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Autore: Hattress    11/10/2021    0 recensioni
Sono passati secoli da quando le Sentinelle della Luce sconfissero il Re in Rovina, imprigionandolo a Camavor e rendendolo una statua. Era il 990 D.N. e da allora Runeterra dovette affrontare i residui della Rovina. La Nebbia mise in croce la vita di molti innocenti, obbligando la popolazione a temere i frutti del fallimento di Viego. Con il tempo quella storia si elevò a leggenda, solo alcune Sentinelle ricordavano ancora il nome dell'uomo colpevole dei residui del male. Il Fato, padre ed artefice di tutte le grandi avventure, volle donare a quel lontano ricordo l'opportunità di redimersi, riscattarsi, guadagnarsi l'Assoluzione.
Siccome a nessuno è piaciuto il finale della storia di Viego (vero ?), ho pensato di dare una mano nel mio piccolo a mamma Riot, così che il piccolo Re in Rovina potesse ottenere una VERA Absolution, specialmente perchè di "ASSOLUZIONE" ne ho vista veramente poca in questa storia. Ho voluto prendere come finale canonico quello presentatoci nella cinematic "absolution" perchè tra tutti mi è sembrato quello migliore sinceramente.
Detto questo, spero la gradirete e che possa piacervi almeno quanto sta piacendo a me scriverla.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Thresh
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Capitano, riesco a vedere l'Isola. Cerco un punto tranquillo per l'approdo e andiamo. –
- Va bene. Ti aspetto allora. –
-Nell'attesa chiama anche Sua Voracità, quel furbastro si è dileguato con il mio dolce oggi! -
Erano passati anni dalla notte in cui The Milliner rinnovò con più vigore la sua promessa con il Re in Rovina, tramutandola in uno stoico giuramento. Ora si trovavano a largo delle acque che circondavano l'Isola delle Sentinelle della Luce. Dopo La Rovina del 990 D.N., costoro, acquisirono un'importanza e una notorietà spaventosa. Chiunque sapeva dove fossero, tutti erano a conoscenza della loro esistenza. Ogni anno erano in molti a far domanda per entrare tra le fila dell'Esercito della Luce, bensì pochi riuscivano realmente a passare i parametri richiesti e a superare le inumane aspettative dei Grandi Capi. Diversamente dal solito, questa volta la ciurma della Jacquelyn non utilizzò il ricettacolo per scoprire l'ubicazione dei frammenti d'anima; Viego sapeva esattamente dove trovare una parte dei Nuclei. Nuclei era il termine scelto per definire i frammenti che costituivano gran parte dell'anima di Isolde, poi, banalmente, lasciarono per tutti quelli minori la parola: "Frammenti". Questa distinzione venne studiata alle origini del viaggio. La mattina successiva al giuramento, Viego e Millie vennero convocati da Vyll, il quale sentiva la necessità di mettere nero su bianco un vero piano, una manovra d'azione, segnare gli estremi A e B di quel lungo segmento e determinarne tutti i punti cardine e meritevoli di studio. La seduta servì a qualcosa, prima dell'ora di pranzo avevano in mano una strada da seguire, il che pose pace alle sofferenze dell'ansioso capitano. La logica in quel pragmatico elaborato era ineluttabile. Se volevano arrivare infondo a quel folle sogno, se per davvero bramavano così tanto sconfiggere la Morte, allora dovevano prendere un sentiero la cui pendenza fosse proporzionata alle loro capacità fisiche e che fosse anche lineare; ci mancava solo il dover andare a zigzag per tutta Runeterra senza meta. Decisero, anche sotto imposizione di Vyll, di dare priorità alla ricerca delle parti più piccole di quell'anima frammentata. Lui aveva avuto a che fare per una vita con demoni, patti, anime e tutta quella roba magica mista al voodoo, quindi era certo che avrebbero trovato solo che guai e grosse beghe da sbrogliare se provavano a lanciarsi di petto verso i Nuclei. Per evitare di concludere prematuramente il loro viaggio, concordarono tutti con Vylldem, e poi i Frammenti erano numericamente superiori ai Nuclei, non serviva una prova tangibile per saperlo con certezza. L'unica cosa non gradita al re era il quantitativo di tempo stimato. Nessuno poté garantirgli una parentesi temporale ben definita, anche perché Viego era il primo a non avere la più pallida idea di in quante parti si fosse spaccata l'anima della moglie. Lui aveva un numero minimo, lo stesso numero di più di due secoli prima, ma effettivamente ora non poteva fornire una cifra esatta. In altrettanto modo, Vylldem non poté dargli certezze per quanto riguardasse la lunghezza del viaggio: "Forse un mese, o magari anche cento anni, non te lo so dire.".
C'è da dire che il capitano fortunatamente esagerò eccessivamente nel porre i paletti temporali del loro progetto, infatti non ci vollero secoli né decenni, però ovviamente nemmeno un paio di mesi. Se quel giorno erano lì, nei pressi di Quell'isola, significava che la gran parte del viaggio era stato fatto, che tutti i Frammenti erano stati incamerati nel ricettacolo.
Furono molte le esperienze accumulate durante quell'avventura, nessuno di loro ebbe tra le mani simili prove prima di allora, e per quanto Viego fosse l'unico che bene o male avesse affrontato sfide difficili, non bisogna mai dimenticare i danni che provocò persino alle generazioni future a causa dei suoi fallimenti. Alla luce di ciò, si può dire che veramente nessuno avesse mai affrontato e superato le prove procurate dalla quest principale : "Resuscitiamo Isolde". Nel mentre che si concentravano a scovare questo e quell'altro Frammento, pensarono bene anche di recuperare alcune delle risorse primarie utili a Shyra per plasmare quel beneamato simulacro. Fu un'occasione preziosa per la crescita personale e finì per essere soprattutto una parte fondamentale per l'assoluzione di Viego. Millie, ogni volta che riusciva a ricavarsi un buon motivo e una piccola partizione di tempo, voleva raccontare a più individui possibili l'infelice tragedia di colui che divenne nel tempo un suo caro amico. La donna desiderava ardentemente aiutarlo in ogni modo a lei concesso, non aveva mai sperimentato l'Amore, eppure, anche se solo in minima parte, capiva il dolore di perdere l'unica persona che contasse qualcosa nella tua miserabile e patetica esistenza. Nessuno, per ragioni più che scontate, venne informato dell'epiteto di sua maestà. La capomastro non era una fessacchiotta, ci aveva pensato la vita a sdoganarla sulla questione. Sapeva per certo che, se si fosse azzardata a rivelare l'identità leggendaria del suo compare, nessuno sarebbe stato predisposto a sentirla andare oltre, già si sarebbe dovuta ritenere fortunatissima se qualcuno non scappava al suono di quelle tre parole. Adesso migliaia e migliaia di persone conoscevano quella storia d'amore finita in tragedia e nessuno si tirò indietro per aiutarli, seppur nel loro piccolo. Con l'aiuto di tutti riuscirono ad impossessarsi di moltissime materie prime indispensabili al completamento della missione, come ad esempio l'argilla formatasi dal depositarsi dei fiori dei sogni ai piedi del grande Albero Sognante a Ionia, nel Giardino dell'Oblio, protetto dal Padre Verde, Ivern, dal quale ottennero anche la "Benedizione della Natura", al fine di facilitare il loro viaggio. Senza il sostegno che derivò da quel racconto, la ciurma della Jacquelyn non sarebbe stata capace di nemmeno raggiungere il monte dimora della divinità protettrice degli abitanti del Freljord. La lista della Signora Cinerea parlava chiaro, per plasmare l'argilla servivano le lacrime della Cryofenice, nient'altro, nessun surrogato. Anivia, spirito della landa ghiacciata, non poteva dimenticare il male inflitto dal Re in Rovina a quelle terre. Scatenò tempeste, scagliò dardi di Vero Ghiaccio su di loro. Grandine, valanghe e slavine; di tutto pur di ucciderli, o scacciarli dal suo regno, il quale già troppo aveva sofferto. Viego fu un ottimo alleato per superare ogni avversità prodotta dalla furia della divinità. Per ragioni a loro ignote, più frammenti della defunta moglie raccoglievano, più, nel re, i poteri della Nebbia s'invigorivano, divenendo così un potente strumento di difesa. I dardi gelati evaporavano a contatto con la Nebbia, le tempeste venivano inglobate in essa, le valanghe si arrestavano davanti a quel muro di corruzione. Giunsero infine al cospetto di lei, Anivia, la Cryofenice, la quale non provò alcuna esitazione nel tentare di ucciderli a vista. Per quanto assurdo, persino una divinità può provare timore. Anivia li aveva osservati a lungo, per tutto il loro viaggio tra le valli ed i laghi di ghiaccio. Mai li vide vacillare, non importava quale cataclisma scatenasse per farli fuggire, loro continuavano, proseguivano il cammino che li avrebbe condotti sino a lei. Temeva che il motivo di quella caparbietà fosse il piegare sotto una nuova Ruination il Freljord e questa volta per sua stessa "mano". Teorizzava, in quel folle viaggio (e di questa teoria ne era assai convinta), la presenza di un vivido desiderio di corromperla da parte del re; una volta resa schiava della Rovina, non ci sarebbe stata possibilità di salvezza per la sua terra. Fu un combattimento impari, dovuto anche alla mancanza di una risposta agli attacchi di Anivia. I tre non desideravano far sfociare la loro pacifica missione in uno scontro sanguinario, desideravano solo una chance per giustificarsi, in particolar modo Viego. Nel folle e disperato tentativo di arrestare la furia cieca dello spirito protettore di quelle terre, Millie si lanciò in una corsa audace con conclusione in scivolata , infine, si chiuse in preghiera, supplicandola di darle udienza. Il corpo della donna era inginocchiato sotto la punta del rostro, piegato sotto il peso delle braccia tenute alte per mettere in mostra le mani congiunte, strette in un unico solido pugno divenuto bianco, prossimo al nero, per il freddo e per la forza del gesto. Una folata di vento prodotto dal rigido movimento della possente ala di ghiaccio la sbalzò via, rompendo la sua umilissima postura. The Milliner doveva solo che ringraziare la natura da Ruiner se ancora poteva tentare di rimettersi in piedi. Pur essendo provata dal volo, tentò di nuovo, si rimise in quella posizione, nella speranza di un atto carico di clemenza. Centinaia di dardi ghiacciati si formarono intorno a lei, pronti a privarla della vita in un istante. Viego urlò, gridò quel "Fermati !" con tutta la voce, con tutta la forza che potesse avere. Anivia bloccò in volo le sue armi, ormai a pochi centimetri da loro. Viego cadde davanti alla figura rilucente, le ginocchia erano abbastanza forti da sostenerlo. Supplicò la Cryofenice di risparmiarla, di non punire lei per ciò che venne da lui causato secoli prima. Fu sorpresa di vedere una reazione così inaspettata dal Re in Rovina, per questo gli concesse la possibilità di scusarsi, di chiedere perdono per il dolore procurato, di raccontare anche a lei la versione integrale della storia, tuttavia non volle ritrarre i dardi di ghiaccio; al primo passo falso si sarebbe sbarazzata di loro. La Cryofenice si commosse nell'ascoltarlo e pianse lacrime spontanee davanti all'uomo da lei tanto odiato e temuto, solo nelle antiche leggende del Freljord si parlava di quelle rarissime lacrime rinvenute esclusivamente nei luoghi distrutti dallo scorrere del tempo e dalla Rovina. Anivia venne poi messa al corrente del movente per il quale si trovassero lì. Necessitavano delle sue lacrime per riuscire a completare il rituale di Shyra e la divinità li graziò per la seconda volta. Fece loro dono di un'anfora di Vero Ghiaccio, nella quale venne versato l'oggetto del desiderio di quella missione reputabile come suicida e diede anch'ella la propria benedizione, cosicché, se mai sarebbero dovuti tornare nelle sue terre, avrebbero avuto un potente alleato al loro fianco.
Fu un lungo, lungo viaggio e ciò nonostante non potevano lasciarsi andare proprio ora, a pochi mesi dalla fine di tutto. Viego sa che porterà per sempre quei ricordi nel suo cuore e nel suo castello della memoria, perché tra tutti, era lui quello più bisognoso di affrontare un percorso simile. Il vecchio re di Camavor sembrava solo una triste ombra del passato di cui è stato un bene liberarsi. L'indole iraconda degli inizi pareva essersi placata, come la sua aria altezzosa e superba. Capì come stare al mondo e quale fosse il suo posto. Vide in Millie e Vyll quella tanto da loro osannata "famiglia", parevano averla sempre sulle loro labbra quella parola. The Milliner lo istruì come poté nel combattimento con la spada una volta che riuscì ad avere abbastanza potere da mantenere stabile l'evocazione della sua Lama. Fu un caso disperato. Non aveva tecnica, sventolava a destra e a sinistra quella fattispecie di crocifisso come fosse una mazza e non una spada. Lui si nascose dietro al paravento rotto del suo ruolo. Essendo lui un sovrano, non aveva mai avuto il bisogno di guerreggiare con nazioni ed isole sul campo di battaglia, era dunque a dir poco inesperto sulle tecniche e su tutta la teoria rilegata all'arte della spada. Con tanta pazienza la capomastro lo rese uno spadaccino degno di quel nome e di quella mastodontica arma. Se voleva aiutare, si sarebbe come minimo dovuto saper difendere da solo. The Milliner avrebbe privilegiato insegnargli ad utilizzare qualche arma da fuoco e costruirne una tutta per lui, ma Viego era riluttante all'idea di approfondire le lezioni, "Sono cose troppo difficili per me.", diceva. Nei primi periodi ebbero molte cose su cui battibeccare. Un sangue nobile costretto a pulire il ponte della nave ? Quale aberrazione ! Sarebbe come mentire dire assurdità come il : fu tutto rose e fiori. Lui e la capomastro finirono per passare molto tempo insieme, la compagnia della donna era difficile da non apprezzare. Parlavano bene o male di tutto. Di lei adorava la genuina spontaneità, si sentiva sempre stramaledettamente a suo agio al suo fianco. Non esisteva volta in cui non la ringraziasse in silenzio quando lo lasciava parlare per ore dell'amata Isolde. L'avrebbe resa la sua consigliera. Una volta chiusa la spedizione, desiderava poterla avere al suo fianco per molto tempo ancora; di lei si fidava, si dimostrò sempre di parola, sempre giusta, sincera, nessun ruolo le avrebbe reso più giustizia.
Ci vollero diversi minuti di osservazione per permettere alla capomastro di trovare un ottimo punto d'approdo. Per fare il suo solito trick da Ruiner doveva necessariamente ricordarsi dove atterrare, ciò significava produrre una vera e propria fotografia mentale del luogo da lei prescelto. Non potendo conoscere l'aspetto di tutte le zone coperte da oggetti di ogni sorta, progettare di apparire al sicuro dietro ad un masso era impossibile: binocoli e cannocchiali mostrano solo la realtà davanti a sé, dopotutto. A rendere più difficile quel compito c'erano poi le Sentinelle e le loro ronde in loop, insomma, trovare un punto abbastanza sicuro da cui partire stava diventando la vera impresa di quel recupero.
Una volta studiatasi il dove poter apparire, si recò dal suo capitano e dal re, i quali la stavano attendendo con impazienza, più il secondo del primo. Prese le loro mani e chiuse gli occhi. Massima concentrazione. Cercava la fedele ricostruzione fotografica del luogo nella sua mente. Era una biblioteca piena di istantanee per la maggior parte sfocate ma cariche di ricordi. Un labirinto di rovi in cui sarebbe meglio non perdersi mai.
Diversamente dal solito, ne uscì provata. Ci pensò Viego ad impedirle di toccare il suolo sabbioso. Vylldem era troppo preso dall'analizzare la zona per far caso a lei e al suo malessere ma a Millie andava bene così, lei poneva completa fiducia nel suo capitano. Costui accettò la proposta del re di portare la donna in un posto più appartato, lontano dal campo visivo delle Sentinelle. Volle dargli retta solo perché stava iniziando ad alzare un po' troppo i toni, se Vylldem non l'avesse assecondato potevano già pensare al proprio epitaffio.
- Viego, il capitano ha ragione, sto bene, non ti stare a preoccupare, non è la prima volta che mi viene un giramento di testa per queste cose. Non penarti, è normale, mi sono dovuta concentrare troppo, tutto qui.–
- Non mi interessa se è normale. Avrei dovuto lasciarti soffocare nella sabbia secondo la vostra logica ?! –
- Fa silenzio, disgraziato, o ci ammazzi tutti.- Viego s'ammutolì. Testa bassa, occhi serrati, non per dispiacere ma per conciliargli il silenzio. - Aspetteremo ancora un paio di minuti, appena puoi rimetterti in piedi Millie andiamo. Farete meglio ad essere in questo esatto punto per quando torno, non voglio girare l'isola per trovare le vostre carcasse.-
Il capitano si allontanò alla ricerca della "porta sul retro" da cui entrare ,poi, nel mentre che si godeva della pace interiore, si mise a progettare il piano d'azione. Entrare ed uccidere tutti sarebbe stato veloce ed indolore, per modo di dire, però sapeva di trovarsi in inferiorità numerica per l'attuazione di quella manovra dalle note suicide. Secondariamente, lui si reputava una persona troppo prudente per entrare ad armi sguainate in una vera e propria base militare, ci voleva un'idea migliore. L'unica opzione rimasta tra le tante, fu quella di fare tutto il tragitto in stealth fino a dove tenevano il Nucleo: camminare nell'ombra, allearsi con il silenzio, essere furtivi e celeri senza farsi scoprire. Il luogo era tenuto sotto stretta sorveglianza, non esistevano entrate secondarie sprovviste di minimo due guardie con tanto di Armi Reliquia in dotazione. Vyll non ci provò nemmeno a sprecare più tempo del necessario per trovare a tutti i costi anche solo un minuscolo orifizio, e ammesso fosse esistito, non ci sarebbero passati anche volendoci riuscire. Ripiegò verso il punto di ritrovo, con piacere li vide seduti ad aspettarlo come aveva richiesto. Millie si stava riposando con la tempia appuntellata al re occupato a passarle la mano sulla testa dolente.
- Che ha ? – domandò il capitano non appena fu faccia a faccia con loro.
- Credo sia qualcosa in questo posto a farla star male. –
- Vyll, non starlo a sentire, sta solo esagerando sto più che -
- Stronzate! Perché non dici anche a lui quello che hai detto a me poco fa ?! –
- Perché sto bene, e non urlare. Andiamo, non abbiamo tutto il giorno. –
Si alzò tentando di non ricadere a terra; doveva riabituarsi ad usare gli arti inferiori senza sentirseli oscillare come budini. A peggiorare il suo umore contribuì la pessima notizia di Vyll: non esisteva un'entrata, che fosse una, sprovvista di mastini armati fino ai denti. "Uomo, stupido animale." Ecco quale fu l'unica frase uscitale dalla bocca prima di andare a svolgere il lavoro di cui volle farsi carico il capitano ma che nessuno gli aveva richiesto. Avrebbe fatto più bella figura a starsene al suo posto, pensò lei. I componenti della squadra "il sesso forte" optarono per lasciarsi scorrere addosso il mezzo insulto, era usanza di Millie partire in turpiloqui più o meno aciduli quando era innervosita, arrabbiata, triste o in generale di cattivo umore. La seguirono senza troppi sbuffi e sbuffetti, erano entrambi certi di tornare sulla nave a breve. La situazione li aveva colti impreparati e più rimanevano lì, più si alzava il rischio di essere scoperti e fatti fuori sul posto.
- Millie, è inutile, non la trovi un'entrata. Vyll ci ha perso mezz'ora buona, non esiste un buco che sia uno scoperto. Torniamo alla nave, concentriamoci su altro per il momento, possiamo sempre venire qua quando avremo una strategia per svicolare dentro. –
- Wow, per una volta mi stai persino dando ragione, Viego ? Cazzo me la devo segnare questa. –
La donna prese entrambi per la giacca strattonandoli verso il basso. Stavano arrivando altre guardie per dare il cambio a quelle attualmente presenti all'arco, sembrava dare verso un giardinetto a primo sguardo. Alla capomastro cadde la coda dell'occhio su un dettaglio al quale difficilmente si farebbe caso, o comunque, al quale non si presta tempo ed energie per renderlo utile. L'edificio presentava delle finestrelle pensate per estetica sparse un po' per tutto il suo perimetro. Erano molto piccole e posizionate parecchio in alto, tuttavia niente di impossibile da raggiungere visto che erano in tre e non erano esattamente l'esempio della persona ordinaria.
- Allora vedi che faccio bene a scassarti le palle con quella storia degli occhiali ? – Disse guardando il suo capitano e puntando la loro entrata principale. Piombò un attimo di silenzio, ci misero qualche secondo a realizzare che la punta del suo indice indicava una delle tante finestrelle sparpagliate qua e là.
- Le avevo viste e come quelle finestre, ma sono troppo in alto e come minimo sono anche troppo strette per passarci. Non puoi veramente reputarle come un'entrata. –
- Posso e come, invece. E al massimo sono io che potrei avere dei problemi a passarci, voi uomini non avete due impedimenti fisici .-
Viego si trattenne dal ridere solo perché la situazione glielo imponeva, mentre Vyll poté solo che sospirare e premere con indice e pollice sugli occhi serrati.
- Allora, cosa proponi di fare ? Vuoi davvero passare da lì ? E se ci fosse qualcuno ? ... Dimmi che non lo vuoi fare sul serio solo per quelle palle blu e questo deficiente qua... -
-Sarei un attimino indignato da questo commento, sai ?-
Viego la guardò, notando lo sguardo di lei puntato verso il vuoto... non era la prima volta che gli capitò di vederla divenire una statua umana. Pareva interessasse più a lei che al re stesso ritrovare quei brandelli d'anima. Più passava il tempo, meno divennero rare le occasioni che la gettavano in quello stato di vacuità. Viego adorava parlare con lei. Non c'era notte in cui non passassero delle ore a chiacchierare del tutto e del niente e di Isolde. Agli inizi lei partecipava attivamente alla discussione quando si parlava della regina di Camavor, con il tempo prese l'abitudine di starsene in silenzio, lasciandolo parlare praticamente da solo. Se non fosse stato per i mozzi, Viego non ci avrebbe mai fatto caso, dovettero bussargli sulla spalla e dirglielo in maniera esplicita per farglielo capire. Non accadde troppe notti prima l'impacciato tentativo di farla confessare.
Come al solito, aveva iniziato di nuovo a parlare della moglie: di quanto non vedesse l'ora di rivederla, che gli sarebbe piaciuto fargliela conoscere. Pensava sarebbero potute essere buone amiche, a lui sarebbe piaciuto tanto. Gli occhi di lei puntavano verso l'acqua con la quale condividevano il colore, l'unico suono da lei prodotto era quello del suo respiro. L'uomo si sporse appena oltre il parapetto per vederla meglio. Sospirò e tornò al suo posto. - Se ti annoia sentirmi parlare di lei, potresti dirmelo, ormai siamo amici, no ? – A quella domanda Millie rispose solo un "sì" e a Viego bastò.
- ... Però Vyll ha ragione Millie, non dobbiamo, per forza, prenderlo oggi. Ce ne sono tanti altri sparpagliati per il mondo. Torniamo alla nave e non pensiamoci più, che ne dici ? -
- ... Dico che prima finiamo di raccogliere tua moglie, prima sarai finalmente felice. Dai, seguitemi, cerchiamone una abbastanza isolata. – senza preavviso, rimanendo accovacciata, se ne andò via da quel posto troppo affollato a "passo" svelto. Il capitano, prima di seguirla a ruota, alzò le spalle e vagamente ambo le mani, scambiandosi uno sguardo da uomo a uomo con Viego; "Donne." disse mantenendo la posa come a volergli lanciare un brutto esempio di conforto e spalleggio maschile. Non ci impiegarono esattamente poco per trovare la finestra tatticamente migliore. Tra la posizione in cui erano obbligati a stare, tra che non tutte erano posizionate alla stessa altezza, tra che le Sentinelle in servizio non gli lasciavano spazio d'errore, trovare quella perfetta fu un'impresa. Ora non rimaneva altro che trovare il modo per arrivarci. Millie aveva già una mezza idea di come fare, però, per par condicio, volle sentire anche cosa avesse da offrire il team degli uomini. Si astenettero dal fornirle le proprie idee, qualcosa diceva loro di evitare se non volevano essere derisi e/o umiliati per l'eternità. A quelle condizioni, Millie non volle sprecare granelli di sabbia e propose il da farsi. Il suo piano era quello di utilizzare la conformità della Lama del Re in Rovina a loro vantaggio. Le uniche cose che doveva fare Viego erano : rilasciare della Nebbia e usarla per salire sul davanzale della finestra; evocare giù da loro la spada; aspettare che uno dei due ci salisse su poggiando i piedi sull'elsa più grande; far fluttuare la spada fin da lui. Leggere e ripetere; altro giro altra corsa.
- E se ti dicessi che non so farlo questo giochetto da circense ? – il re le ruppe proprio tutte quelle uova trovate nel paniere.
- Mi pigli per il culo, vero ? –
- No, non ti sto prendendo in giro. Dico sul serio, non so farlo .-
- E tu vuoi farmi credere, che sai fartela apparire per magia in mano, ma non sai attirarla verso di te ?! –
- Millie, ti giuro. Non lo so fare, non ti sto dicendo cazzate. –
- Invece di rimanere incastrati in questa inutile conversazione... E se usassimo banalmente una corda ? – proruppe Vyll per voler tagliar corto.
- Oh, certo ! Perché non ci avevo pensato subito ? Dammi un attimo eh. –
Millie cominciò a girargli intorno alzando varie parti della sua giacca da pirata. Gli tirò la fibbia intorno alla vita, gli alzò le braccia, gli rubò il nastro che usava per tenere legati i capelli. Ogni azione era seguito da un "no", da un "nemmeno qui" o da un "nah". Finito il giro, una volta davanti a lui, lo squadrò ignorando completamente ogni sua confusa domanda. Si avvicinò, gli mise una mano sulla spalla, poi, di netto, afferrò la parte metallica della cintura dei pantaloni e la tirò verso di sé. Una fugace occhiata, il capitano grugnì bordeaux.
- No, troppo corto. – sbofonchiò abbastanza bene solo per farsi sentire da lui. La donna lasciò la presa ed i pantaloni parvero ritrarsi dalla vergogna. All'ennesima volta che il capitano le chiese di spiegargli cosa diamine stesse facendo, lei rispose di star cercando la sua amata corda, quella con cui avrebbero sollevato la spada. Partì il litigio quasi obbligatorio. Vyll pensava avrebbe fatto il suo solito trucchetto da Ruiner per tornare sulla nave e trovarsi una corda abbastanza lunga da usare, era scontato quel procedimento quando le espose la soluzione all'inghippo generato dell'incapacità di Viego. Lei, incazzata nera per più della metà delle ragioni che finalmente volle vomitare fuori, gli volle ricordare il suo stato di salute attuale. Aveva la testa in delirio, sentiva come se una mazza le stesse martellando la testa con l'unico scopo di rompergliela. Nausea, vertigini, stava in piedi giusto per miracolo. La parte peggiore ? Stare su quell'isola la faceva solo stare peggio ogni secondo che passava. Se dava retta ai suoi istinti, li avrebbe ammazzati tutti per davvero. Vyll ascoltò per modo di dire la sfuriata, pensò fosse più propedeutico fornirle un'altra opzione che darle legna da bruciare.
- Mh... sì... sì, potrei usare le catene dei moschetti e collegarle insieme se una non bastasse. Mi scoccia disassemblare le parti ed abbandonare in giro le lame che ci ho attaccato... però va beh, posso sempre risistemarle dopo. –
- Ma siamo sicuri che ti regga mentre ti tiro su ...? –
Millie e Vyll voltarono la testa verso di lui con sguardi che la dicevano lunghissima. La capomastro, inorridita dal pensiero di essere stata messa in discussione insieme al suo operato, schiantò di netto il mulinello contenente la catena di una della due armi. Durante il tragitto per andargli davanti, la srotolò via e ne strinse una parte tra le mani con l'unico intento di mostrargliela ad un soffio dagli occhi.
- Questa è una lega di Neracciaio Noxiano. Hai la vaga idea di cosa sia capace di reggere questa catena, sì o sì? Oppure mi stai dicendo che sono troppo grassa per essere tirata su?!-
- Per oggi potresti anche farla finita di trovare ogni volta un pretesto per litigare, sai ? E comunque, bastava mi dicessi un semplice "sì", Millie. Questo è quello che accade quando ti preoccupi troppo per gli altri.-
Ed il piano per infiltrarsi partì. La Ruiner valutò prima quanto effettivamente in alto fosse la finestra, dopo quell'analisi non volle rischiare, quindi usò entrambe le catene sperando che insieme potessero, unitamente alla spada, coprire bene la distanza suolo-apertura. Le collegò per l'anello che prima conteneva la lama del pugnalino visto che gli anelli erano aperti del necessario per unirle. Il vero dilemma fu chiuderli ma non fu niente di particolarmente problematico una volta capito come fare, bastò esercitare parecchia pressione nei punti giusti. Viego, senza aspettare una frase di scuse dalla donna, rubò dalle sue mani la catena ed utilizzò della Nebbia, come da programma, per salire fino alla finestrella, infine lanciò giù l'altro estremo insieme a giacca e spada. Perché la giacca ? Serviva per coprire il filo della lama, non si poteva mai sapere cosa sarebbe potuto accadere durante il tragitto. Nel caso avessero dovuto afferrarla si sarebbero tagliati per certo altrimenti.
Il primo passeggero della compagnia aerea "Lama del Re in Rovina" fu la donna. Per quanto cinquanta chili di essere umano siano un peso importante, tuttavia era il carico più leggero da trasportare fin là sopra, per alzare Vylldem servivano necessariamente due persone. Raggiunta la meta, nascosero come poterono la catena. Fortuna volle che la pavimentazione fosse nerastra, ricordava l'antracite per colore e marmo nero per le venature lattiginose. A contrastare la lastra nericcia, c'erano solo le pareti altissime ed eburnee con venature in rilievo dorate.
- Noto con mio sommo piacere che le fonti di luce in questo anfratto di posto sono delle candele. Ottimo, ottimo per davvero. Se non facciamo rumore e sfruttiamo la debolezza di questa illuminazione dovremmo riuscire ad arrivare al Santuario della Luce Perduta sani e salvi, è lì che tengono quel Nucleo. – il sussurro del capitano venne recepito meglio del previsto, alche, la domanda di Millie, sul come il suo capitano riuscisse ad essere così tanto informato, sorse spontanea ed obbligatoria. "Te lo dico dopo" volle liquidarla così, e nella sua mente si scatenò un uragano di pensieri, uno più spiacevole dell'altro.
Era il 990 D.N. , Viego era appena diventato una piaga debellata; altrettanto non si poté dire per la Rovina e per la Nebbia, anzi, sigillare il Re della Rovina fu solo che un madornale errore, padre di catastrofi e tragedie più grandi. Senza nessuno a controllarla, la Nebbia divenne parte integrante di Runeterra divenuta a quel punto pasto per i primi Ruiner e per La nube rovinosa. Le Sentinelle non vollero perdersi d'animo. Tentarono in ogni modo di risanare le Isole Ombra, credendo ingenuamente bastasse veramente così poco per arrestare il processo di degradamento del mondo. A quei tempi il numero di Sentinelle era esiguo, non potevano nulla contro un giorno del giudizio annunciato. "Forse c'era un'alternativa...",si lasciò scappare all'epoca Akshan, la Sentinella Ribelle di Shurima. Bastò l'involontario commento per far insidiare quello stesso pensiero nelle altre Sentinelle. Purtroppo quel dubbio nacque quando ormai il danno era già stato fatto ed i cocci non potevano essere rimessi al loro posto. Dopo tanto disperare, arrivò l'illuminazione. Senna, la passata detentrice del più grande Nucleo di Isolde, era riuscita ad assorbire in parte la "natura" del Re in Rovina durante il concludersi della battaglia finale; doveva significare qualcosa. Suo marito Lucian capì perfettamente dove volesse andare a parare l'amata. Glielo proibì appena gli disse la propria idea. Senna si sentiva responsabile del dilagare incontrastato della Rovina e della Nebbia, sentiva il bisogno di adempiere fino in fondo al suo dovere di Sentinella della Luce, il bisogno di seguire ciecamente il suo patto, quel giuramento di sangue pronunciato davanti agli anziani il giorno del suo rito di accettazione nelle Sentinelle: avrebbe combattuto per la luce, per il suo mondo, per sè stessa ed i suoi compagni finché non fosse sopraggiunta la morte eterna. Lucian, sentendo dalle labbra della moglie le altisonanti parole del giuramento da lui stesso recitato anni ed anni prima, non poté che fare ammenda al proprio egoismo, dando così pieno sostegno alla propria adorata, a patto che lo portasse con lei. Senna voleva racimolare dentro di sé tutta la Nebbia che stava corrodendo il loro mondo, era fiduciosa che il Nucleo di Isolde l'avrebbe aiutata a reggere il peso di quella pena da sola, e per i primi tempi, fu anche così. Presto arrivò il primo gradino su cui era inevitabile inciampare; le buone intenzioni non sempre bastano per la realizzazione di un progetto. Gli anni passarono e la situazione non fece altro che aggravarsi. Gwen, una bambola divenuta senziente per merito di un Nucleo d'Isolde e personaggio chiave per rinchiudere Viego nel suo stato di prigionia, iniziò a condividere il peso della Rovina insieme all'alleata Senna. Si rese palese l'affinità tra i Nuclei e la Nebbia, stabilito questo falso passo induttivo, Lucian desiderò far compagnia alla moglie in quel compito così delicato. Quando il Re in Rovina cadde, i frammenti dell'anima d'Isolde si sparsero nuovamente per tutta Runeterra, dunque fu un'impresa non da poco trovare un pezzo dell'antica regina di Camavor. Tutta quella fatica per poi ritrovarsi con un pugno di mosche in mano. Il frammento ripudiava quell'uomo, e non potendo legarsi a lui, qualcun altro avrebbe dovuto prendere il suo posto. Ebbero inizio così i loro viaggi. Cercarono i Nuclei e delle persone ad essi affini con l'unico scopo di sconfiggere tutti insieme i resti della Rovina. Fu un meraviglioso progetto, ricco di entusiasmo e di speranza... lo fu davvero. Scoprirono, a loro discapito, che molti ospiti dei Nuclei, quando recuperavano troppa Nebbia, finivano per perdere il senno. Alcuni si tramutarono in mostri, alcuni morirono passando le pene dell'inferno contorcendosi dal dolore prodotto dalla corruzione della Nebbia. Disperazione è il vero nome della speranza che li trascinò a perpetuare quella rovinosa strada. Gwen cucì le loro anime intrappolandoli, rendendoli delle statue, proprio come il re caduto. Non furono mai in grado di eliminare totalmente la Nebbia. Col tempo, il corpo della donna, cominciò a cedere all'oscurità. Un giorno, durante una riunione per stabilire la prossima mossa, si trasformò in una bestia mangiauomini. La sete di sangue per poco non le fece divorare Lucian; se riacquisì la coscienza di sé, fu solo per merito della parte umana coriacea a quella maledizione che si autoinflisse. Fu nella notte di quel giorno che Yuria apparve a quel disperato marito in lacrime sulla spiaggia dell'isola. Lucian pregava per la moglie, pregava per un aiuto divino, per un miracolo... non voleva perderla, non di nuovo, non per un errore commesso da quella cecità portata dalla presunzione.
- La Ami ...? –
Lucian si voltò spaventato, in parte imbarazzato per aver mostrato la parte più morbida dell'animo umano, ciononostante, non parlò, nè scappò. Rimase a fissarla, in attesa della grazia per cui frustò la sabbia quella notte.
- Perché se la Ami davvero, non posso dire di no. –
-Tu chi sei ? Perché sei qui ? Come conosci questo posto ? –
- Mi chiamo Yuria e, a dire il vero, non conosco affatto "questo posto". Sai, io... non cerco mai nessuno e nessuno mai mi cerca però... però per qualche strano motivo trovo sempre chi ha bisogno di Lei. –
-Chi è questa "Lei" ? È per questa persona che lavori? Cosa cerca da me, da noi ? Parla ! –
L'uomo, segnato dalle orribili esperienze della sua vita, stava già tenendo salde tra le sue mani le Armi Reliquia, due pistole gemelle dai colori invertiti. Le puntò senza esitazione contro la donna le cui labbra livide s'intristirono insieme ai tratti della parte emotiva del volto. La luce della luna accendeva i riflessi blu presenti nella chioma nera, un blu molto simile a quello dei suoi occhi. Lucian poteva giurarci di averla già vista una tonalità simile, sembrava solo una versione più oscura del ciano ben noto alle Sentinelle. Yuria indugiò, vedeva la paura nello sguardo minaccioso dell'uomo. Tentò di avvicinarsi, speranzosa di riuscire a trasmettergli la genuina bontà dell'aiuto offertogli. Lucian fece partire il colpo. Il proiettile di luce le passò attraverso senza nuocerle. Più la donna si avvicinava, più l'uomo provava a prendere le distanze da lei, provando e riprovando a ferirla con le armi testimoni di grandi scontri. La pelle olivastra della Demone Nero rifletteva il pallido lume della notte, la sua lunga giacca nera pettinava la sabbia grigia coprendo i segni del proprio passaggio. Prima che Lucian potesse accorgersene, il Caligo era già da loro. Reduce dalla Nebbia della Rovina, provò a fendere la coltre bianca e leggera con le armi dedite al castigo di ogni male, finendo per schiantarsi contro la cruda realtà. Ovunque provasse a fuggire, la Demone era sempre davanti a lui, come il peggiore degli incubi. Allontanarsi era l'illusione di un avvicinarsi pedante di colei incapace di emulare per cuore la sorella. Un incubo bianco ma Nero che ti rincorre senza tregua.
- Che cosa sei ...?! – urlò Lucian a squarciagola fino a quasi stracciare le proprie corde vocali.
- Yuria, la mano di Shyra, la Demone Bianco.-
La donna si chinò posando a terra un fiore bianco come ultimo appiglio per testimoniare gli intenti pacifici che la portarono da lui. Era un Lycoris Radiata, conosciuto anche come "giglio ragno", il fiore preferito dalla grande maga osannata dai popoli. A quel nome, l'uomo ricordò qualcosa di accantonato durante i loro viaggi della speranza. Shyra ci mise veramente pochissimo tempo coi suoi miracoli a farsi la nomea di "Dea", di "Apostolo degli Dei", di "Messia". In molti la descrissero come la benedizione giunta a salvare il mondo dalla Rovina, la Creatura Gentile misericordiosa e dal cuore nobile. Lucian, in quei momenti, le ritenne mere leggende a cui la gente doveva aggrapparsi per continuare a vivere. Dopotutto, nel periodo buio, c'era il bisogno di credere in qualcosa e le Sentinelle della Luce erano semplici uomini e donne con uno scopo nobile, nient'altro. L'uomo finalmente si avvicinò a lei. Raccolse il fiore per analizzarlo in ogni sua componente; sì, era proprio il fiore che tutti i graziati da Shyra custodivano gelosamente. Quella rivelazione scaldò il suo cuore, permettendogli di vedere quella figura davanti a lui con occhi diversi.
- Shyra può salvarci tutti, vero... ? -
- Lucian ! –
Il grido di una donna, un frastuono, la vibrazione dell'aria tagliata dal proiettile. Senna era entrata insieme ad altre Sentinelle nel Caligo per una missione di salvataggio fraintendendo, come fece il marito, la natura della nebbia bianca. Il proiettile di luce del cannone di Senna si portò dietro una scia di nebbia nera che contaminò l'area di quello stesso colore. Yuria crollò a terra. Scariche di dolore la costringevano al pianto, a contorcersi, a supplicare pietà, l'aiuto della sorella.
- Senna, no ! Aspetta, lei non è quello che pensi ! –
Il marito si precipitò dalla moglie pronta a dare il bis. Le altre Sentinelle, tra cui anche Gwen, accerchiarono Yuria, pronte ad eliminarla velocemente.
- Spostati Lucian, è una creatura della Nebbia. Deve, essere eliminata, o lei eliminerà prima noi ! –
Lo spinse via e caricò il colpo destinato a seguire lo squarcio ricavato dal percorso del proiettile precedente. Un cerchio rosso ebbe come centro il corpo di Yuria. Si espanse velocemente, troncando a metà il volo di quella luce seguita dall'oscurità. Quando colpì le Sentinelle, come fosse stata un'onda d'urto, le sbalzò a terra, nessuna esclusa. Il Caligo, trasformatosi nella Nebbia, a contatto con quella circonferenza scarlatta, divenne cenere, cadendo a terra e mescolandosi ai granelli di sabbia. Al centro del palcoscenico era apparsa lei, Shyra, in tutto il suo pallido candore. Yuria sembrò stare meglio, con la poca voce rimasta, si sentì in dovere di ringraziare la sorella giunta in suo soccorso.
- Come osate far soffrire la mia adorata sorella dopo avervi teso la mano proprio quando ne avevate più bisogno ?! –
A mano a mano, la cenere nera si fece bianca e si avvicinò alla gonna del sontuoso abito della signora cinerea svanendo al contatto. Frecce di luce tagliarono il silenzio come fosse burro, frecce che non sfiorarono mai nemmeno un filo dei capelli della donna cremisi. Anche quelle divennero cenere, consumate da un invisibile velo color dell'aria, e non furono le uniche a ricevere la stessa sorte. Cessarono le ostilità solo dopo aver constatato l'inutilità dei loro attacchi incrociati e solo perché Lucian, alla fine, volle mettersi in mezzo e porre la parola "fine" a quella follia. Parlarono di molte cose e molte cose vennero ampiamente discusse nei loro più minuziosi dettagli. A Shyra venne raccontato praticamente tutto. Fingendosi impietosita per la loro triste ed infelice sorte, fu più che contenta di assecondare le loro richieste. La Demone Bianco liberò Senna e Gwen dai loro pesi, imprigionando i Nuclei in teche di vetro plasmate dalla sabbia di quell'isola, promettendo, infine, di occuparsi lei personalmente della dissoluzione della Nebbia rimanente con lo scorrere del tempo. Shyra, però , non rivelò mai quale prezzo avrebbero dovuto, un giorno, pagare.
Viego, Millie e Vylldem stavano pian piano divincolandosi tra i corridoi dell'edificio. Non avendo una mappa, né un accenno di idea su dove il Santuario della Luce Perduta potesse essere collocato all'interno di quel castello per grandezza; procedere lentamente stava diventando una tortura per i nervi. Ad un certo punto del loro vagabondare senza meta pur avendone una, si videro sfrecciare davanti all'impazzata una Sentinella in preda al panico. "Le Sentinelle Nere ! Le Sentinelle Nere !" gridava come un ossesso, lasciando che fosse la scia d'aria a trasportare il suo messaggio d'allarme.
- Cambio di programma. Corriamo a trovare il Santuario. – disse il capitano dopo essersi messo in posizione eretta.
- Capitano ...? –
- È un ordine, non una richiesta, capomastro. Statemi dietro, siete autorizzati ad uccidere se ci sbarrano la strada. –
- ... Cosa sono quelle Sentinelle Nere per farti agire così ...? –
- Millie, ora più che mai ti richiedo un atto di fede. Non tradirmi proprio adesso...-
La guardò negli occhi con una serietà più cupa del normale. L'anima della donna si rattrappì congelata in un istante, non l'aveva mai visto così, mai. Senza tagliare il contatto visivo, Vyll estrasse le sue due sciabole, a testimoniare la sua presa di posizione sulla scelta di privare della vita chiunque si frapponesse tra loro ed il Nucleo. Terminato quell'atto sinonimo di guerriglia, il capitano corse vie, sperando in cuor suo di vederla unirsi a lui.
- Che si fa ? – le domandò Viego pronto a fare qualsiasi cosa avrebbe scelto la compagna, e visto il rapporto tra i due, almeno lui, l'avrebbe inseguita fin sopra la vetta del Monte Targon ed oltre.
- È il mio capitano, morirei per lui se fosse necessario. Dopo tutto questo tempo, anche tu dovresti pensarla come me.-
L'uomo, anticipando le sua mossa, le afferrò il polso poco prima di vedersela scattare via dagli occhi. La Ruiner si voltò, temette per un attimo ci fosse del disappunto in quel suo gesto, per questo ritirò il braccio per sottrarsi alla morsa di carne ed ossa. Il re cedette di pochi millimetri per colpa della forza usata nello strattone ma non se ne lasciò sottrarre di aggiuntivi. Entrambi rimasero immobili a scrutarsi con la stessa espressione facciale che differiva solo a livello motivazionale.
- Allora mi assicurerò non si renda necessario. –
Gli occhi di The Milliner si rabbonirono tutto d'un colpo mostrandosi sorpresi ed in parte meravigliati da quella frase. Il re si alzò in piedi ristabilendo la gerarchia delle altezze. Una volta ben saldo, evocò la fidata spada superando a passo deciso l'amica.
- Seguiamo il tuo capitano, dobbiamo impedirgli di fare stronzate. – quella voce decisa, da vero sovrano, fece saltare al cuore di lei un paio di battiti; le sarebbe piaciuto vederlo così sicuro di sé anche dopo quel giorno.
Vyll era veloce ma non poteva reggere il confronto con una Ruiner ed il Re in Rovina. Si ritrovarono retoricamente presto, ed insieme affrontarono la sfida proposta dalla labirintica struttura. Suona lapalissiano sottolineare cosa comportò il loro cambio di registro. Con le Sentinelle della Luce in allarme, il trio venne presto colto in flagrante . A quel punto correre non bastò più, bisognava contrattaccare. Questo bisogno sorgeva più per Millie e Viego che per Vyll, in fin dei conti il capitano della Jacquelyn era un normalissimo essere umano adottato da un demone, ma pur sempre umano. Per tale ragione egli era immune ai proiettili di luce delle Armi Reliquia, lo stesso non si poteva dire per il re ed il frutto della Rovina. Il figlio della Demone Nero, a differenza dei rimanenti due che si stavano letteralmente proibendo di farlo, non si faceva alcun problema ad uccidere i propri oppositori. Era un pirata, un ricercato. Il fortunato prescelto si sarebbe beccato sacchi e sacchi di soldi presentandosi alle autorità con quella testa in mano. Quell'uomo, di buono, aveva solo che un'etica marcia, nascosta troppo bene dietro al sottile velo degli atti benevoli verso i meno fortunati. Migliaia e migliaia di vite furono distrutte e gettate in pasto agli abissi, al fine di depredarli e saccheggiarli. Il capitano della Jacquelyn non era un Robin Hood, lui voleva cancellare la povertà eliminando la ricchezza. Viego rimase inorridito dalla condotta del capitano. In tutti quegli anni di convivenza non lo vide uccidere senza una valida motivazione. Gli tornò in mente quando durante la seconda Ruination persino lui fu capace di commettere atrocità di quella portata, volontarie od involontarie che fossero. Stanco di essere lo spettatore di un massacro, Viego tagliò la strada al capitano appena uscito vincitore dall'ennesimo scontro armato.
- Vylldem, ferma questa follia. Sono in allarme, sparerebbero anche ad una cimice nel loro stato attuale! –
- Farai meglio ad imparare a macchiare di sangue quella spada anche tu, sempre ammesso tu voglia vedere tua moglie invecchiare insieme a te.-
Lo spintonò lontano dalla strada lastricata di pozze rosse più o meno viscose, tornando a procedere velocemente verso la meta. Il re cercò dell'approvazione in quella figura femminile rimastagli affianco nel bene e nel male, desideroso di sentirla dargli ragione, di concordare con lui per mettere una fine allo scempio... ma Millie lo abbandonò lì, insieme a tutto quello in cui sperava, tornando a seguire il proprio capitano a testa bassa per concedergli l'atto di fede da lui richiesto.
Si fecero largo tra i cadaveri di Sentinelle, sembrava di veder combattere degli indigeni ignudi contro fanterie rivestite d'acciaio. Una scia di morte come briciole di pane, come filo rosso. Alla fine lo trovarono, il Santuario della Luce Perduta. Si presentava come una sala circolare immensa ricolma di cimeli antichi di inestimabile valore. Entrata ed uscita coincidevano, per il resto era una stanza cieca con al centro quelle due teche contenenti i Nuclei recuperati dal corpo di Senna e di Gwen.
- Ehi, edgy-lord, hai fatto jackpot. Guarda lì quanti ne abbiamo trovati di quei Nuclei. Due al prezzo di uno, oggi deve essere il tuo giorno fortunato.-
Contenti di essere stati in un certo senso ricompensati da quella dolce sorpresa, si avvicinarono alle scatole in vetro. Millie fu l'unica ad esprimere il suo turbamento nel notare il colore insolito di quei frammenti d'anima. Diversamente da tutti quelli raccolti fino a quel punto, quei due frammenti erano enormi masse nebulose. Il colore ciano, che li guidò nella loro ricerca, era completamente assente, parevano essere diventati delle masse tumorali nerastre con qualche pezzo vagamente riconducibile all'azzurro a fargli da vene. Si muovevano come dotati di vita propria, parevano stessero respirando. Viego alla domanda di Millie rispose dicendo di non aver mai visto niente di simile quando tentò per la prima volta di raccoglierli, solo un idiota non si sarebbe posto interrogativi sul cosa fosse capitato a quei Nuclei.
- Ci penseremo dopo, non tergiversate proprio adesso. Millie, io e Viego prendiamo le teche, tu occupati solo di riportarci sulla nave. –
- Capitano, ve l'ho già detto più di una volta. Non sono nelle condizioni di salute per portarci tutti e tre fuori da –
- Rimarrai qui allora. Ti veniamo a riprendere più tardi. –
- Ma –
-Nessun "ma". Non far vacillare adesso la tua fede. –
- Questa non è, "fede". Stai abusando di lei e basta . –
L'uomo dai capelli bianchi si frappose tra i due corpi per schermare le attenzioni e le pretese di Vylldem. Sfruttare quella parola troppo importante per farla agire sotto i suoi ordini gli stava dando la nausea. Sin da quando volle mandare di propria sponte a puttane un piano pensato in maniera impeccabile, quell'individuo, postosi da solo a capo della spedizione, non faceva altro che nominare questa "fede" a cui la poveretta doveva appellarsi. Alle sue orecchie, quel messaggio, venne recapitato come una scusa bella e buona per lasciargli fare come gli buttava la testa. Il re non avrebbe permesso alla propria amica di stare male solo per assecondare le follie di uno scapestrato arrogante, si era stancato delle bravate di quell'umano.
-Ragazzi, ci hanno chiuso... -
La voce della donna traballò fungendo da richiamo ai due alle proprie spalle. Le Sentinelle li avevano trovati ed ora non potevano scappare. Alzarono le mani per metterle bene in vista: bisognava racimolare del tempo extra con un esercito di armi puntate contro. Indietreggiarono fino a toccare con la parte bassa della schiena il piedistallo su cui erano poste le teche; la loro "fuga" non poté proseguire oltre.
- Viego, che stai aspettando esattamente ? Corrompili tutti e falli suicidare in massa. – sussurrò Vyll. Vista la vicinanza fisica dei due, era impossibile non sentirsi a vicenda.
- Cosa ...? –
- Perché sai, questo sarebbe il momento migliore per uno sfoggio di abilità.-
- ... No.-
- Cosa mi significa "no" ?! Sei o non sei il Re in Rovina ?! –
- Il Re in Rovina è morto durante questo viaggio, Vyll. –
Si portò in avanti, non sarebbe scappato, li avrebbe affrontati tutti in un colpo solo consegnandosi a loro. Voleva saldare con le Sentinelle il conto di secoli prima, nessun momento sarebbe stato migliore per quello scopo. Non avrebbe sparso altro sangue non necessario. Il viaggio gli insegnò quanto le parole giuste nei momenti giusti fossero l'arma più potente dell'umanità. Millie glielo mostrò più di una volta quel fenomenale potere che fu capace di portarli persino al cospetto di una divinità. In quella situazione sentiva di non avere altra scelta. Anche lui aveva maturato, come Vyll, una serie di debiti sempre più grandi con quella donna, e voleva ripagarli tutti così. Ora toccava a lui salvarle la vita dopo che lei la sacrificò sempre per lui ed Isolde.
Millie gli saltò addosso, prevenendogli una ferita mortale; una Sentinella aveva aperto il fuoco non appena si sentì minacciata dall'avanzare del Re in Rovina. Se lo tirò dietro rifugiandosi dietro ad uno dei tanti piedistalli presenti nella sala, l'obbiettivo principale era diventato il non morire. Viego si sentiva amareggiato, perché non poteva essere ascoltato per una volta? Credeva di aver imparato ormai, gliel'aveva visto fare così tante volte in quel viaggio, sapeva perfettamente tutto quello che era giusto da dire e da non dire, eppure non era riuscito ad instaurare un dialogo con loro.
- Perché nessuno mi presta ascolto ?! Perché ?! – si sarebbe voluto sfogare della rabbia in maniera diversa dal dare un semplice pugno a terra, ma sapeva di non potere. La smorfia di dolore, generata da quella sofferenza al cuore, impietosì l'amica, al punto tale da spingerla in maniera istintiva a recuperare tra le mani le rosee gote di lui. Il re tentò di opporsi, ma il tiepido tepore del delicato tocco glielo rese difficile. Alla fine si sciolse, lasciando fare il resto al suo istinto. Voltò la testa ed aprì gli occhi mesti incontrando i suoi altrettanto infelici e dispiaciuti, ricolmi del desiderio di rincuorarlo al meglio delle proprie capacità. The Milliner provò a sorridergli, permettendosi di scostargli una ciocca molesta dagli occhi. Fallì nel suo tentativo non appena lo vide abbassare lo sguardo rattristito.
- Ehi... non è colpa tua. Non avrebbero dato retta nemmeno a me, e tu lo sai. –
- Sei l'unica che mi abbia mai voluto ascoltare, Millie. –
- Non è vero. Anche Isolde ti ascoltava e pure quella yordle, Vex, giusto ? Sì, sì, mi avevi detto che si chiamava Vex, mi pare. –
- Allora preferirei smettessi di farlo. Se tutti quelli che lo fanno devono andarsene dalla mia vita in un modo o in un altro, allora smettila di ascoltarmi. –
- Viego ... -col femmineo pollice corse a togliergli la goccia salata già pronta a scappare via alla velocità della gravità. Le si strinse il cuore, non credeva di contare fino alle lacrime nella vita di quell'uomo.
- Sono patetico. Cosa speravo di ottenere esattamente ? La mia vita è costellata di fallimenti da quando sono nato! Come ho potuto credere che questa volta sarebbe andata diversamente?! –
- Viego, ascoltami. Me l'hai già raccontata tutta la tua vita, siamo in due adesso a conoscerla. Io non ti ho mai visto come un fallimento, bensì come un meraviglioso uomo che ha avuto sempre e solo il mondo contro. Ti ridarò la tua Isolde, l'ho giurato su tutto quello che amo e così sarà. Appena puoi, ricongiungiti al capitano, ci penso io a tirarci fuori da questo ginepraio. –
Il re la intrappolò tra le proprie braccia per nascondere nell'incavo della spalla di lei i propri occhi all'apice del pianto. Sembrava un bambino spaventato, corso al riparo dietro la gonna della madre dopo aver visto un mostro feroce nel bosco. Stringeva i denti per tenere duro, così da limitarsi ad irrorare quella spalla. La capomastro si sentì spaesata, nemmeno lei, prima di quell'occasione, ebbe modo di vederlo in uno stato simile. Si perse ad accarezzargli la testa come poteva. Rimase in silenzio, non reputava opportuno intromettersi nei suoi bisogni. Il tempo di stringere ulteriormente l'abbraccio che lei si volatilizzò nel nulla. Le Sentinelle gridarono in preda al panico ma ancora sopravviveva qualche sparo qua e là. Passò un nuovo attimo, suoni non ben definiti avevano come epicentro il cuore della sala.
- La Ruiner si sta trasformando, scappate ! – gridò qualcuno di loro.
Viego, velocissimo, si sporse a lato del piedistallo usato come rifugio. In quell'attimo la vide. Paralizzato dall'aver finalmente preso coscienza di cosa, veramente, portò la Rovina, non riuscì a sottrarsi da quella visione raccapricciante. I suoni non comprensibili trovarono una traduzione immediata. Doveva essere qualcosa di simile ad uno scricchiolio di ossa unito a lamenti prodotti forse dal dolore. Millie era a carponi, ma di lei c'era ben poco da vedere ormai. Una creatura nera e deforme che, con il passare dei secondi, diveniva sempre più grande e priva di ragione. Si ergeva su "quattro zampe": quelle anteriori erano le più grandi. Si erano sviluppate in enormi artigli che ad occhio e croce sarebbero stati capaci di persino scavare la nuda roccia di qualche montagna. Di quel viso non rimase più nulla, solo una bocca sbranata per fornire alla Ruiner delle zanne da predatore. Quella che sarebbe dovuta ancora essere Millie si lanciò sul gruppo di Sentinelle, parando con la sua stazza i proiettili di luce. Tra gemiti ed urla, li stava divorando anche tre o quattro alla volta. Si sarebbe fatta strada in quel modo, e poi ormai era giunto il momento di mostrare a quell'uomo la vera forma della sua amica.
- Viego, dobbiamo andarcene, ora, mentre sono tutti distratti da lei . –
Vylldem lo raggiunse più in fretta del previsto. Lo prese per le spalle. Con energia e vigore lo scosse... lo scosse più di quanto lo stesse facendo il vedere l'aspetto reale di The Milliner, il quale venne custodito e celato gelosamente per anni da ella medesima. Lui forse comprese il trenta percento della frase. Gli occhi verdi erano stati segnati da un qualcosa di molto simile ad un trauma, fosse stato una macchina, sarebbe stato capace di proiettare tutti i dettagli cruciali. Spiritato guardava il vuoto, il suo capitano lo richiamava e richiamava, ma tutto usciva e niente entrava per rimanere. Persino Vyll si pietrificò durante la rivelazione, tuttavia lui conosceva i Ruiner. Differivano per forma, ognuno di loro aveva le proprie peculiarità, però nella sostanza erano tutti delle bestie della Rovina creati dalla Rovina stessa per uccidere e propagare paura e tormenti. Erano dei portavoce, un memento della seconda Ruination, l'errore imprevisto generato anche per merito delle inadempienze logiche delle Sentinelle.
Lenta e silenziosa, la nebbia bianca si faceva largo tra le caviglie dei presenti. Attraversò l'apertura presente nell'arcata principale, a passo felpato si propagò finché non fu in grado di nascondere il colore nero della pavimentazione. Vyll raccolse tra le mani il pesante strato nebbioso, il quale, fluido, non gli chiese il permesso di scivolargli via per ricongiungersi al fitto velo bianco; "Caligo", l'unica parola da lui pronunciata prima di udire la voce della madre alle sue spalle.
- Alla buon'ora direi. Ma quanto ci hai messo, madre ? –
- Perdonami Vyll, se ti ho fatto attendere. –
Materna, accarezzò la testa del figlio con assoluta delicatezza. Gli occhi blu guizzavano in giro per carpire le informazioni principali, quelle di cui era meglio tener conto al fine di limitare i danni. Notata la presenza di Viego, le sorse spontaneo un sorriso dispiaciuto. Con una semplice occhiata aveva già intuito un po' tutta la situazione in cui si erano cacciati quei tre; era arrivato il momento di risolvere quel pasticcio.
- Viego, ragazzo mio, resta con me, abbiamo bisogno del tuo aiuto più che mai ora. –
La sorella di Shyra si chinò davanti a lui resuscitandogli l'attenzione con degli schiocchi di dita prepotenti accompagnati da adagi pacche. Risvegliatosi dal letargo della coscienza, la Demone gli sorrise di nuovo in modo più caloroso, come a dargli il benvenuto nel regno dei vivi. Procedette con il trasformare in parole il suo saluto. Per quanto ci fosse la fretta di porre un rimedio al disastro, Yuria sapeva che non poteva passare al sodo senza prima aver messo a suo agio il Re della Rovina.
- Millie è una vera Ruiner in questo momento, questo significa in sostanza che puoi entrare nella sua testa e controllarla. A regola dovresti essere tornato in possesso di quasi la totalità dei tuoi poteri, potresti farcela senza problemi. Ci affidiamo a te per la salvezza di tutti, io ti posso coprire e darti del tempo extra, ma il resto tocca a te, ragazzo. –
La nebbia si alzò, coprendo tutto e tutti. Non si riusciva a vedere oltre un palmo dal naso da quanto era fitta e le cose più vicine apparivano come ombre sfumate. Viego urlava il nome di Vylldem e Yuria, i quali erano letteralmente svaniti davanti ai suoi occhi in un battito di ciglia. In risposta al suo richiamo, c'erano solo le grida delle vittime di Millie miste a quelle di lei. Oltre a questo, il bianco totale.
- Almeno dimmi come devo fare ! Non ci sono riuscito quella volta sull'isola, perché ora dovrebbe essere diverso ?! –
Si guardò intorno sull'orlo di una crisi. Con la testa piena di tutto e di niente, provava a partorire un piano, uno qualsiasi, l'importante era muoversi in una direzione. Era di nuovo da solo dopo tutto quel tempo passato sulla Jacquelyn. Aveva perso la capacità di agire in totale autonomia, Millie lo viziò con l'aiuto fornitogli sempre alla prima difficoltà, troppo spesso gli fasciava la testa ancora prima di potersela ammaccare. "Pensa Viego! Pensa, dannazione !" continuava a ripetersi a ritmo dei pugni impressi sulla fronte. Tutto tacque, probabilmente la nebbia stava diventando così fitta da limitare al massimo la propagazione del suono. Vide delle ombre sfocate passargli vicino, dovevano essere degli umani per avere quella forma. Non voleva spostarsi dal piedistallo, se c'era una cosa che proprio non desiderava fare era quella di abbandonare il suo unico punto di riferimento. La spinta a darsi una mossa arrivò quando gli cadde davanti ai piedi il futuro cadavere di una Sentinella della Luce. Il poveretto, tra gli spasmi, cercava di privarsi dei vestiti che gli cingevano il petto. Provava di tutto per ottenere più ossigeno. La Sentinella non notò minimamente Viego, al quale salì il panico non appena lo vide annegare nel suo stesso sangue. La nebbia bianca stava diventando così spessa da tagliare drasticamente l'apporto di ossigeno ai polmoni, e sicuramente ci doveva essere qualcosa di altamente nocivo in quel Caligo, perché sarebbe stato impossibile altrimenti perdere sangue per semplice mancanza di ossigeno. Drastico... ma efficace abbastanza da far scattare l'uomo verso una direzione qualsiasi, non ci teneva a fare la stessa fine. Non aveva un piano, nemmeno un sentore d'idea, sapeva solo che doveva portare il proprio culo e quello di Millie via da quel posto prima che fosse troppo tardi per farlo. Inciampò e rotolò a terra svariate volte a causa dei corpi sparsi per la sala, altri gli caddero proprio tra le braccia costringendolo a gettarli dove capitava. Gridava il nome della donna, sperava lo potesse sentire. Era terrorizzato dall'idea di trovarsela davanti ancora nella sua forma da Ruiner, non sapeva cosa gli sarebbe potuto capitare, ma non aveva altra scelta. Alla fine la trovò, il boss oltre il muro di nebbia.
- Millie, sono io. È tutto finito, siamo al sicuro adesso. –
Il pavimento tremò con un solo passo della Ruiner, lo stesse fece la spina dorsale del re quando notò di essere più basso dell'apertura delle fauci.
- Ti prego Millie, non lo fare. Sei molto più di questo, la Rovina non è una maledizione se hai imparato a dominarla. Torniamo a casa, ho bisogno della capomastro matta e svalvolata che crea oggetti strani, che mi ha fatto ridere tante volte. Della donna che mi ha insegnato ad usare la spada, ad essere un re migliore, un uomo, migliore. Ho bisogno della mia amica... di te. –
Viego, in passato, utilizzò la Nebbia per corrompere il cuore delle persone e Rovinarle. Il triangolo sul petto di tutti loro era il segno che simboleggiava l'appartenenza al Re in Rovina, la loro reclusione nel rapporto servo-padrone. In quella situazione di stallo il re ci pensò. Lui non poteva Rovinarla, essendo i Ruiner frutto della Rovina stessa, ma forse era proprio quella la chiave. Millie è Nebbia, è Rovina. Nessuna delle due cose può nuocerle, corromperla o controllarla. Viego ora doveva solo capire come usare la Nebbia presente in Millie per comunicare con lei e farla tornare normale. Non era niente di impossibile, in parte era una cosa che già sapeva fare, doveva solo partire dallo step successivo. Concretizzò lì un qualcosa di molto importante: il Re in Rovina non era altro che un re dei Ruiner.
La femmina di Ruiner, non appena iniziò a venir piegata sotto il controllo del suo re, emise urla da quasi far implodere i timpani. Con gli artigli pareva strapparsi via brandelli di oscurità tra pose e posture ritorte e nodose. Quel processo andò avanti fino a quando quell'involucro non esplose in Nebbia che, come accadde la notte dell'incontro tra Lucian e Yuria, corruppe il Caligo della Demone Nero. Viego si lanciò verso il corpo di lei per impedire alla forza più antica di tutte di farla schiantare al suolo. La prese al volo giusto in tempo. La capomastro era illesa, lo stesso non si poteva dire a tutti gli effetti per lui, ma gli stette benissimo così. Era pieno di acciacchi e dolori, già non vedeva l'ora di potersi gettare a capofitto sul letto, era stremato a trecentosessanta gradi. Lei pareva stesse dormendo, per lui fu un sollievo. Sperava in cuor suo di vederla tornare a sorridere presto, sarebbe stato meglio dimenticarsi di tutta quella faccenda. Quei due Nuclei erano solo l'inizio dell'ultima parte della loro ricerca, e nel suo petto s'insinuò il primo dubbio sul valore effettivo di quella fine del viaggio. Questa volta avevano avuto a che fare con dei banalissimi umani, da un lato furono fortunati, eppure si presentò una sfida più difficile del previsto. La colpa era ovviamente di Vyll. Se si fosse attenuto al piano, Millie non avrebbe dovuto scendere così in basso e non ci sarebbe stato il bisogno dell'intervento di Yuria. Chissà cosa ci sarebbe stato a protezione degli altri Nuclei... ne valeva davvero così tanto la pena rischiare di perdere tutto per Isolde ? Certo che no, ma ormai era stata fatta troppa strada per rinunciare proprio adesso. Per curiosità volle provare a recuperare il Caligo corrotto e con sua enorme sorpresa vi riuscì; a quanto pare era diventato vera e propria Nebbia della Rovina.
Eliminata la Nebbia, Viego si trovò davanti le Sentinelle della Luce legate ed imbavagliate, affiancate, per ciascuno di loro, da uomini e donne vestite di nero, con lunghi mantelli e strane maschere a coprirgli il volto. Qualcosa gli suggeriva che fossero loro le "Sentinelle Nere". Disperso il motivo per cui fu loro necessario indossare quell'accessorio per il viso, fu per le Sentinelle Nere il momento di privarsene e mostrare il proprio volto. Tra i loro ranghi c'era anche Vylldem, alche per Viego fu tutto chiaro e cristallino come l'acqua in un calice di vetro.
-Ottimo lavoro, ragazzo. Sapevo ci saresti riuscito. Sono molto orgogliosa di te. –
Yuria entrò nella sala distrutta attraversando il corridoio di carne viva e morta. Ogni volta che superava un cadavere, le parti molli si liquefacevano, lasciando in mostra solo le ossa tramutate in pochi attimi in cenere. I granelli seguivano fedelmente la sorella di Shyra accumulandosi dietro di lei fino a formare una montagnetta. Pian piano svanì nel nulla, erano diventati abitanti del regno degli Esseri Gentili.
- Lady Yuria ?! – gridò sorpresa una delle Sentinelle della Luce. – Come avete potuto tradire il patto con i nostri antenati ?! – sentendosi dare indirettamente della traditrice, la Mano di Shyra, si voltò verso colui il quale parlò con rabbia e rancore, dando così le spalle al re.
- Il patto... osi mettere davanti a me il patto di non aggressione tra la mia famiglia e le Sentinelle ?! Sciocco mortale, dopo essere stati i primi ad aver alzato le armi contro, mio, figlio, con lo scopo di privarlo della vita ... adesso rivendichi quel patto ?! –
Viego si limitava a seguire in silenzio, lui non aveva la più pallida idea di cosa potesse essere capitato durante la sua prigionia. Le cose di cui era a conoscenza erano giusto un paio di pillole fornitegli da Millie, e solo del periodo in cui è nata e cresciuta, alla fine non aveva nemmeno trent'anni.
- Ma loro volevano rubare i frammenti –
- Erano vostri ? –
- Sì. Erano –
- No! Non sono mai stati, vostri ! Quelli sono frammenti dell'anima di Isolde, la sposa del Re in Rovina ! Non avete mai avuto il diritto di considerarli come vostri. –
- Il Re in Rovina ha distrutto questo mondo per quei frammenti ! –
L'uomo di cui si stava parlando abbassò la testa sentendosi nel torto ed in difetto. Stava accadendo di nuovo, quel giorno erano morti molti uomini e molte donne per il suo desiderio di riabbracciare la moglie.
- Lo fece di proposito ...?- il tono di Yuria cambiò radicalmente. – È avvenuta per sua scelta la Ruination ? –
- Ovvio che sì ! Tutte le Sentinelle conoscono la storia. –
- La storia eh... ? Ti svelo un segreto, la storia viene sempre, e dico, sempre, raccontata dai vincitori. –
- Lo so, è ovvio. E con questo ? –
- E con questo, significa che non sai e mai saprai la verità di cosa accadde... - Yuria lanciò uno sguardo dietro di sè con la coda dell'occhio, come a voler dare un segno all'uomo che ancora teneva tra le braccia l'amica del figlio. – Con questo non ho null'altro da condividere. Vi lasceremo in pace, abbiamo già recuperato quello per cui eravamo qui. Sentinelle, andiamocene. –
- Sì, Yuria !- risposero tutte le Sentinelle Nere all'unisono che svanirono in una minuscola esplosione di nebbia bianca. Oltre a lei, rimase il figlio Vyll che avrebbe dovuto aiutare il compagno a trasportare Millie dandogli il cambio.
Passarono i giorni, Vylldem e Viego si diedero regolarmente il cambio in termini di fare la guardia alla capomastro. Pregavano per il suo risveglio, la nave era diventata un luogo triste e silenzioso senza di lei. Visti gli spiacevoli eventi, Yuria scelse di rimanere finché Millie non avesse riaperto gli occhi, poi si sarebbe limitata a fare loro visita due o tre volte la settimana, non avrebbe tollerato altri disastri come quello sull'Isola delle Sentinelle. Non reputò necessario l'intervento di Shyra, avrebbe preferito far fare alla natura il suo corso, non vi era un senso logico nel voler a tutti i costi tagliare i tempi. Se avesse necessitato di un mese per riprendersi, allora avrebbero tutti aspettato un mese, c'era sempre tempo per l'altra opzione. I Nuclei erano già stati assorbiti dal ricettacolo, e come sempre, Viego riprese parte dei suoi poteri ma non solo quelli questa volta. Il Re in Rovina si rivide, dopo quegli anni, con la sua corona verde-azzurra. Uno strano senso di nostalgia lo pervase, e la paura dell'avvicinarsi della fine di quel viaggio, cresceva sempre più. Nel momento in cui sarebbe tornato ad essere un vero re, temeva di non poter rivivere le stesse sensazioni che gli portò la vita del pirata. Il suo cuore, al pensiero di dover dire addio a tutti quanti, si sbriciolò come terriccio secco tra le mani. Alla ciurma si unì anche una certa Acela, una Sentinella di Yuria rimasta tra i ranghi delle altre per fornirle informazioni solitamente non trapelabili all'esterno. La scelta presa da Yuria fu una contromisura ai mancati rapporti del figlio. Vyll aveva il compito di portare alla madre un resoconto dettagliato su Millie ed i Ruiner di mese in mese, tuttavia, volutamente, se ne dimenticò per anni, quasi lo stesso quantitativo di quelli passati da Viego sulla nave. Così, Yuria affidò alla sua Acela quella faccenda. Nella sua mente non si creò nemmeno il pensiero ipotetico di un Vyll disinteressato ad aiutarla a studiare i Ruiner. Doveva essere stato tremendamente impegnato per via del Re in Rovina, questo è quello che pensava. Nel mentre The Milliner si godeva il proprio riposo, discussero un po' sul da farsi. Quale strategia adottare e se fosse stato meglio prendersi una pausa anche dopo il ritorno della capomastro. Si parlò bene o male di quello che servisse sul serio, così da non essere di nuovo colti impreparati dalla vita e dalle sue insidiose trappole. Appena la donna più amata dalla Jacquelyn riprese le energie per andare a salutarli tutti, ci fu gran festa e gioia. Venne assaltata dai marinai bisognosi di riabbracciarla ed esprimerle quanto fosse loro mancata, anche perché Yuria e Acela non erano troppo brave come cuoche. Cucina a parte, la sua assenza la sentirono mostruosamente, era bello averla in giro per la nave. Vederla divertirsi tra le funi delle vele, allenarsi con Viego. Le canzoni piratesche, le battute idiote e divertenti insieme. Millie era Millie dopotutto. Anche gli altri furono molto felici di rivederla, ma lei decisamente meno quando le venne introdotta Acela. Conosciuta la storia ed il motivo per cui quella ragazza era diventata obbligatoria sulla nave, non ce la fece proprio a resistere dallo sbranare a parole il suo capitano. Si sentì tradita, avrebbe preferito saperla da lui tutta quella faccenda piuttosto che in quel modo meschino. Gli era caduta un'ancora in testa, la rabbia per il colpo incassato male non la fece agire con lucidità. Si rintanò nella camera buia, mantenuta dai due con le tende ben tirate al fine di non violare il suo sonno coi raggi del sole. Pianse soffocando il dolore e le lacrime contro il cuscino, pratica a cui era avvezza da mesi.
- Vattene via ! – rispose ai "noc noc " battuti sul massello.
Ad aprire la porta fu Viego che attese fino all'ultimo il permesso di entrare; il "ah, sei tu..." gli suonò come un segnale di via libera. Andò a prendere posto sulla solita sedia, usata nei giorni precedenti per farle la guardia come un vero animaletto da compagnia. Senza dire una parola le accarezzò la testa con aria dispiaciuta. Promise poco prima al capitano di risollevarle il morale. Ne fu proprio convinto e sicuro, ma una volta sedutosi lì, tutti i discorsi d'incoraggiamento e conforto vennero dimenticati per magia.
- Puoi dire a Vyll, che non mi convincerà a fare la pace con lui in questo modo. – metà del discorso dovette venir reinterpretato da Viego siccome il cuscino attutiva troppo la sua voce.
- Vuoi, ehm... si insomma, di solito parlare delle cose fa stare meglio, quindi... boh... vorresti...? –
- Sei davvero pessimo a consolare la gente tu. Lasciatelo dire.-
Era inutile tenere il broncio a qualcuno incapace di farti stare meglio con parole di conforto, quindi, di malavoglia, si tirò su. Messasi seduta sul letto, la vide. Alla luce del sole non fu troppo visibile e poi era più concentrata sulla storia dei rapporti mancati per notarla. Nella finta oscurità della stanza, la corona del re brillava di luce propria. Certo, sapeva del titolo nobiliare del compagno, a quel punto del viaggio non conoscerlo sarebbe stato strano e problematico in termini di fiducia... ma vederlo col simbolo del ceto sociale più alto in un regno, fu tutt'altra cosa, peggio di una cena pesante rimasta sullo stomaco.
- Non dovresti sprecare tempo con i rifiuti parlanti. Vattene da Isolde e basta. Non mi serve la tua stupidissima pietà. –
- ... Ma che cazzo stai dicendo ? –
- Sto dicendo di alzare il culo e sparire Viego. Immagino saresti più contento di parlare con lei che con me al momento... vattene e basta. –
- Tu non stai bene. Isolde è morta, ti ricordo, quindi dove ci parlo scusa ?! Ma poi, anche potessi, non le andrei a parlare proprio adesso, a dover essere preciso. –
- Oh certo, come se non ti avessi mai sentito parlare con quel fottuto carillon in camera tua eh ? –
- Allora origlia meglio la prossima volta, cretina, perché coi morti non ho ancora imparato a parlarci! –
- Cretina dillo alla tua fottutissima morta! –
Con la prima arma che poté reperire, ovvero il suo cuscino, lo tempestò di colpi dalla dubbia letalità, iniziarono a fare il loro discreto danno solo dopo essere passata a tirarglielo in faccia, ciò spinse Viego a gettare la spugna e ad alzarsi e allontanarsi da lei. Millie lo cecchinò in pieno, buttandolo a terra. I mozzi che condividevano il solaio con il pavimento di quella stanza si guardarono perplessi e sperarono per il meglio.
- Dei che male... - disse rialzandosi. In un primo momento non sapeva nemmeno decidersi se massaggiarsi la faccia od il fondoschiena, quel morbido cuscino pareva fosse stato riempito di sassi durante il volo. La donna gli saltò addosso riempendolo di pugni, finì persino per aggrapparsi ai capelli di lui per buttarlo giù e picchiarlo meglio: brutta bestia essere piccole. Viego le afferrò entrambi i polsi stanco morto di prendersele e subire in silenzio. Quella scenata capitatagli tra capo e collo gli parve totalmente insensata e priva di ragion d'essere.
- Si può sapere che cazzo ti prende ?! –
- Vattene e basta ! Sparisci ! Non ti voglio più vedere ! –
- Cosa c'è che non va ?! Perché dubito fortemente che la colpa sia solo la cosa dello studiarti . –
- Lasciami e vattene via dalla mia stanza ! Vattene ! –
Eseguì l'ordine solo perché la sentì piangere. Si diresse alla porta, intenzionato ad uscire, però la situazione non si sarebbe conclusa così come voleva lei.
- Io entro stanotte ti devo parlare, quindi, ti conviene presentarti alla mia porta prima dell'ora di cena, altrimenti mi vedi arrivare e ti ci porto con la forza . –
- Sei tutto suonato se credi ci verrò ! –
- Tu fallo, perchè se mi sfidi, ti giuro, te ne faccio pentire. –
La liquidò sbattendosi dietro la porta della camera, e senza indugi, tornò nella propria stanza a passo incalzante. Non gli era piaciuto proprio per niente quell'atteggiamento. La Millie che conosceva non lo avrebbe mai fatto, quindi, doveva, esserci qualcosa sotto. La vedeva strana già da mesi, o meglio, più che strana, diversa. Non ci prestò attenzione più di troppo, alla fine le donne sono strane di loro, si ripeteva in continuazione per crederci. Ora però si era arrivati all'apice, non poteva far finta di niente, non dopo che i mozzi gli suggerirono due o tre cosette e soprattutto non dopo essersi preso delle sberle ed anche sode. Non ci credeva proprio per niente che tutto quel malumore fosse stato generato dallo scoprire che Vylldem passava alla madre informazioni su di lei ed i Ruiner, specialmente perché il capitano ci tenne a precisare in modo assiduo durante tutta la conversazione che erano passati anni da quando aveva smesso di farlo. Ci doveva per forza essere dell'altro ad alimentarle la rabbia, e volente o nolente, entro la fine di quella giornata gliele avrebbe strappate via dalla bocca quelle magagne.
Le ore passavano e passavano, lente ed inesorabili. Le spese letteralmente tutte nell'attesa del suo arrivo, ma lei non arrivò mai. Ormai gli si era sbollentata anche la rabbia, però non poteva farsi vedere come un chihuahua addomesticato. Le aveva fatto una minaccia vera e propria, sì insomma, non poteva presentarsi alla porta della donna con aria mansueta ed annichilita. Ci vollero diversi minuti di preparazione mentale, doveva riacquisire uno strato superficiale di rabbia e rancore così da aprire con prepotenza e convinzione quell'uscio. Scoccate le sette, uscì dalla propria camera, battendo i piedi contro le assi alla stessa maniera di come fece in quella prima fase del pomeriggio.
- Millie ! O mi apri o butto giù la porta. Ti avevo avvertita ! –
Prima che potesse capitare il disastro, i mozzi lo fermarono subito dal fare qualsiasi cosa avesse in mente di fare. Lo dissuasero dicendogli come stavano i fatti: la capomastro era uscita già da due ore dalla sua stanza ed era ancora dal capitano a parlargli. Viego non fece una piega, quasi si sentì meglio nel sapere quei due insieme, magari stavano sistemando i vari attriti, volle comunque accertarsene. Zitto zitto, quatto quatto, si allungò di qualche passo più in là, fino a raggiungere la cabina del capo supremo. Già da fuori li poteva sentir discutere in maniera abbastanza animata, ma le loro voci non gridavano al punto giusto per sentirli senza attaccare l'orecchio all'asse di legno. Non voleva spiare la conversazione fino a quel punto, ma nella sua testa pensò fosse necessario per aiutare l'amica a stare meglio. Se avesse capito il problema, avrebbe almeno potuto fare del suo meglio per risolverlo.
Afferrò il pomello della porta senza dosare prima la forza, finendo con il farla sbattere rumorosamente contro la parete ed il legno tremò.
- In che senso te ne vai ?! –
Viego la guardò con occhi più aperti di un infisso spalancato. Quel "Io me ne andrò Vyll" fu la miccia per l'esplosione sonora della porta sbattuta.
- Perché te ne vuoi andare ? E dove poi ? È colpa di Vyll ? Non sto capendo, perché vorresti farlo ?! –
- Diglielo, Millie . –
- È tardi ragazzi. Devo preparare la cena. A dopo. – e svanì nel nulla, come era suo solito fare.
Viego entrò dentro la stanza senza chiedere permessi nè scusa per l'irruzione. Prese per la giacca il capitano, scrollandolo, scrutandolo nell'anima con sguardo nero come la Nebbia.
- Cosa le hai detto su di me ? Perché se ne vuole andare ?! Che cosa ti ha detto ?! –
- E lasciami, sei patetico quando fai così, comportati da uomo per una volta, moccioso moccoloso. –
Gli tremavano le mani, le gambe non erano da meno. Il suo respiro aveva perso la sua andatura regolare, si trovava sul precipizio di una crisi di panico annunciata.
- Lei. Non. Può. Andarsene. Non lei, tutti ma non lei. Non lei ! – gli gridava puntando l'indice alla porta e gli occhi al capitano. – Io ho bisogno di lei. Lo distruggo questo mondo di merda se anche quella donna sparisce dalla mia vita ! –
- Viego calmati –
- Io non posso calmarmi ! – Gli oggetti sussultarono sul tavolo ed un coro di suoni metallici risuonò nella stanza – Hai la vaga idea di quanto sia diventata indispensabile nella mia vita... ? –
- E tu ce l'hai invece di quanto, tu, lo sia nella sua ?! ... Senti, se le vuoi davvero così tanto bene, fidati di me per questa volta. Impara ad essere un sovrano anche senza di lei, perché ce la stai uccidendo... -
Se lo scostò da un lato per superarlo e raggiungere la porta. Sentendo solo che il silenzio, si soffermò per un attimo, posando la mano contro la parete che conteneva il foro d'entrata ed uscita.
- Inizia ad abituarti a parlarle sempre meno, perché altrimenti la farai soffrire inutilmente. –
Lo abbandonò così, da solo, in quella stanza estranea, nei suoi pensieri, nei suoi tormenti, a raccogliere i cocci rimasti. A cena non toccò cibo, nonostante Millie gli avesse anche preparato il suo piatto preferito per scusarsi. La paura gli aveva sigillato lo stomaco ed in ultimo lo privò del sonno. Si chiuse così il sipario della notte. Nelle ore di quiete pensò a cosa dirle la mattina seguente, supplicando chiunque ci fosse sopra di loro di farle cambiare idea.
   
 
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