Anime & Manga > Ranma
Segui la storia  |       
Autore: Magica Emy    11/10/2021    4 recensioni
Lasciarsi andare a quel modo non era proprio da lui, ma Akane era così vicina e il suo profumo talmente inebriante che non era proprio riuscito a resistere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Ranma Saotome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

-Cosa è successo, Ranma? 

La sua voce sembrava arrivare da chilometri di distanza, quasi come se non fosse nemmeno lì, seduto vicino a lui in un angolo del pavimento del soggiorno, ma si trovasse in un luogo molto lontano. Forse troppo lontano per potersi davvero accorgere di come si sentiva. Perché se l'avesse fatto, se avesse davvero compreso i suoi sentimenti, probabilmente avrebbe smesso di subissarlo di domande inutili che non facevano che peggiorare la situazione, confondendogli le idee. Si sentiva sul punto di esplodere, aveva la vista annebbiata dalle lacrime e non riusciva quasi a respirare. Non c'era abbastanza aria in quella stanza, tutto era così maledettamente soffocante che avrebbe solo voluto strapparsi i vestiti di dosso e ricominciare a urlare tutta la sua frustrazione. Urlare, fino a lacerarsi i polmoni. 

-Te l'ho già detto, l'ho già spiegato a tutti. 

Disse invece con un filo di voce. La mano di suo padre gli strinse una spalla, facendolo sussultare. 

-Fallo di nuovo, allora. 

Lo fissò a lungo, senza vederlo prima di tornare ad accasciarsi su se stesso. Quando riprese a parlare, la sua voce tremava talmente tanto da farlo dubitare che ciò che stava dicendo avesse un senso compiuto. 

-Io… io non lo so cosa è successo. So solo che quando ho lasciato la stanza di Akane lei stava bene, e un attimo dopo invece era a terra, e… perché sono qui? Perché sono ancora qui? Dovrei essere al suo fianco ora, non a casa a… 

Si interruppe bruscamente, guardandosi attorno come se non riconoscesse il luogo in cui si trovava. Sembrava tutto così irreale, come avvolto da una strana nebbiolina azzurra che era tanto densa da bruciare gli occhi. Le sue dita incerte si mossero fino a trovare la sottile stoffa dei pantaloni, che strinsero con forza crescente mentre sgranava gli occhi, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare. 

-Calmati Ranma, stai dando di nuovo di matto. Devi calmarti adesso e starmi bene a sentire. Hai parlato di Ranko, prima. Lei c'entra qualcosa in tutto questo? Dov'è ora? 

Domande su domande. Ancora. Le mani ripresero a tremare, il petto si alzava e si abbassava in uno spasmodico movimento che non riuscì più a controllare. Stava ansimando. 

-Non… non dovrei essere qui… 

Continuò a ripetere come un mantra finché Genma non lo prese saldamente per le spalle, scrollandolo a lungo nel disperato tentativo di placare l'ennesimo attacco di panico che, in quella triste notte, scuoteva violentemente il suo unico figlio, facendolo annaspare. Aveva affrontato le battaglie più difficili senza mai scomporsi, mantenendo il sangue freddo e i nervi ben saldi proprio come un lottatore di arti marziali degno di questo nome, ma quando si trattava di Akane perdeva completamente la testa. No, non lo avrebbe permesso. 

-Ti ho detto di calmarti, figliolo - lo esorto` con decisione, senza mollare la presa - eri sconvolto e agitato, come adesso e continuavi a gridare. Ho dovuto prenderti a schiaffi per farti tornare in te, è questo il motivo per cui sei rimasto a casa, SIAMO rimasti a casa, invece di seguirla in ospedale. Sono via da ore, è vero, ma non preoccuparti, presto qualcuno ci darà sue notizie. Ora parlami di Ranko, concentrati e dimmi tutto quello che sai. 

Ranko? Già, Ranko. 

-Lei… 

Respiro` profondamente, provando a placare i battiti impazziti del suo cuore, poi riprovo`. Le parole fluirono quiete e ordinate, una dopo l'altra, segno evidente che stava pian piano riacquistando il controllo. Anche se gli sembrava di avere male dappertutto. Anche se la testa non smetteva di ronzare. 

-Lei era vicino a me mentre cercavo di rinvenire Akane, farfugliava cose senza senso. 

-Che tipo di cose? 

-Non lo so. 

-Cerca di ricordare! Hai raccontato che Ranko l'ha spinta giù per le scale, è così oppure no? 

Dannazione, doveva per forza essere tanto aggressivo? 

-È… è così. 

Non riuscì a rispondere senza sentire un brivido serpeggiargli lungo la schiena. 

"Adesso potremo finalmente vivere felici insieme." 

Le intenzioni di Ranko. La follia che aveva letto nei suoi occhi, praticamente identici ai propri. Tutto, tutto era fin troppo eloquente. 

"Io e te, senza alcuna intromissione." 

Si prese la testa fra le mani. Come aveva potuto lasciare che le facesse del male? 

-Dov'è lei, adesso? 

Insistette Genma. 

-Non ne ho idea. 

Il più anziano tra i due si rialzò in piedi all'improvviso, scrutando l'altro con espressione concentrata. 

-Beh, credo che lo scopriremo presto. 

Fu ciò che disse prima di lanciare una secchiata d'acqua gelida in direzione del figlio che, colto alla sprovvista, si dibatte` a lungo come impazzito, quasi stesse lottando contro un avversario invisibile prima di bloccarsi di colpo, abbassando lo sguardo su di sé. Le morbide rotondità che scoprì al posto dei suoi pettorali scolpiti gli mozzarono il respiro. 

-Direi che è tornato tutto alla normalità. 

Osservò Genma, annuendo con aria critica. Ma quella poteva davvero chiamarsi normalità? L'unica cosa che sapeva era che il suo stupido desiderio esaudito, pronunciato quasi senza pensare era durato il tempo di un giorno, ma aveva già fatto più danni che in una vita intera. Danni che sperò con tutto il cuore non fossero irreparabili, o non se lo sarebbe mai perdonato. Il getto d'acqua calda che lo investì subito dopo, restituendogli le sembianze di un uomo, gli permise anche di riacquistare lucidità, tanto da sentire d'un tratto una strana energia scorrergli dentro. Una potente scarica adrenalinica che lo costrinse a correre verso le porte scorrevoli che lo dividevano dalla strada, deciso più che mai ad accorciare la distanza che lo separava dalla fidanzata. 

-Non riesco più a starmene qui senza far niente! 

Esclamò. 

-Ranma, dove vai? Fermati. 

Lo richiamo` il padre, anche se sapeva che non gli avrebbe dato retta. 

-No - lo sentì rispondere, infatti - voglio andare da lei, e giuro che se provi a impedirmelo… 

Le porte scorrevoli si aprirono improvvisamente, rivelando la figura di Soun e delle due figlie maggiori. Tutti e tre avevano un'espressione talmente seria e addolorata da far temere a Ranma il peggio. 

-Soun, siete qui finalmente. Come sta Akane? Ti prego, dimmi qualcosa o finirò per impazzire! 

Chiese con un'evidente impazienza che il padrone di casa parve però ignorare quando gli andò vicino, intimidendolo con un'occhiata severa. 

-Ranma, raccogli le tue cose e vattene. Per te e tuo padre è tempo di lasciare questo posto. 

Mormorò, raggelandolo all'istante. 

-Papà, no! 

Protesto` Kasumi, ma lui la ammonì con un gesto della mano.

-Silenzio. Questi non sono affari che riguardano voi ragazze, perciò adesso salite nelle vostre camere e restateci. 

-Papà, non puoi dire sul serio! 

Proruppe Nabiki, cercando con scarsi risultati di riportarlo alla ragione. 

-Subito! 

Lo sentì tuonare, ammutolendo di colpo. Tenergli testa a quel punto sarebbe stato completamente inutile, era troppo persino per lei. Seguì così mestamente la sorella su per le scale mentre entrambe incrociavano lo sguardo incredulo di Ranma che, dal canto suo, non ebbe neppure la forza di replicare subito. Attese pazientemente che le ragazze sparissero dalla sua vista, poi provò a capire il perché di quell'assurda affermazione. 

-Di che stai parlando, io non capisco. 

Vide Genma prostrarsi affranto ai piedi dell'amico, giungendo le mani come se si stesse preparando a recitare un'accorata preghiera. 

-Andiamo amico mio, non giungiamo a conclusioni affrettate e cerchiamo di ragionare insieme... 

-Non c'è nulla di cui ragionare - lo interruppe Soun, guardandolo dall'alto in basso, la voce vibrante di rabbia come forse non lo era mai stata - ho già preso la mia decisione. Vi voglio fuori da casa mia prima dell'alba. 

-Parliamone almeno! 

-Di cosa vuoi parlare, Genma, del fatto che tuo figlio sia il diretto responsabile di ciò che è accaduto stasera? 

-Che diavolo dici - si oppose il giovane - sai bene che mi ucciderei piuttosto che fare del male ad Akane! 

-Già - gli fece eco suo padre, ormai spalmato a pelle d'orso sul pavimento - lui è innocente. Ti ha raccontato com'è andata, come puoi pensare che sia stato Ranma a causare l'incidente? Qui c'è un'unica colpevole ed è Ranko! 

L'uomo socchiuse le palpebre. 

-Ranko - disse freddamente - certo. Stiamo parlando della tua metà femminile, giusto? Di colei che è parte di te, perciò sì Ranma, quello che è successo alla mia bambina è solo colpa tua! 

-Ma Soun… 

-Basta così, papà - lo interruppe Ranma, sollevando le mani in segno di resa - ha ragione. Faremo come vuoi tu, ce ne andremo, ma prima voglio sapere come sta Akane. Ne ho tutto il diritto, mi sembra, visto che si tratta della mia fidanzata. 

Sostenne a lungo il suo sguardo, nonostante la verità di quelle parole lo avesse sconvolto più di quanto riuscisse ad ammettere con se stesso. Le aveva lasciate sedimentare dentro, sperando che sparissero in fretta ma così non era stato. Loro erano ancora lì, a ricordargli ciò che già sapeva ma che fino a un secondo prima si era rifiutato di accettare. Ciò che era successo ad Akane era colpa sua. Soltanto colpa sua. 

-Non sei nella posizione di avanzare pretese di alcun tipo. Akane ERA la tua fidanzata, ormai non hai nulla a che fare con lei. Tra voi è tutto finito, da questo momento mia figlia non rappresenta più niente per te. 

Il ragazzo sgranò gli occhi azzurri, lasciando che per un attimo la sua aria colpevole sparisse come per incanto, sostituita dalla più totale diffidenza. 

-Non è possibile… non è vero. Voglio vederla, parlare con lei… 

-Non vuole vederti - lo incalzò Soun - me lo ha detto lei stessa. Ora desidera solo che la lasci in pace. 

Scosse la testa con forza, rifiutandosi categoricamente di accettare simili affermazioni, ma il dolore che sentiva al petto non diminui`. Anzi, prese a crescere a dismisura, finché non ebbe l'impressione che il suo cuore si facesse sempre più piccolo, fino a precipitare in qualche cavità vuota dentro di lui. 

-Non posso credere a una cosa del genere, prima dell'incidente ci eravamo chiariti su tutto. E adesso, tu mi dici questo? Ho bisogno di vederla, di sapere come sta. Dimmi cosa ha detto il dottor Tofu, ti supplico. Dimmi se sta bene! 

-Vattene via! 

Fu ciò che ottenne in risposta dal gigantesco e terrificante oni di cui il signor Tendo aveva nel frattempo preso le sembianze e che ora si era materializzato di fronte a lui, costringendolo a fuggire a gambe levate verso la sua stanza. Lì raduno` lentamente tutte le sue cose, attardandosi apposta solo per guardarsi intorno un'ultima volta, avvilito. Sfiorò a lungo il suo futon, quello che tante volte, quando suo padre non c'era aveva condiviso con Akane e che portava ancora il suo profumo, prima di riporlo nell'armadio. Non gli apparteneva, non avrebbe potuto usarlo mai più. Tutti i loro baci, i loro abbracci stretti nella notte sarebbero rimasti lì, come dolci ricordi intrappolati in un sogno. Un magnifico sogno destinato a finire. Fissò le valigie che aveva preparato. Più di due anni di vita stipati dentro due piccole scatole di cartone scadente, completamente anonime. Era così che doveva finire? No, non sarebbe riuscito ad accettarlo. Ma cos'altro poteva fare? Forse parlare con Kasumi, che incrocio` per le scale raccolta in un'espressione tanto afflitta da spezzargli il cuore. 

-Ti prego, almeno tu, dammi notizie di Akane. Dimmi che sta bene. 

La imploro`. La ragazza abbassò lo sguardo. 

-Ecco, lei è… 

-Kasumi, per favore figliola, prepara del tè e portalo in soggiorno. 

La voce del padre risuono` prepotentemente tra loro, interrompendo qualunque cosa stesse per dire per invitarla a raggiungere la cucina nel più breve tempo possibile e sotto lo sguardo sconcertato di Ranma. Il giovane sospirò con forza, poi scese per l'ultima volta i gradini di casa Tendo, trascinandosi dietro le valigie e aggirando l'ostacolo di quell'ingombrante presenza prima di raggiungere il genitore e incamminarsi insieme a lui, senza voltarsi indietro. Lontano da quello che, per un lungo periodo, il più bello e magico che riuscisse a ricordare, era stato il suo rifugio. La sua famiglia. 


Si schermi` gli occhi dal sole cocente che filtrava attraverso le fronde dell'albero su cui era salito, lo stesso di tutte le mattine. Ma anche di gran parte dei pomeriggi e a volte delle sere. Erano giorni che andava avanti così. Faceva un caldo infernale ma non demordeva, si appollaiava su quei rami robusti e attendeva. Cosa attendesse con tanta devozione in realtà non lo sapeva bene neppure lui. Forse solo di trovare il coraggio per entrare da quella porta bianca e parlare con il dottor Tofu, saperne di più sulle condizioni di Akane. Più volte era stato sul punto di farlo, ma all'improvviso si ricordava che lei non desiderava incontrarlo. Allora si arrendeva ai sensi di colpa, accontentandosi di spiare dalla finestra che dava alla camera della fidan… dell'ex fidanzata - faticava persino a pensarlo - senza però vedere nulla di più che delle tende tirate. A parte le volte in cui si era accorto della presenza di Kasumi. L'aveva osservata far capolino attraverso i vetri per poi affrettarsi a richiudere le pesanti stoffe chiare, impedendogli di guardare bene. Era così che aveva scoperto la posizione della stanza. Per quanto tempo sarebbe ancora rimasta in ospedale? Non ne aveva la minima idea né osava chiederlo. Da quando aveva lasciato casa Tendo, trasferendosi da sua madre, non aveva più parlato con nessuno di loro e tornare lì dopo ciò che era successo era impensabile. Soun l'avrebbe di certo sbattuto fuori a calci, stavolta. La sua unica speranza era parlare con il dottore, oppure con Akane. Ma con che diritto poteva farlo, se non le aveva procurato altro che dolore e sofferenza? L'ultima cosa che voleva era stancarla o infastidirla in qualche modo. E poi lei non aveva più voglia di vederlo, queste le parole pronunciate da suo padre. Doveva credergli? Poteva davvero fidarsi di lui? Che idiota, quelle su cui stava rimuginando erano tutte un cumulo di stupide scuse e lo sapeva bene. Sapeva che nascondersi dietro a un dito non sarebbe servito a niente, eppure non ce la faceva proprio a reagire. Aveva paura, era questa la verità, una paura terribile di conoscere le reali condizioni di salute di Akane. Paura di parlarle, di essere rifiutato, paura di scoprire fino a che punto Soun avesse ragione. Un codardo, ecco cos'era. Nient'altro che un inutile vigliacco. Un pusillanime bravo solo a trincerarsi dietro i suoi timori, lasciando che lo dominassero così come stava facendo. Akane non avrebbe saputo che farsene di uno come lui. Eppure continuò a tornare per tutti i giorni a seguire, finché una mattina scoprì con grande sorpresa che le tende erano state aperte, lasciando però intravedere una camera ormai vuota. Esatto, Akane non c'era e questo significava una sola cosa: doveva aver lasciato l'ospedale. Ma quando e, soprattutto, come aveva fatto a non accorgersene? Fu allora che prese tempestivamente una decisione e proprio quella, più tardi, lo portò a saltare come un ninja da un albero all'altro del giardino di casa Tendo, fermandosi solo quando trovò la posizione ideale, che gli offrì una visuale migliore da cui poter spiare la stanza di Akane. Fece appena in tempo a riprendere fiato, però, che una minuscola palla di pelo cominciò a zampettare allegramente verso di lui, riportando di colpo alla luce il suo terrore più grande. Un gatto? Che diavolo ci faceva un dannato gatto da quelle parti? Non ricordava di averne mai visto uno lì in giro. Si coprì la bocca con una mano soffocando a stento un grido, finché indietreggiando a piccoli passi e guardandosi intorno per individuare la via di fuga più veloce, si accorse con orrore di essere circondato da decine di gatti. Animali feroci che attendevano solo di vederlo toccare terra per lanciarsi al suo inseguimento, come un esercito di lupi affamati. O almeno così credeva, ma si sa, la fantasia a volte gioca brutti scherzi, specie se si è terrorizzati. E Ranma lo era a tal punto che quando sentì un familiare accento mellifluo provenire dalle vicinanze, per un attimo credette di essere morto e precipitato direttamente all'inferno. 

-Per quanto tempo hai ancora intenzione di restartene lì appollaiato come un salame? Avanti, vieni giù. 

Si sporse dall'albero quanto bastava per accorgersi di lei, che con le braccia incrociate al petto lo osservava dal basso come se fosse sul punto di scoppiare a ridere. 

Nabiki. Accidenti. 

-N… non posso. 

Balbettò, deglutendo nervosamente e serrando forte le palpebre nell'assurda speranza che quell'impertinente "contenitore di fusa" che continuava ad avanzare verso di lui, si volatilizzasse nel più breve tempo possibile. Nabiki scosse la testa, facendo schioccare la lingua. 

-Cavolo, che seccatura - disse - ricordati che mi devi un favore. Su vieni qui, bel micetto. 

Gli offrì un piccolo snack e con un unico scatto il gatto le piombo` direttamente tra le braccia. Lo mise subito giù dopo qualche breve carezza e allo stesso modo, lanciando in aria una manciata di cibo attirò tutti gli altri verso un punto più lontano, permettendo così a Ranma di toccare finalmente terra. 

-Hai un bel coraggio a venire fin qui, devi davvero tenere tanto a mia sorella se hai deciso di sfidare la sorte in questo modo. Sei fortunato che sia stata io l'unica a notare la tua presenza. 

Sentenziò, squadrandolo dall'alto in basso. Il giovane, ormai libero dal pericolo tirò un lungo sospiro di sollievo prima di spolverarsi la maglietta, cercando di rimettersi in sesto come meglio poteva. Dannazione, che spavento. Mancava molto poco e si sarebbe messo a urlare come un forsennato, mettendosi nei guai da solo. 

-Perché ci sono così tanti gatti? 

Chiese. La ragazza alzò le spalle. 

-Semplice precauzione - rispose - mio padre ha pensato che attirarli in zona, trasformando casa nostra in una specie di gattile fosse il modo migliore per tenerti lontano, così… 

Lasciò apposta la frase in sospeso. Ranma rimase a bocca aperta. 

-Non riesco a crederci. 

-Già. Mossa ingegnosa da parte sua, peccato non abbia funzionato a dovere. 

Lo fissò in modo eloquente, sospirando annoiata. 

-Beh, immagino tu voglia avere notizie di Akane. 

Azzardo` poi con noncuranza. La disperazione che lesse nei suoi occhi inquieti, tuttavia, rappresentava già una chiara risposta. 

-Dimmi qualcosa, per favore. 

-Ti dirò tutto Ranma, ma non qui. Papà potrebbe uscire da un momento all'altro e accorgersi di te. Meglio andare in un posto più sicuro e, fidati, ti sto salvando la pelle. 

 

La solita Nabiki. 





 

-In seguito alla caduta Akane ha riportato una commozione cerebrale e questo le ha causato una amnesia. Ancora un paio di settimane di riposo e potrà tornare a condurre una vita normale, almeno così dice il dottor Tofu… 

Nabiki continuo` a parlare ma Ranma non l'ascoltava quasi, poiché un'unica parola in tutto quel discorso aveva attirato la sua attenzione, catturandola inevitabilmente: Amnesia. 

Amnesia. 

Amnesia. 

Poteva ripeterlo all'infinito, il significato restava lo stesso. I suoi occhi si persero a lungo a osservare il parco affollato di bambini che scorrazzavano felici in quella splendida giornata di sole che, per lui, però, sembrava aver perso ogni colore. Si era lasciato condurre sulla stessa panchina dove lui e Akane erano soliti rifugiarsi quando volevano trascorrere un po' di tempo da soli, ma il profumo dei fiori che li circondavano non gli pareva quasi più lo stesso. Era lì che i loro baci si erano fatti pian piano meno impacciati, i loro movimenti più sicuri nella lenta, meravigliosa esplorazione del loro amore. Un amore che finalmente erano reciprocamente riusciti a dichiararsi, mettendo da parte ogni imbarazzo, e ora… ora Akane aveva l'amnesia. 

-Significa che non ricorda niente di quello che è successo? 

 Conosceva già la risposta, tuttavia, non sapeva perché, non poté esimersi dal fare quella domanda. Forse stava solo giocando a farsi più male possibile, per vedere fin quanto sarebbe riuscito a sopportare. In un modo o nell'altro, comunque, sapeva di aver perso quella scommessa con se stesso ancor prima di cominciarla. Era già al limite. 

-Non solo di quello che è successo, anche di tutto il resto. Ha perso la memoria, Ranma, non riconosce più neppure noi, la sua famiglia e, quel che è peggio, il dottor Tofu sostiene che le cose potrebbero rimanere così ancora a lungo. Se non per sempre. 

Nonostante l'apparente patina di compostezza la ragazza appariva davvero turbata, Ranma si rese conto di non averla mai vista in quello stato prima d'ora e per l'ennesima volta si diede la colpa di tutto, crogiolandosi nella disperazione. D'un tratto, la realtà gli si delineò davanti a chiare lettere. 

-Quindi non è vero che non vuole più vedermi, si è solo dimenticata di me. Di noi. 

Disse a voce bassa, traducendo in parole quel pensiero. La vide dondolare distrattamente le gambe avanti e indietro, abbassando gli occhi verso la punta delle sue scarpe. 

-Papà ti ha detto una bugia - rispose dopo un breve momento di silenzio - ma, in tutta sincerità, non mi sento di biasimarlo. Anzi, in fondo lo capisco, stava solo cercando di tutelare mia sorella. Perché questo è ciò che fa un genitore, no? Tenta in tutti i modi di tenere al sicuro i propri figli, e lui è sempre stato molto protettivo nei nostri confronti. 

Il ragazzo col codino rafforzo` la presa sulle sue gambe fino a farsi tremare le mani. 

-Sai Ranma, io non ce l'ho con te. So che l'incidente non è stata colpa tua, tuttavia anch'io penso sia arrivato il momento che ti faccia da parte. 

Ranma sollevò di colpo lo sguardo verso di lei. 

-Sì, insomma - continuò Nabiki - se tieni a mia sorella, se davvero le vuoi bene dovresti lasciarla libera di vivere la sua vita d'ora in poi, senza pressioni. Senza costrizioni di alcun tipo. Akane è molto fragile in questo momento e ha bisogno di pace e tranquillità per ritrovare se stessa, per tornare a vivere. Perciò lasciala andare, te ne prego. Sono sicura che lo comprendi. 

Certo che lo comprendeva, il messaggio era fin troppo chiaro. Nabiki gli stava dicendo che la sua vita e tutto ciò che lo riguardava era solo un enorme e patetico caos senza senso e questo non avrebbe di certo giovato ad Akane, che invece aveva bisogno di un ambiente sereno dove sentirsi al sicuro. Con lui non sarebbe mai stata al sicuro. I fatti lo avevano dimostrato. Era meglio così, aveva ragione. Rinunciare a lei era l'unico modo per proteggerla. Per questo quella stessa notte si fece coraggio ed entrò nella camera di Akane, trovandola profondamente addormentata. Rivederla dopo tutti quei giorni gli provocò un violento tsunami di emozioni che si accorse di fare veramente fatica a contenere, quando si chinò su di lei per sfiorarle con dita tremanti la spessa benda bianca che le ricopriva la testa, rendendola tanto piccola e fragile ai suoi occhi. Così come non era mai stata. Dio, quanto le era mancata. 

-Perdonami, è stata tutta colpa mia. 

Sussurrò, prima di sfiorare le sue labbra con le proprie. Fu un bacio lieve e delicato, l'ultimo tra loro, che lei non avrebbe però mai ricordato. 

-Addio, Akane. 

Disse, poi lasciò la penombra di quella stanza fresca e accogliente per allontanarsi nel buio della notte. Una notte che, nonostante il caldo estivo, sentì terribilmente gelida sulla sua pelle. 

 

continua… 





 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Ranma / Vai alla pagina dell'autore: Magica Emy