTA, IDIOTA.”
Mokuba accelerò – rip milza –. Il suo errore fu lasciar perdere la strada davanti a sé per voltarsi a vedere quanti metri avesse guadagnato con quell’andatura da giraffa ferita a tutte e quattro le ginocchia. Il caso volle che a pochi passi dal bivio frenasse d’improvviso un’auto della polizia; la sua scarsa agilità, la lentezza nel voltarsi e la confusione nel realizzare cosa cazzo stesse succedendo gli impedirono in tutti i modi di evitare l’urto.
Finì con l’addome schiantato contro il muso della berlina. Quasi non vomitò i pancakes mangiati prima di venire lì.
-Ah, cazzo…!
-Signor Kaiba- il poliziotto uscì dall’auto e lo arrestò. Spiaccicandolo di nuovo contro il muso della macchina. -AHIA, EHI– EHI, ASPETTATE UN SECONDO…! VI SEMBRA QUESTO IL MODO DI TRATTARMI!!
-Lei è in arresto per appropriazione illecita di documenti privati a nome della Kaiba Corporation, di aggressione fisica…
-Aggressione fisica?!
-E per aver invaso una proprietà privata.
-NO, NON E’ ASSOLUTAMENTE VERO. NON STAVO RUBANDO NIENTE.
Fu voltato, in manette, e gli fu cavato il giacchetto e la cintura piena di armi. Ovviamente trovarono il plico. E ovviamente, dopo averlo tolto dalla tasca interna, glielo sventolarono scettici sotto il naso, in attesa di spiegazioni che Mokuba Kaiba, nonostante il disonore e l’umiliazione cocente, non avrebbe detto. Né a loro, né a nessun altro.
Non fino all’arrivo di Seto.
-Non l’ho rubato.- continuò, con tono minaccioso.  -Lo… lo stavo prendendo in prestito e–
-Sì ok.
-LO AVREI RESTITUITO!!
-Sì, certo.
-DOVETE CREDERMI. Voi non avete nemmeno idea di cosa sia contenuto lì!! Non sono un ladro, io…
Io niente.
Preferì chiudere lì la conversazione, indignato. E lasciare che fosse Seto, ancora una volta, a venire a pulire la sua merda.
 
 
 
 
 
 
Seto non si fece attendere troppo.
In compagnia delle sue guardie in suites – tra cui l’amatissimo Roland, che ormai era di famiglia – si presentò al carcere privato dove suo fratello era stato messo in gabbia in attesa di poter tornare libero. Non salutò all’ingresso, né salutò i poliziotti che scortarono lui e il suo entourage di men in black fino alla cella di Mokuba.
Mokuba, a testa china e collo molle tra le spalle, vide un’ombra lunga un metro e ottantasei stagliarsi all’improvviso tra la punta dei suoi mocassini e il divanetto che aveva scelto di non occupare. Capì così, semplicemente da essa, che il suo Eroe era arrivato.
Era giunto a salvarlo.
-Seto!- esclamò balzando in piedi. Nonostante fosse consapevole del fatto che suo fratello sarebbe comunque venuto a prenderlo, la gioia con cui pronunciò il suo nome, mista all’ansia di essersi sentito in pericolo fino a due secondi prima, quasi non lo fecero strozzare col chupa chupa che aveva preso a ciucciare causa noia. Un bel passatempo con cui intrattenersi. Gli avevano cavato tutto, armi, plico, prove, persino il giacchetto. Ma non gli avevano tolto le caramelle che aveva rubato dal bar in cui aveva mangiato i pancakes, e per fortuna. Mokuba ne era drogato. Non sarebbe riuscito a sopravvivere senza il suo lecca lecca al mirtillo. Salvezza preziosa last minute.
Seto, braccia lunghe e snodate incrociate al petto e aria terribilmente funesta – la solita faccia che ha dalla nascita, insomma – domandò che la cella venisse aperta. O meglio, non lo domandò. Lo ordinò.
Allo scatto della serratura, Mokuba fu libero non solo di poter tornare alla sua vita di prima, ma anche di poter riavere indietro, se non le armi e il plico, il suo prezioso giacchetto.
I due fratelli non conversarono finché non furono fuori dal carcere, al sicuro nei sedili posteriori di una macchina nera. Roland si mise alla guida e girò lo specchietto centrale verso di loro. -Tutto bene, Mokuba?
-Sì, solo un po’ di noia.
Partì.
Seto, a quel punto, si girò verso di lui. -Ero preoccupato.
Mokuba spezzò ciò che rimaneva del chupa chupa tra i molari sinistri. I sensi di colpa iniziarono a pizzicarlo. La pelle delle braccia gli si riempì di brividi.
-Ti sei fatto prendere come un pollo, e non hai provato nemmeno a combattere un po’.
-Beh, potevi andarci tu allora!!- sbraitò. Odiava quando Seto faceva così. La ramanzina. Come se Mokuba Kaiba avesse ancora undici anni, e avesse ancora bisogno di nascondersi dietro di lui per affrontare il mondo.
Diamine, non era forse quello che era appena successo…? Seto non era forse venuto a salvarlo di nuovo?
Arrossì di vergogna. L’umiliazione scavò in profondità dentro di lui, lasciandogli il petto dolorante e le guance in fiamme. Non era una bella sensazione, quella.
Era ancora troppo dipendente da lui, da Seto. Dal suo Eroe.
-Visto che sei così bravo, perché hai mandato me a fare una cosa del genere…? Perché non hai chiesto a Roland–
Roland tossì.
-O a uno dei tuoi mille agenti, perché me?!
-Avresti potuto dirmi di no, Mokuba.- sussurrò Seto in risposta. La sua voce, a differenza di quella del minore, fu dolce e gentile.
Mokuba si calmò nel sentire che da parte di suo fratello non c’era astio. -… non riesco a dirti di no.- ammise dopo un istante passato a giocherellare con il bastoncino plastificato del chupa chupa. -Non riesco a dirti di no e non riesco a fare in modo che tu non venga a salvarmi. Non riesco a non mettermi nei guai. Cerco di essere come te, ma puntualmente finisco per creare solo più casini–
-No, Mokuba.  
-Sì. Cerco di renderti fiero. Cerco di non deluderti. Ma oggi non ti ho forse deluso…?
-Sono già fiero di te, Mokuba.
-…
-Mokuba…
-Mh. Che c’è.
-Perdonami.- Seto cambiò faccia. Girò la testa e guardò fuori dal finestrino, sfuggendo all’occhio sorpreso di Mokuba prima che questi potesse cogliere, in lui, della debolezza d’animo che non era bravo a dimostrare. -… sono io che ti metto nei guai.- mugugnò. -Sono io l’irresponsabile. Quindi non fartene una colpa per quello che è successo, per favore.
-…
-Perdonami.
-Seto…- a Mokuba bastò.
Bastò davvero.
Un tempo, da piccolino, forse gli sarebbe saltato addosso e lo avrebbe abbracciato. Ora che era adulto, però, si limitò a cingergli una spalla. Mise tanto amore nello stringergliela. Smisurato e sconfinato, come sapeva piacere al suo fratellone.
Seto lo recepì tutto. Non lo dimostrò, ma lo emozionò sapere che Mokuba avrebbe lasciato correre. Avrebbe lasciato correre anche questa volta.
-Alla fine non abbiamo risolto nulla comunque. L’importante è che siamo di nuovo insieme, e che non sia successo nulla di troppo tragico. Grazie, per essermi venuto a prendere. Grazie per aver pagato la mia libertà.
-Tch. Lo dici tu.
-Mh?
Il castano tornò alla sua solita strafottenza. Mokuba però non se la prese, anzi; sorrise divertito nel vedere il suo Eroe rianimarsi così dal nulla.
Forse non era ancora tutto perduto.
-Che intendi…?
-Hanno anche un archivio online. È stato arduo trovare le passwords e i codici di accesso, fratellino mio, ma vedi, io sono Seto Kaiba…- e come a voler dare prova del suo genio, Seto estrasse un pc già acceso da una borsa tenuta in fondo al sedile e, sollevato lo schermo luminoso, mostrò tutta la sua maestria da hacker professionista. Poi tirò fuori una chiavetta dalla tasca del jeans e la strizzò tra pollice e indice. -Ho preso tutto.
-SETO MA SEI UN MITO!!
-Sì, sì. Lo so.
-E… e…- l’espressione di Mokuba cambiò drasticamente da felice ad argutamente incazzata quando realizzò, dopo qualche istante di riflessione, che questa cosa online si sarebbe potuta fare molto prima. E senza buchi nel muro. -E COMUNQUE MI HAI FATTO ENTRARE LO STESSO NEI CONDOTTI DELL’ARIA, IO…!
-Ti va se ci fermiamo a bere un milkshake…?- domandò Seto sviando agilmente il discorso.
La sua faccia da bimbo innocente e verginello era orribile. Decisamente poco convincente. Ma Mokuba se la fece bastare.
-Offro io, fratellino.
-Me lo merito.- brontolò. Poi gli tirò una spallata.
Seto dondolò come un impacciato monolite dopo una piccola scossa di magnitudo.
-Al cioccolato!
-Quello che vuoi, fratellino.
Era fatta, dunque.
Seto aveva ottenuto comunque quello di cui aveva bisogno la K.C. Vie legali o meno, uh, a chi importava lì? Sul serio. In fin dei conti si parlava pur sempre di Seto Kaiba; era lui la legge, lì a Domino. Il resto non contava.
E Mokuba?
Beh… appena scarcerato aveva ottenuto un milkshake omaggio.
Così non lo avrebbe dovuto rubare dal tavolo di qualcun altro.
E, se scoperto, finire di nuovo dentro.
Assolutamente mission completed.
 
 
 



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Nda.
Hello! Hello hello!
Come non scrivere qualcosa di assolutamente non sensato (vi prego, lo so che non ha senso quello che stanno facendo in questa storia cretina, davvero, ne sono consapevole.) su Seto che cerca di prendere dei documenti random per asfaltare l’impero aziendale di un tizio e manda Mokuba a fare il lavoraccio per lui; aaaah, che bravo fratello maggiore ehehe.

Questa storia l’avevo cominciata tempo fa (doveva essere il primo capitolo di una long ma ahimé, l’ho abbandonata), ma ho deciso di finirla solo di recente e beh, yeh, di pubblicarla. Sì, lo so, è scema a livelli stratosferici, ma premessa, non sono una super spia, non so come funzionano ste robe, quindi rip accuratezza che se ne va nel cesso.
Però ehi, è fiction, quindi chizzene frega, l’obbiettivo è un altro: riflettere sul loro rapporto senza chissà che volo pindarico (penso sia bello aver preso il punto di vista di Mokuba, che viene sempre bistrattato o poco considerato.). E, ovviamente, ridere di loro sorridere. Se, vi ha fatto sorridere. Io lo spero sempre <3
Adoro i fratelli Kaiba e adoro Mokuba, mi fa una tenerezza bestiale. Io li chiamo “la castagna (Seto) e la pigna (Moku)”. Siamo tutti con te, Pigna. Il vero eroe è lui. Il vero salva castagne.
Ok basta.
Eeeek 
Alla prossima!
Ringrazio in anticipo chi leggerà, chi recensirà, e chi metterà, se lo farà, la storia in una delle cartelline!

Vi auguro di raccogliere tante castagne e tante pigne, dato che è cominciato l’autunno.
XoXo
 
Lila
 
   
 
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