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Autore: evelyn80    09/10/2021    1 recensioni
L'estate è tempo di vacanza per antonomasia, e anche i Chicago non perdono l'occasione per godersi le tipiche location vacanziere: mare, montagna, città d'arte e campagna. Una raccolta di quattro capitoli in cui ne vedremo delle belle!
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Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Make me smile'
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I ragazzi di campagna


 

(Dall'alto verso il basso e da sinistra verso destra:
Lee, Terry, Peter, Walter, Danny, James, Robert, Laudir)

 

 

Prompt: ghiaccio

Location: campagna

 

 

 

James, gli occhi rossi e il naso gocciolante, si raddrizzò a fatica appoggiandosi al manico del forcone.
«Mi ricordate, per favore, per quale motivo siamo qui a spaccarci la schiena?», ansimò tra uno starnuto e l'altro. «Maledetta allergia del cazzo!».
«Perché Guercio ritiene che l'aria di campagna possa far bene ai nostri polmoni», rispose tranquillo Walter, finendo di spargere il fieno per le mucche nella mangiatoia.
«E allora perché dobbiamo lavorare, cazzo?», insisté il trombonista, senza riuscire a smettere di starnutire.
«Perché il lavoro nobilita l'uomo, non lo sapevi?», si intromise Lee, appena entrato nella stalla con stivaloni di gomma ai piedi e un rastrello in mano. «Ma poi, scusa, se sapevi di essere allergico al fieno per quale motivo ti sei messo a dar da mangiare agli animali? Non potevi fare qualcos'altro?», aggiunse nel vedere James stravolto dagli starnuti.
«E cosa? Qui, ovunque tu giri la testa, non c'è altro che fieno, fieno e ancora fieno!».
«Magari potresti spalare la merda delle vacche: ne fanno a quintali».
«A parte che il fieno lo trovi anche nella loro merda... poi quello dovrebbe essere compito tuo, visto che tanto ci sei abituato». Lee lo guardò aggrottando le sopracciglia e James continuò. «Chi è che, in quel cazzo di film di Guercio, se ne stava seduto in mezzo alla merda dei maiali?».
Lee storse il naso al ricordo. «Non farmici pensare. Ho continuato a puzzare per giorni!».
«Beh, tu almeno hai anche avuto la tua battuta, mentre io non ho fatto altro che stare zitto e prendermi un pugno in faccia», borbottò Walter appoggiando il proprio forcone alla rastrelliera di fianco alla porta della stalla e scuotendosi i fili di paglia dai pantaloni. «Usciamo, dai, che qui abbiamo finito». *1)
Una volta fuori, gli starnuti di James si placarono almeno in parte.
«Dove sono gli altri?», chiese guardandosi attorno.
«Robert e Peter sono a riparare il recinto del pollaio, mentre Terry, Danny e Laudir sono andati a raccogliere gli avocado», rispose il trombettista, indicando rispettivamente alla sua destra e dritto davanti a sé mentre parlava.
«Andiamo a vedere cosa combinano?», propose Walter.
Gli altri due annuirono, e si avviarono verso la piantagione di avocado.

 

Terry addentò l'ennesimo frutto pescandolo dal cesto che teneva sottobraccio, mentre alzava lo sguardo tra le fronde a osservare i movimenti dei suoi due compagni di lavoro: Danny e Laudir erano arrampicati come due scimmie sull'albero di avocado che il chitarrista aveva di fronte, ed erano intenti a raccogliere i frutti verde scuro che poi passavano all'amico a terra.
«Ehi, Danny, ce n'è uno lì davanti a te», biascicò con la bocca piena, indicando un avocado particolarmente grosso che penzolava da uno dei rami più alti.
«Perché non te lo vai a prendere da solo? Noi fatichiamo e tu non fai altro che ingozzarti come un maiale!», replicò il batterista, piccato.
«Lo sai che se non mangio ogni mezz'ora vado in calo di zuccheri. E poi, io e gli alberi non abbiamo un buon rapporto», rispose Terry, ricordandosi di quando, qualche Natale prima, aveva tentato di addobbare il proprio abete arrampicandocisi sopra e rimanendo incastrato tra i rami.
«Peccato che gli abacate di zuccheri ne abbiano pochissimi, amigo», si intromise Laudir, ridendo. «Inventa un'altra scusa, la prossima volta».
«La prossima volta dirò a Guercio di venirci lui, in campagna a fare il contadino! Non gli basta più rinchiuderci in alta montagna nel suo cazzo di ranch? Ora pure braccianti ci vuol far diventare!», sbuffò il chitarrista, lanciando lontano il grosso seme dell'avocado che aveva appena finito di divorare.
«L'aria salubre di campagna fa bene ai vostri polmoni», scimmiottò Danny, imitando la voce del loro produttore.
«A parte il fatto che a me i polmoni per suonare non servono, quest'aria è salubre un corno!», esclamò Laudir traendo un grosso respiro. «Si sente solo cheiro de merda!».
«E noi siamo pure lontani dalle stalle. Ti immagini quei tre poveri disgraziati che ci devono sgobbare dentro?», rise Danny, aggrappandosi forte al proprio ramo per non perdere l'equilibrio.
«Stai parlando di noi, per caso?».
La voce profonda di Walter li fece voltare.
«Ehi, buchi di culo, che ci fate qui?», esclamò Terry, afferrando un altro avocado e addentandolo, impiastricciandosi tutta la faccia.
«Abbiamo finito con la merda, e allora abbiamo deciso di venire a vedere come ve la passavate», rispose James, prendendo anche lui un frutto dal cesto che il chitarrista teneva in mano e mordendolo avidamente. «Fosse mai che mi facesse bene all'allergia...», commentò sottovoce.
«Ehi! Noi, con quelli, dobbiamo farci il guacamole!», brontolò Danny nel vedere che un altro degli avocado che aveva raccolto con tanta dedizione stava facendo una brutta fine.
«Puoi sempre raccoglierne altri, no?», replicò Jimmy, muovendo lo sguardo all'intorno e indicando le decine e decine di alberi carichi di frutta che li circondavano.
«Mica mi pagano per fare la scimmia». Il batterista finì di raccogliere le ultime drupe presenti sulla pianta, poi si lasciò cadere a terra con un sospiro. «Cristo, non mi sento più le gambe...».
Laudir lo imitò subito dopo e i sei ragazzi si raggrupparono in circolo.
«Ora basta, ne ho abbastanza di raccogliere frutta!», disse Terry, posando a terra il cestino e stirandosi.
«Ma se tu non hai fatto altro che abbuffarti?». Danny lanciò un'occhiataccia all'amico, che si strinse nelle spalle.
«È un lavoro anche quello».
«Perché non andiamo a prenderci qualcosa da bere?», propose Laudir, sfregando le mani sui pantaloni per pulirsele.
«Mi sembra un'ottima idea. Una Coca con tanto ghiaccio è proprio quello che ci vuole», concluse Walter, e tutti e sei i ragazzi si diressero verso la casa padronale.

 

Una volta adeguatamente provvisti di bibite, i ragazzi andarono in cerca di Robert e Peter, ancora intenti a riparare il recinto del pollaio: Peter teneva le assi in posizione e Robert batteva con il martello sui chiodi per fissarle al loro posto. Ma, ogni volta che il tastierista alzava il martello, il bassista spostava la mano destra per paura di essere colpito.
«La vuoi smettere di togliere la mano? Ogni volta l'asse si sposta e sono costretto a risistemarla!», sbraitò Robert, agitando il martello sopra la testa.
«Non è colpa mia se hai la mira di un ubriaco! Già per tre volte ho rischiato di ritrovarmi con un dito in meno, e a me le dita servono!».
«Allora reggila con la faccia! Tanto, anche se ti colpisco sulla mandibola, quella ce l'hai già disintegrata! Danno più, danno meno...». Robert concluse la frase facendo spallucce, mentre il viso di Peter diventava rosso per la furia.
«Perché non facciamo al contrario? Io uso il martello e tu reggi!».
«Meglio di no», replicò il tastierista. «Prima che ti sei sistemato i capelli, scosso le mani, preso la mira e sistemato i capelli per la seconda volta, passano almeno dieci minuti buoni».
Peter fece per replicare, ma fu interrotto dal vocione da basso di Terry, appena arrivato vicino a loro in compagnia degli altri cinque.
«Ehi, ragazzi, calma. Siete peggio dei miei vicini di casa, che non fanno altro che litigare dalla mattina alla sera».
«Ma non avete ancora finito?», chiese Lee, fissando le numerose assi ancora a terra, pronte per essere fissate. «Noi abbiamo ripulito tutta la stalla, e loro», indicò il chitarrista, Danny e Laudir, «hanno finito di raccogliere gli avocado, mentre voi siete ancora all'inizio».
«Vuoi farlo tu al posto nostro?», chiese Robert in tono cupo puntandosi le mani sui fianchi, il martello che oscillava minacciosamente tra le sue dita.
«Non vedo perché dovrei», replicò Lee mettendosi nella stessa posa del tastierista. «Io il mio lavoro l'ho finito. Siete stati voi a scegliere di fare questo!», aggiunse, indicando la catasta di tavole in legno.
«Io un'idea su come risolvere la situazione ce l'avrei», disse James, asciugandosi i folti baffi con il dorso della mano dopo aver preso un sorso di Coca-Cola. «Visto che è stato Guercio a obbligarci a venire qui, senza neanche interpellarci, dovrebbe essere lui a sgobbare al posto nostro».
«Peccato che Guercio sia a palle all'aria su una spiaggia di Malibù», commentò Walter scuotendo la testa. Scolò il suo bicchiere, lasciando che i cubetti di ghiaccio non ancora totalmente sciolti tintinnassero contro il vetro, e spostò con decisione Peter di lato. «Fatti da parte, ci penso io a tenere le assi».
Si chinò ad afferrarne una e fece cenno a Robert di darsi da fare col martello. Il tastierista afferrò un lungo chiodo, fece sporgere la lingua tra i denti e prese la mira, assestando un vigoroso colpo.
Il cortile della fattoria fu spazzato dall'urlo disumano lanciato dal sassofonista.
«AAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!».*2)
Invece di colpire la testa del chiodo, Robert aveva centrato in pieno il pollice destro di Walter, la cui unghia stava già diventando violacea.
«Visto, che avevo ragione? Hai la mira di un ubriaco», commentò Peter, mentre Walter saltellava come un pazzo tenendosi stretto il dito ferito. James gli andò dietro, porgendogli il bicchiere che il sassofonista aveva vuotato poco prima e in cui permaneva ancora un residuo di ghiaccio, facendogli mettere il pollice al fresco.
Robert fece spallucce. «È stato lui che ha mosso la mano. Se fosse stato fermo non lo avrei colpito».
Walter si voltò verso di lui, guardandolo con aria truce.
«Nisam se pomaknuo, kretenu jedan! Vi niste u mogućnosti koristiti čekić!», sbraitò in croato, la sua lingua natìa, lasciando interdetti tutti gli altri.
«Ovvero?», si azzardò a chiedere Terry col suo sorriso equino stampato in faccia.
«Ho detto che io non mi sono mosso, e che Bobby non sa usare il martello!», tradusse il sassofonista, continuando a tenere il dito ficcato tra i cubetti di ghiaccio.
«Il tutto condito da qualche bestemmia, immagino», commentò Danny, rovesciando il proprio ghiaccio nel bicchiere di Walter, che lo ringraziò.
«Certo, è chiaro. Sfiderei chiunque a non chiamarlo "testa di cazzo"!».
Robert borbottò qualcosa, poi lasciò cadere il martello e se ne andò per i fatti suoi. Gli altri sette rimasero a fissare il recinto incompiuto e le galline che razzolavano poco lontano.
«E ora che facciamo?», chiese Laudir. «Lo finiamo noi?».
Terry si strinse nelle spalle. «Ma lasciamole libere, povere pollastrelle. Tanto, che cosa vuoi che possa succedergli?».



La mattina dopo, la fattoria non fu svegliata dal consueto canto del gallo. Quando il fattore andò a controllare, scoprì che le galline, riuscite a sfuggire dal recinto non riparato, erano state divorate dai coyote durante la notte.

 

 

Spazio autrice:

Sembra incredibile ma ci sono riuscita! Nonostante il Covid, l'isolamento, la mancanza di ispirazione, la location in campagna che non mi aiutava, il prompt non proprio semplicissimo lasciato da Soul Mancini, “GHIACCIO”, sono riuscita a portare a termine la mia stessa sfida. In ritardo, è vero, ma noi tre partecipanti ci eravamo accordate su questo, visto che anche loro erano impegnate e non avrebbero potuto scrivere.
Mi sono divertita tantissimo a scrivere questo ultimo capitolo, ambientato più o meno nello stesso periodo del precedente, visto che anche qui appare Laudir de Oliveira. E anche se stavolta non sono riuscita a inserire nulla per la “Real Life Challenge” sono comunque soddisfatta del risultato.
Per chi ha già letto le mie storie precedenti, sarà stato facile ritrovare elementi già inseriti in passato, come l'allergia al fieno di James (mia licenza poetica) o la proverbiale fame di Terry (questa del tutto reale XD); la mania per i propri capelli di Peter e le frasi in croato di Walter, che quando è in preda a emozioni forti è solito ricorrere alla sua lingua d'origine per esprimersi (anche queste sono entrambe mie licenze poetiche). Per non parlare dell'accenno alla mia fic “Io ce l'ho più grosso” in cui il chitarrista rimane incastrato nel suo stesso abete mentre tenta di addobbarlo per Natale.
Non mi resta che ringraziare fino all'infinito Kim Winternight e Soul Mancini per aver accettato la mia sfida, per aver partecipato con tanto entusiasmo e grinta e, soprattutto, per avermi assecondato come sempre XD. Siete grandissime, ragazze!
Infine, il titolo è un chiarissimo riferimento al film “Il ragazzo di campagna” del 1984, interpretato da Renato Pozzetto.
Vi lascio alle due note numerate nel testo.
*1) Nel 1973, Guercio produsse e diresse il suo unico film: “Electra Glide in Blue”, che narra la storia di un poliziotto della stradale che sogna di passare alla sezione omicidi. Quattro dei sette membri dei Chicago ebbero una particina nel film: Peter Cetera interpreta un motociclista; Terry Kath è colui che, alla fine del film, uccide il protagonista con un colpo di fucile; Lee Loughnane e Walter Parazaider impersonano due hippy. Il primo è anche il guardiano dei maiali, e nella sua scena appare seduto su una lamiera in mezzo alla cacca dei suini; il secondo, invece, si becca un pugno in faccia da parte del detective che sta cercando il motociclista/Peter. Lee pronuncia una battuta, rivolgendosi al protagonista informandolo che si trova in mezzo alla cacca dei maiali; mentre Walter non dice niente, le prende e basta.
*2) Ho immaginato questo urlo come quelli che è solito lanciare il gatto Tom nei cartoni animati di Tom & Jerry. Potete sentirne uno a questo link, al minuto 7:05. https://www.youtube.com/watch?v=CUIXOCwD2yA
Spero di aver fatto divertire!

  
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