Serie TV > Il paradiso delle signore
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Autore: komova_va    10/10/2021    1 recensioni
[Daily 4x14]
Primo esperimento Mariene. Maria e Irene sono rimaste a casa da sole per cena mentre Stefania è fuori con suo padre. Durante la serata le due si confrontano su vari aspetti che le vedono in disaccordo, scoprendo però di poter imparare l'una dall'altra molto più di quanto non si sarebbero aspettate.
[Personaggi: Irene Cipriani, Maria Puglisi. Pairing: Mariene.]
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash, Crack Pairing
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era un freddo giovedì di settembre, l'ultimo giorno del mese per l'esattezza. Sdraiata sul divano di casa sua, Irene Cipriani guardava distrattamente le pareti bianche della sua cucina e pensava a quanto fosse difficile pensare e fare previsioni sul futuro, soprattutto in retrospettiva, quando ormai si sa già come sono andate le cose e si realizza quanto improbabile o inaspettato o forse addirittura assurdo l'esito sarebbe apparso ai nostri occhi soltanto qualche tempo prima. Il tutto mentre teneva la testa pigramente appoggiata sul petto di Maria Puglisi e le gambe distese lungo la parte opposta del divano, in attesa che la cena preparata da quest'ultima fosse finalmente pronta. Cos'è che avevano per cena, tra l'altro? Era così stanca che nemmeno se lo ricordava... Irene spostò lo sguardo verso i fornelli e vide la pentola sul fuoco con la pasta, e all'improvviso le tornò in mente. Ecco cosa c'era, la pasta al sugo. Visto che a cena c'erano soltanto loro, aveva detto Maria.

-Che poi, fammi capire una cosa, - esordì Irene di punto in bianco, la sua voce l'unico rumore che contrastava l'acqua che bolliva nella pentola messa sul fuoco, -com'è che quando c'è Stefania le prepari piatti da far venire l'acquolina in bocca e quando siamo solo noi due per cena c'è giusto una misera pasta al sugo?

A giudicare dalla risposta di Maria, era chiaro che quest'ultima non stesse prendendo con la dovuta serietà l'accorata lamentela (che aveva anche solide basi, per giunta) di Irene: -Allora, prima di tutto quando c'è Stefania le cene le preparo anche a te, - sottolineò Maria, ponendo particolare enfasi su quell'ultima parolina monosillabica alla fine della frase, -e secondo, questo passa il convento stasera. Hai voluto andare a pranzo oggi in latteria e spendere soldi? E allora dobbiamo risparmiare sulla cena, Irè, è matematica.

-Ma sentila, sembri pronta per iscriverti alla scuola di ragioneria della signora Conti, - la prese in giro Irene, alzando lievemente lo sguardo per osservare il viso dell'altra ragazza e la sua reazione. Maria ridacchiò, abbassando a sua volta gli occhi su di lei per incontrare quelli color verde di Irene.

-Eh, sicuro guarda! - replicò, con evidente ironia nella voce. -Io poi con la matematica proprio non ci prendevo a scuola, so a malapena fare le operazioni più semplici.

Irene invece a scuola in matematica era brava, le piaceva molto di più rispetto a quei lunghi temi di italiano noiosissimi dove bisognava parlare di cose che nemmeno esistevano senza un motivo, ma in quel momento si trattenne ed evitò di dirlo.

-Sì può sempre imparare, - le fece presente. -Lasci la signora Amato e l'atelier e inizi a farti una carriera ai piani alti, dove circolano gli stipendi che contano. Prima ti fai prendere in prova dalla signora Conti, e poi chissà, se vede che sei brava e te la cavi può anche essere che quando se ne va in pensione o si stufa o si trasferisce tu la sostituisci e assumi il controllo della contabilità, - ipotizzò Irene. A lei del resto piaceva sognare in grande: se proprio doveva trovare una carriera alternativa per Maria, perché limitarsi a una posizione di medio livello quando invece poteva assumere il comando di tutto il giro di affari del Paradiso? Sicuramente in un modo o nell'altro Irene avrebbe trovato il modo di corromperla e far venire qualcosa in tasca anche a lei stessa.

-Se, vabbè, e a che scopo tutto questo scusa?- domandò retoricamente la sua coinquilina, con un sottofondo di presa in giro che Irene non mancò di notare.

-Come a che scopo?!- rispose l'altra, stando al gioco e fingendo che la risposta a quel quesito fosse in realtà palese. -Così ogni sera quando torni a casa invece di farmi della semplice pasta al sugo puoi andare al mercato, comprare tanti ingredienti pregiati e cucinarmi tutto quello che voglio io, - affermò infine, anche con una certa soddisfazione.

-Ah sì, contabile e pure cuoca personale di Irene Cipriani?- Maria le rivolse un'occhiata dubbiosa e inarcò un sopracciglio, alquanto scettica nei confronti di quella doppia proposta di lavoro ipotetica. Si vedeva che quella ragazza non aveva proprio fiuto per gli affari e gli investimenti nel capitale umano.

-Eh certo, se permetti è anche un onore, - ribadì Irene con convinzione. Per tutta risposta, evidentemente indispettita dalla sua (naturalmente finta) hybris, Maria afferrò Irene per le spalle e fece come per spingerla giù dal divano, scostandola da sé. Irene avvertì subito la lontananza dal suo corpo e, presa alla sprovvista, istintivamente sentì la mancanza del calore che quest'ultima emanava sotto di lei e di quella sensazione di torpore e familiarità che aveva provato fino a qualche istante prima.

-Ma che fai?!- chiese, sentendosi quasi tradita, mentre cercava con le mani di tenersi aggrappata ai cuscini per evitare di cadere. Alla fine, Maria ebbe pietà di lei e l'aiutò a rimanere in equilibrio, allungò la mano nella sua direzione e le afferrò il braccio destro, poi la tirò versò di sé.

-Te lo meriti, - affermò con tono di rimprovero, anche se nel mentre un piccolo sorriso divertito tradiva la sua aura di finta serietà.

Nel frattempo, con l'aiuto di Maria Irene si risistemò sul divano e riprese la stessa posizione che aveva occupato fino a poco prima; si raggomitolò nuovamente contro il fianco della sua coinquilina e appoggiò la testa contro il suo petto, poi chiuse gli occhi per una manciata di istanti. Sentì la mano di Maria, che ancora teneva stretto il suo braccio destro, scorrere leggermente giù lungo quest'ultimo, poi allentò la presa. Tuttavia lasciò la mano lì, non la allontanò, e anzi, Irene percepì la punta delle sue dita cominciare a muoversi quasi impercettibilmente sul tessuto della sua maglia, pseudo-sfiorandole la pelle in piccole carezze ritmate. Era una sensazione... piacevole. Nessuna delle due disse niente per riconoscere ad alta voce quel piccolo gesto, quel minuscolo movimento che a chiunque altro sarebbe apparso insignificante, eppure entrambe ne erano pienamente consapevoli. Irene si lasciò cullare dalla sensazione di calma e tranquillità interiore che stava provando in quel momento e quasi senza rendersene conto fece un respiro profondo, sentendo di poter abbassare la guardia e rilassarsi; solo allora si accorse, incidentalmente, di avere il suo profumo addosso. Non che la cosa le desse particolarmente fastidio comunque, o le dispiacesse. Maria aveva sempre un buon odore, forse perché a differenza sua era in grado di fare il bucato decentemente.

Da quando avevano incominciato a vivere insieme, il rapporto tra le due ragazze era molto cambiato. Soprattutto negli ultimi mesi, quando le tensioni riguardanti Rocco erano finite e i litigi più seri, i drammi e i periodi di silenzio stampa finalmente erano cessati, le due si erano avvicinate parecchio. Non nel senso che andavano d'amore e d'accordo, certo, i battibecchi e le piccole scaramucce erano all'ordine del giorno, così come le prese in giro scherzose e le battute. Soltanto che era cambiato il tono, il contesto. Adesso che Maria non la odiava più per partito preso, Irene aveva cominciato ad aprirsi un po' di più con lei, a fidarsi, ed era capitato che qualche sera rimanessero in cucina a chiacchierare del più e del meno. Forse era proprio a causa di quella quotidianità che le univa che Irene aveva incominciato ad abbassare la guardia in sua presenza e lasciarsi un po' andare, e stranamente, in concomitanza con tutto ciò, aveva iniziato ad esserci anche molto più contatto fisico di quanto Irene si sarebbe mai aspettata.

All'inizio era incominciato con i piccoli gesti, una carezza mentre passavano l'una accanto all'altra, una pacca sulla spalla in segno di conforto dopo una giornata particolarmente faticosa, e piano piano erano diventati sempre più frequenti e automatizzati, come fossero stati una parte fissa delle loro interazioni e le loro dinamiche. Questo poi era particolarmente strano per Irene, che era notoriamente una persona che non amava esageratamente le manifestazioni di affetto di qualsiasi sorta. Eppure con Maria... con Maria per qualche motivo era diverso; ormai si trovavano a toccarsi o abbracciarsi in maniera spontanea, tanto che poco prima mentre Stefania aveva dato a suo padre i regali in cucina senza rendersene conto le due ragazze erano state abbracciate per tutto il tempo. Irene lo sapeva che non sarebbe dovuto essere normale, eppure, di fatto, a una parte di lei nemmeno dispiaceva così tanto. In qualche modo, quei piccoli gesti di vicinanza la facevano sentire più accolta, più benvoluta... più a casa. Lei e Maria non avevano mai effettivamente parlato della cosa, né avevano mai sentito la necessità di confrontarsi in merito, eppure entrambe sapevano perfettamente ciò che stava succedendo e tacitamente ricercavano quei piccoli contatti in ogni occasione, ogni qualvolta il contesto lo permettesse. A parole, invece, naturalmente continuavano a darsi contro ad ogni singolo pretesto.

-Sai Irè, - proferì Maria, rompendo il silenzio venuto a crearsi nel frattempo, -mettiamo che per finta io ce la avessi davvero questa possibilità no, penso che al dottor Conti ci direi comunque di no. Alla fine io col mio stipendio semplice sono più contenta, perché almeno posso fare le cose che mi piacciono e passare tutto il giorno con la signora Agnese. Non siamo mica tutti arriviste come a te.

-Ah io sarei l'arrivista adesso?! - commentò Irene, ancora una volta con falso sdegno per giocare un po' e farsi passare come vittima.

-Nooo, per carità, una suora sei tu, - le rispose a tono Maria, lasciando intendere che volesse dire tutto il contrario. Per quanto fosse sempre dolce e carina con tutti, Irene aveva notato che con lei invece non si risparmiava mai di usare il sarcasmo... che risentisse della sua influenza a causa di quella crescente vicinanza?

-Sì, è vero, a volte mi preoccupo dei soldi, - le concedette Irene, -ma non lo faccio perché sono superficiale. È che avere soldi significa avere l'indipendenza e la libertà, e avere la libertà significa avere tutto, - spiegò semplicemente. Sapeva che la sua collega non la vedeva certo in quel modo negativo, che ormai quella fase l'avevano superata da un pezzo, ma la semplice possibilità che potesse essere rimasto anche solo il più piccolo dubbio, sia in lei che nelle altre sue amiche più strette, la turbava parecchio, per cui Irene aveva pensato che ribadire una volta di più il suo punto di vista non avrebbe certo fatto del male a nessuno.

-E tu è questo che vuoi, la libertà?- chiese Maria. Irene alzò lo sguardo e vide che gli occhi verdi dell'altra ragazza la stavano già osservando; come se ne accorse, Maria distolse immediatamente lo sguardo per concentrarsi sui fornelli. Non doveva mancare molto ormai, la pasta probabilmente era quasi pronta. Nonostante questo, Irene continuò a guardarla mentre le dava la sua risposta.

-Certo. Con mio padre ero tutto meno che libera, hai visto anche tu che tipo di persona è... sapere che non potevo oppormi a lui perché dipendevo completamente dal suo stipendio era terribile, - ammise, con una punta di amarezza della voce. Non era un periodo della sua vita che amava particolarmente ricordare, anche se la parte peggiore in assoluto erano stati indubbiamente gli ultimi giorni di vita di sua madre.

-Ma comunque avevi il lavoro al paradiso tu, no?- le fece notare Maria. Irene annuì.

-Certo, ma vivevo comunque sotto il suo tetto. C'erano spesso tensioni, litigi... non era piacevole, - spiegò, sospirando. L'unica consolazione che poteva trarre da tutto ciò era che ora lui non aveva più alcun potere su di lei, e Irene finalmente aveva incominciato a stare (un po') meglio; soprattutto, stava meglio con sé stessa, che era la cosa migliore che avrebbe potuto augurarsi.

-Posso immaginare... - la compatì Maria. Irene sentì la sua mano che iniziava lentamente a spostarsi su e giù lungo il suo braccio destro, forse per darle sostegno morale. La Venere la lasciò fare e si godette in silenzio per alcuni istanti la sensazione del tocco dell'altra ragazza.

-Non siamo mica tutte fortunate come Stefania, - commentò poi alla fine, -ad avercelo io un padre così.

Ed ecco che le carezze che le piacevano tanto si interruppero improvvisamente: Maria ritrasse momentaneamente la mano per tirarle una piccola sberla sulla spalla, rimproverandola come faceva sempre, nonostante nel mentre stesse accennando ad una risata. Irene si strinse nelle spalle e la lasciò fare, sapeva che stavano semplicemente giocando. Poi, la mano di Maria tornò a posarsi sul suo braccio.

-Irene, c'è la pasta da assaggiare... - le fece presente la sua coinquilina, rendendo alquanto ovvia l'implicazione alla base di quella affermazione: una di loro due avrebbe dovuto alzarsi.

-Non possiamo semplicemente scolarla? - obiettò Irene, per prendere tempo. -Ad occhio direi che dieci minuti sono passati.

-Irene no, te l'ho già detto cento volte, la pasta si assaggia! - protestò Maria. -Se no come fai a capire se è buona o no?

-Segui le istruzioni e tieni il tempo, che differenza fa? Più o meno siamo lì, su!

Era chiaro che i loro punti di vista sull'argomento erano decisamente incompatibili.

-Come che differenza fa?! - replicò Maria con fare drammatico, come se Irene avesse appena detto un'eresia. -Anche solo pochi minuti possono fare la differenza! Madre santissima, le basi proprio a te bisogna spiegarti. Dai, va' ad assaggiare, - ordinò con fare perentorio.

-Mmm.

Tutto quello che uscì dalle labbra di Irene furono semplici mugolii di protesta, per il resto nessuno dei suoi muscoli accennò il più piccolo movimento. In fondo un po' era anche colpa di Maria: se non si fosse sentita così comoda e a suo agio vicino a lei, probabilmente avrebbe avuto una maggiore spinta ad alzarsi. Invece adesso l'idea di lasciare quel divano le sembrava un crimine contro i diritti umani, che sicuramente non si meritava di subire.

-Che c'è, ti stai opponendo?- la richiamò all'ordine la sua coinquilina, constatando a sua volta la pigrizia di Irene e la sua riluttanza ad alzarsi ed eseguire il comando che le era stato impartito.

-Sì, - rispose Irene, senza mezze misure. -Il mio corpo si rifiuta di alzarsi, non ci posso fare niente.

E in effetti non era nemmeno una bugia. Chi era lei per andare contro ciò che il suo corpo desiderava?

-Madonna, quanto la fai tragica! - esclamò Maria, ora quasi esasperata. -Flora dovrebbe disegnarli per te gli abiti di scena, visto che ti piace così tanto fare i teatrini.

-È più facile per te, tu stai tutto il giorno seduta! - le fece notare Irene. Da un punto di vista logistico, era inevitabile che il lavoro di Venere richiedesse molte più energie fisiche rispetto a quello da sarta. -Noi siamo a malapena quattro veneri e mezza e dobbiamo servire le folle di clienti che vogliono i capi dell'ultima collezione di Gabriella o sono alla ricerca della rivista del paradiso market, a fine giornata i miei piedi sono distrutti!

-Eh, poverina... - la prese in giro Maria, evidentemente non cogliendo (per la seconda volta) la serietà delle problematiche da lei esposte.

-Vorrei vedere te al mio posto! - esclamò Irene, la cui indignazione questa volta aveva basi ben più solide di prima. In realtà dentro di sé sapeva perfettamente che Maria aveva ragione e che la pasta andava assaggiata, e che visto che Maria si era presa il disturbo di cucinare per entrambe e apparecchiare lei avrebbe almeno potuto fare lo sforzo di verificare che fosse pronta e scolarla... ma la verità era che, a parte il momento di pigrizia che stava avendo e la stanchezza della giornata, provocare Maria per vedere fin dove si sarebbe spinta un pochino la divertiva. D'accordo, forse era giusto un po' crudele a mettere alla prova la sua pazienza in quel modo, ma era proprio più forte di lei.

-Guarda che un altro po' e la pasta si fa scotta se non la assaggi, dai vai per favore! - la esortò Maria, per l'ennesima volta.

-E va bene... - sospirò Irene, alzando gli occhi al cielo. Del resto tirare troppo la corda non avrebbe portato a nulla di buono. -Ma ad una condizione, - aggiunse poi, con un sorrisetto sulle labbra.

-Quale condizione? Ho già paura.

-La condizione è che stasera si cena sul divano, - dichiarò Irene con serietà. Già immaginava la reazione oltremodo negativa che avrebbe scatenato dall'altra parte, ma non le importava. Almeno un tentativo valeva la pena farlo, no?

-Sul divano?! Assolutamente no, - rispose Maria, più che categorica che mai. Ecco, per l'appunto.

-Ma dai!- tentò l'altra, una seconda volta.

-Ma manco per idea! Su, cammina ad assaggiare ora, - intimò la siciliana, con il tono di chi non ammetteva repliche. Com'era che Maria era sempre gentile e carina con tutti, e lei era l'unica a doversi beccare il suo lato dispotico? Non era affatto giusto.

-Si vede proprio che stai passando troppo tempo insieme alla signora Amato... - commentò la Venere, alludendo alla natura da gendarme della donna più anziana. Sì, Maria stava senza dubbio risentendo di troppe influenze negative.

-Irene con te così bisogna fare, vedi che se ti si da retta si finisce per fare sciocchezze, - la ammonì nuovamente Maria. Sciocchezze? D'accordo, forse qualche volta Irene si faceva trascinare un po' troppo dalla sua impulsività, ma non era certo un crimine, suvvia. Sapevano tutti che senza di lei là al Paradiso sarebbe stata una noia mortale, era inutile negarlo. Avrebbero dovuto ringraziarla, casomai.

-Ah sì, sciocchezze? - protestò Irene. -Mangiare sul divano sarebbe una sciocchezza secondo te?

-Ma certo che sì! - rispose prontamente Maria, senza esitare. -È scomodo, non possiamo appoggiare il piatto da nessuna parte e se il divano si sporca poi dobbiamo anche metterci lì a togliere le macchie. Che poi, dobbiamo, sicuro mi toccherà a me perché tu ti inventerai qualche scusa come tuo solito per evitare di faticare.

Il tono di voce di Maria adesso stava iniziando a sembrare alquanto scocciato, e Irene intuì che continuare ad andarle contro non l'avrebbe portata da nessuna parte. La Venere decise allora di cambiare strategia: se discutere non avrebbe fatto cambiare idea alla sua interlocutrice, magari mostrarsi accondiscendente e compiacente avrebbe aiutato di più.

-Ti prometto che se si sporca pulisco solo ed esclusivamente io! - promise Irene con solennità e assoluta serietà. Ormai era diventata una questione di principio, non avrebbe lasciato quel divano senza prima aver ottenuto almeno una piccola vittoria. Per sembrare più convincente alzò lo sguardo su Maria alla ricerca del contatto visivo, ma gli occhi di quest'ultima erano ancora fissi sui fornelli. Che stesse... evitando apposta di guardarla?

-Sì, certo, e io ci dovrei credere... - la ignorò Maria. -Probabilmente se ti ci metti da sola finisce pure che peggiori le cose, - ipotizzò.

-Ma dai, non è vero! - replicò Irene, nonostante in cuor suo sapesse che nelle parole della sua coinquilina un fondo di verità c'era. -E poi staremo attente, cerchiamo di non far cadere il sugo e siamo a posto, con la pasta non facciamo nemmeno le briciole! - spiegò, provando ancora una volta a dissuaderla con argomentazioni logiche.

-Eh, Irene, ho detto di no! - ripeté Maria ancora una volta, questa volta guardando Irene negli occhi per enfatizzare la sua decisione. Certo che quando ci si metteva Maria sapeva davvero essere testarda, ma Irene non era certo da meno. -E poi si può sapere che cos'ha il tavolo che non va? - proseguì la siciliana. -Ci mangiamo tutte le sere! Che differenza fa qui o là? -

-La differenza, - iniziò Irene, sostenendo lo sguardo di Maria -è che qui possiamo mangiare sdraiate e siamo più comode, e non ci dobbiamo alzare.

Le due si guardarono in silenzio per alcuni secondi, e Irene ebbe la sensazione che tutto il non detto fra di loro improvvisamente stesse iniziando a diventare sempre più difficile da ignorare, sempre più presente all'interno della loro consapevolezza e sempre meno un dettaglio marginale da relegare sullo sfondo. Le bastò osservare l'espressione di Maria per capire che quest'ultima aveva intuito che Irene si riferiva alla loro vicinanza, e che la cosa non lasciava indifferente nemmeno lei. Era forse... arrossita? No, probabilmente doveva essere un'impressione della mente di Irene, anzi, quasi sicuramente. Alla fine, Maria distolse lo sguardo e ritrasse la mano dal suo braccio, e Irene avvertì subito la mancanza del suo tocco. Santo cielo, la cosa stava davvero degenerando. Si trattava pur sempre di Maria Puglisi! Per quale assurdo motivo le stava dando tutta quell'importanza?

-Vabbè, ho già capito che qua se non mi alzo io la pasta diventa colla, sei una vergogna va', - si arrese infine l'altra ragazza, alzandosi dal divano mentre rivolgeva ad Irene un'occhiata di palese disapprovazione. Mentre la guardava allontanarsi verso i fornelli, Irene si morse il labbro inferiore e si domandò se davvero avesse ceduto per sfinimento, o se invece non stesse scappando da un qualcosa che non desiderava affrontare. Chissà, forse entrambe le cose.

Nel frattempo, dopo aver scolato la pasta Maria appoggiò i due piatti di ceramica sul ripiano accanto a sè e li riempì con quella che sarebbe stata la loro cena, poi si avvicinò alla tavola apparecchiata e prese due forchette, che inserì all'interno dei piatti insieme alla pasta. Irene si sarebbe aspettata di essere chiamata a sedersi per (finalmente) mangiare; e invece, contro ogni aspettativa Maria riprese in mano i piatti e si avvicinò al divano. Gli occhi di Irene si illuminarono nel realizzare che, incredibilmente, la sua richiesta era stata esaudita, era riuscita davvero a convincere Maria a mangiare sul divano! Forse la sua parlantina aveva più potere su di lei di quanto si aspettasse. Di fronte a lei Maria sospirò e, proprio quando era sul punto di passarle il suo piatto, lo alzò improvvisamente e mise in chiaro, prima di concederle definitivamente la cena:

-Però stasera i piatti li lavi tu, siamo intese?

-Intesissime, - annuì Irene, con un sorriso trionfante dipinto sul viso mentre internamente pregustava già il cibo che da lì a poco avrebbe mangiato.

-Guarda che non sto scherzando Irene, - la ammonì Maria, evidentemente non ancora pienamente convinta dalla sua promessa, -se ti sottrai giuro che da qui fino alla prossima estate tutte le volte che io e Stefania ci mangiamo la pasta per te la faccio in bianco.

-In bianco con il burro?- volle accertarsi Irene. Per quanto non fosse esattamente dietetica, era comunque un'alternativa migliore di quella con l'olio, fin troppo insipida per i suoi gusti.

-No, in bianco nel senso che la prendo, la scolo, te la metto nel piatto e tu così te la devi mangiare, - la minacciò Maria. Alla prospettiva di doversi mangiare un piatto del genere, un piccolo brivido attraversò la schiena di Irene. Chi l'avrebbe detto che una ragazza così tanto piccola e innocua potesse nascondere un lato tanto oscuro.

-Buon appetito, - disse infine Maria, sedendosi accanto a Irene mentre le porgeva il piatto con la forchetta.

-Questo è terrorismo psicologico, però, - si lamentò Irene, mentre con la mano destra prese la forchetta e cominciò ad arrotolare gli spaghetti. Poi, finalmente si portò la porzione di pasta alla bocca e ingoiò il primo boccone. Il sapore del sugo invase il suo palato e all'improvviso sentì le energie riaffiorare al suo corpo. Non le importava nemmeno che fosse un piatto che aveva già mangiato innumerevoli volte nella sua vita, le bastava mangiare, soprattutto visto il supplizio che aveva passato per averlo (senza doversi alzare tra l'altro, un dettaglio non indifferente).

-Mmm, - sospirò Maria, -sempre a fare la vittima tu, eh.

-Certo, tu mi minacci, fai la tiranna, - evidenziò Irene, incurante di avere ancora la bocca mezza piena.

-Ah, tiranna io?! Io ti preparo la cena e pure gli insulti mi devo beccare.

-Hai ragione, ti chiedo scusa, - le concedette la Venere, ancora leggermente scossa dalla minaccia appena ricevuta (il che non era altro che una prova a sostegno della sua tesi, comunque). -Buonissima la pasta comunque, - aggiunse poi, dopo diversi istanti di silenzio in cui entrambe le ragazze dedicarono la loro completa attenzione al cibo, come era giusto che fosse. -Certo, forse un po' troppo cotta... - scherzò poi, con un sorriso sulle labbra mentre mandava giù un'altra forchettata.

Maria non le rispose, non a parole comunque; si limitò semplicemente a lanciarle un'occhiata fulminante, e dal momento che Irene non era pienamente sicura che avesse capito che la sua non era altro che una battuta (certo, a onor del vero forse avrebbero dovuto scolarla qualche minuto prima, ma era consapevole di non essere certo nella posizione di poter avere pretese, figuriamoci poi di farlo presente), la ragazza preferì chiarificare:

-Dai che sto scherzando.

-Sarà meglio, va, - la mise in guardia Maria, coprendosi la bocca con una mano mentre parlava.

Seguirono altri istanti di silenzio, completamente dedicati alla cena, in cui Irene continuò a mangiare e godersi il tanto meritato nutrimento dopo una giornata di duro lavoro. Certo, il pranzo che avevano consumato in latteria vinceva a mani basse, se proprio doveva dirla tutta, ma anche la pasta di Maria in fondo non era male. Alla fine fu proprio quest'ultima a riprendere la parola, per chiederle: -Sei comoda?

-Molto, - decretò Irene con un sorriso soddisfatto sulle labbra, mentre allungava le braccia e si stiracchiava come per dare prova della comodità del divano e la morbidezza dei suoi cuscini. Certo, non avere una superficie su cui appoggiare il piatto non era certo l'ideale, ma per una sera valeva la pena di sacrificarla, considerando tutti i benefici che ne derivavano. -Manca giusto un posto in cui appoggiare il bicchiere e sarebbe perfetto, - commentò infine, rammaricandosi del fatto che tutti quei carboidrati le stessero facendo venire sete mentre, tristemente, l'acqua era così lontana. Il suo corpo si sarebbe dovuto arrangiare: non si potevano certo vincere tutte le battaglie.

-Secondo me tutte 'ste fantasie sulla carriera e il lavoro ai piani alti stanno cominciando a darti un poco alla testa, sai, - sentenziò Maria, girandosi verso di lei per guardarla.

-Tu dici?- chiese Irene, ricambiando l'occhiata.

-Giusto un pochino, - confermò Maria, con palese ironia.

-Irene, posso farti una domanda?- domandò poi la sarta, dopo un'ulteriore pausa all'interno della conversazione.

-Dimmi, - la incoraggiò l'altra ragazza, ora leggermente incuriosita.

-Prima, no, mi dicevi che quando vivevi con tuo padre non ti sentivi libera... - iniziò Maria.

Irene annuì per confermare quanto appena detto dalla sua coinquilina, in un tacito invito a proseguire con il quesito.

-E invece adesso ti senti libera, in casa con me?- chiese infine la mora. Non appena si rese conto di ciò che aveva appena detto, Maria si affrettò subito a correggersi e rettificare:-Cioè, con me e Stefania certo, con noi volevo dire.

Irene si prese alcuni secondi prima di rispondere. Con me? Maria le aveva appena chiesto se si sentisse libera con lei? Certo, poi si era corretta e aveva precisato che intendeva dire con lei e Stefania, ma del resto si sa che è la prima versione quella che conta. Da un lato, Irene si sentì quasi sollevata di quel salvataggio in calcio d'angolo, perché se la domanda fosse stata effettivamente quella lei non avrebbe proprio saputo come rispondere. Già, si sentiva libera insieme a Maria? Una parte di sé voleva dire di sì, che ormai si erano lasciate alle spalle le loro divergenze e tutto sommato, in un certo qual modo, avrebbe anche potuto reputare l'altra ragazza un'amica. Un'altra parte di sé, tuttavia, non si sentiva ancora pienamente a suo agio in sua presenza, o comunque non libera di fare o dire tutto ciò che voleva, come invece si sentiva con Stefania o con Dora. Forse era a causa dei loro trascorsi, forse era perché Maria era sempre così rigida e composta, o forse semplicemente perché erano due persone davvero tanto diverse... Chissà, forse se la giovane sarta fosse riuscita a sciogliersi un po' e lasciarsi andare anche Irene si sarebbe sentita più libera di esprimere sé stessa in sua presenza. Ma ad ogni modo, perché a Maria interessava saperlo? Da quando in qua le importava qualcosa di lei? Preferendo non indagare sull'argomento (anche se doveva ammettere che una certa curiosità di fondo c'era), Irene optò per una risposta più diplomatica:

-Sì, certo che mi sento libera con voi. Qui ho... è come se avessi trovato la mia dimensione, in un certo senso, - spiegò, preferendo non andare nei dettagli. Probabilmente Maria glielo aveva semplicemente chiesto per riempire il silenzio e fare un po' di conversazione, per cui Irene immaginò che non si aspettasse chissà che risposta approfondita... no?

-Cioè?- volle sapere l'altra, implicitamente chiedendo maggiori spiegazioni in merito.

-Cioè che posso parlare liberamente, dire quello che penso, voi mi prendete un po' in giro, io rido, ma alla fine stiamo bene insieme. No? - chiese conferma Irene.

-Certo, - replicò Maria, annuendo.

Mentre la sua interlocutrice prese una delle ultime forchettate di pasta dal suo piatto, Irene andò avanti a spiegare, casomai Maria avesse voluto approfondire il discorso (cosa che in realtà, in minima parte, se doveva essere sincera, interessava comunque anche lei; giusto un po', ecco):-Ormai ho imparato che posso fidarmi e riesco ad aprirmi un po' di più, se è questo quello che intendi. Perché, per te non è così?

-No, no che scherzi, anche io mi sento libera con voi ovviamente, - precisò Maria, coprendosi nuovamente la bocca con la mano destra. Forse era un'impressione di Irene, ma la sua collega non le era parsa eccessivamente convinta di quella risposta. -Era una domanda così, tanto per sapere, visto che mi dicevi che con tuo padre ti trovavi male, - aggiunse poi.

-Sarà... - rispose Irene sovrappensiero, con ben poca convinzione; evidentemente quella sfumatura non mancò di essere notata da Maria.

-Che c'è? - domandò quest'ultima, che aveva colto immediatamente quella nota di scetticismo.

-No, nulla, - tentò di farla desistere Irene. La ragazza tenne lo sguardo fisso sul suo piatto, ormai anch'esso quasi vuoto, per sfuggire al confronto visivo con Maria, e raggruppò una parte degli ultimi spaghetti rimasti per portarsela alle labbra e mangiarla; almeno così avrebbe avuto una scusa per non parlare.

-Dai, Irè, ormai le conosco le tue facce, - la esortò l'altra, -su dimmi.

-Ma non c'è niente, davvero!- insistette Irene, parlando con la bocca piena.

-Dai, avanti, tanto lo so che vuoi dire qualcosa.

Capendo che Maria non accennava a desistere, Irene decise di arrendersi e si risolse a risponderle, sperando di non urtare troppo i suoi sentimenti, o di offenderla:-No, niente, pensavo solo che a volte non si direbbe, ecco.

-Che cosa scusa?- replicò Maria, immediatamente sulla difensiva. Ecco, ancora una volta la Venere aveva dimostrato che la delicatezza non era esattamente il suo forte. Era più forte di lei: certe cose soltanto Stefania avrebbe saputo dirle nel modo giusto e con il tono giusto.

-Che ti senti libera con noi... - tentò di spiegare con voce docile, mentre continuava a tenere i suoi occhi fissi sul piatto che aveva appoggiato in grembo, -o proprio in generale, che ti senti libera.

-E perché dici questo?- volle sapere Maria. Il suo tono non sembrava eccessivamente arrabbiato, per fortuna; almeno quello. Ma comunque, Irene reputò che non fosse una saggia decisione addentrarsi in una discussione di quel genere (soprattutto senza Stefania lì presente a calmare le acque), per cui onde evitare possibili conflitti preferì fare un maldestro tentativo di tornare sui propri passi:

-Ecco, lo sapevo che dovevo tenermelo per me, fa finta che non abbia detto niente, - risolse la Venere.

-No dai sul serio, perché lo pensi? - chiese ancora una volta Maria, di nuovo, senza traccia di aggressività o irritazione. -Sono curiosa.

Benissimo, ora si era scavata la fossa da sola: come avrebbe fato a trovare il modo di darle praticamente della santarellina senza urtare la sua (alquanto fragile e precaria) sensibilità sarebbe stato tutto da vedere.

-Ma no, nessun motivo particolare, - iniziò Irene, -è che tu sei sempre così... così posata, così controllata, così precisa... io non ci riuscirei mai a essere come te. Non fai mai niente che vada anche solo un pochettino fuori dagli schemi, contro le regole, soltanto per il gusto di farlo, - spiegò, tentando di sondare con cura ogni sua parola. Soddisfatta del risultato ottenuto, Irene si premiò mangiando l'ultima (per suo dispiacere) forchettata di spaghetti rimasta nel piatto, per congratularsi con sé stessa della diplomazia esibita.

-Ma che c'entra, quello è il mio carattere, - si difese Maria. -Sono stata cresciuta così io, anche perché te lo lascio immaginare cosa avrebbero fatto i miei genitori se non ubbidivo...

-Anche mio padre non era certo contento, ma comunque non mi ha mai fermata, - rifletté Irene ad alta voce. La stessa Tina non veniva certo da un contesto molto diverso da quello di Maria, eppure non aveva mai lasciato che le sue origini mettessero un freno alle sue possibilità. -Quando è stata l'ultima volta che hai fatto una cosa soltanto perché ti andava, senza nessun obbligo o imposizione o perché qualcun altro ti aveva detto di farla?- le chiese poi Irene.

Sapeva che non era una domanda a cui Maria sarebbe stata in grado di rispondere con facilità, e infatti era proprio per questo che gliela aveva posta. Non che Irene desiderasse a mettere a disagio le persone di proposito, certo, ma trovava divertente metterle alla prova, provocarle un po', in un certo senso, specialmente sui punti che per loro erano più critici. E Maria Puglisi era senza dubbio una delle persone che trovava più divertenti da provocare, soprattutto a causa della sua vena tragica e la sua tendenza al melodramma. E comunque, non era solo per quello che lo stava chiedendo: in realtà, un pochino Irene era anche curiosa di sapere la risposta al suo quesito. Maria era sempre così rigida e seria: c'era davvero solo quel lato di lei, o esisteva anche una parte del suo carattere a cui piaceva svagarsi e divertirsi? L'ipotesi le sembrava così improbabile che se davvero esisteva un lato nascosto di Maria, Irene avrebbe voluto conoscerlo.

-Ma che ne so Irè, anche tu con 'ste domande, così su due piedi... - rispose l'altra ragazza, prevedibilmente colta alla sprovvista. Nel frattempo, Irene posò per terra il piatto ormai vuoto così che non la intralciasse. Poi tornò a rivolgere la sua completa attenzione a Maria, girando il corpo leggermente nella sua direzione per guardarla meglio mentre allo stesso tempo appoggiava la mano destra sul proprio ginocchio.

-Allora, non ti viene in mente niente?- insistette la Venere.

-Ma non è questo... - temporeggiò ancora un po' Maria, prima di fornire la sua risposta definitiva: -ecco, adesso ad esempio, ho mangiato sul divano perché mi andava di farlo.

-Ma se sono stata io a convincerti!- obiettò Irene. Data la tiritera a cui era stata sottoposta per arrivare all'approvazione di quella decisione, quello era proprio l'ultimo esempio che avrebbe potuto usare a suo favore.

-Sì però se devo dirti la verità un poco mi andava pure a me di stare seduta qua... - ammise Maria, la quale a sua volta aveva finito la pasta e ora teneva lo sguardo fisso sulle proprie ginocchia, quasi come se quasi si vergognasse di quella confessione. Ecco, Irene in quel momento realizzò che molto probabilmente la risposta alla sua domanda sarebbe stata negativa: non esisteva una versione di Maria Pulisi a cui piaceva divertirsi; non poteva esistere proprio per natura.

-Ah! Ma guarda un po' che bugiarda che sei, - la rimproverò scherzosamente, mentre sulle sue labbra si formava un ghigno divertito.

-Ma che bugiarda e bugiarda!- tentò di difendersi Maria, arrossendo lievemente. Irene la guardò e per un attimo le fece quasi tenerezza.

-Quindi adesso vorresti negare di avermi fatto la predica per mezz'ora, “Irene no”, “il divano si sporca”, “non si può”, mentre invece in realtà lo volevi pure tu!- continuò ad accusarla Irene, mentre gesticolava esageratamente per far arrivare alla sua interlocutrice il messaggio. In realtà non era seriamente arrabbiata con Maria, ovviamente, voleva semplicemente testare le acque e giocare un po' con lei.

-Sì vabbè che c'entra, mica solo perché una cosa la voglio allora significa che devo dirlo per forza o la devo fare, - spiegò l'altra ragazza, continuando a tenere gli occhi bassi.

Mm? E quello cosa significava? Se non la avesse conosciuta bene e non avesse saputo che era di Santa Maria da Partanna che si stava parlando, Irene avrebbe quasi potuto pensare che avesse qualcosa da nascondere, o comunque che ci fosse un qualcosa a cui stava pensando di cui non voleva parlare – o almeno questo era quello che sembrava stesse gridando a gran voce il suo sguardo mogio mogio e quasi colpevole. E, ovviamente, era proprio per questo che Irene aveva l'obbligo morale di indagare e scoprire cosa fosse esattamente ad occupare i suoi pensieri. Non che le interessasse seriamente comunque, era solo così... per occupare il tempo, per giocare. Probabilmente sarà stata qualche sciocchezza relativa al suo promesso sposo, anzi, quasi sicuramente. Ma comunque, Irene decise di non insistere in maniera troppo palese e tentò di rimanere sul vago, almeno per il momento.

-Vedi? Proprio come dicevo io prima! - sottolineò la ragazza, per validare la propria tesi e dimostrare ancora una volta di avere ragione – come sempre d'altra parte.

-Ma nella vita uno mica può fare tutto quello che vuole, Irene! - esclamò Maria, visibilmente coinvolta nella discussione. Un po' troppo per una normale chiacchierata alla fine di un pasto, pensò tra sé e sé Irene. Sì, valeva sicuramente la pena di indagare, anche nell'eventualità in cui la cosa alla fine riguardasse semplicemente la sua noiosissima relazione a distanza.

-Certo, non tutto tutto, ma almeno qualcosina... - le fece notare Irene.

-Eh, e infatti alla fine abbiamo mangiato sul divano, no?- rimarcò Maria; come se avesse avuto qualche importanza, poi.

-Sì, solo perché ti ho convinta io, - sottolineò nuovamente la Venere.

Ecco, pensò la ragazza tra sé e sé, se voleva mettere sotto torchio Maria quello era il momento giusto: presa dai gesti teatrali e l'esposizione di accorate argomentazioni, durante il loro piccolo dibattito Irene aveva finito per avvicinarsi alla sua coinquilina quasi senza rendersene conto. Approfittando della cosa, la ragazza decise di diminuire ulteriormente la distanza che le separava per far sentire Maria ancora più sotto esame e spingerla a farsi scappare ciò che le interessava. Con un movimento rapido si spostò leggermente sul divano per sedersi ancora più vicina a lei, non in modo troppo evidente, ma abbastanza perché si sentisse la differenza. Poi, ruotando il busto e il viso nella direzione della sua interlocutrice, Irene guardò dritto negli occhi verdi di Maria e chiese, il tono di voce lievemente più basso rispetto a prima per contribuire a creare un'atmosfera di confidenza:

-Dai, dimmi, qual è una cosa che vorresti fare in questo momento?

-I-in questo momento?- ripeté Maria, se possibile ancora più impreparata di prima.

Lo sguardo della ragazza si abbassò di poco per una frazione di secondo, poi tornò a posarsi nuovamente su quello di Irene. Però, adesso che la guardava da così vicino, Irene doveva ammettere che Maria aveva proprio dei begli occhi, di una sfumatura di verde che rasentava quasi l'azzurro. Anzi, a dirla tutta, se proprio doveva essere sincera Maria aveva anche un bel viso, e le poche (rarissime) volte in cui non le rivolgeva espressioni cupe o imbronciate o non alzava gli occhi al cielo dalla disperazione ma invece le sorrideva era ancora più bella, si vedevano di più le sue fossette e le sue labbra sembravano ancora più morbide e... aspetta un attimo, le stava fissando le labbra ora?! Com'era successo?! Quando se ne rese conto, Irene ritornò immediatamente in sé e realizzò solo in quel momento che aveva finito per fissare il suo viso decisamente più a lungo di quanto avrebbe dovuto. Comunque, Maria sembrava aver fatto la stessa cosa, o forse stava semplicemente cercando di elaborare una risposta e trovare il modo di uscire da quella situazione. Osservandola con attenzione, Irene notò immediatamente una leggera sfumatura rossa che le colorava guance.

Ahà, allora qualcosa c'era! Evidentemente la domanda di Irene doveva aver innescato qualche sorta di pensiero in lei, e ora si sentiva imbarazzata. Probabilmente era qualcosa che non avrebbe dovuto dire ad alta voce, o non si spiegava la sua reticenza a rispondere... per un attimo, ma solo per un attimo, Irene si chiese se potesse essere qualcosa che riguardava proprio lei. Poi scacciò quel pensiero con la stessa velocità con la quale era arrivato. Sarebbe stato assurdo, d'altra parte. Lei e Maria non si piacevano particolarmente, e questo lo sapevano tutti, perfino Don Saverio. Perché Maria avrebbe dovuto nascondere la cosa e avere remore nel dirlo? Non avrebbe avuto senso.

-In questo momento voglio che tu lavi i piatti, ecco cosa voglio! - rispose infine Maria, dopo attimi di silenzio che erano sembrati interminabili.

La ragazza mise fine alla tensione alzandosi dal divano e avvicinandosi al lavandino, soltanto per lanciare uno sguardo perentorio a Irene e indicare con la mano destra le pentole sporche, a mo' di generale che istruiva i soldati sulla direzione da seguire per raggiungere il campo di battaglia. E così, l'immagine degli occhi di Maria e il suo bel sorriso fu immediatamente sostituita all'interno della sua mente dalla versione alla quale era decisamente più abituata, la Maria noiosa che le andava sempre contro. Irene alzò gli occhi al cielo e sbuffò, scocciata. I patti erano i patti e ora sapeva anche lei di non avere scampo, doveva alzarsi e adempiere alla sua parte dell'accordo, tuttavia la voglia di lasciare il divano si faceva sempre più scarsa con ogni secondo che passava.

-Dai, ti conosco, più rimandi e più poi non hai voglia di farlo, - la esortò Maria. In effetti era vero, Irene non poteva nemmeno darle tutti i torti. Rassegnata al suo triste destino, la ragazza si tirò finalmente su e raccolse i piatti sporchi, per portarli vicino alle altre pentole che avevano usato.

-E va bene, ma non è finita qua, - assicurò Irene, rivolgendo alla sua coinquilina uno sguardo che lasciava intendere che presto quella conversazione sarebbe andata avanti. Una volta tolti i piatti di mezzo, sicuramente avrebbe trovato una strategia per farla parlare e farsi dire quale oscuro desiderio affollava i suoi pensieri.

-Io intanto vado in bagno allora e mi cambio per la notte, - annunciò Maria, avviandosi verso la sua stanza mentre indicava con un cenno del braccio la porta del bagno.

-Va bene, a tra poco, che qua ci penso io, - le assicurò Irene. La ragazza si tirò su le maniche e prese in mano la spugna che usavano per lavare i piatti, sperando che vedere lo sporco che se ne andava via per lasciare spazio alla superficie pulita e splendente la avrebbe aiutata a farsi venire in mente un'idea. L'unica cosa di cui era certa, era che avrebbe trovato il modo di far parlare Maria Puglisi.


Angolo dell'autrce

So che può sembrare strana questa svolta Mariene vista la mia adorazione per gli Irocco, ma un po' per la mancanza di contenuti, un po' perché le dinamiche di Maria e Irene mi stanno piacendo veramente tanto in questo daily, ho deciso di sperimentare e provare a sviluppare un po' il loro rapporto dando una chiave di lettura alternativa, le cui hint e il sottotesto ho comunque sempre apprezzato anche nella scorsa stagione. Spero di essere riuscita a rappresentare questi due personaggi in modo realistico e fedele alla loro versione della soap, senza quindi tradire la loro essenza in favore delle dinamiche che voglio rappresentare. Ringrazio chiunque è arrivato a leggere fino alla fine dando alle Mariene anche solo una possibilità! Naturalmente arriverà presto la seconda parte, in cui scopriremo cos'è successo nel resto della serata. A presto!

 
   
 
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