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Autore: Clementine84    10/10/2021    0 recensioni
“Cassie?”
La ragazza percepì un movimento alle sue spalle, segno che l’amico si era messo a sedere.
“Hmm?”
“Devo dirti una cosa” annunciò Alex.
Cassie si mise a sedere, ritrovandosi spalla a spalla con il ragazzo.
“Dimmi” lo spronò, rivolgendogli un sorriso che voleva essere rassicurante.
“Ti amo”.
Si voltò a guardarlo, con gli occhi spalancati, aspettandosi un sorrisino divertito o, addirittura, una buffa smorfia, a indicare che la stava prendendo in giro, ma tutto ciò che vide furono i due grandi occhi marroni del ragazzo che la fissavano, seri, specchiandosi nel grigio dei suoi.
“Non dire sciocchezze, Alex” lo liquidò, scuotendo leggermente la testa.
“Non è una sciocchezza. È la verità” replicò lui, deciso.
“Non puoi amarmi” sentenziò Cassie, stringendo le mani sul bordo del muretto, come se volesse essere certa di non rischiare di cadere.
Genere: Angst, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: AJ McLean, Brian Littrell, Nick Carter, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Ci ho riprovato. Ultimamente mi prendono bene i Backstreet Boys, non so perché. Ma ho anche un paio di originali in stesura quindi stay tuned.

Poco da dire su questa storia se non che copre un arco temporale molto lungo e che, di nuovo, per me costituisce un esperimento stilistico in quanto scritta per la prima volta in terza persona e non, come sono solita fare, passando da un punto di vista all’altro. Ho faticato, non lo nascondo, ma spero di essere riuscita comunque a trasmettere i pensieri e i sentimenti dei protagonisti.

Nulla di quanto narrato è reale o ha la pretesa di esserlo. Questo scritto è frutto della mia fantasia e non vuole, in nessun modo, offendere le persone rappresentate. I personaggi originali, invece, appartengono alla sottoscritta e ogni riferimento a persone reali è da considerarsi puramente casuale.

ATTENZIONE! - questa storia contiene riferimenti a dipendenza da alcool e stupefacenti, oltre che a tentativi di suicidio. Non sono raccontati in modo esplicito ma, allo stesso modo, risultano piuttosto chiari. Se ritenete che la cosa possa urtare la vostra sensibilità, consiglio di non proseguire nella lettura.

 

PROLOGO

 

1993 – Orlando (Florida)

 

And when I'm looking back
How we were young and stupid
Do you remember that?

 

Alex colpì con violenza un sassolino, la cui unica sfortuna era stata trovarsi nelle vicinanze dei suoi piedi in quell’esatto momento e su cui il ragazzo aveva deciso di sfogare la sua frustrazione. Poi alzò lo sguardo verso l’amica, seduta sul muretto che delimitava il campetto da basket vicino alla palazzina dove entrambi abitavano, le gambe penzoloni, fasciate in un paio di jeans neri, e un vecchio paio di Converse rosse rovinate in più punti. Poteva sembrare un pomeriggio qualunque, ma entrambi sapevano che non era così. Quel giorno, tutto era cambiato, per loro. Per lui.

“Non puoi andartene” sbottò, stringendo a pugno le mani, che teneva nascoste nelle tasche dei pantaloni.

La ragazzina smise di dondolare i piedi e guardò l’amico, alzando le spalle. “Devo andare. Non posso restare”.

“Perché?” domandò il ragazzo, interdetto.

“Perché il lavoro di papà è là. Perché la mia famiglia si trasferisce e io devo andare con loro” spiegò lei, come se parlasse a un bambino testardo.

“Sì, ma perché in Italia?” insistette Alex, deciso a non mollare.

“Cos’ha l’Italia che non va?” chiese lei, iniziando a indispettirsi. “I miei vengono da lì e dicono che è bellissima”.

“È dall’altra parte del mondo, Cassie! Non ci vedremo più” si lamentò l’amico, infastidito dal comportamento della ragazza, che sembrava non voler capire le sue ragioni.

“Non ci saremmo visti comunque, Alex. Adesso hai il gruppo e non sarai mai a casa” gli fece notare lei, scendendo dal muretto con un balzo.

“Sì, ma quando torno voglio saperti qui” sentenziò egoisticamente il ragazzo.

“Non è possibile. Mi dispiace” replicò Cassie, scuotendo la testa.

“Mi dimenticherai” la accusò Alex.

“Non è vero” obiettò lei.

“Troverai un nuovo migliore amico, in Italia”.

“Può darsi, ma non ti dimenticherò” gli promise.

“Giuralo” le intimò.

Cassie si avvicinò e strinse l’amico in un abbraccio. “Te lo giuro”.

 

Tornata a casa, Cassie si chiuse nella sua stanza, si buttò sul letto e accese lo stereo a tutto volume, riempiendo la camera con un mix di canzoni pop e rock, tra cui anche alcune tracce registrate dai Backstreet Boys, un gruppo emergente di cui faceva parte il suo amico Alex, insieme ad altri quattro ragazzi, Howie, Nick, Brian e Kevin. Si tolse le scarpe e le scaraventò dall’altra parte della stanza, con un calcio, emettendo un profondo sospiro. Perché, si chiese, Alex doveva rendere tutto più difficile? Come se per lei fosse facile mollare tutto quello che conosceva per trasferirsi dall’altro lato del mondo. Anche lei si sentiva morire all’idea di non vederlo più, ma non ci poteva fare nulla. Prima, al campetto, quando lui le aveva detto che l’avrebbe dimenticato, le era venuto da piangere. Ma non l’aveva fatto. Innanzitutto perché odiava piangere e odiava ancora di più farsi vedere piangere. Soprattutto da lui. Soprattutto perché sapeva che l’avrebbe fatto stare male sapere che lei soffriva. Quindi aveva ricacciato in gola le lacrime e aveva fatto finta che fosse tutto okay, che avesse accettato la situazione come inevitabile, un dato di fatto, mentre invece avrebbe solo voluto gridare, puntare i piedi, rotolarsi a terra, farsi venire una crisi isterica, tutto pur di non andarsene.

Cassie e Alex si conoscevano dall’asilo. Abitando nello stesso palazzo, avevano iniziato a giocare insieme fin da piccolissimi, diventando inseparabili. I genitori di Alex si erano separati quando lui era ancora molto piccolo, e Linda, la mamma di Cassie, spesso dava una mano a Denise, la mamma di Alex, tenendole il bambino mentre lei era al lavoro. Crescendo, anche se avevano due anni di differenza e, quindi, non erano nella stessa classe, non avevano mai smesso di frequentarsi e Alex passava quasi tutto il suo tempo libero con l’amica, portandosela dietro alle prove dei vari spettacoli teatrali a cui partecipava e presentandola a tutti i suoi amici. Curiosamente, pur essendo il più grande, non era Alex a essere popolare, tra i due. Lui era il ragazzino strano, quello senza papà, che viveva con la mamma e la nonna e a cui piaceva partecipare ai musical. Cassie, invece, priva di qualsiasi velleità artistica, si era buttata sugli sport, iniziando a nuotare ed entrando nella squadra di nuoto sincronizzato. Non faceva nulla per esserlo, eppure era una ragazzina piuttosto popolare. Non in quel modo femminile e provocante che veniva ostentato nei film per teenagers, piuttosto in modo deciso e provocatorio. Era quella che aveva mandato a gambe all’aria il capitano della squadra di football, tirandogli un calcio ben assestato nelle zone intime, quando l’aveva sentito, per caso, prendersi gioco del suo amico Alex, quella che aveva organizzato un sit-in di protesta nel corridoio della scuola perché non permettevano a un suo compagno di classe omosessuale di invitare il fidanzato al ballo, quella che, a quello stesso ballo, si era presentata stringendo orgogliosa la mano di Alex, sotto lo sguardo furioso di Jason Blake, uno dei ragazzi più desiderati della scuola, di cui aveva rifiutato l’invito e, soprattutto, quella che era stata subito accettata dai nuovi migliori amici di Alex, i ragazzi della band, che la consideravano ormai la mascotte del gruppo. Come aveva fatto notare un giorno Kevin, il maggiore del gruppo, era una ragazzina con le palle, anche se ad Alex non piaceva quella definizione, perché la faceva sembrare una dura mentre, invece, lui sapeva benissimo che non era così. Cassie era estremamente gentile e rispettosa con tutti e, semplicemente, farsi adorare le veniva naturale. Ma, allo stesso tempo, sapeva anche essere molto dolce e fragile, anche se questo era un lato della sua personalità che non permetteva a tutti di conoscere. Alex era uno dei pochi fortunati e adorava quella parte della sua amica che restava celata ai più. Ovviamente, Alex non era l’unico amico di Cassie, così come Cassie non era l’unica amica di Alex, ma il loro rapporto era speciale e, almeno così credevano, niente avrebbe mai potuto mettersi in mezzo.

Mentre Cassie sfogava la sua frustrazione lasciandosi cullare dalla voce arrabbiata di Kurt Cobain, Alex lo faceva parlando al telefono con Howie.

“Non posso pensare che se ne vada” gli confessò, mentre fissava il soffitto della sua stanza, sdraiato sul letto.

“Lo capisco, AJ. Ma non sembra che tu possa farci molto” replicò l’amico, chiamandolo con il nome che aveva iniziato a usare quando era entrato nel gruppo. AJ – dalle iniziali dei suoi due nomi, Alexander James – suonava molto più figo di Alex, e cambiare nome gli era servito a scrollarsi di dosso l’immagine di ragazzino sfigato. Adesso era quello figo che cantava in un gruppo vero, con un manager che gli procurava gli ingaggi, e presto sarebbero diventati famosi. Non era più quello che veniva preso in giro perché partecipava a tutti gli spettacoli della scuola e non aveva il papà.

Alex sospirò e fece rimbalzare sul soffitto la pallina da tennis con cui stava giocando, mentre era al telefono.

“Lo so. E fa schifo” commentò.

Ci fu un attimo di silenzio, dall’altra parte del filo, poi Howie chiese “Sei sicuro di non essere innamorato di lei, AJ?”

La pallina ricadde rumorosamente sul pavimento, senza che Alex si desse la pena di provare a riprenderla. Spalancò gli occhi e restò immobile, a bocca aperta, senza trovare nulla da rispondere. Nella sua testa, rimbombava la domanda dell’amico, come un disco inceppato. Poi chiuse gli occhi e scosse la testa. Lui innamorato di Cassie? Non poteva essere. Howie stava sicuramente scherzando. Cassie era la sua migliore amica, la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro e a cui si sentiva indissolubilmente legato per l’eternità. Niente di più. Non era innamorato di lei. Blaterò qualcosa in risposta all’amico, solo per negare e chiudere la conversazione, poi si chinò a raccogliere la pallina dal pavimento. Nel farlo, lo sguardo gli cadde su una foto che ritraeva lui e Cassie insieme, un anno prima, in occasione del suo provino per entrare nel gruppo. Ovviamente, lei l’aveva accompagnato e, quando era stato preso, erano andati a festeggiare al fast food, com’erano soliti fare. Nella foto, lei era alle sue spalle, le braccia strette attorno al suo collo, ed entrambi stavano ridendo, felici. Alex sentì una fitta al cuore e pensò che non ce l’avrebbe fatta senza di lei, proprio non esisteva. Perché Cassie era la sua migliore amica, la persona che lo conosceva meglio di chiunque altro e a cui si sentiva indissolubilmente legato per l’eternità. Niente di meno. E lui era innamorato di lei.

 

Erano sdraiati sul muretto del campetto da basket, testa contro testa, mentre guardavano il cielo azzurro terso di quel caldo pomeriggio di luglio. Cassie sarebbe partita tra qualche giorno e i due ragazzi stavano tentando di passare più tempo possibile insieme, compatibilmente con gli impegni di Alex con i Backstreet Boys. Cassie aveva già salutato i ragazzi, che erano stati dispiaciuti di vederla andare via, e le avevano promesso che si sarebbero tenuti in contatto, ma stava rimandando il momento più tragico, ossia dire addio ad Alex. Perché, e Cassie era certa che lo sapesse anche lui, anche se gli aveva giurato che non l’avrebbe mai dimenticato, la lontananza li avrebbe inevitabilmente divisi. Sarebbero cresciuti in posti diversi, avrebbero conosciuto persone diverse, fatto cose diverse e, per quanto avrebbero potuto raccontarsele e rendersi partecipe l’un l’altra delle rispettive vite, non sarebbe certo stato come condividere quelle esperienze.

“Cassie?”

La ragazza percepì un movimento alle sue spalle, segno che l’amico si era messo a sedere.

“Hmm?”

“Devo dirti una cosa” annunciò Alex.

Cassie si mise a sedere, ritrovandosi spalla a spalla con il ragazzo.

“Dimmi” lo spronò, rivolgendogli un sorriso che voleva essere rassicurante.

“Ti amo”.

Si voltò a guardarlo, con gli occhi spalancati, aspettandosi un sorrisino divertito o, addirittura, una buffa smorfia, a indicare che la stava prendendo in giro, ma tutto ciò che vide furono i due grandi occhi marroni del ragazzo che la fissavano, seri, specchiandosi nel grigio dei suoi.

“Non dire sciocchezze, Alex” lo liquidò, scuotendo leggermente la testa.

“Non è una sciocchezza. È la verità” replicò lui, deciso.

“Non puoi amarmi” sentenziò Cassie, stringendo le mani sul bordo del muretto, come se volesse essere certa di non rischiare di cadere.

“Perché no?” chiese lui, confuso.

“Perché...hai 15 anni e io ne ho 13. Siamo due ragazzini” gli fece notare lei, iniziando ad agitarsi.

Quella situazione era surreale, non poteva stare succedendo veramente, non a loro.

“Se sono abbastanza grande per diventare una popstar, allora lo sono anche per innamorarmi” sentenziò Alex, fissandola con sguardo di sfida.

Cassie sospirò, rassegnata. “D’accordo. Ma non di me”.

“Perché?”

“Perché sono la tua migliore amica” gli ricordò.

“Sì, è vero” concesse lui. “Ma mi sono innamorato di te.”

“Quando te ne sei accorto?” gli domandò, sempre più incredula. Non che facesse alcuna differenza ma, dato che fino a ieri l’amico si era comportato come se nulla fosse, voleva capire se era una novità o se fosse stata lei a non accorgersene.

Alex alzò le spalle. “Non lo so. Forse l’ho sempre saputo, ma l’ho capito solo quando Howie me l’ha chiesto”.

“Perché me lo dici adesso che sto per partire?” volle sapere Cassie.

“Perché ho paura di perderti” ammise lui e spostò una mano sul muretto, fino a posarla su quella di lei.

“Non mi perderai, te l’ho detto” lo rassicurò, ancora una volta, in tono dolce.

Probabilmente il ragazzo fraintese perché le chiese “Quindi...anche tu mi ami?”

Cassie scosse la testa. “No, Alex”.

“Ma…”

“Ti voglio bene, sei il mio migliore amico, e non ti dimenticherò mai. Ma non sono innamorata di te” specificò.

“Come puoi esserne sicura?” domandò lui, spostando la mano dalla sua.

“Come tu sei sicuro di amarmi, suppongo” replicò Cassie, rivolgendogli un timido sorriso.

“Hai 13 anni”. Quelle parole gli erano uscite dalla bocca prima che riuscisse a fermarle e, nell’istante esatto in cui le aveva pronunciate, sapeva di aver fatto un passo falso e che lei si sarebbe arrabbiata. Cassie odiava quando, anche solo per scherzo, lui le faceva notare la loro differenza d’età, implicitamente sostenendo che lei fosse ancora una bambina.

Infatti replicò subito, piccata “E allora?”

“Non sai cos’è l’amore” disse Alex, offeso per essere stato rifiutato.

“E tu sì, invece, eh?” sbottò lei.

“Beh, un po’ più di te”.

“E, sentiamo, dall’alto della tua esperienza, dove starei sbagliando?” domandò, incrociando le braccia sul petto, in atteggiamento difensivo.

Alex capì che avrebbe dovuto cambiare tattica, quindi passò alle suppliche. “Dammi una chance” la pregò.

“Di fare cosa?”

“Di stare con te”.

“Non posso” rispose la ragazza, distogliendo lo sguardo.

“Perché stai partendo?” chiese lui, deciso a non mollare.

Gli occhi grigi di Cassie furono di nuovo sull’amico. “No. Perché non ti amo. Non posso stare con qualcuno che non amo”.

“Ma mi vuoi bene” insistette il ragazzo.

“Questo sì, moltissimo” ammise Cassie.

“Allora, magari, se provassimo a stare insieme…” tentò lui.

“Se provassimo a stare insieme cosa?”

“Ti innamoreresti di me”.

“Non funziona così” disse lei, scuotendo la testa.

“E tu che ne sai?” sbottò Alex, ormai in preda alla disperazione. Aveva creduto, sperato, che quella sua dichiarazione le facesse cambiare idea. Sapeva che era una follia ma, nei suoi sogni, lei gli si buttava tra le braccia, confessandogli di averlo sempre amato, e decideva di non partire e restare a Orlando con lui. Ormai aveva un lavoro, avrebbe potuto occuparsi di lei.

“Più di quanto tu creda” la sentì rispondere, ma fu un sussurro lontano perché, nella sua testa, sentiva solo una voce ripetergli non ce l’hai fatta, la perderai. No. Non poteva permetterlo. Doveva fare qualcosa, qualunque cosa.

Si voltò di scatto, molto rapidamente. Prese il viso di Cassie tra le mani e incollò le labbra alle sue. Sulle prime, la ragazza rimase immobile, spiazzata dal comportamento dell’amico. Poi si riscosse e, agendo in modo assolutamente coerente con la sua personalità, alzò una mano, facendo schioccare un sonoro ceffone sulla guancia del ragazzo.

Alex si ritrasse, sconvolto, coprendosi la guancia dolorante con una mano.

“Perché l’hai fatto?” domandò, costernato.

“E tu perché l’hai fatto?” replicò lei, gli occhi fiammeggianti di rabbia.

“Perché ti amo, te l’ho detto” rispose il ragazzo, in un debole tentativo di giustificarsi.

“E io ti ho detto che non amo te” obiettò la ragazza, secca.

Con voce implorante e sull’orlo delle lacrime, Alex supplicò “Ti voglio, Cassie”.

“Puoi avermi, Alex. Come amica” precisò, addolcendo leggermente il tono.

Alex, però, vi lesse più condiscendenza che dolcezza, per questo sbottò “Non me ne faccio niente della tua amicizia!”

“Scusa?” chiese Cassie, incredula.

Accecato dalla rabbia e dalla disperazione, Alex disse qualcosa che non pensava veramente. “Non mi interessa la tua amicizia! Puoi anche tenertela!”

La ragazza lo fissò per un istante, nei suoi occhi un misto di delusione e disgusto. “Ripetilo un’altra volta e tra noi finisce qui” lo minacciò.

“Non ti voglio come amica, Cassie!” urlò lui, combattendo per non lasciarsi sopraffare dalle lacrime che sentiva salirgli in gola.

Cassie saltò giù dal muretto e fece qualche passo, come per allontanarsi da lui. Poi si voltò a guardarlo un’ultima volta e lui notò che aveva gli occhi lucidi. Non avrebbe pianto, lo sapeva. Cassie non piangeva mai, odiava farlo. Ma le lacrime erano lì, pronte a scendere una volta che fosse stata sola, e il fatto di essere stato lui la causa lo faceva sentire uno schifo. Una parte di lui avrebbe voluto scendere dal muretto, avvicinarsi a lei, prenderla tra le braccia e dirle che poteva sfogarsi, che lui ci sarebbe stato e non gli importava vederla piangere. Non l’avrebbe detto a nessuno. L’altra parte, però, quella più viscerale e istintiva, la odiava. La odiava perché l’aveva rifiutato, perché non ricambiava quel sentimento totalizzante e devastante che diventava ogni minuto più forte. E fu questa parte a prendere il sopravvento. Così, quando lei disse “Se le cose stanno così...addio Alex” e corse verso casa, invece di correrle dietro per fermarla, chiederle scusa e cercare di rimediare, lui le urlò “Va’ all’inferno!”


Come al solito, le recensioni sono sempre ben accette! Buona domenica a tutti e Go Bucs! 

  
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